latwf2009.jpgSi è tenuto a Londra, nei giorni 12, 13, 14 gennaio scorso, presso il Queen Elisabeth II Conference Centre, il primo LEARNING AND TECHNOLOGY WORLD FORUM 2009, voluto dal governo, dedicato alle scuole di ogni ordine e grado, dal nido alle superiori, centrato sull’apprendimento e le tecnologie e rivolto a tutte le discipline.

Si tratta del primo Forum mondiale sull’apprendimento e le tecnologie, organizzato dalla Becta, l’agenzia governativa inglese leader per l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che fa sì che le tecnologie siano ben usate per migliorare l’educazione, la formazione e le capacità. L’agenzia Becta supporta gli obiettivi strategici di due dipartimenti governativi: il Dipartimento per l’Innovazione, l’Università e le Capacità (DIUS) e il Dipartimento per i Bambini, le Scuole e le Famiglie (DCSF).

Questo Forum è un evento unico nel panorama internazionale, come evento che raccoglie rappresentanti di tutto il mondo a confronto sulla formazione.

Il governo inglese ha deciso di organizzare un incontro internazionale tra tutti i soggetti che, nei vari Paesi del mondo, si occupano di scuola a vario livello e a vario titolo: Ministri dell’Istruzione, ricercatori e professori universitari, ispettori, presidi, docenti della scuola, policy makers, delegati delle agenzie di formazione e aggiornamento insegnanti e rappresentanti delle ditte che producono tecnologie e tecnologie didattiche. Ai tre giorni di Forum seguivano tre giorni di fiera (BETT) sulle tecnologie.

I vari soggetti hanno potuto partecipare al Forum rigorosamente sotto invito degli organizzatori. Essi sono stati scelti sulla base del loro coinvolgimento in progetti nazionali e internazionali di ricerca e didattica e delle loro possibilità di riportare a largo raggio nei rispettivi Paesi le idee e le discussioni condivise nei tre giorni. Io ho partecipato a titolo di esperto universitario di ricerca in didattica della matematica con le tecnologie. I partecipanti erano circa 600, rappresentativi di circa 70 Paesi del mondo. Presenti 63 Ministri dell’Istruzione, alcuni dei quali relatori nelle varie sessioni, insieme a molti delegati dei Ministeri dell’Istruzione di tutto il mondo, e anche molti rappresentanti delle varie Agenzie di formazione che operano a fianco dei Ministeri. Dagli elenchi ufficiali non risultava presente al Forum il Ministro, né alcuna rappresentanza del Ministero dell’Istruzione del nostro Paese.

L’obiettivo principale del Forum era, a livello internazionale, quello di condividere le idee in materia di insegnamento e apprendimento nel 21° secolo, in modo da scegliere nei vari Paesi linee di sviluppo comune, mentre il Regno Unito sta perseguendo lo scopo di porsi come leader nell’educazione (termine inglese education) e promotore di iniziative di confronto come questa, che sarà probabilmente la prima di una serie. A tale scopo, il Forum era dislocato in un centro congressi moderno e funzionale, dotato di sale e aule di varie dimensioni. Le attività del Forum consistevano in relazioni plenarie, workshop tematici (15 in parallelo in ogni sessione) e incontri informali nelle pause tra un’attività e l’altra. Il Forum si è aperto alle 8 del mattino del lunedì con una plenaria sul sistema scolastico inglese, è andato avanti con un programma di lavoro molto fitto per tre giorni, per concludersi il mercoledì con l’obiettivo di continuare contatti e discussioni attraverso una piattaforma cui tutti i partecipanti sono iscritti.

A tutti i partecipanti è stato affidato il compito di divulgare il più possibile nei loro rispettivi Paesi le idee condivise nel Forum.

Gli interventi

Il Primo Ministro, Gordon Brown, ci ha lasciato nella cartellina del Forum il suo discorso, di cui riporto qualche parola.

