La lettura come esperienza di vita

A scuola mi hanno sempre insegnato l’importanza della lettura. A dir la verità, a me è sempre piaciuto leggere, anche perché i miei genitori mi hanno trasmesso questa passione fin da piccolo. Ricordo ancora le colorate immagini dei libri di fiabe e la voce di mia mamma o mio padre quando mi leggevano queste storie perché io ancora non ero in grado di farlo. Crescendo sono venuto a contatto con altre tipologie di libri, come ad esempio i romanzi fantasy o di avventura fino a giungere alla lettura di poesie e libri più impegnativi. La lettura mi ha sempre affascinato perché mi ha messo in contatto con mondi che non conoscevo, ha ampliato il mio bagaglio culturale e linguistico e mi ha aiutato a sviluppare la mia capacità critica. Ritengo, quindi, che leggere sia importante per la propria formazione culturale. È quanto affermato anche da Tzvetan Todorov in La letteratura in pericolo. Egli riporta il pensiero di Richard Rorty, filosofo americano che sostiene che «la letteratura rimedia alla nostra ignoranza». In effetti è così. Infatti «i romanzi non ci forniscono una nuova forma di sapere, ma una nuova capacità di comunicare con esseri diversi da noi». Leggendo si aprono nuovi orizzonti e, come afferma anche Ezio Raimondi in Un’etica del lettore, la letteratura propone infiniti casi umani con cui il lettore viene a conoscenza e si confronta, interrogandoli e mettendoli in relazione al proprio modo di essere. Infatti un altro elemento essenziale della lettura è proprio l’immedesimazione: il lettore, nel momento in cui legge, trasferisce nella storia il suo essere, la sua soggettività, il suo modo di pensare, il suo quotidiano. È quanto avviene, ad esempio, a Paolo e Francesca. Francesca sta narrando l’inizio della sua storia d’amore con Paolo a Dante nell’Inferno e racconta che i due cominciarono a baciarsi mentre stavano leggendo la storia d’amore di Ginevra e Lancillotto e di come quest’ultimo baciò la sua amante. Insomma, i due lettori (Paolo e Francesca) si immedesimarono totalmente nella narrazione di ciò che stavano leggendo. Anche io sono d’accordo col pensiero di Todorov, che sostiene che la lettura è anch’essa arte e, in quanto arte, dà forma a tutto ciò che è informe. L’arte, e dunque la lettura, è vita e non deve essere separata da essa. Lo afferma anche Jorge L. Borges, in Comunicazioni americane. Secondo il suo pensiero, l’arte coincide con la vita e la poesia ne costituisce una parte essenziale.

Io penso che leggere sia una delle tante armi che abbiamo a disposizione per combattere l’ignoranza. Bisogna incentivare la lettura dei libri, ma questo, purtroppo, non avviene in tutti i paesi. Ci sono nazioni, infatti, che non permettono che tutti ricevano un’adeguata istruzione (è il caso, ad esempio, di quei paesi orientali in cui le donne non hanno accesso alle scuole). Ma oggi le letteratura è in pericolo anche nei paesi occidentali. Si è persa, infatti, la sana abitudine a leggere un buon libro perché si preferisce trascorrere il tempo in altre attività. Oggi siamo tutti molto impegnati, anche i ragazzi non hanno più il tempo per leggere perché presi da altre occupazioni, come palestra, scuola calcio… Oggi non si investe più sulla lettura, i libri stessi stanno scomparendo perché sostituiti dai moderni e-book. A me è sempre piaciuto assaporare la lettura toccando con mano le pagine del libro. Inoltre il libro diventa il mio compagno di viaggio quando non sono a casa. Io ritengo sia necessario far capire alle generazioni future l’importanza della lettura e incentivarli a investire il loro tempo nella lettura di un libro. Del resto, come raffigurato anche da abili pittori (come ad esempio in La lettrice di romanzi di Van Gogh o nel quadro Chair car di Hopper) si può leggere dappertutto, stando a casa propria o in luoghi pubblici. Riscoprire la lettura significa, quindi, ritrovare noi stessi e investire su ciò che siamo e possiamo diventare.

 

Leggere apre la mente

In un mondo dominato sempre più dalla tecnologia, sembra che si siano perse molte sane abitudini come, ad esempio, leggere un libro. Oggi si preferisce usare computer, cellulari di ultima generazione piuttosto che comprare un libro. Poche sono le persone che leggono e questo mi preoccupa un po’. Io ritengo che leggere sia importante per la nostra formazione culturale e per sviluppare il nostro pensiero critico. Leggere un libro apre a mondi nuovi che possono essere sconosciuti al lettore e fa emergere emozioni che magari non si pensa nemmeno di possedere. Il lettore si immedesima in ciò che si narra nel libro. Un esempio è quanto descritto dalle parole di Francesca nel V libro dell’Inferno di Dante: ella sta raccontando al sommo poeta com’è nata la relazione extraconiugale con Paolo. I due, mentre stavano leggendo la storia di Ginevra e Lancillotto, si baciarono nello stesso punto in cui lessero che Lancillotto baciò la sua amante. I due amanti, quindi, si identificarono con quanto narrato nel libro che leggevano. In effetti, come afferma Ezio Raimondi in Un’etica del lettore, il lettore, nel momento in cui legge, introduce nella storia anche la sua soggettività, il suo modo d’essere, il suo quotidiano. Egli, infatti, viene a contatto con numerosi casi umani che deve essere in grado di interrogare ed analizzare anche alla luce della propria esperienza. L’immedesimazione, dunque, è un elemento essenziale in chi legge perché essa porta al fine ultimo della lettura: ricavarne insegnamenti morali. Tzvetan Todorov in La letteratura in pericolo, riporta il pensiero del filosofo americano Richard Rorty che afferma che «i romanzi non ci forniscono una nuova forma di sapere, ma una nuova capacità di comunicare con esseri diversi da noi». Di conseguenza, essi non riguardano la scienza, ma la morale. In effetti qualsiasi libro che leggiamo combatte la nostra ignoranza perché «conoscere nuovi personaggi è come incontrare volti nuovi». Stando semplicemente seduti sul divano di casa propria o in spiaggia o in qualche mezzo pubblico (come raffigurato mirabilmente dal pittore Hopper nel quadro Chair car), un libro aiuta a metterci in contatto con realtà a noi sconosciute e con persone diverse da noi con cui possiamo confrontarci. I libri, quindi, sono la vita, perché sono espressioni dell’arte. E l’arte aiuta a dare forma a ciò che in realtà è informe. Raimondi, dunque, è una di quelle persone che non riescono a rinunciare alle parole dei poeti, dei racconti e dei romanzieri. Su questa linea si pone anche il pensiero di Jorge L. Borges. Egli, in Comunicazioni americane, ritiene che libri e vita non siano due cose distinte e separate; anzi leggere è strettamente collegato alla vita perché ne costituisce la parte essenziale che permette di viverla in modo più profondo proprio perché il lettore mette in gioco tutto se stesso quando legge.

Oggi purtroppo quasi nessuno dedica più tempo alla lettura. Nemmeno i genitori leggono più fiabe ai loro bambini. Eppure questo tempo sarebbe ben speso se solo pensassimo che aiuteremmo i nostri bambini a sviluppare la loro fantasia. Bisognerebbe cominciare a leggere fin da piccoli, in modo tale che si continui a farlo anche in età adulta. Così si amplierebbero sempre più il nostro linguaggio (apprenderemmo, infatti, parole che non conosciamo) e il nostro modo di pensare. È necessario, però, adeguare la lettura alle diverse fasce d’età e non imporre i libri che non piacciono. Bisogna leggere di tutto, dalle poesie ai romanzi d’avventura, gialli, fantasy, rosa… Insomma, ci cono libri per tutti i gusti. Basta solo trovare il proprio genere e riscoprire la bellezza di un nuovo mondo che si crea man mano che sfogliamo le pagine delle opere che stiamo leggendo.

 

Riscoprire il vero valore del dono

Nel mondo di oggi sembra che si siano persi dei valori fondamentali: parole come “amicizia”, “amore”, “famiglia”, “rispetto” sono ormai utilizzate a scopo utilitaristico e interessato, perdendo quel connotato di gratuità e universalità che hanno avuto nel passato. Oggi si guarda con apatia chi ci sta vicino, si instaurano rapporti con l’altro solo perché si pensa che un giorno questi possa essere di utilità. I rapporti tra gli esseri umani, quindi, sono cambiati e, purtroppo, in peggio. Nel mondo di oggi si fa molta attenzione alla materialità: si desiderano sempre più oggetti e non più valori e persone. Anche l’atto del donare, quindi, è cambiato nel tempo. Enzo Bianchi, in Dono. Senza reciprocità, fa una differenza tra “dare” e “donare”. L’azione del dare è fine a se stessa «perché nel dare c’è la vendita, lo scambio, il prestito». Donare, invece, significa mettere in gioco se stessi, perché si impiega del tempo per trovare un qualcosa da affidare nelle mani dell’altro, e vuol dire anche compiere un gesto libero e spontaneo verso chi ci sta vicino senza aspettarci nulla in cambio. Del resto, come sostiene Mark Anspach in Cosa significa ricambiare? Dono e reciprocità, «la generosità è una cosa che si impara». Oggi purtroppo sono poche le persone che donano per il semplice gusto di farlo, ma non mancano esempi di coloro che sono disposti a offrire se stessi per aiutare il prossimo. Un esempio è dato da Matt Jones che, nel luglio del 2007, si è privato di un rene per donarlo a una persona a lui sconosciuta, Barbara Bunnel, semplicemente per fare del bene al prossimo. Il suo gesto ha creato una catena di generosità: il marito di Barbara, infatti, a donato a sua volta il proprio rene ad un’altra persona il cui parente ha fatto altrettanto. Secondo me donare deve essere un gesto proveniente dal profondo del cuore, libero e spontaneo. Non si deve donare all’altro per ricevere un contraccambio e soprattutto non è soltanto un dono materiale ciò che conta. Io ritengo che abbia più valore il regalare agli altri il nostro tempo e le nostre attenzioni. Mi ha molto colpito la lettura del brano tratto da una novella della scrittrice Grazia Deledda, Il dono di Natale. In essa viene narrato di un regalo che un padre fa alla sua famiglia. Il dono che egli porta non è un oggetto, ma un piccolo bambino rosso con due riccioli sulle tempie appena nato nella notte di Natale che giace con gli occhi aperti nel suo canestro. Io penso che non ci sia un dono più grande di questo per la propria famiglia: un bimbo da stringere fra le proprie braccia. Del resto anche il Dio cristiano ha fatto un dono immenso all’umanità: suo Figlio e anche questo piccolo bambino è stato il destinatario, appena nato, dei doni da parte dei magi, come raffigurato mirabilmente dalla tela Adorazione dei Magi di Parmigianino. Purtroppo, però, il dono sta assumendo un connotato negativo, il dono si è inserito in un’ottica di tornaconto, perché lo si usa per comprare l’altro limitandone la libertà. Inoltre molto spesso il dono ricevuto non viene accettato, «può diventare uno strumento di pressione che incide sul destinatario, può trasformarsi in strumento di controllo, può incatenare la libertà dell’altro invece di suscitarla». Come sostiene anche Theodor W. Adorno in Minima moralia. Meditazioni della vita offesa, l’uomo ha dimenticato il vero significato della parola “donare”, scordandosi addirittura di come si fa a fare un regalo. Infatti oggi non si dedica più tempo a trovare il regalo giusto, di solito si compra ciò che anche l’acquirente desidera ma di qualità inferiore o qualche articolo da mercato e si regala a scopo utilitaristico. Inoltre si dona solo una briciola di quanto si possiede e alle volte lo si fa perché i mass media ci spingono a provare un senso di pietà o perché col donare si vuole coprire il male (è il caso, ad esempio, degli aiuti umanitari in caso di guerra). Oggi, quindi, ci sono davvero pochi atti di vera e propria generosità. Io ritengo sia necessario riscoprire il vero valore del dono perché altrimenti si rischia di diffondere sempre più la mentalità dell’egoismo e del raggiungere in ogni modo il proprio tornaconto.

 

L’arte del dono

Non c’è atto più bello del donare: esso rappresenta una manifestazione di rispetto, gratitudine e stima nei confronti del prossimo. Siamo soliti fare regali agli altri in occasioni particolari, come un compleanno, un matrimonio, una laurea, o in determinate festività religiose, come il Natale. Rimaniamo molto soddisfatti e appagati quando vediamo che il nostro dono è stato apprezzato poiché è stato in grado di far sorridere qualcuno o di far provare meraviglia. Si pensi, ad esempio, al volto contento dei bambini quando la mattina di Natale scartano con curiosità il regalo che hanno ricevuto. L’atto del donare, però, non è una cosa semplice. Come afferma Enzo Bianchi in Dono. Senza reciprocità, donare è un’arte difficile perché significa «donare se stessi». Si differenzia dal semplice dare, in quanto regalare qualcosa a qualcuno significa consegnare un bene nelle mani di un altro senza aspettarsi nulla in cambio. Il dono, infatti, deriva dalla libertà e dalla spontaneità del donatore che decide di fare un regalo all’altro per generosità o per amore indipendentemente dalla risposta che riceverà dal destinatario. Oggi, però, rispetto al passato il dono ha perso il suo connotato di naturalezza e spontaneità. Bianchi, infatti, sostiene che oggi si pratica l’atto del dono soprattutto per comprare l’altro limitandone la libertà e anche per nascondere un male (si pensi, ad esempio, agli aiuti umanitari in caso di popoli in guerra). Inoltre il dono è diventato un atto banale, perché si dona una briciola di quello che si possiede a coloro verso i quali i mass media ci fanno provare emozioni (è il caso delle donazioni tramite sms ad associazioni di volontariato). In più «il dono può essere rifiutato con atteggiamenti di violenza o nell’indifferenza distratta, può essere ricevuto senza destare gratitudine e può essere sperperato». Anche Theodor W. Adorno, in Minima moralia. Meditazioni della vita offesa, sostiene che «gli uomini disapprendono l’arte del dono» perché, nel momento in cui fanno un regalo, devono pensare all’altro come un soggetto e, quindi, devono scegliere cosa comprare e impiegare del tempo per farlo. Sta di fatto che regalare qualcosa a qualcuno deve essere un atto che viene dal cuore. Purtroppo oggi non è così. Di solito, sostiene Adorno, regaliamo all’altro qualcosa che desideriamo anche noi, ma lo scegliamo di qualità inferiore. Inoltre oggi non abbiamo più voglia di fare doni e, quindi, non sapendo più cosa regalare, compriamo degli articoli da regalo che non hanno alcun valore affettivo, ma che sono semplici fondi di magazzino. Del resto, come afferma Mark Anspach in Cosa significa ricambiare? Dono e reciprocità, «la generosità è una cosa che si impara» e non si diventa generosi da soli. Pochi sono coloro che donano per il semplice piacere di farlo e che non attribuiscono al loro atto un significato individualistico e interessato. Un esempio di ciò è dato da quanto avvenuto nel luglio del 2007 quando una paziente, Barbara Bunnell, ha ricevuto un rene dal donatore Matt Jones che se ne è privato per la semplice gioia di aiutare il suo prossimo. Questo atto ha creato una «catena di reciprocità generalizzata»: infatti il marito di Barbara ha donato il suo rene a Angela, la cui mamma ha compiuto lo stesso atto verso un altro paziente e così via.

Io ritengo che donare sia un atto di pura generosità verso il prossimo e penso che i doni, anche quelli che non ci piacciono, debbano essere graditi dal destinatario. Bisognerebbe ritornare ai vecchi tempi, quando ci si meravigliava nel momento in cui si riceveva un regalo e si ringraziava di vero cuore chi lo aveva fatto. Donare qualcosa a qualcuno significa anche destare curiosità ed entusiasmo. È il caso, ad esempio, di quanto narrato da Grazia Deledda in una sua novella, Il dono di Natale. L’autrice presenta Felle che è incuriosito da quanto sta avvenendo nella casa dei suoi vicini: il padre di quella famiglia, infatti, deve portare un dono e lui si chiede quale sia. Spinto dalla curiosità, dopo cena, si reca a casa loro e scopre, con meraviglia, che il dono è un bel bambino rosso appena nato nella notte di Natale con due riccioli sulla fronte e gli occhi aperti. A me personalmente piace molto fare regali alle persone a cui voglio bene: avere un pensiero per gli altri significa donare loro un pezzo di me e dedicare del tempo a coloro che mi stanno vicino. Non nascondo che gioisco nel profondo del cuore quando vedo che il mio pensiero è stato gradito. E per me non c’è emozione più bella di questa.

 

Mediterraneo, una risorsa per i continenti che vi si affacciano

Il Mar Mediterraneo oggi è spesso il protagonista delle notizie che danno quotidianamente telegiornali e giornali. Esso, infatti, è diventato la principale via di fuga per le persone che scappano dai paesi africani martoriati da estenuanti guerre e miseria in cerca di condizioni di vita migliori. Ci siamo ormai abituati a sentire notizie di imbarcazioni affondate nelle acque dello Stretto di Sicilia. Ciò avviene per le pessime condizioni in cui questi migranti sono costretti ad affrontare il viaggio della salvezza. Essi, infatti, sono ammassati in un gommone messo a disposizione da gente senza scrupoli che non esita ad abbandonarlo man mano che ci si avvicina alle coste europee. Questi gommoni sono sovraccarichi di persone e non ce la fanno a sopportare il loro peso e le condizioni del mare. Il Mediterraneo, purtroppo, oggi, oltre ad essere un luogo preferito in cui trascorrere le vacanze, è diventato anche un cimitero che accoglie i corpi di coloro che non chiedono altro di poter avere una speranza di costruirsi una nuova vita migliore di quella che sono stati costretti a lasciare. I fortunati che riescono a sopravvivere a questo terribile viaggio devono affrontare altre difficoltà: i paesi di arrivo molto spesso non sono disposti ad accogliere queste persone. Ciò accade perché regna ancora la mentalità di “scappare” e temere ciò che è diverso da noi: rifiutiamo l’altro proprio perché abbiamo paura in quanto non conosciamo la sua cultura, usi e costumi. Come afferma Paolo Frascani in Il mare,« il Mediterraneo non evoca uno spazio offerto alla libera circolazione di uomini e merci, ma prende, piuttosto, il sopravvento una certa resistenza ad aprirsi verso l’esterno». Il Mediterraneo, quindi, nonostante la sua posizione (bagna le coste dell’Asia, dell’Africa e dell’Europa), non è un mare che unisce, ma innalza delle barriere fra le diverse civiltà. I diversi popoli, purtroppo, temono di collaborare fra di loro. Eppure da un eventuale confronto fra le diverse civiltà tutti ne trarrebbero vantaggio. Come sostenuto in una Comunicazione congiunta della Commissione Europea e dell’Alto Rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza del 17 dicembre 2012, ad esempio, il Maghreb, «regione situata tra l’Africa subsahariana e l’Unione Europea da un lato, e ai confini del Mediterraneo orientale, dall’altro», ha delle ingenti risorse da offrire soprattutto ai paesi europei, ma non è in grado di mostrarle perché è la regione più isolata al mondo. Bisogna capire, però, che «entrambe le sponde del Mediterraneo hanno tutto da guadagnare da una situazione di maggiore stabilità, di maggiore integrazione dei mercati, di più stretti contatti interpersonali e di scambi intellettuali, economici e culturali più approfonditi». Tutte le popolazioni, quindi, dovrebbero mutare la loro mentalità e non aver paura di accettare ciò che è diverso dal loro modo di pensare, usi e costumi. Basti partire dal significato di Mediterraneo: esso, infatti, sta ad indicare le acque che stanno nel mezzo delle terre e, in effetti, esso lambisce le coste di ben tre continenti. Inoltre, come sostiene Predrag Matvejević in Breviario mediterraneo, il mar Mediterraneo ha visto il susseguirsi di diversi popoli e culture che, fin dai tempi antichi, hanno stretto dei rapporti. Basti pensare all’Antico Egitto, ai Fenici, ai Greci, che hanno diffuso la dialettica greca, l’arte e la democrazia, ai Romani che hanno esteso il diritto, il foro e la repubblica, ai popoli che hanno diffuso nuove religioni come il Giudaismo, il Cristianesimo e l’Islamismo, alle repubbliche marinare. Insomma per molti secoli il Mediterraneo è stato un importante mezzo che ha permesso lo sviluppo dei commerci, «degli attrezzi e delle armi, della sapienza e della conoscenza, dell’arte e della scienza». Di conseguenza, sul Mediterraneo è stata concepita l’Europa. Bisogna, dunque, che tutti paesi che si affacciano sul Mediterraneo considerino questo mare come una fonte inesauribile di ricchezza data soprattutto dal confronto di esperienze, di culture, di idee tra noi e gli altri abitanti dello stesso mare.

