Kant elabora una teoria della conoscenza intesa come sintesi di materia e forma, cioè sintesi di un elemento a posteriori e un elemento a priori. Per materia egli intende la molteplicità delle impressioni sensibili che ci provengono dall’esperienza, quindi, elemento a posteriori. Parlando di forma, invece, egli si rifà all’insieme delle modalità, innate ed uguali a tutti gli uomini, attraverso cui le impressioni sensibili sono ordinate nella mente. Proprio perché, queste forme sono possedute e applicate allo stesso modo da tutti gli uomini, esse sono universali e necessarie, quindi a priori rispetto all’esperienza. Su questa tesi gnoseologica egli pone il fondamento dell’universalità della scienza. Quest’ultima, infatti, è intesa da K come sintesi di materia e forma cioè sintesi del contenuto derivato dall’esperienza e dei principi sintetici a priori, verità necessarie e universali che valgono ovunque e sempre allo stesso modo ma inderivabili dall’esperienza stessa. Non solo, con la teoria della conoscenza intesa come frutto della sintesi tra materia e forma, il filosofo opera una vera rivoluzione copernicana: come Copernico ribaltò i rapporti tra terra e sole, K ribalta i rapporti tra soggetto e oggetto. Secondo K non è la mente (soggetto) che si adegua passivamente alla realtà (oggetto), ma la realtà che viene modellata dalle forme a priori, proprie della nostra struttura conoscitiva, attraverso cui la percepiamo.

 

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