"Benvenuti al primo Learning and Technology World Forum – un’opportunità unica per trovarsi e discutere insieme alcune delle maggiori sfide di oggi. Il forum ci dà l’opportunità di parlare della scuola del 21° secolo — di come una forza lavoro di alta qualità e professionalità possa continuare a innalzare gli standard; di come possiamo usare al meglio le tecnologie; e di come la leadership possa fare sempre di più per migliorare le nostre scuole, la formazione universitaria e gli altri luoghi di apprendimento.
Come voi, io credo appassionatamente nel potere dell’educazione per dare ai bambini e ai giovani le capacità e la fiducia per trasformare non solo il loro futuro ma le società in cui vivono, scoprendo le loro potenzialità e aiutandoli a diventare parte del successo economico futuro della nostra nazione.
Sono determinato a vedere il Regno Unito diventare un leader mondiale nell’educazione …
Gli standard sono migliorati significativamente- poco più del 45% raggiungeva il punteggio 5 o superiore nel GCSE nel 1997 e ora il dato è oltre il 60%. Lo scorso autunno sono state aperte o rinnovate totalmente 180 scuole. E il numero di scuole con livelli bassi di rendimento continua a scendere — da 524 nell’estate 1998 a 232 nel luglio 2008.
Abbiamo imparato e continuiamo a imparare un mucchio dagli altri Paesi, per esempio, la School Report Card che stiamo per introdurre è basata sull’esperienza di New York, e l’uso di portatili per i professori viene dall’esperienza dell’Australia. Ed è benvenuta l’opportunità, che questa Conferenza fornisce, di continuare ad ascoltare e a imparare. Spero anche che altri Paesi siano capaci di imparare da ciò che stiamo facendo qui nel Regno Unito, che si tratti dell’apprendimento personalizzato e dell’aumento dei fondi per il supporto individuale, rendendo l’insegnamento una professione post-laurea, o assicurandosi che ogni scuola sia una scuola con risultati alti attraverso la nostra Sfida Nazionale.

L’avanzamento tecnologico ha già avuto un impatto significativo sulle opportunità disponibili per chi apprende. Gli insegnanti, i formatori, i tutor hanno nuovi strumenti che possono ispirare i giovani tanto quanto i meno giovani. Tutte le nostre scuole oggi hanno la tecnologia che rende possibile per gli studenti e i docenti tracciare i progressi, e realizzare effettivamente un apprendimento personalizzato che risponde ai bisogni dell’individuo. Abbiamo investito 5 miliardi di sterline nelle scuole per le tecnologie dal 1997, il che significa che ora stiamo raggiungendo il numero di un computer ogni tre studenti nelle scuole secondarie — uno dei rapporti migliori in Europa. …"

Il benvenuto è stato dato dall’onorevole Ed Balls, Segretario di Stato, del Dipartimento per i Bambini, le Scuole e le Famiglie e dall’onorevole John Denham, Segretario di Stato, del Dipartimento per l’Innovazione, le Università e le Capacità (Skills).

"Il Regno Unito sta facendo grandi progressi nel campo dell’educazione, l’apprendimento e le capacità. Oltre a questo, la tecnologia si è sviluppata in modo incredibilmente veloce nell’ultimo decennio, ed è usata in modo innovativo da persone di tutte le età, comunità, mondo del business e, non meno, settori come l’educazione e le capacità.
Un risultato di tutto ciò è che gli sviluppi pionieristici che hanno aiutato persone che apprendono e insegnanti a connettersi da tutti gli angoli del pianeta, accelerano le capacità e l’educazione veramente a livello globale.

Ma abbiamo ancora nuove sfide. Come continuiamo a rinnovare l’uso della tecnologia per chi apprende, allineando i bisogni in evoluzione degli studenti al passo della tecnologia, assicurando che l’apprendimento delle generazioni future continui velocemente? Come ci assicuriamo che l’impatto della tecnologia sull’educazione e le capacità sia positivo? Riunendo ministri, policy makers e professionisti di tutto il mondo, il Learning and Tecnology World Forum sarà capace di dialogare e riflettere sul progresso, identificare le sfide future e incoraggiare la collaborazione sull’uso innovativo della tecnologia.

Il Forum incorpora Moving Young Minds, che si focalizza specificatamente sullo sviluppo e l’implementazione della tecnologia nell’educazione a livello ministeriale. Con questo invito globale, estendiamo l’opportunità di condividere esperienze e stabiliamo collegamenti collaborativi con le controparti internazionali a tutti i livelli. …"

Stephen Crowne, della Becta, ha così accolto i partecipanti:

"… Nel Regno Unito, il governo ha fissato obiettivi ambiziosi per l’educazione e le capacità. La tecnologia li sostiene tutti, e questo evento globale agirà come catalizzatore per esplorare come la politica e le strategie che si sviluppano in modo collaborativi possano portare benefici reali e tangibili per l’Apprendimento della Prossima Generazione, nel Regno Unito e nel mondo.

