La teoria secondo cui studiare musica rende più intelligenti, da anni al centro di una controversia tra studiosi, è stata definitivamente smentita da una nuova ricerca. Nota al grande pubblico come “Effetto Mozart”, si tratta di una teoria diffusa negli anni Novanta, quando fu pubblicato sulla rivista Nature un articolo firmato da un’equipe di neurobiologi secondo i quali facendo ascoltare agli studenti 10 minuti di Sonata, i soggetti dimostravano un miglioramento nelle capacità di ragionamento spazio temporali.

Ma l’Effetto Mozart pare non avere nessun fondamento scientifico, anzi secondo quanto dimostrato dagli studi condotti da Samuel Mehr, ricercatore dell’Università di Harvard (USA), si tratterebbe di una teoria basata su dati raccolti secondo parametri statistici non validi e confusa con l’idea scientificamente provata che imparare a suonare uno strumento aiuta i bambini a sviluppare creatività, disciplina e autostima.

Mehr ha effettuato due nuovi esperimenti, reclutando coppie di genitori con figli di 4 anni. Nel primo, adulti e bambini sono stati inseriti casualmente in una classe di musica Nel secondo sono stati chiamati i genitori con i rispettivi figli, alcuni hanno ricevuto lezioni di musica e metà no.

Durante i test sono state misurate le abilità raggiunte nella matematica, nel linguaggio e nelle abilità visuo-spaziali dei bambini. «Anche se tra le performance dei vari gruppi ci sono state leggere differenze nessuna ha rilevanza statistica» afferma Mehr. In altre parole, lo studio della musica non ha reso più intelligenti, dal punto di vista dei meri risultati, i bambini testati.

Lo studioso ci tiene però a precisare che questo non deve istigare grandi e piccini ad abbandonare lo studio della musica: «Non insegniamo Shakespeare (o Dante!) ai bambini perché crediamo che li aiuterà nei test di valutazione dell’intelligenza, ma perché riteniamo sia importante» ha spiegato il ricercatore.

Non bisogna sottovalutare, inoltre, i benefici che la musica può avere quotidianamente sul nostro umore. Ascoltare musica, in particolare musica che riteniamo piacevole, quella del compositore austriaco così come quella del nostro artista pop preferito, fa aumentare il livello di dopamina (un neurotrasmettitore che solleva il tono dell’umore) nel cervello, fattore che molto probabilmente migliora le prestazioni cognitive, ma che sicuramente ci rende più sereni.

Serena De Domenico

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