Il paleomagnetismo è quella branca della geofisica che studia il campo magnetico terrestre del passato. Alcune rocce contenenti piccole quantità di minerali ferromagnetici, infatti, conservano una magnetizzazione propria indotta dal campo geomagnetico esistente al momento della loro formazione. Nei luoghi in cui sono presenti tali rocce si registra sempre un’anomalia magnetica, cioè una variazione del valore del campo magnetico terrestre dovuta alla sovrapposizione del campo magnetico prodotto dalla roccia: se il campo risultante è più intenso di quello previsto si parla di anomalia positiva, se meno intenso di anomalia negativa. È stato infatti scoperto che, periodicamente, il polo nord e il polo sud magnetici si scambiano di posizione, dando luogo a lunghi periodi caratterizzati da un’inversione di polarità, che si dice diretta nel caso coincida con quella attuale, inversa in caso contrario.
Lo studio delle anomalie magnetiche dei fondali ha rappresentato la prova più evidente alla teoria dell’espansione degli oceani. Esse risultano infatti disposte in bande simmetriche ai lati delle dorsali oceaniche, con alternanza di anomalie positive e negative. Ciò dimostra che il pavimento basaltico ai due lati delle dorsali non si è formato tutto contemporaneamente, ma in epoche diverse caratterizzate da polarità diretta o inversa rispetto a quella attuale.
All’interno della teoria della tettonica a placche, secondo cui la litosfera non è un involucro continuo ma diviso in “placche” mobili e incastrate tra loro, le dorsali oceaniche rappresentano margini divergenti tra due placche adiacenti: quando due placche si allontanano, dal mantello risale materiale fuso che, raffreddandosi, dà origine a nuova litosfera oceanica.

 

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