 

Mediterraneo, mare di molti popoli

Il significato più comune del nome “Mediterraneo” è “mare in mezzo alle terre”. Infatti il mar Mediterraneo è compreso tra Europa, Asia e Africa. È un mare interno, cioè chiuso: si collega all’Oceano Atlantico grazie allo Stretto di Gibilterra, al Mar Nero tramite lo stretto dei Dardanelli, il Mar di Marmara e il Bosforo e all’Oceano Indiano e al Mar Rosso grazie al canale di Suez, aperto nel XIX secolo. L’importanza del Mediterraneo risale ai tempi più antichi: esso, infatti, è stato culla delle grandi civiltà e il luogo in cui per secoli diversi popoli hanno continuato a mescolarsi. Come afferma Predrag Matvejević in Breviario mediterraneo, sul Mediterraneo è stata concepita l’Europa. I più grandi popoli si sono sviluppati lungo le coste di questo mare a partire dai regni dell’Antico Egitto e da popoli come Fenici e Greci. Questi ultimi, anche grazie ai loro empori, sono riusciti a diffondere, oltre ai fiorenti commerci, la dialettica greca, l’arte e la democrazia. Dopo i Greci si è sviluppato il potente impero romano che conquistò tutte le terre bagnate dal Mare Nostrum diffondendo così il diritto romano e la repubblica. Si è assistito poi alla divulgazione di nuove religioni, come il Cristianesimo e l’Islamismo e successivamente allo sviluppo delle repubbliche marinare. Insomma «lungo le coste di questo mare passava la via della seta, s’incrociavano le vie del sale e delle spezie, degli olii e dei profumi, dell’ambra e degli ornamenti, degli attrezzi e delle armi, della sapienza e della conoscenza, dell’arte e della scienza». Il Mediterraneo, dunque, appartiene a diversi popoli e non è possibile stabilirne i confini. Purtroppo, però, le diverse popolazioni che vi si affacciano non sono unite, ma continuano a guardarsi con diffidenza. Come sostiene Paolo Frascani in Il mare, il Mediterraneo è un mare che non unisce, ma alza altre barriere tra la nostra e le altre civiltà. Basti pensare, infatti, a quanto sta avvenendo recentemente: il Mediterraneo viene attraversato quasi quotidianamente da fatue imbarcazioni con a bordo centinaia di migranti che fuggono dai loro paesi per cercare condizioni di vita migliore in Europa. Sono zone in cui si continuano a combattere logoranti guerre interne e in cui regnano fame e povertà. Alcune persone, così, decidono di cambiare vita e rischiano il tutto e per tutto pur di arrivare sulle coste europee. Purtroppo non tutti ce la fanno, il Mediterraneo è diventato un cimitero per persone destinate a rimanere senza nome perché le condizioni del viaggio sono disumane. Quei profughi che riescono ad arrivare sulle coste europee sono visti con diffidenza, spesso vengono scacciati e rimandati ai loro paesi d’origine e non ricevono la giusta accoglienza da parte delle nazioni. L’Italia si è trovata per molto tempo a dover affrontare da sola il dramma immigrazione, mettendo a disposizione di questa povera gente tutto ciò che poteva offrire: centri di accoglienza, visite mediche, permessi di soggiorno. Ma da sola l’Italia non ce la può fare. Fortunatamente anche l’Europa si è accorta del dramma immigrazione e oggi quasi tutti gli stati stanno offrendo la loro disponibilità nell’accogliere queste persone in cerca di un futuro migliore. Ancora oggi, quindi, il Mediterraneo non riesce a fare da tramite tra noi e chi abita le stesse sponde in quanto continua a mancare la comunicazione di esperienze, di culture e di idee. Eppure ci sarebbero dei vantaggi nell’integrazione tra i diversi paesi del Mediterraneo. Un esempio può essere costituito dal Maghreb, come affermato in una Comunicazione congiunta della Commissione Europea e dell’Alto Rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza del 17 dicembre 2012. Il Maghreb è una regione dell’Africa settentrionale delimitata dall’oceano Atlantico a ovest, dal mar Mediterraneo a nord, dall’Egitto a est e dal deserto del Sahara a sud. La regione comprende tre paesi dell’Africa nordoccidentale, Marocco, Algeria e Tunisia, a cui si aggiungono, rispettivamente all’estremità orientale e sudoccidentale, la Libia e la Mauritania. Possiede grandi potenzialità di sviluppo che, però, non è in grado di mostrare agli altri paesi perché è una delle regioni meno integrate nel mondo. Eppure tutti, anche e soprattutto i paesi dell’Unione Europea, beneficerebbero di ciò che il Maghreb ha da offrire. Io penso che ancora oggi esistano delle barriere: esse, però, non sono naturali, ma sono insite nel nostro modo di pensare. Guardiamo sempre con diffidenza chi proviene da una cultura diversa dalla nostra e non siamo disposti a confrontarci con l’altro. Questo secondo il mio parere è un grave errore perché dovremmo essere disposti al confronto con tutti. Solo così si creerebbero condizioni di vita adeguate per tutti.

 

L’Europa del 1914 e l’Europa del 2014: quali le differenze?

Il candidato esamini la questione sotto almeno tre dei seguenti profili: forme istituzionali degli Stati principali; stratificazione sociale; rapporti fra cittadini e istituzioni; sistemi di alleanze; rapporti fra gli Stati europei; rapporti fra l’Europa e il resto del mondo.

Il 28 giugno del 1914 a Sarajevo uno studente serbo uccideva l’erede al trono asburgico Francesco Ferdinando. Questa fu la causa che fece scoppiare la Prima Guerra Mondiale: l’Austria, infatti, dichiarò guerra alla Serbia e subito si mise in moto il sistema di alleanze tra gli Stati europei. I primi anni del Novecento immediatamente precedenti il primo conflitto mondiale, dunque, vedono un instabile rapporto tra gli Stati d’Europa. L’assassinio di Francesco Ferdinando, infatti, fu solo la goccia che fece traboccare il vaso, in quanto i rapporti tra gli Stati europei erano già molto precari. C’erano innanzitutto dei dissapori tra Francia e Germania perché quest’ultima aveva annesso l’Alsazia e la Lorena; Germania e Gran Bretagna si contendevano la supremazia navale e per questo motivo la Germania costruì un’imponente flotta per avere la meglio sulla superiorità inglese; sempre la Germania aveva mostrato un atteggiamento di insoddisfazione in occasione della spartizione dell’Africa e dell’Asia in quanto le era stato riservato un ruolo secondario; infine Austria e Russia avevano interessi comuni e contrastanti nei Balcani. L’Europa del 1914, inoltre, vedeva contrapporsi gli stati appartenenti alla Triplice Alleanza (Germania, Austria e Italia) da quelli della Triplice Intesa (Gran Bretagna, Francia, Russia). La Triplice Alleanza era un trattato a scopo difensivo e questo fu il motivo per cui l’Italia, al momento dello scoppio della guerra, si dichiarò neutrale entrando nel conflitto (però al fianco dei paesi dell’Intesa in seguito al Patto di Londra) solamente l’anno successivo, nel 1915. Anche il volto geopolitico dell’Europa del 1914 era assai diverso da quello odierno. Esistevano, infatti, quattro grandi imperi: quello russo, comprendente parte della Polonia, i territori che si affacciavano sul Mar Baltico, il Mar Nero e il Mar Caspio, l’Asia centrale e parte della Cina; quello tedesco (vecchia Prussia) nell’Europa centrale che si estendeva lungo le coste del Baltico e del Mare del Nord; quello austroungarico, formato da Austria e Ungheria; quello ottomano, che comprendeva gran parte delle zone che si affacciavano sul Mar Mediterraneo (in Europa gli Ottomani possedevano tutta la penisola balcanica).

Il volto dell’Europa di oggi è completamente diverso rispetto a quello del secolo scorso. Dal punto di vista geopolitico, l’Europa è formata da oltre quaranta stati, alcuni nati dalla disgregazione degli antichi imperi (Austria e Ungheria sono diventate nazioni indipendenti; Estonia, Lettonia, Lituania sono nate dal disfacimento dell’impero russo; nuovi stati, come ad esempio la Slovenia, sono nati anche nella penisola balcanica; la vecchia Prussia si è ridotta all’attuale Germania). Inoltre i rapporti tra gli stati non sono più difficili come cento anni fa (l’unica zona ancora instabile è data dai territori della penisola balcanica in seguito al disfacimento della ex Jugoslavia) anche perché oggi si sta cercando di creare un’Europa unita e c’è, quindi, una collaborazione fra i diversi stati. Al momento attuale, si è creata un’unica moneta, l’euro, che circola in alcuni stati appartenenti all’Unione Europea (altre nazioni vi entreranno negli anni successivi) e sono nati organismi comuni a tutti gli stati, come la Commissione Europea, il Consiglio dell’Unione Europea, il Parlamento Europeo, la Banca Centrale Europea. Inoltre oggi la forma istituzionale degli stati europei più diffusa è la repubblica democratica (la monarchia rimane solo in pochissimi paesi come Gran Bretagna e Spagna).

Insomma in cento anni il volto dell’Europa è completamente cambiato e, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, si stanno facendo ogni giorno passi in avanti per creare un’unica Europa Unita.

 

La forza dell’anima contro la forza fisica: il Novecento

Ogni qual volta si ascolta una notizia al telegiornale si apprende della messa in atto di azioni violente: mariti che uccidono le mogli, madri che sgozzano i figli, popoli che combattono barbaramente gli uni contro gli altri. Io ritengo che la violenza non porti mai a nulla di buono, ma che anzi alimenti sempre più l’odio verso il prossimo. Il Novecento è stato un secolo molto violento, in cui si sono combattuti atroci conflitti che hanno generato morte e distruzione in tutto il pianeta. Ma non sono mancate, per fortuna, forme di opposizione a carattere pacifico. Esse si sono sviluppate soprattutto in India e America. In India il promotore della politica della non violenza è stato Gandhi. Egli, in Antiche come le montagne, fa una differenza fra chi pratica la violenza e chi invece no. Afferma che l’aggressività è una legge propria dei bruti, i quali conoscono solo la forza fisica, mentre la non violenza è la legge di tutta la specie umana e, quindi, è praticabile da tutti, non solo da santi e saggi. Essa è una vera e propria religione e consiste nell’opporsi al sistema non praticando atti brutali, ma avendo la consapevolezza della propria forza salvando dal dispotismo il proprio onore, la propria religione e la propria anima. Si tratta, quindi, di una presa di coscienza della propria forza interiore che riesce a minare le basi dell’impero. Praticando la non violenza, l’India è riuscita ad affrontare l’Inghilterra arrivando alla propria indipendenza. Mentre in India si combatteva per l’autonomia, negli Stati Uniti era in atto uno scontro tra bianchi e neri. I neri erano discriminati dai bianchi, non avevano diritti e venivano sfruttati in ogni modo. Ad un certo punto, essi hanno cominciato a rivendicare i propri diritti. La loro guida è stata Martin Luther King. Egli, in un suo celebre discorso, ha invitato i suoi seguaci a conquistare i propri diritti non utilizzando la violenza, ma facendo perno sulla dignità e la disciplina. Questo perché la forza dell’anima è più forte di quella fisica ed è l’unica che può permettere di raggiungere giustamente una vera e propria democrazia.

La politica della non violenza si è sviluppata all’indomani di sanguinosi conflitti mondiali. Il Novecento ha visto combattere due terribili e massacranti guerre a distanza di pochi anni l’una dall’altra, mentre altri violentissimi combattimenti si sono avuti per l’indipendenza di alcuni stati. Il primo conflitto mondiale è stato combattuto all’inizio del XX secolo e ha portato molte innovazioni nel modo di combattere. A prendere parte agli scontri, per la prima volta nella storia dell’umanità, sono stati tutti gli uomini (non solo coloro che potevano permettersi di comprare l’armatura come avveniva nei secoli precedenti). Inoltre sono stati fatti progressi anche nelle armi: per la prima volta si sono usati armi di distruzione di massa potenti (come, ad esempio, il carro armato, gli aerei o le mitragliatrici) che hanno causato un numero di vittime più elevato rispetto ai conflitti del passato. L’uomo è venuto a conoscenza di una violenza inaudita: era costretto a sparare al nemico per conquistare pochi metri di terra (si combatteva, infatti, nelle trincee) e combatteva accanto ai corpi martoriati dei propri compagni in condizioni climatiche e igienico-sanitarie alquanto precarie. La guerra, quindi, ha lasciato segni indelebili in chi l’ha combattuta. Infatti coloro che sono riusciti a ritornare dalla guerra hanno continuato a mettere in atto azioni violente. Come afferma George L. Mosse in Le guerre mondiali. Dalla tragedia al mito dei caduti, anche alla fine del primo conflitto mondiale tutti i paesi sono stati invasi dal processo di brutalizzazione. Questo perché era stata accettata l’idea stessa di guerra e perché quest’ultima aveva sviluppato un nuovo atteggiamento mentale. Stavolta il nemico da combattere era interno, cioè la politica. Ecco perché, negli anni immediatamente successivi la Prima Guerra Mondiale e precedenti la Seconda, si è avuta una diffusione della criminalità e dell’attivismo politico.

Come afferma Walter Benjamin in Per la critica della violenza, la violenza minaccia soprattutto il diritto. L’unico ambito, però, in cui essa può ancora manifestarsi secondo l’ordinamento giuridico è quello della lotta di classe. Essa utilizza come “arma” lo sciopero, anche se è discusso se il non agire (e, quindi, lo sciopero) possa essere considerato violenza. Sta di fatto che esso nel tempo è stato concesso ai lavoratori dagli stati.

Io concordo con la politica della non violenza perché sono fermamente convinto che col dialogo possano risolversi numerosi problemi in minor tempo rispetto a quanto ne occorrerebbe con l’uso delle armi.

 

La violenza, fiamma dell’odio: il Novecento

Mai nella storia dell’umanità si è usata tanta violenza come nel Novecento. Esso è stato il secolo delle grandi guerre: a distanza di pochi anni, si sono combattuti i conflitti più sanguinosi di cui l’uomo sia mai stato protagonista. La novità delle guerre del Novecento è l’essere di “massa”: per la prima volta, cioè, a combattere sono tutti i cittadini e vengono utilizzate armi sempre più sofisticate per la distruzione del nemico. Il primo conflitto di massa è stata la Prima Guerra Mondiale, combattuta tra il 1914 e il 1918 e definita “mondiale” proprio perché vi presero parte tutti i paesi del mondo. Essa è stata definita anche guerra di trincea: si combatteva, cioè, in enormi buche scavate nel terreno e si moriva per la conquista di pochi metri di terra oltre che per le condizioni igienico-sanitarie alquanto precarie. Ecco perché papa Benedetto XV ha definito questa guerra un’“inutile strage”. Questo nuovo tipo di conflitto ha lasciato in chi l’aveva combattuto un’impronta indelebile: l’uomo aveva conosciuto la violenza nelle sue forme più macabre, era stato costretto a uccidere il suo prossimo e a combattere accanto ai corpi martoriati dei propri compagni in nome della patria. Come afferma George L. Mosse in Le guerre mondiali. Dalla tragedia al mito dei caduti, anche dopo la fine della Prima Guerra Mondiale l’uomo ha continuato ad essere brutale e a manifestare forme di violenza contro il prossimo perché il conflitto aveva sviluppato un nuovo atteggiamento mentale e perché era stata accattata l’idea stessa di guerra. Stavolta oggetto della violenza era la politica e, di conseguenza, il nemico era interno. Dunque, negli anni immediatamente successivi alla Prima Guerra Mondiale e precedenti la Seconda, tutti i paesi sono stati invasi dal processo di brutalizzazione che ha portato alla crescita della criminalità e all’attivismo politico.

La violenza purtroppo non è finita con la Prima Guerra Mondiale, ma si sono avuti altri terribili conflitti nel corso del Novecento, come la tristemente nota Seconda Guerra Mondiale (che ha visto l’attuarsi si una violenza inaudita contro un intero popolo, quello ebraico) e gli altri conflitti per l’indipendenza (come, ad esempio, la guerra del Vietnam).

La violenza è sempre un atto pericoloso e può essere minacciosa soprattutto per il diritto. Come afferma Walter Benjamin in Per la critica della violenza, l’unico ambito in cui è possibile utilizzarla senza violare l’ordinamento giuridico è quello della lotta di classe tramite il diritto di sciopero dei lavoratori. Esso è stato concesso dagli stati non solo perché non se ne poteva più fare a meno, ma anche perché lo scioperare, cioè il “non agire”, non era definita di fatto come violenza.

Bisogna comunque fare attenzione quando si ricorre alla violenza. La cosa migliore sarebbe far valere i propri diritti non ricorrendo ad atti brutali. Il principale sostenitore di una politica non violenta è stato Gandhi. Egli, in Antiche come le montagne, afferma che la non violenza è una pratica che tutti possono mettere in atto, non solo i santi e i saggi. Essa è in grado di elevare spiritualmente l’uomo perché si tratta di una forma di sofferenza consapevole. L’essere non violenti non significa sottostare a chi è più potente, ma vuol dire opporsi con tutta l’anima al tiranno perché si acquista consapevolezza della propria forza salvando l’onore, la religione e l’anima: così si pongono le basi per la caduta del potere dispotico. La pratica della non violenza ha funzionato, poiché l’India in questo modo è stata in grado di rendersi indipendente dall’Inghilterra. Ma questo non è stato l’unico caso in cui la non violenza ha portato al raggiungimento di buoni risultati. Un altro esempio si è avuto in America. Negli Stati Uniti i neri erano discriminati dai bianchi e combattevano per veder riconosciuti i propri diritti. Martin Luther King, in un suo discorso, invita i neri a raggiungere i propri diritti senza ricorrere ad azioni ingiuste, ma utilizzando dignità e disciplina perché la forza dell’anima è più forte di quella fisica.

Io ritengo che l’uso della violenza non porti mai a nulla di buono, anzi essa alimenta ancor di più l’odio che si prova verso il prossimo. Bisognerebbe, dunque, che i paesi in contrasto risolvessero i propri problemi col dialogo perché altrimenti si genererebbero vittime innocenti e si alimenterebbe sempre più la fiamma dell’odio.

 

Omicidi politici: grandi avvenimenti storici come conseguenza di assassini politici

Alcuni degli eventi più tragici della storia contemporanea sono stati causati da omicidi di uomini illustri. È il caso, ad esempio, dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. Causa scatenante dell’inizio del conflitto fu, infatti, l’uccisione dell’erede al trono asburgico, l’arciduca Francesco Ferdinando, a Sarajevo il 28 giugno 1914. Come ricorda Rosario Villari in Storia contemporanea, l’assassinio fu compiuto per ano di uno studente serbo. L’Austria, quindi, mandò un ultimatum alla Serbia, al quale fece seguire, dopo poco più di un mese, la dichiarazione di guerra. Si mise in moto il sistema di alleanze allora vigente: i paesi della Triplice Intesa (Francia, Inghilterra e Russia) si trovarono a fronteggiarsi contro quelli della Triplice Alleanza (Austria e Germania). L’Italia, pur facendo parte dell’Alleanza, si dichiarò inizialmente neutrale perché il trattato era a scopo difensivo e non offensivo: avrebbe dovuto, cioè, partecipare ai combattimenti nel caso in cui l’Austria o la Germania fossero state attaccate, mentre invece in questa occasione era stata l’Austria a dichiarare guerra. Purtroppo conosciamo tutti ciò che devastò l’Europa in quattro anni di guerra: dal 1914 al 1918 il vecchio continente fu teatro di sanguinosi combattimenti che lasciarono sul terreno numerosissime vittime che si battevano per la conquista di pochi metri di terra. Questo nuovo tipo di guerra, combattuta per la prima volta da tutti i cittadini maschi, nelle trincee in condizioni igienico-sanitarie precarie e con nuove armi, fu definita dal papa di allora, Benedetto XV, un’“inutile strage”. Alla fine del conflitto, di cui risultarono vincitori i paesi dell’Intesa e l’Italia che era scesa in campo al loro fianco, l’Europa si trovò ad avere un nuovo volto politico. Al primo conflitto mondiale seguì un periodo di agitazioni politiche in tutti i paesi: i governi non riuscivano a fronteggiare queste nuove situazioni e, in particolare in paesi come Germania con Hitler, Spagna con il generale Franco, Russia con Lenin e Italia con Mussolini si giunse alla formazione di veri e propri regimi totalitari (anche se in Italia si parla di “totalitarismo imperfetto” perché tutte le decisioni del duce erano comunque sottoposte alla sorveglianza del re). Emblematico è ciò che avvenne in Italia in occasione delle lezioni politiche del 1924. Come ricorda Giuliano Procacci in Storia degli italiani, nell’aprile del 1924 si tennero delle elezioni politiche caratterizzate dall’«intimidazione e della violenza nei confronti degli avversari politici e di un ritorno di fiamma dello squadrismo». Vincitori di queste elezioni fu il partito fascista, ma i brogli vennero denunciati in Parlamento da Giacomo Matteotti. In seguito a queste sue accuse, il deputato socialista fu rapito a maggio e fu ritrovato cadavere pochi mesi dopo in una macchina nella campagna romana. Era chiaro a tutti che era stato il partito fascista a commettere questo omicidio. Perciò Mussolini, il 3 gennaio 1925, si presentò alla Camera per assumersi tutte le responsabilità dell’omicidio. L’atto più importante, però, fu quello di sfidare la Camera a metterlo sotto lo stato di accusa. La Camera non lo fece segnando, in questo modo, la fine dello stato liberale e l’inizio della creazione dello stato totalitario in Italia. La violenza in Italia continuò anche dopo la fine del secondo conflitto mondiale. L’Italia dovette ripartire da zero, si ricostruì per intero lo stato e la sua nuova forma di potere. Un referendum del 1946 decretò la fine della monarchia (con conseguente esilio del re) e l’inizio della Repubblica. I nuovi partiti politici ricostruirono le basi dello stato democratico. Nel 1948 entrò in vigore la nuova costituzione. Negli anni successivi l’Italia conobbe sviluppo e crescita grazie soprattutto all’azione della Democrazia Cristiana di Alcide de Gasperi. Ma le violenze non finirono. Infatti, come ricorda un articolo di Roberto Raja pubblicato sul Corriere della Sera on line intitolato I cinquantacinque giorni del sequestro Moro, nel marzo 1978 le Brigate Rosse rapirono a Roma Aldo Moro con tutta la scorta per poi ucciderlo due mesi più tardi. Il corpo del presidente della DC fu ritrovato in un’auto, una Renault rossa, in una via romana situata tra la sede del PCI e quella della DC.

Gli omicidi politici non sono stati attuati solo in Italia. L’esempio più importante è l’uccisione del Presidente degli Stati Uniti Kennedy a Dallas nel 1963. Come ricorda Massimo L. Salvadori in Storia dell’età contemporanea, Kennedy possedeva un’ideologia progressista che gli attirò una forte opposizione da parte dei Conservatori. E fu proprio quest’odio che lo portò alla morte: il Presidente rimase vittima di un attentato durante il suo viaggio a Dallas compiuto per farsi propaganda politica in vista delle successive elezioni presidenziali a cui voleva ricandidarsi. Nessuno accertò mai chi fu l’artefice di questo delitto, ma la sua organizzazione «trovò certamente complicità ad altissimi livelli».

 

Storia del diritto di voto in Italia

Il Novecento non è solo un secolo di grandi e tragici eventi, ma anche della conquista di diritti fondamentali per la democrazia, primo fra tutti il diritto universale al voto. Ripercorri le tappe di questa conquista nel nostro paese.

