C’era una volta la favola del brillante laureato, che dopo un’intensa e impegnativa gavetta, riusciva a trovare lavoro e fare carriera. Ma questa favola appartiene al passato, nell’Italia del 2014, in piena crisi economica, i giovani laureati non se la passano di certo bene, e il titolo di studio di antico prestigio sembra aver perso quasi ogni valore, almeno come lasciapassare nel mondo del lavoro.

Il quadro dipinto è confermato dal sedicesimo rapporto di Almalaurea, realizzato su 450 mila laureati dei 64 atenei del consorzio, che ha messo in evidenza la scissione sempre più netta dell’antico binomio laurea-lavoro.

Secondo l’indagine, dal conferimento della laurea all’ingresso del mondo del lavoro per i “titolati” italiani trascorre in media un anno, ma il tempo si prolunga per i laureati del Sud Italia, ancor di più se di sesso femminile. I contratti a tempo inderminato hanno subito un netto calo, quasi il 15% in meno rispetto al 2008, il precariato, i contratti a progetto, e il lavoro occasionale, sono orami una realtà comune.

Questioni di gender, differenze tra Nord e Sud, quelli che da sempre sono temi caldi della propaganda politica, assumono contorni drammatici nello scontro con una realtà in cui il merito non è un parametro considerato.

A parità di condizioni di partenza, chi si laurea in un Ateneo del Su Italia ha il 59% di possibilità di lavorare o di frequentare uno stage pagato, a tre anni dalla laurea, percependo 1.045 euro al mese netti. Chi ha studiato al Nord, invece, nell’88,3% dei casi ha un’occupazione dopo tre anni, e la sua busta paga arriva a 1.251 euro.

Intanto, negli ultimi due anni la percentuale dei laureati italiani che hanno scelto di lasciare l’Italia per trovare lavoro all’estero ha raggiunto cifre da record.

“Stiamo perdendo tantissimo capitale umano”, affermava Giovannini dalle pagine di Repubblica lo scorso Novembre. Di contro, tra i cervelli rimasti, la voglia di combattere e affermarsi non sembra essersi affievolita del tutto. Nel 2013 oltre 110 milioni di euro sono stati investiti per finanziare nuove realtà imprenditoriali e 1.554 società italiane si sono iscritte alla sezione startup innovative del Registro delle Imprese. Numeri in crescita, così come le opportunità occupazionali per i neolaureati. Parliamo di realtà aziendali concepite in ottica contemporanea da e per i giovani.

I settori in cui si investe principalmente sono web, ICT, elettronica. I fondatori hanno in media 30 anni, il 48% di loro vive al Nord ed il 52% è in possesso di una laurea di primo livello. Nell’80% dei casi hanno avuto precedenti esperienze nell’ambito del lavoro dipendente, ed è proprio qui che hanno conosciuto i loro soci e fatto maturare il progetto imprenditoriale.

Lavoro precario, fuga dei cervelli, startup, fatti ed eventi di una generazione che ha voglia di riscatto e voglia di cambiamento. Sono loro il punto di forza di un Paese che deve rinascere, trasformando la favola, in realtà.

Per un quadro completo del fenomeno startup in Italia vi rimandiamo all’inforgrafica realizzata dalla Facoltà di Economia dell’Università “Niccolò Cusano”, consultabile al seguente indirizzo: http://www.unicusano.it/blog/universita/startup-for-beginners/

Infografica Unicusano StartUp
Infografica a cura dell’universita’Unicusano

 

Serena De Domenico

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