Grave bocciatura per gli italiani in matematica e in letteratura. A firmare il duro giudizio è l’Ocse (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), in seguito ad un’indagine sulle competenze alfabetiche e logiche degli adulti dei 24 Paesi membri.

Ultimo posto per le competenze linguistiche e letterarie, quindi, e penultimo per quelle logiche e matematiche. Nonostante il gap con gli altri Paesi sia diminuito, le competenze di base degli italiani, quelle che permettono agli individui di orientarsi nella società contemporanea, risultano decisamente al di sotto della media dei paesi Ocse, ossia di quelli più industrializzati.

Gli studiosi hanno definito le competenze letterarie o literacy proficiency, di un adulto come la sua capacità “di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere con testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”. 250 è il punteggio medio che gli italiani ottengono in questo ambito, su una scala da 0 a 500, contro una media Ocse di 273.

Invece il punteggio raggiunto nel sapere “accedere, utilizzare, interpretare e comunicare le informazioni numeriche”, viene definito numeracy proficiency e, per gli adulti italiani, è pari alla media di 247 rispetto al punteggio 269, media degli altri Paesi Ocse.

L’allarme per l’analfabetismo funzionale nel nostro Paese torna sotto i riflettori. Non importa quanti italiani siano in rete, né quanti di questi siano in grado di acquisire conoscenze e informazioni dai nuovi media digitali. Il problema risiede nel fatto che molti italiani non possiedono le competenze necessarie per rielaborare e sfruttare le informazioni acquisite.

“I dati dell’Indagine PIAAC (Programme for the international assessment of adult competencies) dell’Ocse sono allarmanti e impongono un’inversione di marcia”, dichiarano Enrico Giovannini e Maria Chiara Carrozza, rispettivamente a capo del dicastero del Lavoro e delle politiche sociali e del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. “Desta particolare preoccupazione – continuano – la condizione dei cosiddetti Neet, giovani che né studiano né lavorano: l’abbandono precoce dei percorsi di formazione rischia di pregiudicare il loro futuro, i dati Ocse lo dicono chiaramente”.

http://www.oecd.org/pisa/

Serena De Domenico

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