Dalle idee riguardo la volontà collettiva e la rappresentanza politica di Rousseau possiamo individuare le origini del diritto di voto, anche se la sua conquista non fu proprio facile. Il diritto di voto universale è la possibilità per tutti i cittadini maggiorenni di partecipare alle elezioni politiche e amministrative e di poter esprimere un proprio parere su questioni riguardanti l’intera comunità, come i referendum. Nei moderni Stati democratici i cittadini sono parte attiva del sistema politico, e con il loro suffragio universale si elegge l’organo legislativo di una nazione.

Il principio del suffragio universale maschile fu introdotto negli USA nel 1776, quando essi ottennero l’indipendenza, ma aveva delle restrizioni in base all’istruzione e al censo.

La Nuova Zelanda è stato il primo Paese al mondo ad introdurre il suffragio universale, per uomini e donne, nel 1893.

In Europa il primo stato ad adottare il suffragio universale fu l’Inghilterra nel 1865. Qui John Stuart Mill propose di estendere il diritto di voto anche alle donne, in un programma presentato agli elettori della Gran Bretagna. In seguito fu appoggiato da uomini e donne, che lottarono per vincere questa causa, ma le donne dovettero ancora aspettare prima di ottenere il diritto di suffragio.

Durante la Rivoluzione Francese nel 1789 ci furono innumerevoli manifestazioni popolari e rivolte riguardo il diritto di votare, perché questo era uno dei principi della rivoluzione e la popolazione desiderava partecipare attivamente nelle questioni della patria, con un grande sentimento nazionalistico.

Per quanto riguarda l’Italia, il suffragio universale venne sancito dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel 1946. Un diritto inalienabile per tutti gli esseri umani, che permise anche alle donne di eleggere ed essere elette. L’eccezionalità inoltre fu data anche dall’occasione, ovvero il Referendum del 2 giugno 1946, in cui tutta l’Italia fu interpellata a scegliere tra la Repubblica e la Monarchia. In realtà il diritto di voto fu esteso alle donne, solo per le amministrative, già dal 1924. Mussolini aveva ammesso sulla carta che le donne potevano votare, dimostrando di non temere il loro voto, ma di appoggiarlo pienamente. Ma questa azione fu solo pura demagogia, perché avendo instaurato la dittatura, l’elezione non avvenne in nessun comune o provincia, ma furono imposti governatori e potestà.

Il difficile viaggio che l’Italia intraprese per raggiungere l’universalità del voto cominciò nel 1866, da una legge per l’unità di legislazione della nuova Italia, che proibì il voto, allora solo amministrativo, che le donne toscane e lombardo-venete esercitavano.

Nel 1881 alcuni deputati discutevano in Parlamento una nuova legge elettorale, e chiesero ufficialmente il suffragio universale, con grande opposizione di Agostino De Pretis, il quale fece un discorso alla Camera: “non credo che questa proposta avrebbe il voto favorevole se la stessa più bella metà dell’umana famiglia fosse direttamente consultata. La donna ha altri mezzi d’influenza, di azione, assai più potenti del voto!”.

Questa posizione fermissima fu la stessa che nel 1912 mantenne Giolitti, il quale nel mezzo della discussione elettorale disse che concedere il voto alle donne sarebbe stato un salto nel buio, perché questo avvenimento avrebbe potuto trasformare la politica italiana completamente, e ciò non era ammissibile; questa riforma non doveva assolutamente avere luogo. Ma d’altro canto Giolitti approvò la legge n. 666 che concesse il diritto di voto a tutti i cittadini maschi che avevano un’età superiore a trent’anni, senza badare al censo e all’istruzione. Invece per quanto riguarda i maggiorenni al di sotto dei trent’anni, potevano votare coloro che avevano un certo livello d’istruzione e un determinato patrimonio.

Arrivando dunque al provvedimento fascista del 1924, assistiamo a un periodo in cui erano frequenti le lotte per i diritti delle donne, riguardo il voto e la giusta retribuzione nel lavoro,

l’istruzione obbligatoria, i diritti del campo della sanità, giustizia nel lavoro femminile e minorile. Le battaglie avevano a capo una donna di origine russa, Anna Kuliscioff, la quale era emigrata in Italia perché innamorata di Andrea Costa, il primo parlamentare socialista italiano. In seguito ebbe una storia con Filippo Turati, che era tra i fondatori del Partito dei Lavoratori Italiani. Anna fu tenace nel combattere e spesso portava avanti le sue idee da sola, nonostante si trovasse di fronte a tanti ostacoli. Molti uomini negavano l’estensione del voto alle donne a causa della loro ignoranza popolare, del loro analfabetismo, e dell’influenza che su di loro esercitava la Chiesa. Ma Anna controbatteva che se la donna avesse ottenuto l’indipendenza economica con un salario adeguato, avrebbe raggiunto una dignità uguale all’uomo e dunque poteva avere spazio nella vita sociale e soprattutto politica. Fu arrestata nel 1898 per reato di opinione e quando uscì fu abbandonata anche dal suo Partito. Anna fu un personaggio fondamentale, e grazie alle sue battaglie nel 1946 parteciparono alla vita politica della Repubblica quattro donne, Maria Federici, Lina Merlin, Teresa Noce e Nilde Jotti, che facevano parte dell’Assemblea costituente e avevano il compito di redigere la Costituzione.

Il decreto che estendeva il voto anche alle donne fu emanato il 1 febbraio 1945, su proposta di De Gasperi e Togliatti.

 

Attenzione all’uso del cellulare

Tutti noi possediamo almeno un cellulare. Lo si usa per fare chiamate, inviare messaggi, consultare internet, fare fotografie, ascoltare musica, girare video… Non c’è dubbio che l’invenzione del cellulare ha modificato sostanzialmente le nostre abitudini: tramite esso, infatti, è possibile telefonare a qualcuno in qualunque posto ci si trovi, a patto che ci sia campo. Il giornalista Daniele Marini in un articolo pubblicato su La Stampa il 9/2/2015, Con smartphone e social è amore (ma dopo i 60 anni), riporta una definizione di Bauman che afferma che la nostra è una società permeabile in quanto «l’uso (e talvolta l’abuso) dei nuovi strumenti di comunicazione travalica i confini delle sfere di vita, li penetra rendendoli più labili». Le nuove tecnologie, e soprattutto il cellulare, infatti, hanno dato vita anche ad alcuni comportamenti che si avvicinano molto alla maleducazione. Oggi non si riesce più a fare a meno del cellulare, lo si porta dovunque (perfino in bagno) e lo si consulta sempre, anche mentre si è con gli ospiti o si sta mangiando a tavola. Ascoltare una persona che parla al telefono in luoghi pubblici, come treni o metropolitane, utilizzando un tono di voce alto è ormai diventata un’abitudine, così come mandare messaggi o parlare al cellulare con qualcuno mentre si guida (atteggiamento quest’ultimo che mette in serio pericolo sia chi guida l’auto sia chi è vittima di un incidente perché non si è prestata la sufficiente attenzione). In più il telefonino ha confuso la sfera familiare e quella lavorativa: mentre si è con i propri cari si è sempre reperibili in ambito lavorativo tramite mail o messaggi anche durante i weekend e le vacanze; mentre si è al lavoro si sente la necessità di rimanere in contatto con i propri cari messaggiandoli, telefonandoli o consultando i social network. Insomma, oggi siamo diventati dipendenti da un piccolo aggeggio tecnologico senza il quale ci sentiremmo totalmente persi. Basti pensare a quanto sostiene giustamente Maurizio Ferraris in Dove sei? Ontologia del telefonino. Egli afferma che ci sentiamo totalmente persi quando non si riesce a prendere la linea del cellulare: assumiamo strani comportamenti, ci facciamo prendere dall’ansia e ci calmiamo solo quando vediamo una tacchetta sul nostro cellulare. Inoltre veniamo presi dal panico anche quando sentiamo la frase “Il cliente non è al momento raggiungibile” ad una persona a cui stiamo telefonando. Quindi, quando non c’è campo ci sentiamo soli, ma dovremmo pensare che fino a pochi anni fa era così perché i cellulari non esistevano ancora. Il cellulare, quindi, è diventato un oggetto molto indispensabile per tutti noi e non possederne almeno uno significa non essere al passo coi tempi e soprattutto rimanere fuori dal mondo. Oggi esistono sul mercato numerosissimi tipi di telefonini: si è passati da quelli che semplicemente effettuavano una chiamata o inviavano messaggi a quelli di ultima generazione, in grado di andare su internet e scaricare ogni tipo di applicazione. Oggi con un semplice touch si possono caricare foto e video on line, ascoltare musica, essere sempre connessi ai social network, giocare ad ogni tipo di gioco. Il mercato tecnologico corre sempre più, non si fa in tempo a comprare l’ultimo modello di cellulare che già le case di produzione ne hanno inventato un altro contenenti migliorie. Sono soprattutto i ragazzi a utilizzare il cellulare, non se ne distaccano mai. Però a mio avviso bisogna fare attenzione a come lo si usa. Si rischia, infatti, una forte dipendenza da esso e questo non è un bene. Inoltre oggi sembra si siano persi quelle sane abitudini di una volta, come parlare a quattr’occhi con un amico magari all’aria aperta mentre si fa una passeggiata insieme o si prende un caffè. Il cellulare, infatti, permette un continuo contatto coi nostri amici, anche stando semplicemente seduti a casa. Io, dunque, ritengo che il cellulare abbia migliorato in alcuni ambiti la nostra vita, ma che abbia causato anche dei peggioramenti che rischiano di limitare la nostra libertà facendoci diventare schiavi.

 

Gli effetti negativi del cellulare

Lo sviluppo scientifico e tecnologico dell’elettronica e dell’informatica ha trasformato il mondo della comunicazione, che oggi è dominato dalla connettività. Questi rapidi e profondi mutamenti offrono vaste opportunità ma suscitano anche riflessioni critiche.

Nel mondo di oggi lo sviluppo tecnologico non conosce sosta. A partire dal XX secolo, si sono avute numerosissime trasformazioni alcune delle quali hanno modificato totalmente il nostro modo di vita. Si pensi alle lavatrici, ai frigoriferi, al televisore, al telefono con fili. A partire dagli ultimi anni del secolo scorso gli strumenti tecnologici a nostra disposizione sono aumentati sempre più: si è passati al telefono cellulare, al computer portatile, al tablet. Soprattutto ha preso il sopravvento l’utilizzo delle rete internet: stando comodamente seduti a casa propria e utilizzando un pc o un cellulare di ultima generazione si può rimanere in contatto con chi è distante da noi grazie ai social network, si possono leggere continuamente le notizie dell’ultima ora, visionare film, ascoltare musica… Oggi la tecnologia corre sempre più e si fa fatica a starle dietro: non si fa in tempo ad acquistare l’ultimo cellulare uscito sul mercato che già ne è in produzione un altro più avanzato. Sono soprattutto i giovani d’oggi a utilizzare questi nuovi mezzi. L’elettronica e l’informatica hanno senza dubbio modificato il nostro modo di vita e, in alcuni casi, non si sono avute migliorie, ma peggioramenti. Se è vero che da un lato con il telefono cellulare possiamo chiamare chiunque in qualsiasi parte ci troviamo, dall’altro è altrettanto vero che ciò crea ansia e paura: come afferma Maurizio Ferraris in “Dove sei? Ontologia del telefonino”, siamo talmente abituati a essere sempre raggiungibili e a pensare di poter chiamare l’altro in qualsiasi ora del giorno e in qualunque posto ci si trovi che siamo colti dall’ansia quando sentiamo la frase: “Il cliente non è al momento raggiungibile”, oppure entriamo in crisi quando non riusciamo a trovare campo e incominciamo a cercarlo affannosamente. Nel mondo di oggi, quindi, la nostra priorità sembra essere quella di essere sempre raggiungibili e di rimanere in contatto virtuale con gli altri. Ma il danno peggiore a cui hanno portato queste nuove tecnologie è, a mio avviso, la creazione di un mondo virtuale nei social network.

Oggi si preferisce rimanere in contatto con chi ci sta vicino non più uscendo con lui e parlandoci, ma utilizzando i social network. Da ciò che si pubblica su questi siti, ci si tiene costantemente informati sulla persona che ci interessa e la giudichiamo in base a ciò che mette sulla rete e non più sul suo modo di essere nella realtà. Molto spesso le persone si creano un mondo alternativo in cui rifugiarsi perché il mondo reale fa paura e non si è in grado di affrontarlo. Risulta ormai prioritaria soprattutto per i ragazzi delle nuove generazioni essere costantemente on line per pubblicare foto, pensieri e i luoghi in cui ci si trova sui social network. Il cellulare è diventato il migliore amico dei ragazzi. Essi, come sostiene il giornalista Daniele Marini in un articolo pubblicato su La Stampa il 9/2/2015, Con smartphone e social è amore (ma dopo i 60 anni), utilizzano il cellulare anche mentre mangiano a tavola. Questo insana abitudine, purtroppo, non è tipica solo dei ragazzini, ma anche degli adulti: lo smartphone ha modificato anche i rapporti lavorativi in quanto, quando non si è al lavoro, si è sempre reperibili tramite mail e messaggi anche durante i weekend e le vacanze. Analogamente, quando si è al lavoro, si vuole rimanere in contatto con la propria famiglia utilizzando i social network. L’uso del cellulare, dunque, ha mescolato ambito familiare e ambito lavorativo. Ma la cosa peggiore è che esso sta rendendo leciti alcuni comportamenti che rischiano di giungere alla vera e propria maleducazione: utilizzare il telefonino mentre si mangia o si è con gli ospiti, «conversare ad alta voce al telefono quando si è in luoghi pubblici, sul treno o in metropolitana. Inviare messaggi o telefonare (magari senza vivavoce), anche se si è alla guida». Come dice Bauman, quindi, siamo una generazione permeabile «perché l’uso (e talvolta l’abuso) dei nuovi strumenti di comunicazione travalica i confini delle sfere di vita, li penetra rendendoli più labili».

Io ritengo che bisogna fare attenzione nell’utilizzo di questi nuovi mezzi tecnologici. Bisogna ritrovare la necessità di poter stare da soli e non essere sempre attaccati al cellulare ventiquattrore su ventiquattro per sapere quale è stata l’ultima cosa che ha pubblicato il nostro amico. Inoltre, è necessario riscoprire anche il valore di passare del tempo con chi ci sta vicino, guardandolo negli occhi e parlandoci magari mentre si beve un caffè all’aria aperta. Io ritengo, infatti, che il pericolo maggiore del cellulare sia quello di rischiare di rimanere chiusi in casa e di crearsi, così, un mondo virtuale che non corrisponde affatto a quello reale. Ben venga, dunque, l’uso del cellulare (che può essere utile per reperire un familiare in qualsiasi momento) a patto che si riscopri il confine tra la sfera familiare e reale e la sfera lavorativa, collettiva e virtuale.

 

Tecnologia pervasiva: l’invasione della tecnologia nella nostra vita

Il Terzo Millennio è un’epoca che vede come protagonista la tecnologia. Oggi tutti possediamo più di un cellulare, un computer e la rete internet. Questi strumenti tecnologici hanno invaso la nostra vita modificandone addirittura le abitudini. Se ad esempio prima era necessario scrivere una lettera per rimanere in contatto con persone che abitano lontano da noi, oggi è possibile accendere il pc, collegarsi ad internet e comunicare in tempo reale con chi si trova in altri paesi grazie alle chat e ai social network. Nel mondo d’oggi si è costantemente aggiornati minuto per minuto su ciò che accade intorno a noi senza aver bisogno di dover aspettare di ascoltare le notizie dal telegiornale o di leggerle dai quotidiani. Tutti gli strumenti che noi usiamo stanno acquisendo sempre più carattere tecnologico: la macchina fotografica non usa più il vecchio rullino, ma ha una memoria in grado di contenere numerose foto in formato digitale, la televisione mette a disposizione più canali rispetto al passato grazie al segnale digitale che ha preso il posto del vecchio sistema analogico, gli odierni orologi (I-watch) sono in realtà dei piccoli computer, così come i cellulari di nuova generazione. La tecnologia, inoltre, è diventata determinante anche nei luoghi di lavoro. Come afferma Massimo Gaggi in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 26 gennaio 2014, E il robot prepara cocktail e fa la guerra, il bancomat ha preso il posto del bancario, in molti supermercati il cassiere è stato sostituito da sensori, lettori di codici a barre e sistemi di pagamento automatizzati, in alcuni paesi, come Giappone e Francia, treni e metropolitane non hanno più il conducente perché sono guidati da robot. Addirittura le scuole sono state invase da nuovi strumenti tecnologici. Come afferma Dianora Bardi in un articolo pubblicato sul Sole 24 ore il 12 gennaio 2014, La tecnologia da sola non fa scuola, anche la scuola sta diventando interattiva perché in essa si sono introdotti nuovi mezzi tecnologici come la LIM, l’e-book, i registri elettronici e i tablet. Queste novità hanno spiazzato gli insegnanti che lavorano da decenni nelle scuole abituati alla vecchia lavagna d’ardesia e libri e registri cartacei poiché non hanno capito il ruolo che questi nuovi strumenti avrebbero dovuto assumere. Ma le nuove generazioni sono tecnologiche e, quindi, gli insegnanti devono adeguarsi ad essa utilizzando queste nuove tecnologie. Oggi, dunque, gli studenti possono andare su internet, comunicare tramite chat, prendere appunti in quaderni digitali e leggere libri elettronici senza essere rimproverati dagli insegnanti. Sempre il giornalista Gaggi, nel medesimo articolo sopracitato, afferma che i robot sono utili anche per svolgere mestieri ripetitivi o per essere utilizzati in zone pericolose per l’uomo, come ad esempio piattaforme petrolifere in fiamme, miniere semidistrutte da un crollo, centrali in avaria che perdono sostanze radioattive.

La tecnologia sta sfidando anche i limiti dell’umano. Come afferma il giornalista Fabio Chiusi in un articolo pubblicato sull’Espresso il 6 febbraio 2014, TRANS UMANO la trionferà, un gruppo di scienziati della Silicon Valley è convinto che la tecnologia possa potenziare le nostre capacità fisiche, eliminare ogni forma di sofferenza e sconfiggere l’invecchiamento e la morte. Inoltre si stanno creando nuove tecniche come «il “mind uploading”, ossia il trasferimento della coscienza su supporti non biologici, e le “nanomacchine”, robot grandi come virus in grado di riparare le cellule cancerose o i danni da malattia degenerativa direttamente a livello molecolare».

L’uomo sta trasferendo la sua intelligenza sui robot e le macchine tecnologiche. Ma, avverte il giornalista Gaggi, bisogna fare attenzione affinché le macchine create dall’uomo non diventino più intelligenti dell’uomo stesso. Io sono pienamente d’accordo con lui: non oso immaginare cosa potrebbe accadere se i robot prendessero il posto dell’uomo. Fino a che punto, quindi, può spingersi la tecnologia? Secondo me, tutto dipende dall’uso che se ne fa. Ben vengano, ad esempio, le ricerche scientifiche e le nuove tecniche per curare malattie tuttora non curabili. Porrei, invece, un limite, alla tecnologia in ambito lavorativo perché essa creerebbe disoccupazione in quanto sarebbero utilizzati i robot in lavori quotidiani che l’uomo può svolgere con tranquillità. Tutto, quindi, sta nelle mani dell’uomo e dell’uso che egli vuol fare della tecnologia.

 

Tecnologia pervasiva: un mondo sempre più supertecnologico

Viviamo in un mondo sempre più tecnologico. Chi di noi non possiede cellulari di ultima generazione, ascolta musica in formato digitale e scarica ogni tipo di dati dalla rete internet? La tecnologia corre e non arresta il suo cammino. Non si fa in tempo a comprare un telefono cellulare che già ne è uscito un altro con nuove migliorie e potenziamenti. Come afferma Umberto Galimberti in Psiche e techne. L’uomo nell’età della tecnica, la tecnica vuole una sola cosa: crescere e progredire sempre perché non si pone dei limiti da raggiungere, ma vuole sempre migliorarsi.

Fino a che punto, però, può spingersi la tecnologia? Il giornalista Massimo Gaggi, in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 26 gennaio 2014, E il robot prepara cocktail e fa la guerra, mette in guardia: è necessario limitare l’intelligenza delle macchine e dei robot, cioè l’uomo deve fare in modo che le nuove tecnologie non diventino più intelligenti di lui. I robot, afferma il giornalista, devono rimanere degli «utili idioti», devono cioè essere di vantaggio all’uomo in casi estremi come, ad esempio, lavorare in piattaforme petrolifere in fiamme, miniere semidistrutte da un crollo, centrali in avaria che perdono sostanze radioattive. Si ricordi, inoltre, che è l’uomo a creare le macchine e a trasferire su di loro la sua intelligenza. Se gli aggeggi tecnologici diventassero più intelligenti di chi le ha create, vivremmo in un mondo dominato da macchine in cui l’uomo, da dominatore, diventerebbe schiavo. Io ritengo che la tecnologia possa essere utile in molti campi. Innanzitutto nell’ambito della medicina e della ricerca scientifica.