La tecnologia supporta anche e rende possibili nuovi modelli di leadership. Per esempio, mentre i modelli tradizionali identificavano un leader per ogni scuola, è chiaro ora che altri modelli di leadership possono e devono funzionare oltre la singola istituzione, ed è allora auspicabile sempre di più un sistema collaborativo di leadership. La conoscenza della potenzialità della tecnologia e della sua applicazione strategica sono sicuramente critici per la leadership del 21° secolo.
….
Molte capacità sviluppate attraverso l’uso della tecnologia riflettono quelle che sono sempre più richieste nel mondo del lavoro. Esse includono le capacità legate alla comunicazione, all’auto-organizzazione e al lavorare con gli altri, così come quelle associate con l’adattarsi e l’adattare la tecnologia per scopi particolari.

La tecnologia gioca anche un ruolo nella crescita professionale della forza lavoro nel campo dell’educazione. Si può imparare molto dallo sviluppo professionale in altri settori. La tecnologia sempre di più viene anche usata nella crescita professionale informale e continua, per esempio, attraverso le reti e le comunità di pratica…".

Ray Barker, direttore della BESA (British Educational Suppliers Association), ha presentato il sistema scolastico inglese, dicendo che nelle 4 regioni in cui è diviso il Regno Unito l’educazione è gratuita, compresi i libri, e obbligatoria dai 5 fino ai 16 anni (presto lo diventerà fino ai 18 anni). Il passaggio tra scuola primaria e secondaria avviene a 11 anni. Le scuole non selezionano gli studenti.

Sono coinvolti 8.1 milioni di studenti, di cui il 93% in scuole sovvenzionate dallo Stato, il 7% indipendenti. Ci sono 98 Università, 35 istituzioni per la formazione terziaria e in esse 1.2 milioni di studenti a tempo pieno.

Recentemente hanno diviso la scolarizzazione in questi segmenti:
da 0 a 5 anni prescuola
da 5 a 7 anni primaria, keystage 1
da 7 a 11 anni primaria, keystage 2
da 11 a 14 anni secondaria, keystage 3
da 14 a 16 anni secondaria, keystage 4

Dal 1988 è stato introdotto un National Curriculum (precedentemente le scuole operavano in piena autonomia) e i test a 7 e 11 anni, poi gli esami pubblici: a 16 anni il GCSE/GNVQ e a 18 anni il GCE/VCE o l’A/AS level (dal 2008 ci sono nuovi diplomi).

I fondi sono dati dal Ministero direttamente alle scuole per il 90%, per esempio nell’anno scolastico 96/97 sono stati dati 32 miliardi sterline, oggi 62.8 miliardi. Dal 1999 al 2008 i fondi per studente dati alle scuole sono andati costantemente crescendo, come ha mostrato il relatore su tabelle e grafici.

Oggi la scelta del Regno Unito è di concentrare la distribuzione di fondi non solo sulle scuole e sugli studenti, ma anche sull’ambiente in cui vivono i giovani: le famiglie, il contesto sociale, ecc. Questa scelta è stata fatta sulla base di alcune priorità scelte dal governo inglese, come per esempio: sono le famiglie, non il governo, a far crescere i giovani, dunque necessitano di supporto; tutti i bambini possono avere successo; tutti i bambini hanno bisogno di divertirsi; … A questo proposito, è stato aumentato il numero degli asili nido, sono stati investiti parecchi fondi per creare aree verdi per il gioco, ecc. Si sta lavorando molto anche sulla scuola secondaria, sottoposta a revisione di programmi, capacità, obiettivi, livelli di competenze, in quanto il numero di studenti della scuola secondaria sta aumentando.

Entro il 2020 il Regno Unito si prefigge di diventare leader mondiale nel campo dell’Educazione.

