Nel David con la testa di Golia, della Galleria Borghese di Roma, realismo e contrasto tra luci ed ombre giungono ad una sublime sintesi. La storia che si cela dietro la realizzazione del dipinto è ormai nota: Caravaggio, accusato di omicidio, invia il quadro insieme alla domanda di grazia al Cardinal Scipione Borghese, ritraendo il suo stesso volto nella fisionomia del gigante sconfitto, come segno di umiltà e pentimento.
La luce proveniente dall’alto è dura, improvvisa, violenta, sempre in contrasto con l’ombra per rivelare i corpi e costruirli plasticamente, per simboleggiare la continua lotta tra il bene e il male.
Lo sfondo scompare, sostituito da una massa scura che ha la profondità delle tenebre dell’inferno, dalla quale emergono le figure rischiarate dalla luce rivelatrice che colpisce violentemente i tratti stravolti di Golia. Il corpo di David si illumina sulla tela uscendo dall’impenetrabile fondo, il giovane ha una espressione di umana compassione e contempla la testa urlante di Golia senza arroganza.
I protagonisti non sono rappresentazione fantastica dell’evento mitologico, ma ritratti reali, persone comuni e contemporanei a Caravaggio; possiamo facilmente immaginare che il maestro abbia ritratto un ragazzo di strada e per di più esemplificativo in tal senso è il suo stesso autoritratto in veste di Golia; il suo realismo era talmente accentuato che il ritratto del modello veniva costruito, non mediante calcoli geometrici, ma attraverso un’accurata osservazione.

 

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