Come afferma Fabio Chiusi, in un articolo pubblicato da L’Espresso il 6 febbraio 2014, TRANS UMANO la trionferà, gli scienziati della Silicon Valley stanno cercando di potenziare le nostre capacità fisiche e psichiche, eliminare ogni forma di sofferenza e sconfiggere l’invecchiamento e la morte proprio ricorrendo alla tecnologia. Si sta inoltre cercando di sviluppare nuove tecniche, come «il “mind uploading”, ossia il trasferimento della coscienza su supporti non biologici, e le “nanomacchine”, robot grandi come virus in grado di riparare le cellule cancerose o i danni da malattia degenerativa direttamente a livello molecolare». Se ci guardiamo intorno, ci rendiamo conto di essere completamente circondati da strumenti tecnologici. Essi sono utilizzati anche in ambito lavorativo. La comparsa di robot nelle fabbriche si è avuta con la nascita della catena di montaggio: le macchine sono state utili per compiere lavori ripetitivi. Ma la tecnologia è uscita dalle fabbriche e ha invaso altri ambiti lavorativi. Come afferma il giornalista Gaggi nel medesimo articolo, molti mestieri sono svolti ormai da una macchina: il bancario è stato sostituito dal bancomat, il cassiere da sensori, codici a barre e sistemi di pagamento automatizzati, autisti di treni e metropolitane da computer in grado di guidare i convogli. Molto spesso, però, la tecnologia invade gli ambienti lavorativi, ma i lavoratori non ne capiscono l’importanza. È il caso, ad esempio, di chi lavora nelle scuole. Come afferma la giornalista Dianora Bardi in un articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore Nòva il 12 gennaio 2014, La tecnologia da sola non fa scuola, gli insegnanti si sono visti invadere dalle nuove tecnologie (Lim, e-book, tablet, registri elettronici) senza capire che utilizzo farne. Le nuove generazioni sono tecnologiche e, quindi, la scuola deve adeguarsi alle nuove richieste della sua utenza. Purtroppo, però, non tutti gli insegnanti sono al passo coi tempi e finiscono con l’utilizzare sempre i soliti vecchi metodi di lavoro. Questo perché non sono in grado di adoperare i nuovi strumenti. Io penso che l’utilizzo della tecnologia nella scuola possa essere molto utile, ma bisogna che tutti siano in grado di utilizzarla correttamente. I docenti dovrebbero essere costantemente aggiornati, mentre gli studenti dovrebbero adoperare la tecnologia in maniera adeguata. La maggior parte di loro, infatti, utilizza questi strumenti soprattutto per collegarsi ai social network, scattare foto, chattare o ascoltare musica.

Ma la tecnologia non è solo questo, è anche rimanere costantemente aggiornati su quanto accade nel mondo, svolgere ricerche più approfondite avendo a disposizione molto più materiale rispetto al passato e utilizzare i notebook senza aver più bisogno del quaderno cartaceo. Rimango sbalordito quando vedo che alcuni ragazzi non sono in grado di creare un semplice documento di lavoro sul personal computer o non sanno nemmeno cosa sia una casella di posta elettronica. Ben venga, dunque, lo sviluppo della tecnologia, a patto che la si utilizzi in modo corretto (non, ad esempio, per creare armi di distruzione di massa sempre più potenti o per diffondere messaggi di violenza) e che tutti siano in grado di usufruirne.

 

Il cervello e le sue potenzialità nascoste

Il cervello è l’organo del nostro corpo che ci permette di pensare e di immagazzinare informazioni. Esso governa tutte le nostre attività. Per questo motivo è diventato materiale di studio per varie ricerche a livello internazionale per cercare di capirne il funzionamento. Un esempio di ricerca scientifica sul cervello è il progetto Brain che punta alla massima comprensione di quest’organo così fondamentale per la vita dell’uomo. Maurizio Molinari, nell’articolo Obama, 100 milioni di dollari per mappare il cervello pubblicato su La Stampa.it Blog, dice che a questo progetto il presidente Obama ha dato il suo pieno appoggio affermando: «Se vogliamo realizzare i migliori prodotti dobbiamo investire nelle migliori idee». L’intento del Brain Research through Advancing Innovative Neurotechnologies è quello di aiutare a trovare cure contro le malattie cerebrali, come l’Alzheimer e gravi traumi, attraverso delle fotografie dinamiche del cervello. Per il gruppo del progetto voluto fortemente da Obama questa è una “grande sfida” che, se portata a buon fine, potrebbe assicurare agli USA la leadership sulle tecnologie e rappresentare per i malati un’ancora di salvezza.

Anche l’Europa ha investito sulla ricerca sul cervello. Infatti, nell’articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore Sanità, si parla di una ricerca scientifica sul cervello svolta da ottantasette istituti europei che prende il nome di Human Brain Project. Esso, oltre a puntare a trovare cure contro le malattie cerebrali, vuole anche sviluppare dei computer superintelligenti che utilizzano le informazioni che mette in atto il cervello nel nostro organismo. La ricerca europea prevede proprio la raccolta di tutte le conoscenze scientifiche sul cervello perché, con tutte le informazioni da esse ricavate, si spera di arrivare alla creazione di un simulatore del cervello umano, una sorta di clone hi-tech. Il coordinatore di queste ricerche è il neuroscienziata Henry Markam dell’Ecole Polytechnique Federale di Losanna.

Come riporta Edoardo Boncinelli in La vita della nostra mente, ci sono tre linee di ricerca sperimentale. La prima consiste nella “psicologia sperimentale”, cioè nel porgere domande al soggetto e poi ascoltarne le risposte per metterlo alla prova e per compiere dei veri e propri studi psicologici. Questa linea di ricerca, però, è molto lenta: per ottenere risultati utili, infatti, occorre circa una decina d’anni. Fortunatamente, col tempo, si è avuto lo sviluppo della biologia (soprattutto genetica e biologia molecolare) e della neurobiologia. È proprio quest’ultima che costituisce la seconda linea di ricerca che cerca di approfondire la comprensione della psiche prendendo in considerazione lo studio del sistema nervoso e del cervello. La terza linea di ricerca è del tutto innovativa ed inaspettata. Essa prende il nome di Brain Imaging e si occupa della visualizzazione delle attività cerebrali tramite macchine (tomografia ad emissione di positroni, PET, e risonanza magnetica nucleare e funzionale, RMN e fMRI) che permettono di guardare nella testa di persone ancora vive mentre eseguono un determinato compito.

Di sicuro, se queste ricerche non verranno accantonate, porteranno a grandi innovazioni in campo scientifico. Magari in futuro tali ricerche saranno in grado di fare in modo che, anche dopo la morte del corpo, il cervello possa continuare a vivere e ad immagazzinare informazioni.

 

Il cervello: un mistero che si cerca di spiegare

L’organo più complesso dell’essere umano è indubbiamente il cervello. Nel XXI secolo l’uomo si è impegnato a svolgere svariate ricerche su di esso per comprenderlo meglio e fare progressi in questo campo. Maurizio Molinari, nell’articolo Obama, 100 milioni di dollari per mappare il cervello, afferma che il Presidente americano ha illustrato alla Casa Bianca un progetto chiamato “Brain”. Questo progetto punta a rivoluzionare la comprensione del cervello umano. Tale ricerca, inoltre, punta anche ad aiutare i ricercatori a trovare nuovi metodi di trattamento del cervello per curarlo e per prevenire disordini cerebrali. Di conseguenza, il progetto Brain vuole ottenere il raggiungimento di obiettivi concreti per l’avanzamento della scienza e della tecnologia che si basa sul funzionamento del cervello. Anche l’Europa finanzia ricerche riguardanti il cervello. Ne parla il quotidiano Il Sole 24 ore Sanità. L’iniziativa europea si chiama Human Brain Project e punta a trovare cure contro le malattie neurologiche e a sviluppare supercomputer intelligenti sulla falsa riga di quella del cervello umano. I ricercatori, studiando il funzionamento del cervello per cercare di carpirne i segreti più profondi, si pongono l’obiettivo di creare un simulatore del cervello umano. Questo modello, che dovrebbe essere formato da cento miliardi di neuroni, permetterebbe di studiare delle terapie per la cura di alcune malattie gravi del cervello. L’Human Brain Project ha la durata di circa dieci anni e coinvolge ottantasette studi di ricerca europea.

Ogni stato, dunque, indirizza parte delle sue risorse al finanziamento delle ricerche scientifiche. Ciò viene affermato da Fabio De Sio nell’articolo intitolato Organizzazione e finanziamento della ricerca. Il giornalista ripercorre le tappe dell’intervento finanziario dello stato nella ricerca scientifica. Tale intervento, iniziato a partire dalla seconda metà del XIX secolo, ha trovato la sua piena affermazione a partire dal secondo dopoguerra. De Sio afferma che nei prossimi decenni i bisogni della società e il continuo progresso della ricerca faranno sì che gli stati dovranno investire in essa con un’incidenza sempre maggiore. Secondo me è utile e indispensabile che gli stati intervengano nella ricerca scientifica. Infatti solo costanti studi permetteranno alla scienza di compiere passi in avanti per scoprire cure di malattie che oggi purtroppo non sono ancora curabili. La ricerca scientifica in questo senso aiuta, di conseguenza, anche lo sviluppo del genere umano e permetterà nuovi tenori di vita.

 

Le nuovi professioni della tecnologia digitale

Chi non parla la lingua del computer è escluso dal circuito della comunicazione sociale. La grammatica della tecnologia digitale non si limita ad incidere sulla concezione del mondo, ma determina la portata e gli obiettivi della flessibilità, della virtualità e della razionalizzazione del lavoro. Sorge un nuovo tipo di lavoratori: il “nomade dell’alta tecnologia”. Si potrebbe parlare, infatti, di lavoratori nomadi della rete che, grazie alle nuove tecnologie, sviluppano la capacità di essere, per così dire, simultaneamente in luoghi diversi, vincendo la legge dello spazio e del tempo.

Se tutti gli “over-sessantacinque” viventi conoscessero il latino, a quest’ora, indubbiamente, urlerebbero al mondo la celebre esclamazione ciceroniana: “O tempora, o mores!”, condannando così la vorace decadenza che sta logorando il XXI secolo. L’uomo, assetato dalla volontà di affermarsi nell’attuale società, sfida l’infinito, nonostante sia già consapevole dell’esito di tale battaglia. La tecnologia è il risultato e l’esempio pratico della lotta lanciata dalla ragione umana alle leggi inesorabili della natura.Si ha quasi la convinzione che dei circuiti elettrici, dei monitor, dei cellulari abbiano contribuito a migliorare il tenore di vita dei cittadini moderni e, affascinati da schermi sensibili al tocco e visioni tridimensionali, gli abitanti del pianeta Terra, quotidianamente, s’isolano in un proprio mondo, differente dal globo terrestre. Nasce l’era della virtualità e di conseguenza muore il tempo delle relazioni umane. Social Network e chat permettono a noi tutti non solo di scambiare opinioni digitando delle lettere da una tastiera e cliccando il pulsante “Invia” ma anche di conoscere nuova gente e, senza alcuna esagerazione, d’incontrare la persona che, i nostri nonni, forse, avrebbero definito “l’amore di una vita”. La genuinità dei sentimenti, l’innocenza di uno sguardo tra due giovani ragazzi, gli incontri di lavoro sono, ormai, solo dei ricordi remoti. Assieme ad essi, sono lontani, e passati soprattutto, i tempi in cui si scrivevano delle lettere che giungevano al destinatario dopo un certo numero di giorni, superati gli anni in cui esisteva un solo telefono fisso nelle famiglie più benestanti. Nel 2011 chi non possiede almeno un cellulare o un computer è “degno di condanna”, allo stesso modo di chi commette un reato.

Nel momento in cui ci si accinge a scrivere il proprio curriculum vitae non deve assolutamente mancare, tra le altre varie certificazioni, il conseguimento dell’ECDL (European Computer Driving Licence) o, più semplicemente, “patente informatica europea.” Coloro che non hanno ancora ottenuto tale attestato, sono invitati a frequentare un uggiosissimo corso durante il quale si apprendono le nozioni che oggi si ritengono di primaria importanza. Un qualsiasi lavoratore, ora, dal libero professionista all’impiegato, ha l’obbligo di saper utilizzare il computer: chi non conosce la grammatica della tecnologia digitale è escluso dalla società contemporanea. Analizzando i diversi settori, possiamo notare come, recandoci da un medico, questo prescriva dei medicinali mediante dei clic e mandando “in stampa” la ricetta compilata; in farmacia la stessa richiesta viene letta da un puntatore laser che invia dei comandi di ricerca ad un computer; in un’agenzia viaggi gli itinerari vengono progettati attraverso dati digitali; ogni scuola ha il suo sito Internet dal quale gli studenti e i genitori possono accedere a notizie riguardanti i libri di testo utilizzati, l’orario di ricevimento dei docenti, le attività formative in corso. Il mondo del lavoro è dipendente dalla tecnologia dell’informazione: l’informatica ha sicuramente portato dei notevoli cambiamenti nella sfera lavorativa: grazie ad Internet, la rete delle reti e, grazie alle reti informatiche in grado di mettere in comunicazione delle persone situate in due aree geografiche distanti, un uomo ha acquistato la capacità di essere simultaneamente in luoghi diversi, trovandosi, in realtà, in un unico posto. Il computer ha giovato nel mondo del lavoro in quanto ha acconsentito a ridurre il numero dei pendolari, permettendo a molti impiegati e soprattutto a molti appartenenti al settore dirigenziale di trascorrere dei giorni più tranquilli, senza lo stress delle frenesia quotidiana. Allo stesso tempo la tecnologia digitale ha comportato una riduzione dei rapporti lavorativi: non possono più esserci delle strette di mano tra colleghi, dei confronti di giudizi differenti in merito a documenti cartacei. La perdita derivata dall’avvento tecnologico non si tiene in considerazione, in particolare quando ci si accorge di quanto, sfruttando

il calcolatore, il lavoro sia stato velocizzato e razionalizzato. Inoltrare delle lettere a più persone per convocare loro a dei colloqui o per informare loro su delle novità lavorative, è un’operazione che richiede pochi istanti e qualche clic; ricercare dati personali, quali il Codice Fiscale, è un’attività che può essere portata a termine da chiunque abbia installato sul proprio computer il giusto programma per farlo. Hotel e aziende possono essere pubblicizzati anche attraverso Internet, librerie e biblioteche si servono del computer per stilare e memorizzare gli elenchi dei libri a disposizione di coloro che hanno il desiderio di acquistarli o di prenderli in prestito. Volendo ricorrere al linguaggio proprio di Facebook, il Social Network colpevole di aver ammaliato adulti e ragazzi, potremmo affermare che “la tecnologia informatica è ufficialmente fidanzata con l’ambito occupazionale” e a tanti “quest’elemento piacerebbe”.

“Est modus in rebus, sunt certi denique fines/ quos ultra citaque equità consistere rectum”, ricorda il buon Orazio nelle “Satire” e sarebbe opportuno che tutti interiorizzassero questi versi, per far tornare alla memoria che bisogna sempre seguire un principio di moderazione e di equilibrio nelle situazioni. E’ giusto riconoscere che la tecnologia digitale abbia permesso di “avere il mondo a portata di clic” ma, nel frattempo, è doveroso ammettere che l’informatica abbia partecipato alla crisi di valori nella quale navighiamo da decenni.

 

Prendiamo in mano i nostri libri e le nostre penne sono le nostre armi più potenti

«Prendiamo in mano i nostri libri e le nostre penne», dissi. «Sono le nostre armi più potenti. Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo.» […] La pace in ogni casa, in ogni strada, in ogni villaggio, in ogni nazione – questo è il mio sogno. L’istruzione per ogni bambino e bambina del mondo. Sedermi a scuola e leggere libri insieme a tutte le mie amiche è un mio diritto.”

Malala Yousafzai, Christina Lamb, Io sono Malala, Garzanti, Milano 2014

 

Malala Yousafzai, premio Nobel per la pace 2014, è la ragazza pakistana che ha rischiato di perdere la vita per aver rivendicato il diritto all’educazione anche per le bambine.

Il candidato rifletta criticamente sulla citazione estrapolata dal libro di Malala Yousafzai ed esprima le sue opinioni in merito, partendo dal presupposto che il diritto all’educazione è sancito da molti documenti internazionali, come la Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989, ratificata anche dall’Italia con Legge n. 176 del 27 maggio 1991.

Siamo nel XXI secolo, ma purtroppo esistono ancora paesi che hanno una mentalità retrograda. In alcuni stati, infatti, esiste ancora una forte differenza tra uomini e donne: queste ultime vengono maltrattate o sono costrette ad essere relegate in casa solo perché appartenenti al “sesso debole”. Questo tipo di mentalità è diffusa soprattutto nei paesi dove si pratica l’estremismo islamico e in altri paesi orientali. Io ritengo che oggi non debbano esistere più differenze tra i generi umani: siamo tutti uguali e, quindi, abbiamo gli stessi diritti. Nel mondo occidentale, la donna ha ormai raggiunto la sua indipendenza (anche se alcuni lavori continuano tuttora ad esserle negati), ma nel mondo orientale non è così. Le bambine non hanno diritto all’istruzione, ma sono costrette a seguire un rigido modo di vita che le porta ad essere rinchiuse in casa e ad occuparsi esclusivamente della famiglia. Chi di loro osa ribellarsi a questo sistema rischia di perdere addirittura la vita. È quanto avvenuto a Malala Yousafzai, una ragazza pachistana che ha sostenuto il diritto all’educazione anche per le bambine. Questo atto di coraggio ha fatto sì che ella ricevesse il premio Nobel per la pace nel 2014. Io sono fortemente convinto che tutti debbano avere diritto all’istruzione. Essa, infatti, è una potente arma di massa che può rivoltarsi contro regimi dittatoriali perché aiuta a prendere coscienza della propria storia, a fare un confronto tra le diverse culture e ad avere coscienza di sé. Molti regimi temono l’istruzione, proprio perché sanno che «un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo». In alcuni paesi ancora oggi non è possibile esprimere liberamente la propria opinione e, quindi, il governo interviene dapprima sull’istruzione. Del resto è sempre stato così: anche i terribili regimi dittatoriali come Fascismo e Nazismo hanno modificato il modo di insegnare e i programmi scolastici per diffondere e giustificare le loro ideologie. Un bambino che studia è una persona che crescendo ha l’opportunità di farsi una propria opinione su ciò che accade intorno a lui e ha il potere di cambiare le cose che non vanno nel mondo. La penna è, quindi, un’arma più potente di una bomba atomica. Basti pensare al valore di una semplice matita quando nei paesi occidentali si va a votare: con un semplice strumento di scrittura si possono scrivere nuove pagine di storia e attuare cambiamenti all’interno di un paese. Io penso sia necessario che tutti i bambini abbiano diritto all’istruzione, ma ritengo anche che i diversi stati debbano investire sulla formazione delle generazioni future. I bambini, infatti, sono gli uomini del futuro ed è su di loro che bisogna scommettere se si vuole che il mondo migliori. Bisogna innanzitutto investire sulle strutture, mettendo a disposizione degli edifici scolastici in grado di ospitare gli allievi, e anche sugli insegnanti, che devono essere messi in grado di svolgere al meglio il loro compito di educatori. Soprattutto è necessario far capire a tutti i paesi l’importanza dell’istruzione. Ritengo, infatti, che al giorno d’oggi sia assurdo rischiare di perdere la vita solo perché si chiede quello che è un diritto esercitato da milioni di bambini in tutto il mondo, e cioè quello di studiare o leggere un libro. Bisogna capire l’importanza dello studio se solo si pensa al fatto che addirittura i dittatori temono l’istruzione in quanto in grado di mettere in serio pericolo la sua sopravvivenza. Per costruire un mondo migliore, quindi, si deve fare in modo che tutti abbiano diritto di “sedersi a scuola e leggere un libro”.

 

Una scuola sempre più multimediale

Negli ultimi anni i nostri istituti scolastici sono oggetto di una vera e propria innovazione. Nelle aule, infatti, si cominciano a vedere nuovi strumenti tecnologici, come la lavagna interattiva multimediale, i tablet, gli e-book, i registri elettronici on line. Il pubblico della scuola, infatti, è cambiato notevolmente. Oggi gli studenti sono sempre più interattivi: sono nati, infatti, in un’epoca in cui la tecnologia la fa da padrone e, quindi, il tradizionale metodo di insegnamento non li soddisfa più. Gli studenti di oggi utilizzano strumenti diversi dal solito libro cartaceo, si pongono delle domande, ma vogliono subito delle risposte. Questo perché utilizzano molto internet che mette a loro disposizione una quantità infinita di informazioni: tutte le loro curiosità, quindi, possono essere soddisfatte in breve tempo consultando un sito web. Oggi, dunque, gli studenti ne sanno più degli insegnanti per il semplice fatto che riescono a stare dietro allo sviluppo tecnologico. Bisogna, però, che tutti siano in grado di utilizzare le nuove metodologie tecnologiche, anche e soprattutto gli insegnanti. È importante, quindi, quanto definito dalla Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente (2006/962/CE): è necessario definire le nuove competenze di base da utilizzare per l’apprendimento permanente. In altre parole, bisogna investire sulle persone e sul loro apprendimento permanente perché investendo sulle risorse (cioè i singoli individui) si sviluppa ancor di più l’economia basata sulla conoscenza. Dunque nel mondo di oggi, in cui la tecnologia corre sempre più, bisogna possedere nuove competenze. Sono quelle che Ignazio Visco, in Investire in conoscenza. Crescita economica e competenze per il XXI secolo, definisce “competenze del XXI secolo” e cioè «l’esercizio del pensiero critico, l’attitudine alla risoluzione dei problemi, la creatività e la disponibilità positiva nei confronti dell’innovazione, la capacità di comunicare in modo efficace, l’apertura alla collaborazione e al lavoro di gruppo». È necessario che tutti accettino l’utilizzo di queste nuove tecnologie. Purtroppo, però, non è così. Nella scuola sono soprattutto gli insegnanti di vecchia generazione ad essere riluttanti nell’uso di queste nuove apparecchiature in quanto non riescono a capirne il senso e l’utilità. Questo avviene perché non possiedono le competenze necessarie e non sono disposti a investire sulla loro formazione. Per garantire un apprendimento tecnologico è necessario innanzitutto che anche gli insegnanti diventino nuovamente alunni per imparare come si usano questi nuovi strumenti. Del resto tablet, e-book, lim e registri elettronici sono le nuove metodologie da utilizzare per l’insegnamento. La formazione personale, però, da sola non basta. A nulla valgono i corsi di formazione degli insegnanti se poi nelle aule non ci sono le nuove tecnologie da utilizzare. Poche, infatti, sono le scuole che mettono a disposizione di insegnanti e studenti questi nuovi mezzi. Ciò accade perché non si hanno fondi a sufficienza per comprare tali strumenti. Si rischia, quindi, che la tecnologia vada sempre più avanti, mentre la scuola rimane sempre più indietro. La tecnologia corre veloce come un fulmine e c’è il pericolo di non poter neanche utilizzare quelle poche apparecchiature che si posseggono perché intanto sono diventate “vecchie”. È necessario, quindi, che lo stato investa di più sulle scuole, sia in ambito di strumenti per l’insegnamento sia in ambito del personale. Bisogna, però, fare attenzione. Se è vero che la tecnologia ha migliorato il nostro tenore di vita e migliorerà il sistema di apprendimento, è altrettanto vero che essa metterà a rischio la sopravvivenza di altre capacità utili per lo sviluppo della democrazia. Come sostiene Martha C. Nussbaum, in Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, rischiano di scomparire le capacità legate agli studi umanistici e letterari, cioè «la capacità di pensare criticamente; la capacità di trascendere i localismi e di affrontare i problemi mondiali come “cittadini del mondo”; e, infine, la capacità di raffigurarsi simpateticamente la categoria dell’altro». Io ritengo che sia necessario trovare un giusto equilibrio tra tutte le capacità che possediamo: non dobbiamo fare in modo che la tecnologia abbia la meglio sulle nostre innate capacità, altrimenti si rischia di creare un mondo dominato dalle macchine e non più dalla mente umana. Ben venga, dunque, l’utilizzo degli strumenti tecnologici per il nostro apprendimento a patto che non si perdano le sane abitudini, come, ad esempio, la lettura di un buon libro che sviluppa la nostra capacità di critica e di pensiero.

