“Social Network” letteralmente significa “rete sociale”, ma si tratta in realtà di un insieme di persone connesse tra loro tramite la rete Internet, in maniera tale da costituire una comunità articolata. Gli studiosi americani Boyd e Ellison, nel 2007, hanno dato una definizione accurata di Social Network, indicando quei servizi web che permettono di creare un profilo pubblico e di gestire una lista di contatti.

Il concetto era già nato alla fine degli anni Settanta, ma solo negli anni Novanta – con lo sviluppo di Internet – nacquero le prime comunità online.

I tre Social Network più frequentati sono Facebook (2004), prima limitato all’ambiente dell’Università di Harvard, poi diffuso in tutto il mondo, MySpace (2003), acquistato dalla News Corporation di Robert Murdoch e Twitter (2006). Ma nel mondo esistono oltre duecento siti di questo tipo.

Facebook, ideato da uno studente diciannovenne dell’università di Harvard – Mark Zuckerberg – vede, solo in Italia, 23 milioni di utenti, all’inizio di quest’anno, e sono in continuo aumento.

Purtroppo, la maggior parte degli utenti non è consapevole degli svantaggi di un utilizzo indiscriminato di questo mezzo: la polizia postale ha quotidianamente a che fare con reati commessi con la complicità di Facebook e la perdita della privacy non è che una delle conseguenze meno gravi nelle quali potremmo incorrere. Proprio perché poco consapevoli delle conseguenze delle nostre condivisioni pubbliche, non ci rendiamo conto di quanto di noi stessi diciamo agli altri, a volte anche senza volerlo.

Alcuni ricercatori del Laboratorio Linguaggio, Interazione e Computazione del Centro Interdipartimentale Mente/Cervello dell’Università di Trento, hanno stabilito che è possibile individuare la personalità di chi scrive, solo leggendo i suoi stati e analizzando l’utilizzo della punteggiatura e la lunghezza dei termini.

Anche il team di ricercatori della Penn University ha esaminato con analisi computazionali il linguaggio usato da 75 mila profili Facebook e, confrontando i risultati con i test di personalità compilati dagli stessi utenti, ha mostrato una buona accuratezza. E così è stato evidenziato che parole legate a uno stile di vita attivo – ad esempio tutto ciò che ha a che vedere con lo sport – sono associate a bassi punteggi nel profilo nevrotico. Forse una banalità? Forse è scontato? È ciò che ha affermato nei giorni scorsi Massimo Gramellini, che, con un articolo dal titolo “Abbasso gli algoritmi”, ha parlato dell’inconsistenza dei risultati di alcuni ricercatori statunitensi, i quali avevano detto di poter prevedere la durata di una coppia semplicemente analizzando la rete sociale delle amicizie sui social.

A parte le numerose reazioni indignate per l’insulto a coloro che vivono di algoritmi – la nostra stessa società è basata sugli algoritmi – quello citato non è il primo studio che va a scandagliare alcuni legami tra i social network e i profili psicologici di chi appartiene a queste reti.

Pare ad esempio ci sia una reale relazione tra l’utilizzo di Facebook e il malumore, perché interagire realmente con altre persone ci dà benessere, ma Facebook ci regala solo interazioni virtuali. Lo studio è sicuramente limitato, visto che è stato effettuato su partecipanti poco più che diciannovenni e forse si riferisce solo a Facebook e non ad altri social, ma il fatto che l’interazione on line possa essere associata a un benessere ridotto deve far riflettere.

Lo studio dei social può avere anche connotazioni più ampie: studiando Twitter, è possibile ad esempio vedere se ci sono correlazioni con l’andamento dei mercati finanziari.

L’esempio è stato dato il 23 aprile scorso, quando un falso tweet su un attentato al presidente statunitense Obama ha causato il tracollo dell’indice Dow Jones. Ma al di là del caso specifico, monitorando gli account di 92 aziende famose (come Pepsi, Ibm, Apple, Nokia e Toyota) e confrontandoli con l’andamento dei rispettivi titoli sul mercato azionario, i ricercatori hanno notato una correlazione tra le pause di inattività sui social e le fluttuazioni delle azioni.

L’autore dello studio è Joachim Mathiesen, biofisico presso il Niels Bohr Institute di Copenaghen: il suo studio non può certo prevedere l’andamento dei mercati finanziari, ma le correlazioni individuate possono costituire buone indicazioni per arrivare a risultati più consistenti in futuro.

I Social Network potrebbero essere usati anche per influenzare il comportamento degli utenti ed educarli ad avere comportamenti più salutari. Questo approccio è stato adottato dai ricercatori dell’Università di Los Angeles e pubblicato sugli Annals of Internal Medicine. Durante l’interazione, le persone coinvolte sono diventate più consapevoli della malattia da cui erano affetti e avevano comportamenti più salutari e responsabili.

Consapevole di quanto Facebook influenzi in particolare gli adolescenti, uso questo strumento proprio per diffondere comportamenti più consapevoli e responsabili, oltre a un maggiore amore per lo studio e la scienza in particolare.

Daniela Molinari

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