Mike Briscoe, Direttore della Becta, ha parlato del sistema scolastico inglese dal punto di vista dell’uso delle tecnologie. Ha presentato una panoramica storica degli ultimi dieci anni di scelte nel campo della scuola, dicendo che negli anni passati le scelte erano di riconoscere quali fossero i bisogni di interventi significativi sulle tecnologie, per far partire progetti che operavano dall’alto, con metodo top-down. Ci si poneva l’obiettivo di trovare finanziamenti mirati per programmi di rinnovamento e per mostrare risultati di ricerca sull’impatto delle tecnologie sull’apprendimento.

Lavorando in modo intrecciato sulle infrastrutture, sulle pratiche e sui contenuti, l’agenzia Becta propone un’agenda nazionale per gli insegnanti, convincendoli che possono effettivamente cambiare le loro metodologie di lavoro.

Alcuni dati fanno capire quanto si è fatto nel Regio Unito nell’ultimo decennio: nel 1997 meno di un docente su 5 aveva accesso a Internet, nel 2007 il 99% hanno la connessione; nel 1997 il rapporto PC a numero di studenti era 1 a 19, oggi 1 a 6,2. Questi 10 anni hanno segnato un salto notevole nel Regno Unito, se pensiamo che sta aumentando sempre più l’attenzione a una politica di sviluppo che non coinvolga solamente le scuole (che sono state dotate di laboratori e reti wifi), ma anche i docenti (che sono stati dotati tutti di computer portatile), i bambini, le famiglie. In modo particolare, si procede a mostrare ai genitori che cosa fanno i loro figli con le tecnologie, per coinvolgere le famiglie nel processo educativo e si lavora tramite piattaforme cui gli studenti e i docenti (ma anche le famiglie) possono collegarsi da scuola o da casa.

Aumentando l’accesso alle tecnologie, c’è una grande attenzione anche sui risultati che si possono raggiungere con le tecnologie nel campo dell’educazione. L’obiettivo nei prossimi anni è di passare da una tecnologia usata occasionalmente a una tecnologia usata sempre. A tal proposito, sono stati fatti molti investimenti sulle tecnologie nella scuola, in un crescendo continuo dal 1997 al 2008. Discutendo di questi investimenti, il relatore ha anche mostrato un diagramma degli investimenti comparativi fra più nazioni in un confronto internazionale. I dati dell’Italia erano assenti.

Andreas Schleicher, responsabile della Divisione per gli Indicatori e l’Analisi dell’OECD (OCSE), ha tenuto una conferenza plenaria molto interessante sulle capacità degli studenti per il 21° secolo, a partire dai risultati dei test internazionali OCSE-PISA. Ha mostrato molti grafici, dicendo che tutti i Paesi sono migliorati negli ultimi quarant’anni, qualcuno in modo molto significativo.

Il relatore ha illustrato i grafici sui risultati PISA, sugli investimenti fatti nel campo educativo, sull’uso delle tecnologie, su quali siano le capacità su cui bisogna lavorare nel 21° secolo.

Dividendo le capacità in cinque aree: routinarie-manuali, non routinarie-manuali, routinarie-cognitive, non routinarie-analitiche e non routinarie-interattive ha mostrato come, dagli anni 60 a oggi, la domanda del mondo del lavoro alla scuola delle prime tre aree sia diminuita in modo vario, mentre il fabbisogno delle ultime due sia aumentato di molto, in modo particolare dell’ultima, che è cresciuta in modo vertiginoso. Da ciò, capiamo che le cose semplici da insegnare sono anche le cose più semplici da poter essere automatizzate. Le cose più difficili da insegnare (perché impegnano pensiero critico, flessibilità, capacità di operare con gli altri, gestire la complessità, usare più risorse insieme, ecc.) sono anche quelle più difficili, se non impossibili da automatizzare.

Ecco dunque le indicazioni per le capacità e le competenze del 21° secolo: più complesso diventa il mondo in questi anni, più bisogno c’è di varie forme di coordinamento e gestione. Occorre avere grande versatilità nell’approccio ai problemi, non si tratta quindi di formare specialisti e generalisti, ma persone flessibili, in grado di affrontare la complessità e di reperire e gestire risorse per risolverla.