 

Il ruolo dell’istruzione nella società contemporanea

Il mondo sta diventando sempre più tecnologico. Si può dire che la tecnologia è parte integrante della nostra vita e ne ha modificato le abitudini. Oggi tutti possiedono uno smartphone, computer sempre più sofisticati, macchine fotografiche digitali… Le generazioni di oggi sono definite “native digitali”, appunto perché nate in pieno sviluppo tecnologico e in grado di utilizzare gli strumenti che la tecnologia mette a disposizione. La tecnologia corre, si sviluppa sempre più, ma alcune persone fanno fatica a starle dietro. È il caso delle persone anziane o di coloro che sono vissuti durante la nascita di questi aggeggi tecnologici. La tecnologia ha certo cambiato il nostro tenore di vita, migliorandolo in alcuni aspetti: oggi è possibile telefonare da qualsiasi parte ci si trovi, si può andare via internet anche col cellulare, si possono scattare foto di qualità sempre migliore… La tecnologia negli ultimi anni sta invadendo anche gli ambienti scolastici. Le nuove generazioni hanno bisogno di nuovi stimoli per apprendere, il tradizionale metodo di insegnamento basato sui libri è diventato noioso e non produce più alcun frutto. Come afferma Ignazio Visco, in Investire in conoscenza. Crescita economica e competenze per il XXI secolo, oggi ci sono nuove competenze definite “competenze del XXI secolo. Esse sono «l’esercizio del pensiero critico, l’attitudine alla risoluzione dei problemi, la creatività e la disponibilità positiva nei confronti dell’innovazione, la capacità di comunicare in modo efficace, l’apertura alla collaborazione e al lavoro di gruppo». Sono competenze fondamentali per lo sviluppo dell’economia perché influenzano l’organizzazione del lavoro e, per questo motivo, tutti i paesi devono possederle, anche l’Italia. Per il nostro paese offrire un’istruzione “digitalizzata” e tecnologica costituisce una vera e propria sfida. Negli ultimi anni le scuole si sono viste invadere da strumenti come la LIM (la lavagna interattiva multimediale), il registro elettronico on line, tablet, e-book, ma purtroppo non tutti gli insegnanti sono stati capaci di coglierne il significato. Questo perché non tutti possiedono le giuste competenze per utilizzare tali strumenti. In più non tutti gli edifici scolastici sono

 

dotati di queste apparecchiature. La tecnologia, insomma, va avanti, ma la scuola rischia di rimanere indietro. Sono davvero poche le classi in cui è possibile attuare il nuovo insegnamento tecnologico, nella maggior parte di esse continua a sussistere il tradizionale metodo di insegnamento. Cosa fare per rendere tecnologiche le nostre scuole? Bisogna innanzitutto investire del denaro per comprare i nuovi strumenti tecnologici; in secondo luogo è necessario anche che tutti gli insegnanti siano in grado di utilizzare questi nuovi mezzi e, quindi, bisognerebbe investire sulla loro formazione.

Se da un lato la tecnologia è importante per lo sviluppo dei paesi perché su di essa si fonderà l’apprendimento delle generazioni future, dall’altro essa rischia di mettere in crisi altre capacità importanti per la democrazia. Come sostiene Martha C. Nussbaum, in Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, ad avere la peggio sulle competenze tecnologiche sono le capacità legate agli studi umanistici e artistici e cioè «la capacità di pensare criticamente; la capacità di trascendere i localismi e di affrontare i problemi mondiali come “cittadini del mondo”; e, infine, la capacità di raffigurarsi simpateticamente la categoria dell’altro». Bisogna, quindi, a mio avviso che si crei un giusto compromesso tra capacità “umane” e capacità tecnologiche, in modo che nessuna prevarichi sull’altra. La sfida del nuovo millennio, dunque, è legata alle metodologie da utilizzare per l’apprendimento permanente. Queste ultime sono state oggetto di discussione anche nella Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente (2006/962/CE), in cui si dice che il Consiglio di Lisbona, seguito poi da altri consigli, ha affermato l’importanza di stabilire le nuove competenze che si devono possedere per affinare l’apprendimento permanente perché queste sono importanti per la globalizzazione e lo sviluppo dell’economia della conoscenza: non bisogna dimenticare, infatti, che le persone sono la risorsa più importante di tutti i Paesi. È necessario, dunque, investire sui nostri studenti e insegnanti perché essi costituiscono il futuro dei paesi.

 

Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile

«Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l’energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli. C’è bisogno di una gigantesca opera di rammendo e ci vogliono delle idee. […] Le periferie sono la città del futuro, non fotogeniche d’accordo, anzi spesso un deserto o un dormitorio, ma ricche di umanità e quindi il destino delle città sono le periferie. […] Spesso alla parola “periferia” si associa il termine degrado. Mi chiedo: questo vogliamo lasciare in eredità? Le periferie sono la grande scommessa urbana dei prossimi decenni. Diventeranno o no pezzi di città?»

Renzo PIANO, Il rammendo delle periferie, “Il Sole 24 ORE” del 26 gennaio 2014

Rifletti criticamente su questa posizione di Renzo Piano, articolando in modo motivato le tue considerazioni e convinzioni al riguardo.

Negli ultimi anni si è assistito alla crescita delle città. La popolazione è aumentata e, quindi, è stato necessario creare nuovi spazi per costruire abitazioni, scuole, ospedali… La città si è espansa soprattutto lontano dal centro storico, nelle periferie. Sono nati così dei veri e propri quartieri. Molto spesso, però, queste zone non ricevono la giusta attenzione da parte delle amministrazioni locali. Come afferma l’architetto Renzo Piano, si è soliti associare la periferia all’idea di degrado. E purtroppo è così. Le periferie, infatti, appaiono molto spesso abbandonate a loro stesse, con scarsa cura igienico-sanitaria e persone che vivono allo sbando perché i controlli sul territorio sono pochi. In questi quartieri è molto alto il pericolo che si concentri la malavita e che avvengano episodi di violenza. Mi viene in mente quanto accaduto nella periferia di Roma, in cui in alcuni quartieri molte donne sono state oggetto di soprusi da parte degli stupratori. Ancora, nei quartieri possono essere abbandonate le vittime di omicidi. In queste zone, dunque, diventa difficile vivere, si ha paura di uscire di casa la sera, ci si arrende all’omertà quando avvengono dei misfatti. Per non parlare dello stato di abbandono in cui versano alcuni edifici. Come dice Renzo Piano, in queste zone nessuno spende tempo e denaro per fare manutenzione. Ma questo è un grave errore da parte delle amministrazioni locali perché esse non capiscono che le periferie sono le città del futuro. È lì, infatti, che si sviluppa la vita, perché il centro storico non può ospitare tutti. È in queste zone che si dovrebbe investire per la costruzione di edifici all’avanguardia (come scuole e ospedali), di spazi verdi in cui possono giocare i bambini, di negozi… La periferia, insomma, può rappresentare un ottimo investimento sia economico sia di risorse umane. La sfida che lancia Renzo Piano è molto interessante: bisogna fare in modo che le periferie, in quanto future città da lasciare in eredità alle generazioni che verranno, diventino veri e propri pezzi di città. Ma come è possibile attuare tutto ciò? Ci vuole innanzitutto la giusta attenzione da parte delle amministrazioni locali, che dovrebbero curare di più queste zone assicurando i servizi essenziali (come, ad esempio, pulizia delle strade e una corretta rete di collegamenti con il centro). Ma ci vuole anche un maggiore controllo del territorio da parte delle forze dell’ordine per impedire che in queste zone avvengano episodi di ordinaria violenza. È necessaria soprattutto la presa di coscienza che le periferie non sono aree di degrado, ma sono zone che fanno parte della città in cui abitano cittadini che hanno diritto a vivere una vita dignitosa. Per fare in modo che le periferie ottengano la giusta attenzione, bisogna anche che si mettano da parte gli interessi economici: per un corretto sviluppo, è necessario investire innanzitutto del denaro e bisogna fare in modo che questi investimenti non cadano nelle mani sbagliate, ma che siano utilizzati effettivamente per migliorare il tenore di vita nei quartieri. Sono pienamente d’accordo con quanto affermato da Renzo Piano: le periferie sono ciò che noi lasceremo in eredità ai nostri figli e, quindi, devono essere curate e non abbandonate a loro stesse.

 

La Terra sarà in grado di soddisfare i bisogni delle generazioni future?

Oggi sono sotto gli occhi di tutti le drammatiche conseguenze della sofferenza del nostro pianeta Terra. A causa di molteplici fattori (inquinamento, disboscamento, sfruttamento eccessivo del suolo…) quasi quotidianamente si assiste a catastrofi naturali, come violenti uragani, alluvioni… L’uomo, con la sua attività, sta compromettendo in modo drammatico l’equilibrio uomo-ambiente e la Terra non ce la fa più a soddisfare le richieste che l’essere umano le impone. Oggi sulla Terra siamo quasi sei miliardi di abitanti. Come afferma Amartya Sen in Lo sviluppo è libertà. Perché non c’è crescita senza democrazia, gli abitanti del pianeta sono aumentati con un ritmo elevatissimo soprattutto negli ultimi due secoli: solo nel decennio 1980-90, la popolazione mondiale è aumentata di 923 milioni di unità. Le risorse della Terra rischiano di esaurirsi perché sottoposte a sfruttamento a causa della sempre più elevata richiesta per soddisfare i bisogni dell’uomo. Se si continua così, si rischia che le generazioni future non abbiano più accesso a ciò che il nostro pianeta mette a disposizione. È necessario, quindi, fare attenzione. Come afferma Jacques Attali in Domani, chi governerà il mondo?, anche le generazioni del futuro hanno diritto ad attingere alle risorse della Terra e, di conseguenza, il compito dell’uomo di oggi è far sì che questo accada. Bisogna capire, infatti, che tutti noi abbiamo una “cittadinanza mondiale”: apparteniamo al mondo e, in quanto suoi abitanti, abbiamo tutti gli stessi diritti. Il mondo non è di proprietà di una specie in particolare, ma è di tutte le creature. Di conseguenza è necessario che si sviluppi un rispetto reciproco. Come sostiene Luce Irigaray in Condividere il mondo, ci sarà una vera mondializzazione democratica solo quando l’uomo sarà in grado di accettare chi è diverso da lui. Ogni creatura, infatti, fa da tramite tra natura e cultura. Di conseguenza tutti, come afferma Attali, devono potersi sentire nel mondo a casa propria.

Che la Terra sia diventata un fragile pianeta è noto ormai da molto tempo. Come afferma Wolfgang Behringer in Storia culturale del clima, la Terra è cominciata ad apparire fragile da quando è stata osservata dalla Luna nel 1969. Ma, a mio avviso, i cambiamenti del nostro pianeta erano in atto già da molto tempo prima. Il principale responsabile della sofferenza del nostro pianeta è l’uomo. Con la nascita delle fabbriche, si è cominciato ad alterare l’equilibrio uomo-natura. Man mano che si è progrediti, la situazione è peggiorata sempre più. Ora, in nome di un benessere sempre maggiore, si richiede alla Terra più di quanto essa possa offrirci e non si ha più rispetto per ciò che ci circonda. Causa del malessere del nostro pianeta, quindi, non sono più soltanto le industrie, ma siamo tutti noi, dal «boscimano sudafricano, che incendia la savana per cacciare o per guadagnare terreno coltivabile, al fazendero argentino, i cui manzi producono metano, al coltivatore di riso a Bali e al banchiere cinese, che fa i suoi affari in uno studio dotato di aria condizionata». Se, quindi, prima si parlava di problemi come la moria dei boschi o il buco dell’ozono, oggi si sta ponendo l’attenzione sulla grave “malattia” del surriscaldamento del pianeta. Si può dire che la Terra ha la febbre, cioè le temperature sono sempre più elevate. Ciò, a lungo andare, rischia di mettere in serio pericolo la sopravvivenza di tutte le specie. Oggi stiamo assistendo alle drammatiche conseguenze del surriscaldamento globale: la scomparsa delle stagioni intermedie, l’innalzamento dei livelli delle acque degli oceani, fenomeni atmosferici che si manifestano con sempre maggiore intensità.

Cosa fare, dunque, per limitare i danni e fare in modo che anche le generazioni future possano attingere alle risorse della Terra? Secondo me è necessario modificare la nostra mentalità e variare le nostre abitudini. Bisogna mettere da parte la logica del mero interesse economico e si deve cominciare ad avere coscienza che ciò che sta intorno a noi va tutelato per l’interesse comune. Ognuno di noi può fare la sua parte mettendo in atto anche semplici comportamenti, come evitare gli sprechi di energia e di acqua. Dobbiamo pensare che siamo noi gli artefici di ciò che avverrà in futuro e, di conseguenza, siamo noi i responsabili della sopravvivenza delle generazioni future e, quindi, della nostra specie.

 

La Terra: fragile pianeta, casa di tutti

La Terra, l’unico pianeta finora conosciuto in grado di ospitare forme di vita, negli ultimi anni sta mostrando i segni della sua fragilità. Per molto tempo si è ritenuto che essa sia sempre in grado di soddisfare le richieste dei suoi abitanti, ma purtroppo non è così. A partire dalla rivoluzione industriale, gli equilibri uomo-ambiente si sono modificati notevolmente e ad avere la peggio, in nome di un sempre maggiore benessere, è stato il nostro pianeta. Oggi si sente parlare molto di inquinamento nelle sue diverse forme (acqua, aria, suolo) e ci si sta rendendo conto che la Terra non ce la fa più a sostenere i ritmi di crescita che l’uomo le impone. Stanno nascendo così gravi problemi che, a lungo andare, rischiano di mettere in serio pericolo la sopravvivenza delle specie viventi sul pianeta. Come afferma Wolfgang Behringer in Storia culturale del clima, i colpevoli dei cambiamenti che stanno avvenendo sulla Terra non sono solo le grandi industrie, ma siamo tutti noi. Secondo Behringer, l’uomo ha iniziato a prendere coscienza della fragilità della Terra dal 1969, anno in cui la si è osservata dalla Luna. Hanno assunto, quindi, importanza temi come la protezione dell’ambiente e della natura. L’uomo, infatti, sta danneggiando irrimediabilmente ciò che lo circonda ed è necessario che prenda coscienza di ciò. Utili in questo senso sono le campagne di sensibilizzazione sui problemi che stanno mettendo a serio rischio l’equilibrio del nostro pianeta. Oggi non si parla più solo di disboscamento o del buco dell’ozono, ma si discute soprattutto sul surriscaldamento globale. I suoi effetti sono sotto gli occhi di tutti: si sta assistendo alla progressiva scomparsa delle stagioni intermedie (autunno e primavera), i livelli dei mari si stanno innalzando a causa dello scioglimento dei ghiacciai, molte specie sono a rischio estinzione perché il loro habitat viene modificato dalle alte temperature. Tutti noi siamo responsabili di questo cambiamento, dal «boscimano sudafricano, che incendia la savana per cacciare o per guadagnare terreno coltivabile, al fazendero argentino, i cui manzi producono metano, al coltivatore di riso a Bali e al banchiere cinese, che fa i suoi affari in uno studio dotato di aria condizionata». A peggiorare la situazione è il ritmo di crescita della popolazione mondiale. Come afferma Amartya Sen in Lo sviluppo è libertà. Perché non c’è crescita senza democrazia, in poco tempo il numero di abitanti del nostro pianeta è aumentato notevolmente: basti pensare che solo nel decennio 1980-1990 il pianeta è cresciuto di 923 milioni di unità. Le risorse della Terra, dunque, non bastano per soddisfare le esigenze di tutti. Si rischia, a lungo andare, di esaurirle, mettendo in serio pericolo la sopravvivenza dell’uomo. Come afferma Jacques Attali in Domani, chi governerà il mondo?, compito dell’uomo di oggi è porre l’attenzione sulle generazioni future per garantire che anch’esse possano esercitare i loro diritti attingendo alle risorse che la Terra mette a disposizione. Il nostro pianeta, infatti, è la casa di tutte le specie viventi e umane sia odierne che future. Attali, inoltre, afferma che tutti gli uomini devono avere una “cittadinanza mondiale” e, quindi, devono sentirsi a casa propria sulla Terra. Come sostiene Luce Irigaray in Condividere il mondo, bisogna che tutti accettino chi è diverso da loro perché il mondo appartiene a tutti e tutti sono il ponte fra la natura e la cultura. Solo se si accetta l’altro si giungerà ad una democratica mondializzazione.

Cosa fare affinché la Terra possa garantire anche alle generazioni future la sopravvivenza? Come afferma Sen nella medesima opera, bisogna interrogarsi seriamente sulla necessità di un intervento pubblico che agevoli il rallentamento della crescita demografica. Oggi, infatti, il ritmo di crescita della popolazione è calato. Io ritengo che sia necessario che ognuno di noi cominci a rispettare ciò che lo circonda compiendo piccoli gesti quotidiani, come fare una corretta raccolta differenziata e evitare gli sprechi di acqua ed energia. Dobbiamo avere la consapevolezza che le risorse della Terra sono limitate e che, se esse finiranno, non sarà più possibile la sopravvivenza delle specie. Bisogna, dunque, che si mettano da parte gli interessi economici in nome del perdurare della vita sul nostro pianeta.

 

Il viaggio metafora di crescita

Sembrerà forse un paradosso, eppure la prima esperienza traumatica per un essere vivente è la nascita stessa. Quando un uomo viene al mondo, involontariamente si distacca dall’ambiente che fino ad allora l’ha ospitato. Ha così inizio la sua vita e, dunque, il processo di crescita fisica, psichica e personale: di anno in anno l’età aumenta e, insieme ad essa, si arricchisce il bagaglio di conoscenze acquisite e di vicende vissute.

Nel corso dell’esistenza una persona è chiamata spesso a separarsi da un qualcuno o da un qualcosa per svariati motivi: a tre anni ci si divide dall’ambiente familiare e si entra in contatto col mondo scolastico, a diciannove anni si lascia, sempre più frequentemente, ormai, la propria città per trasferirsi altrove e continuare gli studi, a trent’anni, chi ha già una famiglia, si sposta nella speranza di trovare un’occupazione per provvedere al mantenimento dei figli.

Dispiacere e malinconia sono i compagni di viaggio meno desiderati ma, allo stesso tempo, più presenti quando ci si imbatte in una realtà molto differente da quella in cui ci si trovava. Superati i primi momenti di disagio e smarrimento, il trascorrere dei giorni porta l’uomo ad abituarsi alla nuova situazione e, contemporaneamente, ad imparare a gestire se stesso, senza contare sull’aiuto altrui.

La storia e la letteratura sono forzieri di numerosi esempi di personaggi che per cause diverse hanno avuto il coraggio e le difficoltà che un distacco comporta: è quanto stato fatto dal celebre poeta latino Catullo, recatosi in Oriente sulla tomba del fratello per portare delle “povere offerte agli dei sotterranei” o s’intraprende un nuovo cammino per rinunciare a un certo “se stesso” per scommettere su un futuro “se stesso” totalmente ipotetico, secondo quanto afferma lo scrittore brasiliano Julio Monteiro Martius. Quest’ultima tesi evoca in me il ricordo di un poema epico tramandato dai popoli mesopotamici, “L’epopea di Gilgamesh”, che narra la storia di un eroe, Gilgamesh, appunto, disposto a fronteggiare qualsiasi pericolo pur di ottenere e d’ingerire la pianta che gli avrebbe conferito il dono della giovinezza eterna. Il protagonista del racconto cresce, superando le diverse prove incontrate durante il suo viaggio e, una volta raggiunto l’obiettivo prefissato, grazie alla sua maturazione e al suo arricchimento personale, comprende da sé che è impossibile possedere quanto auspicato.

Il viaggio, non solo nel significato primigenio del termine ma anche nel suo senso figurato, è quindi metafora di crescita personale, di sviluppo culturale, di conquista di autonomia e di raggiungimento della saggezza.

Nel 1300 Dante Alighieri si ritrova “per una selva oscura” poiché “la diritta via” aveva smarrito e volendo ritornare sui suoi passi, intraprende un percorso spirituale, immaginando di attraversare i tre regni d’oltretomba. Il poeta ha al suo fianco una guida, Virgilio, “maestro di bello stile”, che l’accompagna per i giorni infernali e per i cerchi del purgatorio dove avviene, poi, l’incontro con l’amata e tanto lodata Beatrice. Sarà proprio quest’ultima a ricondurre lo sventurato sulla strada della fede, compartecipando al fruttuoso percorso di crescita personale dell’autore.

Bisogna prendere in esame anche il caso in cui si è costretti da una forza esterna ad abbandonare i propri affetti e a rinunciare a tutto ciò a cui si era particolarmente legati: è questa la storia della giovane Lucia, protagonista femminile de “I promessi Sposi” che, minacciata dalla volgarità e dalla violenza di Don Rodrigo, deve fuggire furtivamente e repentinamente dalla città natia. “Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana!”, recita la fanciulla tra le silenziose lacrime, nel freddo della notte, sottolineando quanto sia straziante lasciare il luogo in cui si è vissuti. Adempiendo al suo grave destino, Lucia dà prova di grande maturità. È come se la ragazza fosse stata obbligata ad un triste esilio, come nel “vero storico” è accaduto a tantissimi uomini, tra cui Seneca, che nel 41 a.C. viene allontanato da Roma in quanto è accusato di aver preso parte all’adulterio di Giulia Livilla, figlia di Claudio, ed è mandato nella “selvaggia e malvagia Corsica”.

La stessa sorte, ma per motivi politici, spetta secoli dopo al romanziere francese Victor Hugo, condannato a vivere per diversi anni nelle isole anglo-normande di Jersey e Guernesay. Dalla sofferenza e dalla riflessione, i due autori appartenenti ad epoche lontanissime tra loro, hanno partorito delle opere straordinarie, divenute dei veri e propri capolavori: “Epistualae morales ad Lucilium” lo stoico, “Les Miserables” il francese. Scrivere e meditare sono azioni proprie di una crescita personale nata da una separazione.

L’esperienza di distacco più atroce è, senza dubbio, la morte, motivo di sgomento per gli uomini. “Se sono arrivata a destinazione? Fortunatamente no. Solo nel momento della mia morte potrò dire di esserci arrivata. E anche allora penso che inizierò un nuovo viaggio, una nuova emigrazione” è quanto la scrittrice brasiliana Christiana de Caldas Brito, in un’intervista alla rivista “Leggere-donna”. È un luogo comune pensare alla morte come ad un tragitto ultimo che conduce l’uomo, secondo quanto è scritto nella Bibbia, ad una nuova vita, migliore di quella terrena.

Al contrario, il poeta americano Walt Withman, nella raccolta “Foglie d’erba”, parla della morte come “dell’inizio di un tutto”: paradossalmente, da questo punto di vista, la fine dell’esistenza coincide con l’inizio di una nuova crescita.

Ancora, la separazione è motivata, talvolta, anche da scelte personali e dal bisogno di vivere nuove avventure, giorno dopo giorno: è la vicenda di Sam e Dean, protagonisti del manifesto della beat generation, “On the road” di Jack Kerouac, che attraversano l’America in macchina, imparando dalla strada e, sicuramente, da avventure divertenti.

Crescere vuol dire conoscere, interiorizzare morali estrapolate da molteplici avvenimenti, non solo da allontanamenti necessari e dolorosi ma anche da partenze volute e positive.

 

Il ruolo di Internet nella Primavera araba

Molti sostengono che tra i fautori della primavera araba, abbiano avuto un ruolo decisivo molti giovani esperti di informatica, i quali hanno diffuso il messaggio e hanno raccolto rivoluzionari attraverso internet. Esprimi una tua opinione a riguardo.

La Primavera Araba è una serie di agitazioni e proteste in atto nelle regioni del Medio Oriente, Vicino Oriente e Nord Africa. Algeria, Egitto, Tunisia, Giordania, Libia, Siria, sono tra i Paesi più colpiti da queste insurrezioni, mentre in altri sono avvenuti incidenti di minor gravità. Queste sommosse sono riconducibili ai Paesi appartenenti all’universo arabo, che utilizzano tecniche di resistenza civile come scioperi, manifestazioni, cortei, marce arrivando addirittura a compiere autolesionismo e suicidi pubblici, le cosiddette “auto-immolazioni”.

Le cause di queste rivolte sono innumerevoli, tra cui la corruzione, la mancanza di libertà, le condizioni di vita molto dure, la violazione dei diritti umani e l’estrema povertà in cui riversano queste popolazioni. Un altro motivo di protesta è il crescente prezzo degli alimenti, importati, e di conseguenza la fame diffusa.

La protesta è iniziata nel dicembre del 2010, quando il tunisino Mohamed Bouazizi si è dato fuoco dopo essere stata malmenato dalla polizia. Questo gesto ha provocato l’intera rivolta nel Paese, con un effetto domino in tutti gli altri del mondo arabo e del Nord Africa. Capi di stato sono stati costretti a dimettersi o addirittura alla fuga. In Libia Gheddafi, dopo una lunga fuga da Tripoli a Sirte, è stato trovato dai rivoluzionari, catturato e in seguito ucciso. In Tunisia il presidente Ben Ali, dopo dodici anni di dittatura, è stato costretto alla fuga in Arabia Saudita. In Egitto ci sono state delle proteste con dimostrazioni e molti episodi di violenza, e il presidente Mubarak dopo trent’anni di potere è stato costretto a dimettersi.

Per organizzare, comunicare e divulgare i fatti sono stati utilizzati i social network come Twitter e Facebook. Il primo autore di un blog arabo è stato, nel 2003, Ahmed. Dapprima le discussioni riguardavano l’arte, l’ambiente, mentre in seguito si è iniziato a parlare dei problemi dei giovani egiziani e di argomenti considerati tabù. Internet ha dato la possibilità di esprimersi, poiché in Egitto bastavano cinque persone a parlare in piazza per far intervenire le forze dell’ordine. I blog invece non venivano considerati, in quanto sottovalutati dai governi. Con l’aumentare degli utenti, il blog divenne sede di discussioni non solo di attivisti, ma anche delle minoranze discriminate, come donne, omosessuali, beduini e copti.

Potendosi esprimere liberamente, nel 2005 nacque il movimento Kifaya, in cui i blogger e partiti di opposizione rivendicavano i loro diritti, denunciavano abusi e violenze, pubblicando anche video. Probabilmente senza blog e in seguito social network la rivolta sarebbe stata più lenta, poiché dalla realtà virtuale tutti si sono uniti più velocemente per contestare il governo, senza restrizioni e censure.

Ovviamente la rivolta non è nata dal blog, ma dalla miseria e la discriminazione in cui versano queste popolazioni, insieme a un’informazione oscurata, arresti e atroci torture per chi osava opporsi. I social network sono stati solo un mezzo per riuscire ad avere voce in capitolo nelle situazioni pubbliche, e per evidenziare le proteste già in corso, assumendo un ruolo di diffusione e coscienza. In questi Paesi infatti non esisteva libertà di parola, nei giornali, nei sindacati e nelle associazioni. I giornali erano proprietà dello stato e i militari decidevano cosa pubblicare; gli intellettuali potevano diffondere le loro opere solo all’estero.

I social media hanno avuto un ruolo fondamentale nell’organizzazione e divulgazione degli eventi, ma la richiesta di diritti e della libertà sono sempre esistiti, solo che i protagonisti non potevano farsi avanti perché soppressi dalla violenza dei regimi. Grazie ad internet possono far sentire la loro voce, su Facebbok, Twitter, blog e anche Youtube, con i quali hanno realizzato un complesso di comunicazione e organizzazione senza un capo, e più veloce ed efficace perché non ostacolato dalla censura e dalla repressione.

Gli integrali definiti

Molto spesso, nei problemi matematici, ma anche in quelli di carattere scientifico e tecnico in generale, capita di dover determinare l’area compresa tra il grafico di una funzione e l’asse delle ascisse. Gli integrali definiti ci permettono di assolvere questo compito.

Consideriamo una funzione f(x), continua in un intervallo chiuso e limitato [a;b], e ipotizziamo, per il momento, che la funzione sia positiva in tale intervallo.

 

Integrali: area sottesa dal grafico di una funzione

 

La parte di spazio compresa tra le rette x = a, x = b, y = f(x) e y = 0, viene detta area sottesa dal grafico di f(x) nell’intervallo [a;b]. Per calcolare l’area di tale regione dello spazio, procediamo in questo modo: suddividiamo l’intervallo, che ha ampiezza b – a, in n parti uguali, che avranno tutte lunghezza:

\[ \Delta x = \frac{b-a}{n} \]

Ciascuna di queste parti rappresenta la base di un rettangolo; distinguiamo i rettangoli che si formano in due tipi: quelli colorati hanno altezza uguale al valore minimo che la funzione assume in un determinato intervallo, mentre quelli contornati di nero hanno altezza uguale al valore massimo che la funzione assume nell’intervallo.

 

Approssimazione dell'area di una funzione per difetto e per eccesso

 

L’area della regione azzurra, cioè l’area di tutti i rettangoli più piccoli, è data dalla seguente somma:

\[ s_n = m_1 \cdot \Delta x + m_2 \cdot \Delta x + \ldots + m_n \cdot \Delta x =  \sum_{k=1}^n (m_k \cdot \Delta x) \]

dove, con $m$ indichiamo il valore minimo che la funzione assume in un determinato intervallo.

Allo stesso modo, possiamo definire l’area di tutti i rettangoli con il bordo, cioè i rettangoli più grandi:

\[ S_n = M_1 \cdot \Delta x + M_2 \cdot \Delta x + \ldots + M_n \cdot \Delta x =  \sum_{k=1}^n (M_k \cdot \Delta x) \]

dove, con $M$ indichiamo il valore massimo che la funzione assume in un determinato intervallo.

Le somme precedenti prendono il nome, rispettivamente, di somma integrale inferiore e somma integrale superiore della funzione.

Possiamo notare che le somme precedenti rappresentano un’approssimazione per difetto e per eccesso della misura dell’area sottesa al grafico di f(x). In particolare, all’aumentare del numero $n$ di suddivisioni dell’intervallo [a;b], il valore delle somme migliora sempre di può, avvicinandosi dal basso, o dall’alto, al valore dell’area cercato.

Possiamo quindi dire che il valore di entrambe le somme, all’aumentare di $n$, converge a un unico limite, che rappresenta la misura $I$ dell’area del trapezoide individuato dalla funzione.

Vediamo quindi, il seguente teorema:

Teorema: Le successioni delle somme integrali inferiori e superiori relative a una funzione f(x), continua in un intervallo chiuso e limitato [a;b], sono convergenti, e ammettono, per $n$ che tende all’infinito, lo stesso limite finito:

\[ I = \lim_{n \rightarrow +\infty} s_n = \lim_{n \rightarrow +\infty} S_n \]

Il valore comune di tali somme si chiama, per definizione, integrale definito della funzione f(x) nell’intervallo [a;b], e si indica con il simbolo:

\[ \int_a^b f(x) \]

Nel caso in cui la funzione sia negativa in un determinato intervallo, si può applicare lo stesso ragionamento utilizzato in precedenza. Il limite (negativo) delle somme rappresenta, in valore assoluto, la misura dell’area delimitato dall’asse delle x e dal grafico della funzione. Tuttavia, per convenzione, si considerano negative le misure delle aree che si trovano al di sotto dell’asse delle ascisse.

Nel caso in cui la funzione f(x) assuma, nell’intervallo considerato, sia valori positivi che valori negativi, calcolare la sua area significa calcolare, separatamente, le sue aree positive e le sue aree negative, e poi sommarle algebricamente.

 

Calcolo dell'area di una funzione

 

Possiamo dedurre che, in questo caso, il valore dell’integrale definito, e cioè la misura dell’area totale, sarà positivo se le aree situate al di sopra dell’asse delle ascisse hanno estensione maggiore delle aree che si trovano al di sotto, e sarà invece negativo nel caso opposto.

 

Integrazione per sostituzione e integrazione per parti

Integrazione per sostituzione

In un integrale, possiamo sostituire la variabile $x$ con una funzione in un’altra variabile $t$, purché la nuova funzione in $t$ sia derivabile e invertibile, senza che cambi l’integrale stesso. In questo modo, possiamo risolvere degli integrali la cui risoluzione può risultare difficile in altri modi.

Quindi, se abbiamo l’integrale \( \int f(x) dx \), possiamo sostituire la variabile $x$ con la funzione $g(t)$, ricordando che ora $dx$ corrisponde a $g'(t)dt$, e otteniamo un integrale equivalente:

\[ \int f(x)\, dx = \int f[g(t)] g'(t)\, dt \]

In alcuni casi, l’integrazione per sostituzione è un metodo alternativo per la risoluzione di integrali, mentre in altri costituisce l’unico modo per integrare una funzione.

Esempio: Calcoliamo il seguente integrale: \( \displaystyle \int (x\sqrt{1+x})\, dx \)

Questo integrale non può essere risolto con i metodi tradizionali, in quanto non possiamo ricondurlo ad alcuna forma di integrazione nota. Possiamo, quindi, procedere solo mediante sostituzione.

A volte è difficile capire quale sostituzione occorre fare, e spesso si procede per tentativi. In questo caso, e di solito in molti altri casi in cui compare una radice, è utile sostituire tutta la radice con la variabile t, e poniamo quindi:

\( \sqrt{1+x} = t \)

Calcoliamo anche il differenziale; ricaviamo $x$ dalla relazione precedente:

\( \sqrt{1+x} = t \Rightarrow x = t^2 – 1 \)

Sapendo che $dx$ corrisponde a $g'(t) dt$, e in questo caso abbiamo $g(t) = t^2 -1$, si ha che:

\( dx = g'(t) dt = D(t^2-1) dt = 2t \cdot dt \)

Quindi, l’integrale si trasforma in questo modo:

\( \displaystyle \int (x\sqrt{1+x})\, dx = \int (t^2-1)\cdot t \cdot 2t \cdot dt = 2\int t^2 (t^2-1)\cdot dt \)

Ricordando le proprietà degli integrali, possiamo spezzare l’integrale in due, e calcolare ognuno separatamente:

\( \displaystyle 2 \int t^2 (t^2-1) \cdot dt = 2 \int t^4\, dt – 2 \int t^2\, dt \)

Procediamo ora con le regole di integrazioni delle funzioni potenza:

\( \displaystyle 2 \int t^4\, dt – 2 \int t^2\, dt = 2 \cdot \frac{t^{4+1}}{4+1} -2 \cdot \frac{t^{2+1}}{2+1} + c = \)

\( \frac{2}{5}t^5 – \frac{2}{3}t^3 + c\)

Abbiamo, quindi, risolto l’integrale in $t$; per determinare la funzione primitiva in $x$, basta sostituire \( t = \sqrt{x+1} \) alla variabile $t$ della soluzione:

\( \frac{2}{5}t^5 – \frac{2}{3} t^3 + c = \frac{2}{5} (\sqrt{1+x})^5 – \frac{2}{3} (\sqrt{1+x})^3 + c \)

In alcuni casi, possiamo usare delle regole specifiche per sapere quale funzione dobbiamo sostituire; in alcuni casi abbiamo anche delle formule che ci permettono di risalire direttamente alla primitiva:

\[ \int \frac{dx}{\sqrt{a^2-x^2}} = \arcsin \frac{x}{a} + c \]

\[ \int \sqrt{a^2-x^2}\, dx = \frac{1}{2} a^2 \arcsin \frac{x}{a} + \frac{1}{2} x \sqrt{a^2-x^2} + c\,\,\,\, , \,\,\,\, a \gt 0 \]

 

Integrazione per parti

Possiamo calcolare un integrale con l’integrazione per parti se la funzione integranda si presenta come il prodotto di due funzioni, delle quali una è del tipo $f(x)$ e viene detta fattore finito, l’altra è del tipo $g'(x) dx$ e viene detta fattore differenziale.

Possiamo allora dire che: l’integrale del prodotto di un fattore finito $f(x)$ per un fattore differenziale $g'(x) dx$ è uguale al prodotto del fattore finito per l’integrale $g(x)$ del fattore differenziale, diminuito dell’integrale del prodotto dell’integrale trovato $g(x)$ per il differenziale $f'(x) dx$ del fattore finito. In simboli, possiamo scrivere:

\[ \int f(x) \cdot g'(x)\, dx = f(x) \cdot g(x) – \int f'(x) \cdot g(x)\, dx \]

 

Esempio: Calcoliamo il seguente integrale: \( \int x \cdot e^x\, dx \)

Questo integrale si presta benissimo alla risoluzione per parti: infatti, possiamo notare che la funzione integranda è costituita da un prodotto, e soddisfa le richieste del metodo. Per capire quale delle due funzioni sia il fattore finito, e quale il fattore differenziale, notiamo che

\( D(x) = 1\,\,\,\, , \,\,\,\, \int x\, dx = \frac{x^2}{2} + c \)

e che :

\( D(e^x) = e^x \,\,\,\, , \,\,\,\, \int e^x\, dx = e^x + c \)

Dato che uno dei due fattori della funzione integranda deve essere la derivata di una qualche funzione, dobbiamo per forza scegliere $g'(x) = e^x$, e $f(x) = x$. Possiamo, quindi, procedere secondo la formula sopra descritta:

\( \displaystyle \int x \cdot e^x\, dx = x\cdot e^x – \int 1 \cdot e^x\, dx = x\cdot e^x – e^x + c = e^x (x-1) + c \)

In alcuni casi è possibile applicare l’integrazione per parti anche se nella funzione integranda non è presente espressamente un prodotto.

Vediamo il seguente esempio: \( \int \log x\, dx \)

In questo caso, non abbiamo il prodotto di due funzioni nella funzione da integrare, ma sappiamo che ogni funzione può essere considerata come il prodotto di se stessa per 1, quindi abbiamo:

\( \displaystyle \int 1 \cdot \log x\, dx \)

Dato che non conosciamo il valore dell’integrale del logaritmo, ma conosciamo l’integrale di 1 (che è $x$), poniamo \(f(x) = \log x  \) e \(g'(x) = 1\).

Possiamo quindi risolvere l’integrale applicando la formula precedente:

\( \displaystyle \int 1 \cdot \log x\, dx = x \cdot \log x – \int x \cdot \frac{1}{x}\, dx = \)

\( \displaystyle x \cdot \log x – \int 1\, dx = x \cdot \log x – x + c = x (\log x – 1) + c \)

 

Integrazione delle funzioni razionali fratte

Una funzione razionale fratta è una funzione del tipo: \[ y = \frac{N(x)}{D(x)} \]

dove, $N(x)$ e $D(x)$ sono polinomi in $x$, di grado, rispettivamente, $m$ ed $n$. Se \(n \gt m\), cioè il denominatore ha grado maggiore, dobbiamo cercare di integrare la funzione così come si presenta, adottando delle regole di calcolo, che mostreremo più avanti.

Se invece \(m > n\), cioè il numeratore ha grado maggiore, dobbiamo cercare di ricondurre la frazione al caso precedente, in cui il denominatore abbia grado maggiore. Per farlo, ricordiamo che possiamo dividere due polinomi tra loro, ottenendo un quoziente e un resto: \[ N(x) = Q(x) \cdot D(x) + R(x) \]

Quindi, il quoziente tra $N(x)$ e $D(x)$ è dato da:

\[ \frac{N(x)}{D(x)} = \frac{Q(x)\cdot D(x)+R(x)}{D(x)} = \] \[ \frac{Q(x)\cdot D(x)}{D(x)}+\frac{R(x)}{D(x)} = Q(x) + \frac{R(x)}{D(x)}\]

Se vogliamo calcolare l’integrale del quoziente, quindi, ricordando le proprietà degli integrali, possiamo “spezzare” l’integrale in due, e calcolare separatamente i due integrali:

\[ \int \frac{N(x)}{D(x)}\, dx = \int\Big[Q(x)+\frac{R(x)}{D(x)}\Big]\, dx = \int Q(x)\, dx + \int \frac{R(x)}{D(x)}\, dx \]

Il primo integrale può essere calcolato facilmente, in quanto è l’integrale di un polinomio; il secondo integrale ha come funzione integranda una frazione, in cui il denominatore ha grado maggiore del numeratore.

Esempio

\( \displaystyle \int \frac{x^2+5x+7}{x+2}\, dx = \int \Big(x+3+\frac{1}{x+2}\Big)\, dx = \)

\( \displaystyle = \frac{x^2}{2}+3x+\int \frac{1}{x+2}\, dx \)

Vediamo alcune strategie che ci permettono di integrare questo tipo di funzioni.

Esaminiamo un caso molto frequente, in cui il denominatore ha grado due; il numeratore, quindi, può avere grado zero oppure 1; l’integrale, quindi, si presenta in questo modo:

\[ \int\frac{px+q}{ax^2+bx+c}\, dx \,\,\,\, , \,\,\,\, \int \frac{q}{ax^2+bx+c}\, dx \]

Analizziamo tra casi che si possono presentare, quando abbiamo \(\Delta \gt 0, \Delta = 0 \text{ oppure } \Delta \lt 0 \).

1° caso: \( \Delta \gt 0 \)

In questo caso, possiamo fattorizzare il denominatore, e scomporlo nel prodotto di due fattori:

\[ ax^2+bx+c = a(x-x_1)(x-x_2) \]

In particolare, possiamo decomporre il polinomio come somma di due frazioni elementari del tipo:

\[ \frac{A}{x-x_1} + \frac{B}{x-x_2} \]

dove A e B sono delle costanti, che si possono determinare applicando il principio di identità dei polinomi, uguagliando, cioè, le due espressioni seguenti:

\[ \frac{px+q}{a(x-x_1)(x-x_2)} = \frac{A}{x-x_1} + \frac{B}{x-x_2} \]

2° caso: ∆ = 0

In questo caso, il polinomio che si trova al denominatore ha due radici coincidenti, e quindi si può scomporre nel seguente modo:

\[ ax^2 +bx +c = a (x-x_1)^2 \]

Nel caso in cui il numeratore abbia grado zero, possiamo procedere in questo modo:

\[ \int \frac{q}{ax^2+bx+c}\, dx = \int \frac{q}{a(x-x_1)^2}\, dx \]

Portiamo fuori dal segno di integrale la frazione $q/a$, e calcoliamo l’integrale che rimane:

\[ \frac{q}{a} \cdot \int (x-x_1)^{-2}\, dx = \frac{q}{a} \cdot \frac{(x-x_1)^{-2+1}}{-2+1} = – \frac{q}{a} \cdot \frac{1}{(x-x_1)} \]

Le soluzioni dell’integrale sono date, quindi, da:

\[ – \frac{q}{a(x-x_1)}+c \]

Vediamo, ora, il caso in cui il numeratore abbia grado uno; l’integrale si presenta in questa forma:

\[ \int \frac{px+q}{ax^2+bx+c}\, dx \]

Per calcolare questo integrale è conveniente decomporlo nella somma di due frazioni, come nel caso precedente; abbiamo quindi:

\[ \frac{px+q}{ax^2+bx+c} = \frac{A}{x-x_1} + \frac{B}{(x-x_1)^2} \]

quindi, gli integrali da calcolare sono i seguenti:

\[ \int \frac{A}{x-x_1}\, dx + \int \frac{B}{(x-x_1)^2}\, dx \]

che sappiamo calcolare facilmente, in quanto A e B sono due costanti.