Coinvolti nelle indagini PISA sono l’87% dei Paesi del mondo economico. Per scegliere che cosa valutare, c’erano due possibilità: quella di valutare che cosa gli studenti avevano appreso, oppure che cosa potevano applicare in un contesto nuovo. È stata scelta la seconda. Per esempio, per quanto riguarda la matematica, si è puntato fortemente sulla modellizzazione, nel senso scientifico del termine: modello come simulazione matematica di una situazione reale, che può essere utilizzato e dare risultati, i quali poi vanno interpretati nuovamente nel contesto reale.

I Paesi coinvolti nell’indagine PISA hanno risultati molto diversi a seconda del loro sistema economico e scolastico. Possono esserci sia Paesi con equità sociale nel sistema scolastico che presentano alti punteggi, sia Paesi che, pur avendo equità sociale, hanno bassi punteggi. Possono esserci Paesi che fanno della scuola una delle sfide future e investono molto, altri che, pur facendone una sfida, non investono molto sulla scuola. In ogni caso, in genere sistemi socio-economici forti attirano insegnanti forti.

Se fino ad ora i sistemi educativi dei vari Paesi sono stati basati su un curriculum nazionale, oggi e per il futuro si tende ad abbandonare un metodo top-down di interazione con le scuole, a favore di un metodo bottom-up, nel senso che ogni scuola può diventare parte del sistema (in Finlandia già lo è) e determinare un cambiamento del sistema. Si sta passando dunque da un sistema di tipo prescrittivo a un sistema dove l’apprendimento è più personalizzato e le scelte sulla scuola più democratiche. Infatti, il futuro dell’educazione è un sistema "ricco di conoscenza", mentre il sistema tradizionale era "povero di conoscenza", ed è un sistema basato sul giudizio e il coinvolgimento professionale e individuale, mentre il sistema tradizionale era più prescrittivo.

Dunque, volendo trovare delle categorie che contraddistinguano il sistema educativo del passato e quello nuovo, potremmo contrapporre le seguenti: nel vecchio sistema, punire, perdere studenti, unificare, dare provvigioni, burocratizzare, parlare di equità; nel nuovo sistema ottenere alti standard, diversificare, guardare i risultati, delegare, realizzare l’equità, e così via. Per tutto questo occorre ovviamente denaro e occorre anche stabilire uno strumento di misura e delle variabili misurabili, che ci indichino come sia meglio investire tale denaro. Inoltre, le scuole devono capire che se le capacità e le competenze stanno cambiando, anche la valutazione e le prove devono cambiare.

Le indicazioni per le scelte di politica scolastica sono prese dai risultati e dagli studi internazionali, e vanno nella direzione di fissare non solo gli standard, ma anche le capacità e le competenze che le scuole perseguono, estendere il range di tali competenze in modo da racchiudere anche l’uso delle tecnologie, stabilire linee e scelte politiche nella direzione dell’equità e della qualità, colmare il più possibile il divario tra valutazione formativa e sommativa.

Richard De Lorenzo, leader nelle riforme in campo educativo, e della ristrutturazione organizzativa, è noto per aver proposto e realizzato in USA una rivoluzione curricolare, passando da un sistema basato sul tempo a uno basato sui risultati, dove gli studenti devono raggiungere certe performance per passare a un livello successivo e non cumulare crediti o anni di scuola. De Lorenzo ha presentato il suo progetto RISC (Re-Inventing School Coalition) realizzato in America, mettendo l’accento sul passaggio da una scuola per qualcuno a una scuola per tutti, basata sul principio di equità. In modo particolare, il relatore ha parlato della realizzazione del suo progetto in Alaska, stato in cui la disoccupazione tocca livelli del 52%, la povertà livelli del 75,7% della popolazione, il 90% degli studenti non ha capacità minime di lettura e molti studenti abbandonano la scuola senza portare a termine il processo formativo.

De Lorenzo ha posto alcune idee chiave in contrapposizione tra l’educazione del 20° secolo e quella del 21°, come per esempio: curriculum basato sul tempo/sulle performance; libri di testo/standard educativi; apprendimento passivo/attivo; decisioni al docente/agli studenti; curriculum frammentario/trasparente e continuo; basse aspettative/punteggi internazionali; diversità ignorata/integrata; docenti che giudicano gli studenti/giudizi incrociati; tecnologia poca/molta.

Applicando queste idee chiave alla costruzione del curriculum, De Lorenzo ha creato in Alaska una scuola in cui gli studenti avanzano solo se mostrano di aver raggiunto i livelli necessari, indipendentemente dal tempo. Qui la scuola è organizzata come una comunità che coinvolge non solo studenti e docenti, ma anche i loro genitori, i nonni, i parenti. È una scuola in cui si condividono idee, obiettivi, conoscenza, lavoro, partecipazione e soprattutto una visione condivisa del modo di imparare. In questo consiste il suo progetto di Re-Inventare la scuola. L’impatto che una scuola del genere ha non solo sugli studenti, ma sulla comunità intera, è di alto valore formativo e sociale, e i risultati si vedono in breve tempo.

Kirsi Lindroos, direttore generale dell’Ente nazionale per l’istruzione della Finlandia, ha tenuto la sua relazione plenaria da rappresentante di un Paese che è al primo posto nei test PISA per la matematica, dando alla platea informazioni sul sistema educativo del suo Paese e sulle linee di sviluppo decise in questi anni. Ecco le scelte della Finlandia in campo educativo: uguali opportunità per tutti; l’educazione completamente gratuita; educazione di base non selettiva; amministrazione centrale e periferica flessibile; modo di lavorare interattivo e cooperativo; supporti individuali all’apprendimento; valutazione orientata allo sviluppo e al miglioramento di capacità; piccole differenze tra scuole di città e di campagna; insegnanti molto qualificati professionalmente; modello di apprendimento socio-costruttivista. In Finlandia, l’80% degli studenti continua dopo l’istruzione obbligatoria.

La scuola finlandese segue alcuni nuovi progetti come: il POP, progetto per una migliore educazione; il JOPO, basato su un’educazione di base flessibile, il lavoro in piccoli gruppi, i contesti di apprendimento, l’integrazione della scuola con la comunità…

Di particolare interesse è il progetto cosiddetto dell’Ambiente di Apprendimento, che per le scuole costituisce un quadro teorico di riferimento. È basato sull’integrazione di ambienti fisici, fattori psicologici, relazioni sociali (fa parte del curriculum finlandese), per far leva su nuove linee di azione che sostituiscono a un insegnante direttivo un ambiente collaborativo, a un’attenzione centrata sul docente un’attenzione sull’apprendimento, a una visione curricolare una basata sulle competenze, e così via. Tale progetto tende a integrare l’ambiente scolastico con quello della comunità e della società. Per esempio, a Helsinki il Museo della tecnologia è parte del percorso di apprendimento. Tale percorso si compone di una parte realizzata a scuola, seguita da esperimenti vari al museo, per concludersi con nuove attività a scuola. Gli attori che prendono parte a percorsi formativi di questo genere dunque sono più di uno: le scuole stesse, i Musei, l’industria, l’Università. L’Ambiente di Apprendimento è visto perciò sotto diverse prospettive: quella fisica, come spazio di azione; quella sociale, per l’interazione umana; quella tecnologica, per il coinvolgimento delle tecnologie; quella locale, come scuola, o campagna, o città, …; quella didattica, per la mediazione che può fornire l’ambiente all’apprendimento. L’intersezione di queste componenti è il risultato del fare scuola oggi in Finlandia, ed evidentemente influisce sui risultati che questo Paese ha nei confronti internazionali.

Queste le principali relazioni del Forum, le linee di discussione sulle scelte politiche nel campo dell’educazione: ne traspare un grosso investimento di risorse che molti Paesi hanno scelto di fare per le scuole, la professionalità docente, le tecnologie per la didattica, un’attenzione al problema dell’istruzione come tema centrale per l’evoluzione di un Paese, ma anche un’attenzione particolare al monitoraggio dei risultati, delle competenze, dell’impatto delle tecnologie sull’apprendimento, dei confronti internazionali.

L’assenza del Ministro dell’Istruzione italiano o di suoi delegati pare inspiegabile, certo è che occorrerebbe non perdere questa occasione di confronto e di condivisione con gli altri Paesi, perché lo sviluppo di un Paese dipende fortemente dalle scelte in materia di istruzione e formazione.

Come ha detto John Denham, segretario di stato inglese, in una tavola rotonda al Forum: "Portare l’educazione al primo posto, non all’ultimo, in questo momento di crisi a livello globale, è il dovere di una nazione che vuole progredire."

 

Ornella Robutti
Università di Torino

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