3° caso: \(\Delta \lt 0 \)

In questo caso, il polinomio che si trova al denominatore non ha radici reali, e quindi non può essere scomposto. Tuttavia, possiamo cercare di esprimere il trinomio come somma di due quadrati, trovando opportuni valori $k$ e $m$ tali che:

\[ ax^2+bx+c = a [(x+k)^2+m^2] \]

A questo punto, nel caso in cui la funzione abbia numeratore di grado zero, possiamo risolvere l’integrale riconducendolo alla forma:

\[ \int \frac{1}{(x+k)^2+m^2}\, dx = \frac{1}{m} \cdot \arctan \Big(\frac{x+k}{m}\Big) + c \]

 

Esempio: Calcoliamo il seguente integrale:

\( \displaystyle \frac{1}{x^2- 4x + 6}\, dx \)

Notiamo che, in questo caso, si ha \(\Delta = -8\), quindi siamo nel caso \(\Delta \lt 0\).

Possiamo procedere cercando di scrivere il denominatore della integranda come somma di due quadrati, in questo modo:

\( x^2-4x+6=x^2-4x+4+2=(x-2)^2+(\sqrt{2})^2 \)

Quindi, l’integrale diventa:

\( \displaystyle \int \frac{1}{x^2-4x+6}\, dx = \int \frac{1}{(x-2)^2+(\sqrt{2})^2}\, dx \)

Mettiamo in evidenza il quadrato di \( \sqrt{2} \) al denominatore:

\( \displaystyle  \int \frac{1}{(x-2)^2+(\sqrt{2})^2}\, dx = \int \frac{1}{(\sqrt{2})^2} \cdot \frac{1}{\Big(\frac{x-2}{\sqrt{2}}\Big)^2+1}\, dx = \)

\( \displaystyle \frac{1}{\sqrt{2}} \cdot \int \frac{\frac{1}{\sqrt{2}}}{\Big(\frac{x-2}{\sqrt{2}}\Big)^2+1}\, dx \)

L’integrale che abbiamo ottenuto è della forma

\[ \int \frac{f'(x)}{(f(x))^2+1}\, dx = \arctan f(x) + c \]

Di conseguenza, la funzione che otteniamo è la seguente:

\( \displaystyle \frac{1}{\sqrt{2}} \arctan \Big(\frac{x-2}{\sqrt{2}}\Big)+c \)

Nel caso, invece, in cui il numeratore abbia grado 1, dobbiamo cercare di decomporre la funzione integranda come somma di due frazioni algebriche, cosicché nella prima compaia al numeratore la derivata del denominatore, mentre nella seconda si abbia al numeratore una costante.

 

Gli integrali indefiniti: proprietà e integrazioni immediate

Introduzione

Data la funzione $y = F(x)$, se $f(x)$ è la derivata di $F(x)$, cioè se $F'(x) = f(x)$, la funzione $F(x)$ si dice primitiva di $f(x)$. Il calcolo degli integrali ci permetterà di determinare la primitiva di una funzione, cioè di determinare quella funzione che ammette $f(x)$ come derivata.

 

Integrale indefinito

Consideriamo una funzione $F(x)$, primitiva di $f(x)$, cioè tale che $F'(x) = f(x)$. Sapendo che la derivata di una costante è nulla, possiamo dire che tutte le funzioni del tipo $F(x) + C$, dove $C$ è una costante, sono primitive di $f(x)$.

La primitiva più generale di una funzione, in questo caso $F(x) + c$, prende il nome di integrale indefinito di $f(x)$ (che si dice funzione integranda), e si rappresenta con il simbolo: \(\int f(x) \).

Ricapitolando, l’integrale di un funzione $f(x)$ è la funzione $F(x) + C$ se e solo se la derivata di $F(x) + c$ è la funzione $f(x)$; in simboli, abbiamo:

\[ \int f(x) = F(x) + c \Leftrightarrow F'(x) = f(x) \]

L’integrale indefinito, quindi, può essere considerato l’operatore inverso della derivazione, infatti associa alla funzione integranda $f(x)$ l’insieme di tutte e sole le funzioni primitive di $f(x)$ stessa.

Osserviamo che, se è vero che la derivata di una funzione può non esistere in alcuni punti, la stessa cosa non vale per l’integrale. Infatti, di una funzione continua in un intervallo chiuso e limitato esistono sempre le funzioni primitive, anche se in alcuni casi è difficile determinare l’espressione analitica della primitiva.

 

Proprietà degli integrali indefiniti

Gli integrali indefiniti godono di alcune importanti proprietà:

  1. Una costante moltiplicativa può essere trasportata dentro e fuori del segno di integrale indefinito: \[ \int k \cdot f(x)\, dx = k \cdot \int f(x)\, dx \,\,\,\, , \,\,\,\, k \in \mathbb{R} \]
  2. L’integrale di una somma algebrica di due o più funzioni è uguale alla somma algebrica degli integrali delle singole funzioni: \[ \int [f_1(x) + f_2(x)]\, dx = \int f_1(x)\, dx + \int f_2(x)\, dx \]
  3. L’integrale indefinito è un operatore lineare, in quanto l’integrale di una combinazione lineare di funzioni è la combinazione lineare degli integrali delle funzioni: \[ \int [k_\ \cdot f_1(x)+ k_2 \cdot f_2(x)]\, dx = \] \[ k_1 \cdot \int f_1(x)\, dx + k_2 \cdot \int f_2(x)\, dx \]

 

Integrazioni immediate

In alcuni casi, risalire alla primitiva di una funzione, cioè calcolare l’integrale è facile e intuitivo, e basta seguire delle semplici regole. Le formule di integrazione possono essere verificate calcolando la derivata dell’espressione che compare a destra dell’uguale.

  • Integrale indefinito di una potenza di $x$ con esponente reale: \[ \int x^\alpha\, dx = \frac{x^{\alpha+1}}{\alpha+1} + c \,\,\,\, , \,\,\,\, \alpha \in \mathbb{R} – \{-1\} \] Esempi
    \( \int x \, dx = \frac{x^2}{2} + c \)

    \( \int x^2\, dx = \frac{x^3}{3} + c \)

    \( \int x^3\, dx = \frac{x^4}{4} + c \)

 

  • Nell’esempio precedente, abbiamo escluso il caso in cui l’esponente di x sia -1; in questo caso, abbiamo: \[ \int \frac{1}{x}\, dx = \log|x| + c \]

In particolare, possiamo generalizzare le formule viste in precedenza, per poterle applicare nel caso in cui abbiamo delle funzioni composte:

  • vediamo, quindi, l’integrale di una funzione elevato a un esponente reale: \[ \int [f(x)]^\alpha\, dx = \frac{[f(x)]^{\alpha+1}}{\alpha + 1} + c \,\,\,\, , \,\,\,\, \alpha \in \mathbb{R}-\{-1\} \]
  • Vediamo ora un caso particolare: si può calcolare l’integrale di una frazione che ha per denominatore una funzione f(x), e per numeratore la sua derivata f’(x): \[ \int \frac{f'(x)}{f(x)}\, dx = \log|f(x)|+c \]

I seguenti integrali immediati riguardano funzioni goniometriche:

  • Integrale delle funzioni seno e coseno: \[ \int (\cos x)\, dx = \sin x + c \,\,\,\, , \,\,\,\, \int (\sin x)\, dx = – \cos x + c \]
  • Integrale dei reciproci delle funzioni seno al quadrato e coseno al quadrato: \[ \int \frac{1}{\cos^2 x}\, dx = \tan x + c \,\,\,\, , \,\,\,\, \int \frac{1}{\sin^2x}\, dx = -\cot x + c \]
  • I seguenti integrali hanno come risultato le funzioni inverse delle funzioni goniometriche: \[ \int \frac{1}{\sqrt{1-x^2}}\, dx = \arcsin x + c \,\,\,\, , \,\,\,\, \int \frac{1}{1+x^2}\, dx = -\arctan x + c \]

Possiamo applicare le formule precedenti anche nel caso di funzioni composte: \[ \int \frac{f'(x)}{\sqrt{1-[f(x)]^2}}\, dx = \arcsin[f(x)] + c \,\,\,\, , \,\,\,\, \int \frac{f'(x)}{1+[f(x)]^2}\, dx = -\arctan[f(x)] + c \]

Vediamo, infine, alcuni integrali di funzioni esponenziali:

  • Integrale della funzione esponenziale con base $e$: \( \displaystyle \int e^x\, dx = e^x + c \)
  • Integrale della funzione esponenziale con base $a$: \( \displaystyle \int a^x\, dx = \frac{a^x}{\log a} + c \)

Le formule precedenti possono essere applicate anche per funzioni composte; abbiamo quindi:

  • Integrale della funzione esponenziale composta con base $e$: \[ \int e^{f(x)} \cdot f'(x)\, dx = e^{f(x)}+c \]
  • Integrale della funzione esponenziale composta con base $a$: \[ \int a^{f(x)} \cdot f'(x)\, dx = \frac{a^{f(x)}}{\log a} + c  \]

Osserviamo che in tutti i casi in cui sono presenti funzioni composte \(g(x) \circ f(x)\) è necessario che la funzione integranda presenti il prodotto di due fattori, di cui uno è la derivata della funzione $f(x)$. Infatti, quando calcoliamo la derivata di una funzione composta, calcoliamo la derivata della funzione con incognita $f(x)$, e poi moltiplichiamo il risultato ottenuto per la sua derivata, $f'(x)$.

 

Applicazioni della trigonometria ai poligoni

Possiamo sfruttare le conoscenze acquisite sulle funzioni goniometriche per rivedere alcune proprietà dei poligoni, e in particolare dei poligoni inscritti e circoscritti a una circonferenza.

 

Formule di Briggs

Le formule di Briggs permettono di determinare le ampiezze degli angoli di un triangolo, conoscendo le misure dei lati.

Consideriamo un triangolo di lati a, b, c e di angoli \(\alpha, \beta, \gamma \); indichiamo con p il semiperimetro del triangolo.

Le seguenti formule permettono di determinare il seno e il coseno della metà degli angoli:

\[ \sin\frac{\alpha}{2} = \sqrt{\frac{(p-b)(p-c)}{bc}} \,\,\, , \,\,\, \sin\frac{\beta}{2} = \sqrt{\frac{(p-a)(p-c)}{ac}} \]

\[ \sin\frac{\gamma}{2} = \sqrt{\frac{(p-a)(p-b)}{ab}}  \]

\[ \cos\frac{\alpha}{2} = \sqrt{\frac{p(p-a)}{bc}} \,\,\,  , \,\,\, \cos\frac{\beta}{2} = \sqrt{\frac{p(p-b)}{ac}} \]

\[ \cos\frac{\gamma}{2} = \sqrt{\frac{p(p-c)}{ab}}\]

Da queste formule, inoltre, possiamo ricavare le formule per trovare tangente e cotangente degli angoli:

\[ \tan\frac{\alpha}{2} = \sqrt{\frac{(p-b)(p-c)}{p(p-a)}} \,\,\, , \,\,\, \tan\frac{\beta}{2} = \sqrt{\frac{(p-a)(p-c)}{p(p-b)}} \]

\[ \tan\frac{\gamma}{2} = \sqrt{\frac{(p-a)(p-b)}{p(p-c)}} \]

\[ \cot\frac{\alpha}{2} = \sqrt{\frac{p(p-a)}{(p-b)(p-c)}} \,\,\, , \,\,\,  \cot\frac{\beta}{2} = \sqrt{\frac{p(p-b)}{(p-a)(p-c)}} \]

\[ \cot\frac{\gamma}{2} = \sqrt{\frac{p(p-c)}{(p-a)(p-b)}}\]

 

Formula di Erone

Le formule di Briggs ci permettono di ricavare la formula di Erone, con la quale possiamo determinare l’area di un triangolo conoscendo le misure dei suoi lati.

Ricordiamo che si può determinare l’area di un triangolo conoscendo due lati e l’angolo tra essi compreso; infatti, considerando i lati a e b, e l’angolo \(\gamma\) tre essi compreso, si ha la seguente relazione:

\[ A = \frac{1}{2} ab \cdot \sin \gamma \]

Possiamo trasformare \(\sin\gamma\) dividendo l’angolo \(\gamma\) a metà, e applicando le formule di duplicazione:

\[ \sin\gamma = \sin 2 \cdot \frac{\gamma}{2} = 2 \sin \frac{\gamma}{2}\cdot \cos\frac{\gamma}{2} \]

Applichiamo, poi, le formule di Briggs, e sostituiamole alla formula dell’area del triangolo:

\[ A = \frac{1}{2} ab \cdot \sin \gamma = \frac{1}{2}ab \cdot 2\sin \frac{\gamma}{2} \cdot \cos\frac{\gamma}{2} = \]

\[ ab \cdot \sqrt{\frac{(p-a)(p-b)}{ab}} \cdot \sqrt{\frac{p(p-c)}{ab}} = \]

\[ ab \cdot \sqrt{\frac{p(p-a)(p-b)(p-c)}{ab \cdot ab}} = \sqrt{p(p-a)(p-b)(p-c)} \]

Abbiamo, quindi, ottenuto la formula di Erone per il calcolo dell’area di un triangolo qualunque.

 

Raggio della circonferenza inscritta

Circonferenza inscritta in un triangoloConsideriamo una circonferenza inscritta in un triangolo qualunque ABC, di lati a, b, c, e indichiamo con p il semiperimetro del triangolo.

Sappiamo che il centro della circonferenza inscritta si dice incentro, ed è il punto di incontro delle bisettrici degli angoli interni del triangolo.

Il raggio della circonferenza inscritta è la distanza dell’incentro da uno dei lati del triangolo, e può essere trovato dividendo l’area del triangolo per il semiperimetro; vale, inoltre, la seguente relazione:

\[ r = \frac{A}{p} = (p-a) \cdot \tan \frac{\alpha}{2} \]

La formula si può applicare anche considerando gli altri lati e gli altri angoli del triangolo:

\[ r = (p-a)\cdot\tan \frac{\alpha}{2} =(p-b)\cdot \tan\frac{\beta}{2}=(p-c)\cdot \tan\frac{\gamma}{2} \]

 

Raggio della circonferenza circoscritta

Circonferenza circoscritta a un triangoloConsideriamo ora una circonferenza circoscritta a un triangolo qualunque, e chiamiamo r il suo raggio; sappiamo che il centro della circonferenza circoscritta si definisce incentro, ed è il punto di incontro degli assi dei lati del triangolo.

Il raggio della circonferenza circoscritta è dato dal quoziente tra il prodotto dei lati del triangolo per il quadruplo dell’area.

Vale inoltre la seguente relazione:

\[ r = \frac{abc}{4A} = \frac{a}{2\sin\alpha} \]

 

Mediane di un triangolo

Mediana di un triangoloConsideriamo il triangolo ABC, e la mediana AM relativa al lato BC; indichiamo, inoltre, con N e O i punti medi dei lati AB e AC.

Supponiamo di conoscere la misura di tutti i lati del triangolo; allora, la mediana AM può essere ricavata mediante la seguente formula:

\[ \overline{AM} = \frac{1}{2} \cdot \sqrt{2b^2+2c^2-a^2} \]

In modo analogo, possiamo ricavare le mediane CN, relativa al lato AB, e BO, relativa al lato AC:

\[ \overline{BO} = \frac{1}{2} \cdot \sqrt{2a^2+2c^2-b^2} \,\,\, , \,\,\, \overline{CN} = \frac{1}{2} \cdot\sqrt{2a^2+2b^2-c^2} \]

 

Bisettrici di un triangolo

Bisettrice di un triangoloDel triangolo ABC in figura, ipotizziamo di conoscere due lati e l’angolo tra essi compreso; indichiamo con AD la bisettrice dell’angolo in A.

Possiamo ricavare la lunghezza di tale bisettrice mediante la seguente formula:

\[ b_\alpha = \frac{2bc\cdot\cos\frac{\alpha}{2}}{b+c} \]

In maniera analoga, possiamo ricavare le bisettrici relative agli angoli in B e C mediante le seguenti formule:

\[ b_\beta = \frac{2ac\cdot\cos\frac{\beta}{2}}{a+c} \,\,\,\, , \,\,\,\, b_\gamma = \frac{2ab\cdot\cos\frac{\gamma}{2}}{a+b} \]

 

Risoluzione triangoli qualunque

Presentiamo alcuni teoremi che si applicano ai triangoli qualunque, che possono quindi essere utilizzati per triangoli rettangoli, isosceli, equilateri e scaleni.

Per i teoremi che illustreremo, consideriamo un triangolo ABC, di lati a, b, c.

 

Teorema dei seni

Teorema dei seni
Figura 1

Le misure dei lati di un triangolo sono proporzionali ai seni degli angoli opposti.

In riferimento alla figura 1, abbiamo le seguenti relazioni:

\[ \color{red}{\boxed{\color{black}{\frac{a}{\sin\alpha} = \frac{b}{\sin\beta} = \frac{c}{\sin\gamma}}}} \]

Applicando questo teorema a un triangolo inscritto in una circonferenza, ci accorgiamo che esso deriva dall’applicazione del teorema della corda; in particolare, poiché ogni corda ( che corrisponde a un lato del triangolo ) è uguale al diametro per il seno di un angolo alla circonferenza corrispondente, possiamo scrivere che: \[ a = 2r \cdot \sin \alpha \rightarrow \frac{a}{\sin\alpha} = 2r \]

Quindi: \[ \frac{a}{\sin\alpha} = \frac{b}{\sin\beta} = \frac{c}{\sin\gamma} = 2r \]

Possiamo quindi riformulare il teorema affermando che: in un triangolo rettangolo il rapporto di proporzionalità tra la misura di ciascun lato e il seno dell’angolo a esso opposto è uguale al diametro della circonferenza circoscritta al triangolo.

 

Teorema delle proiezioni

Teorema delle proiezioni
Figura 2

In un triangolo qualunque, la misura di un lato è uguale alla somma dei prodotti delle misure degli altri due lati per il coseno dell’angolo che ciascuno di questi forma con il primo.

In riferimento alla Figura 2, possiamo dare le seguenti relazioni:

\[ a = b \cdot \cos \gamma + c \cos \beta \] \[ b = a \cos \gamma + c \cos \alpha\] \[ c = \alpha \cdot \cos \beta + b \cos \alpha \]

 

Teorema del coseno o di Carnot

Teorema del coseno o teorema di CarnotIn un triangolo il quadrato della misura di un lato è uguale alla somma dei quadrati delle misure degli altri due, diminuito del doppio prodotto delle misure di questi due lati per il coseno dell’angolo tra essi compreso.

Quindi, abbiamo le seguenti relazioni:

\[ a^2 = b^2 + c^2 – 2bc\cdot \cos \alpha \]

\[ b^2 = a^2 + c^2 – 2ac\cdot \cos \beta \]

\[ c^2 = a^2 + b^2 – 2ab\cdot \cos \gamma \]

In questo modo, possiamo determinare un lato di un triangolo conoscendo gli altri due, e l’angolo tra essi compreso.

Possiamo sfruttare questo teorema anche per determinare l’angolo compreso tra due lati, conoscendo tutti e tre i lati del triangolo; in questo caso, si ha:

\[ \cos\alpha=\frac{b^2+c^2-a^2}{2bc} \,\,\, ,\,\,\, \cos\beta=\frac{a^2+c^2-b^2}{2ac}\,\,\, , \,\,\, \cos\gamma=\frac{a^2+b^2-c^2}{2ab} \]

Triangolo rettangolo HOPNotiamo che, nel caso in cui l’angolo compreso tra i due lati sia un angolo retto, misuri, cioè, \(\pi/2\), il teorema di Carnot si riduce al teorema di Pitagora, in quanto il coseno di un angolo retto è zero:

\[ a^2 = b^2 + c^2 – 2bc \cdot \cos\alpha = b^2 + c^2 – 2b \cos \frac{\pi}{2} = b^2 + c^2 \]

 

Risoluzione di un triangolo qualunque

Esaminiamo, ora, alcuni casi che si possono presentare, e vediamo come agire per determinare tutti i dati relativi ad un triangolo qualunque.

Caso 1: Consideriamo un triangolo ABC, con lati a, b, c, di cui sono noti un lato e due angoli, ad esempio il lato a, e gli angoli \(\beta\) e \(\gamma\).

 

Risoluzione di un triangolo qualunque noti un lato e due angoli

 

Possiamo determinare il terzo angolo ricordando che la somma degli angoli interni di un triangolo è di 180°; poi, possiamo applicare il teorema dei seni per determinare gli altri due lati del triangolo: \[ \alpha = 180^{\circ} – \beta – \gamma \] \[ \frac{a}{\sin\alpha} = \frac{b}{\sin\beta} \,\,\,\ \text{ e } \,\,\, \frac{a}{\sin\alpha} = \frac{c}{\sin\gamma} \]

Caso 2: Consideriamo un triangolo ABC, con lati a, b, c, di cui sono noti due lati e l’angolo tra essi compreso, ad esempio i lati a e b, e l’angolo γ.

 

Risoluzione triangolo qualunque noti due lati e l'angolo compreso

 

In questo caso, possiamo applicare il teorema del seno per determinare il terzo lato, poi, conoscendo le misure dei tre lati, possiamo utilizzare lo stesso teorema per determinare le funzioni goniometriche degli angoli restanti.

Caso 3: Consideriamo un triangolo ABC, con lati a, b, c, di cui sono noti tutti e tre i lati; dobbiamo, quindi, calcolare tutti gli angoli del triangolo.

 

Risoluzione triangolo qualunque noti i tre lati

 

In questo caso, il teorema di Carnot ci fornisce il metodo più semplice ed immediato per risolvere il triangolo; applicando la formula inversa del teorema, infatti, possiamo calcolare il coseno di tutti gli angoli del triangolo: \[ \cos\alpha = \frac{c^2+b^2-a^2}{2cb} \] \[ \cos\beta = \frac{c^2+a^2-b^2}{2ac}\] \[ \cos\gamma = \frac{a^2+b^2-c^2}{2ab} \]

 

I triangoli rettangoli

Teoremi sui triangoli rettangoli

I teoremi che illustreremo ci permetteranno di determinare lati o angoli di triangoli rettangoli, conoscendo altri dati su di essi, ad esempio altri lati o altri angoli, sfruttando le funzioni goniometriche applicate a tali angoli.

Triangolo rettangoloConsideriamo il triangolo rettangolo HOP, di lati a, b, c, rettangolo in H.

Abbiamo le seguenti relazioni: \[ b = a \cdot \sin \beta = a \cdot \cos \gamma \] \[ c = a  \cdot \cos \beta = a \cdot \sin \gamma \]

Quindi, possiamo affermare che:

Teorema: in ogni triangolo rettangolo, la misura di un cateto è uguale al prodotto tra la misura dell’ipotenusa e il coseno dell’angolo acuto a esso adiacente, o il seno dell’angolo opposto.

Questa relazione ci permette, poi, di ricavare l’ipotenusa in funzione di un cateto e di un angolo; in particolare si ha:

\[ a = \frac{b}{\sin\beta} = \frac{b}{\cos\gamma} \,\,\,\, , \,\,\,\, a = \frac{c}{\cos\beta} = \frac{c}{\sin \gamma} \]

Quindi:

  • in ogni triangolo rettangolo, la misura dell’ipotenusa è uguale al rapporto tra la misura di un cateto e il coseno dell’angolo adiacente ( al cateto ) o al seno dell’angolo opposto ( al cateto ).

Possiamo inoltre utilizzare le formule appena viste per ricavare altre relazioni tra i lati di un triangolo rettangolo e la tangente o la cotangente dei suoi angoli.

Teorema: In ogni triangolo rettangolo la misura di un cateto è uguale a quella dell’altro cateto moltiplicata per la tangente dell’angolo opposto al primo cateto, oppure per la cotangente dell’angolo acuto a esso adiacente.

In simboli:

\[ b = c \cdot \tan \beta = c \cdot \cot \gamma \]

\[ c = b \cdot \cot \beta = b \tan \gamma \]

 

Risoluzione dei triangoli rettangoli

Risolvere un triangolo rettangolo significa determinare le misure dei suoi elementi, cioè le misure dei suoi lati, e le ampiezze dei suoi angoli.

Utilizzando i teoremi visti in precedenza, possiamo risolvere facilmente un triangolo rettangolo, se ci troviamo in uno dei seguenti casi:

Risoluzione di un triangolo rettangolo nota l'ipotenusa e l'angolo acutoCaso 1 : Sono noti l’ipotenusa OP e l’angolo acuto \(\beta\):

In questo caso, possiamo determinare l’angolo restante, sapendo che la somma degli angoli interni di un triangolo è 180°; inoltre, per i teoremi visti in precedenza, possiamo ricavare le misure degli altri lati:

\[ \gamma = 180° – 90° – \beta \]

\[ \overline{PH} = \overline{PO} \cdot \sin \beta \]

\[ \overline{OH} = \overline{PO} \cdot \cos \beta \]

Risoluzione di un triangolo rettangolo noto un cateto e l'angolo acuto adiacenteCaso 2 : Sono noti il cateto PH e l’angolo acuto adiacente γ.

Possiamo determinare l’angolo restante come in precedenza, e gli altri elementi sfruttando i teoremi sui triangoli rettangoli in questo modo: \[ \beta = 180° – 90° – \gamma \] \[ \overline{PO} = \frac{\overline{PH}}{\cos \gamma} \] \[ \overline{OH} = \overline{PH} \cdot \tan \gamma \]

Risoluzione di un triangolo rettangolo nota l'ipotenusa e un catetoCaso 3 : Sono note le misure dell’ipotenusa PO e di un cateto, per esempio PH.

Possiamo ricavare il coseno dell’angolo adiacente al cateto, che equivale al seno dell’angolo ad esso opposto; poi, possiamo determinare l’altro cateto con il teorema di Pitagora: \[ \sin \beta = \cos \gamma = \frac{\overline{PH}}{\overline{PO}} \] \[ \overline{OH} = \sqrt{\overline{PO}^2} – \overline{PH}^2 \]

Risoluzione di un triangolo rettangolo noti due catetiCaso 4 : Sono note le misure dei due cateti PH e OH.

In questo caso, possiamo utilizzare il secondo teorema per ricavare le funzioni goniometriche dei due angoli adiacenti ai cateti; per l’ipotenusa, possiamo sfruttare il teorema di Pitagora: \[ \tan \beta = \cot \gamma = \frac{\overline{PH}}{\overline{OH}} \] \[ \overline{PH} = \sqrt{\overline{PH}^2-\overline{OH}^2}\]

 

Area di un triangolo

Consideriamo un triangolo ABC qualunque, del quale conosciamo due lati e l’angolo tra essi compreso; il seguente teorema ci permette di determinare l’area del triangolo:

Trigonometria: calcolo dell'area del triangoloTeorema: l’area di un triangolo è uguale al semiprodotto di due lati per il seno dell’angolo tra essi compreso.

\[ A = \frac{1}{2} \cdot \overline{AB} \cdot \overline{AC} \cdot \sin \alpha \]

 

Teorema della corda

Consideriamo una circonferenza di raggio r e una sua corda AB; il teorema sfrutta il fatto che gli angoli alla circonferenza che insistono sullo stesso arco, e quindi che sono descritti da una stessa corda, sono tutti congruenti fra loro.

Trigonometria: teorema della cordaTeorema: La lunghezza di una corda di una circonferenza è uguale al prodotto del diametro per il seno di uno qualunque degli angoli alla circonferenza che insistono su uno dei due archi determinati dalla corda stessa. \[ \overline{AB} = 2r \cdot \sin \alpha \]

 

Disequazioni omogenee

Disequazioni omogenee in \(\sin x \) e \( \cos x \)

Vediamo alcuni esempi di equazioni omogenee in \(\sin x\) e \(\cos x\); ricordiamo che per disequazione omogenea si intende una disequazione in cui tutti i termini sono dello stesso grado.

Distinguiamo due casi, in cui il grado $n$ della disequazione è pari e quello in cui è dispari.

Vediamo alcuni esempi in cui il grado n della disequazione è dispari.

 

Esempio: se il grado della disequazione è uno, ci troviamo di fronte ad una equazione lineare, che è anch’essa omogenea; consideriamo la seguente disequazione:

\( \sqrt{3} \sin x – \cos x \gt 0 \)

Possiamo determinare le soluzioni della disequazione per via grafica; in questo caso, dobbiamo fare un cambio di incognita, e poniamo:

\( \cos x = X \,\,\,\, , \,\,\,\, \sin x = Y \)

Impostiamo poi un sistema per determinare i punti in cui la retta di equazione \(\sqrt{3}Y – X = 0 \) interseca la circonferenza:

\( \begin{cases}\sqrt{3}Y – X = 0 \\ X^2 + Y^2 = 1 \end{cases} \)

Risolviamo il sistema e troviamo i punti di intersezione:

\( \begin{cases} X = \sqrt{3}Y \\ X^2 + Y^2 = 1 \end{cases} \rightarrow \begin{cases} X = \sqrt{3} Y \\ (\sqrt{3}Y)^2 + Y^2 = 1 \end{cases} \rightarrow \)

\( \begin{cases} X = \sqrt{3}Y \\ 3Y^2 + Y^2 = 1 \end{cases} \rightarrow \begin{cases} X = \sqrt{3}Y \\ 4Y^2 = 1 \end{cases} \rightarrow \)

\( \begin{cases} X = \sqrt{3}Y \\ Y^2 = \frac{1}{4} \end{cases} \rightarrow \begin{cases} X=\sqrt{3}Y \\ Y = \pm\frac{1}{2} \end{cases} \rightarrow \)

\( Y = \frac{1}{2} \rightarrow x = \frac{\sqrt{3}}{2} \)

\( Y = -\frac{1}{2} \rightarrow x = -\frac{\sqrt{3}}{2} \)

Il punto della circonferenza goniometrica che ha coordinate \((\sqrt{3}/2 ; 1/2 )\) è l’estremo dell’arco cui corrisponde l’angolo \(\pi/6\), mentre il punto che ha coordinate \(( -\sqrt{3}/2 ; -1/2 )\) è l’estremo dell’arco cui corrisponde l’angolo \(7/6\pi\).

Ora, possiamo impostare il seguente sistema:

\( \begin{cases} \sqrt{3}Y – X \gt 0 \\ X^2+Y^2 = 1 \end{cases}\)

Possiamo determinare, in questo modo, gli archi della circonferenza che si trovano al di sopra della retta \(\sqrt{3}Y – X = 0\), e che sono quindi soluzioni della disequazione di partenza.

Rappresentiamo la situazione sulla circonferenza goniometrica:

 

Soluzioni disequazione omogenea 1

 

Possiamo concludere che le soluzioni della disequazione sono date dagli angoli che appartengono al seguente intervallo:

\( \frac{\pi}{6} + 2k\pi \lt x \lt \frac{7}{6} \pi + 2k \pi \)

 

Esempio: Risolviamo la seguente disequazione di terzo grado:

\( \sin^3 x + \cos^3 x \gt 0 \)

Questa disequazione presenta al primo membro la somma di due cubi; ricordiamo che lo sviluppo della somma di due cubi è il seguente:

\[ a^3 + b^3 = (a+b)(a^2+b^2-ab) \]

in particolare, abbiamo che il secondo fattore è positivo per qualunque valore di a e b; nel nostro caso, quindi, si ha:

\( (\sin x + \cos x)(\sin^2 x + \cos^2 x – \sin x \cos x) \gt 0 \)

Poiché il secondo fattore è sempre positivo, dobbiamo preoccuparci solo del primo; quindi, dobbiamo risolvere la seguente disequazione lineare:

\( \sin x + \cos x \gt 0 \)

Come abbiamo visto prima, possiamo fare un cambio di incognita ( \(X = \cos x\) e \(Y = \sin x\) ) e impostare un sistema per determinare le zone della circonferenza goniometrica che si trovano al di sopra della retta di equazione \(X  + Y= 0\):

\( \begin{cases} X + Y \gt 0 \\ X^2 + Y^2 = 1 \end{cases} \)

Riportiamo la situazione sulla circonferenza goniometrica:

 

Soluzioni disequazione omogenea 2

 

Possiamo concludere che le soluzioni della disequazione sono date dal seguente intervallo:

\( -\frac{\pi}{4} + 2k\pi \lt x \lt \frac{3}{4} \pi + 2k\pi \)

 

Esempio: Vediamo ora un esempio in cui il grado della disequazione è pari.

Consideriamo una disequazione omogenea di secondo grado:

\( \sin^2 x + \sin x \cos x \lt 0 \)

Procediamo con un raccoglimento a fattore comune:

\( \sin x (\sin x + \cos x) \lt 0 \)

Soluzioni disequazione omogenea esempioIn questo caso, si procede come per una normale disequazione di secondo grado; quindi, studiamo il segno di ciascun fattore, poi rappresentiamo la situazione sulla circonferenza goniometrica, dove studieremo il segno della disequazione.

Cominciamo studiando \( \sin x \gt 0\); gli intervalli della circonferenza che soddisfano questa disequazione sono tutti quelli che si trovano al di sopra dall’asse $x$, quindi:

\( 2k\pi \lt x \lt \pi + 2k\pi \)

Poi, consideriamo la disequazione \(\sin x + \cos x \gt 0\); questa disequazione va risolta come una lineare, quindi impostiamo il sistema:

\( \begin{cases} X + Y \gt 0 \\ X^2 + Y^2 = 1 \end{cases} \)

Svolgendo i calcoli, possiamo determinare le sue soluzioni:

\( -\frac{\pi}{4} + 2k\pi \lt x \lt \frac{3}{4}\pi + 2k\pi \)

Ora, riportiamo i precedenti intervalli in uno schema sulla circonferenza goniometrica, dove essi sono rappresentati con la linea colorata continua; procediamo poi con lo studio del segno.

Ricordiamoci che, poiché la disequazione di partenza è minore di zero, dobbiamo prendere gli intervalli con il segno meno.

Le soluzioni della disequazione sono quindi: \( -\frac{\pi}{4} + 2k\pi \lt x \lt 2k\pi \vee \frac{3}{4}\pi + 2k\pi \lt x \lt \pi + 2k\pi \)

Che possiamo riassumere utilizzando la seguente scrittura: \( -\frac{\pi}{4} + k\pi \lt x  \lt k\pi \).

 

Disequazioni goniometriche

Disequazioni goniometriche elementari

Le disequazioni goniometriche elementari si presentano con una funzione goniometrica posta maggiore, minore, maggiore o uguale, minore o uguale a un numero reale; le disequazioni goniometriche elementari, quindi, possono essere di questi tipi:

\[ \sin x \gt m\,\,\,\,\, (\sin x \ge m) \,\,\,\, , \,\,\,\, \sin x \lt m \,\,\,\,\,\, (\sin x \le m) \]

\[ \cos x \gt m\,\,\,\,\, (\cos x \ge m) \,\,\,\, , \,\,\,\, \cos x \lt m \,\,\,\,\,\, (\cos x \le m) \]

\[ \tan x \gt m\,\,\,\,\, (\tan x \ge m) \,\,\,\, , \,\,\,\, \tan x \lt m \,\,\,\,\,\, (\tan x \le m) \]

\[ \cot x \gt m\,\,\,\,\, (\cot x \ge m) \,\,\,\, , \,\,\,\, \cot x \lt m \,\,\,\,\,\, (\cot x \le m) \]

In alcuni casi, queste disequazioni possono essere risolte immediatamente; infatti, considerando che il seno e il coseno di un angolo sono sempre compresi tra -1 e 1, possiamo affermare che:

  • le disequazioni del tipo \(\sin x < 2\) sono sempre soddisfatte;
  • le disequazioni del tipo \(\sin x < -10\) non sono mai soddisfatte.

Negli altri casi, possiamo risolvere le disequazioni facendo riferimento alla circonferenza goniometrica, e studiando le varie parti della circonferenza che vengono individuate dall’angolo in questione.

Esempio: Risolviamo la seguente disequazione elementare:

\( \sin x \gt -\frac{1}{2} \)

Sappiamo che \(\sin x\) è l’ordinata dell’estremo dell’arco corrispondente all’angolo di ampiezza $x$, sulla circonferenza goniometrica; risolvere la disequazione significa determinare tutti gli archi aventi ordinata maggiore di $-1/2$.

Per prima cosa, consideriamo l’equazione associata \(\sin x = -1/2\); sappiamo che essa ha per soluzioni:

\( x = \frac{7}{6}\pi + 2k\pi \,\,\,\, , \,\,\,\, x=-\frac{\pi}{6}+2k\pi\,\,\,\, (k\in \mathbb{Z}) \)

Le soluzioni della disequazione sono date da tutti i punti, sulla circonferenza goniometriche, che hanno ordinata maggiore delle ordinate dei punti P e Q; tali punti si trovano, quindi, al di sopra di questi punti, e gli angoli che li individuano appartengono al seguente intervallo, che costituisce le soluzioni della disequazione:Intervallo soluzioni disequazione goniometrica per via grafica: sen x > -1/2″ width=”255″ height=”220″ /></p>
<p>\( -\frac{\pi}{6} + 2k\pi \lt x \lt \frac{7}{6}\pi + 2k\pi \,\,\,\, , \,\,\,\, (k \in \mathbb{Z}) \)</p>
<p> </p>
<h2>Disequazioni riconducibili a disequazioni elementari</h2>
<p>Alcune disequazioni possono presentarsi in una forma più complessa, ma possono essere ricondotte, mediante raccoglimenti a fattore comune, o altre scomposizioni, a disequazioni elementari.</p>
<p>Vediamo un esempio:</p>
<p>Consideriamo la seguente disequazione:</p>
<p>\( 2\cos^2 x + \cos x – 1 \lt 0 \)</p>
<p>Risolviamo, per prima cosa, l’equazione associata, e individuiamo i valori di \(\cos x\) che soddisfano l’equazione:</p>
<p>\( 2\cos^2 x + \cos x – 1 = 0 \rightarrow \cos x = \frac{-1\pm\sqrt{1+8}}{4} = \frac{-1\pm 3}{4} \)</p>
<p>\( \cos x = \frac{-1+3}{4} = \frac{2}{4} = \frac{1}{2} \vee \cos x = \frac{-1-3}{4} = \frac{-4}{4} = -1 \)</p>
<p>Poiché la disequazione è maggiore di zero, essa è soddisfatta per valori esterni all’intervallo delle radici:</p>
<p>\( \cos x \lt -1 \vee \cos x \gt \frac{1}{2} \)</p>
<p>Ora, sappiamo che \(\cos x \lt -1\) è impossibile, quindi le soluzioni della disequazione sono date solo dalla seconda disequazione, che è una disequazione elementare; rappresentiamo la situazione sulla circonferenza goniometrica:</p>
<p> </p>
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Notiamo che il coseno assume il valore $1/2$ negli angoli \(\pi/3\) e \(-\pi/3\); gli angoli che soddisfano la disequazione sono quelli che individuano punti sulla circonferenza che hanno ascissa maggiore di $1/2$; le soluzioni della disequazione sono, quindi, date dal  seguente intervallo:

\( -\frac{\pi}{3} + 2k \pi \lt x \lt \frac{\pi}{3} + 2k \pi \)

 

Disequazioni lineari in seno e coseno

Le disequazioni lineari in seno e coseno si presentano in questa forma:

\[ a\sin x + b\cos x + c \gt 0 \,\,\,\,\, , \,\,\,\,\, a\sin x + b\cos x + c \lt 0 \]

\[ a\sin x + b\cos x + c \ge 0 \,\,\,\,\, , \,\,\,\,\, a\sin x + b\cos x + c \le 0 \]

Possiamo risolvere questo tipo di equazioni in diversi modi; consideriamo, per il momento, la disequazione con il simbolo >; i ragionamenti fatti si possono applicare anche agli altri casi.

Risoluzione con il metodo grafico

Così come per le equazioni lineari, anche in questo caso si pone \(\sin x = Y\) e \(\cos x = X\), e si trovano le intersezioni della retta di equazione \(aX + by + c = 0\) con la circonferenza goniometrica.

Dopo aver determinato tali punti, si individuano i punti della circonferenza goniometrica che appartengono al semipiano \(aX + by + c \gt 0\); tali punti costituiscono le soluzioni della disequazione iniziale.

Risoluzione con i metodi algebrici

Per risolvere con metodi algebrici una disequazione lineare in seno e coseno, possiamo utilizzare due diverse strategie.

  • Primo metodo: possiamo utilizzare le formule parametriche razionali, trasformando la disequazione in seno e coseno in una disequazione in \(t = \tan ( x/2 )\);
  • Secondo metodo: possiamo trasformare il primo membro della disequazione nella forma e risolvere poi la disequazione elementare che ne deriva \( A \cdot \sin(x + \alpha) + B \) e risolvere poi la disequazione elementare che ne deriva.

 

Equazioni goniometriche omogenee

Equazioni omogenee in \(sin x\) e \(\cos x\)

Le equazioni goniometriche omogenee sono caratterizzate dal fatto che i loro termini sono tutti dello stesso grado.

Ad esempio, le equazioni lineari in \(\sin x\) e \(\cos x\) sono omogenee di primo grado; mentre, equazioni omogenee di secondo grado possono essere di questo tipo: \[ a \cdot \sin^2 x + b \sin x \cos x + c \cos^2 x = 0 \]

Vediamo ora alcuni procedimenti che ci consentiranno di risolvere equazioni omogenee di grado n, distinguendo alcuni casi:

  • se nell’equazione è presente il termine di grado $n$ in \(\sin x\), cioè se i valori \(x = \pi/2 + k\pi \) non sono soluzioni, allora si dividono entrambi i membri dell’equazione per la potenza ennesima di \(\cos x\) (diverso da zero), ottenendo un’equazione di grado $n$ in \(\tan x\), equivalente all’equazione di partenza;
  • se nell’equazione è presente il termine di grado $n$ in \(\cos x\), cioè se i valori \(x = k\pi\) non sono soluzione dell’equazione, si dividono entrambi i membri dell’equazione per la potenza ennesima di \(\sin x\) (diverso da zero), ottenendo un’equazione di grado $n$ in \(cot x\), equivalente all’equazione di partenza;
  • se nell’equazione non sono presenti le potenze ennesime in \(\sin x\) o in \(\cos x\), si procede operando alcuni raccoglimenti a fattore comune.

Vediamo alcuni esempi:

Esempio: Risolviamo la seguente equazione omogenea:

\( 2\sin x \cos x + \sin^2 x = 0 \)

Questa equazione è di secondo grado, e compare il termine di secondo grado in \(\sin x\); quindi, dividiamo entrambi i membri dell’equazione per \(\cos x\) al quadrato:

\( \frac{2\sin x \cos x+\sin^2 x}{\cos^x} = 0 \rightarrow \frac{2\sin x \cos x}{\cos^2}+\frac{\sin^2 x}{\cos x} = 0 \)

Semplificando, otteniamo:

\( 2 \frac{\sin x}{\cos x} + \frac{\sin^2 x}{\cos^2 x} = 0 \rightarrow 2 \tan x + \tan^2 x = 0 \)

Quindi, abbiamo un’equazione equivalente di secondo grado in \(\tan x\); determiniamo le sue soluzioni:

\( 2 \tan x + \tan^2 x = 0 \rightarrow \tan(2+\tan x) = 0 \rightarrow \)

\( \rightarrow \tan x = 0 \vee \tan x = -2 \)

\( \tan x = 0 \rightarrow x = k\pi \)

\( \tan x = -2 \rightarrow x = \arctan(-2) \)

 

Equazioni riducibili a omogenee

Spesso le equazioni che ci vengono proposte non sono immediatamente classificabili come omogenee, tuttavia, possiamo ricondurle ad esse attraverso alcuni passaggi.

Ad esempio, consideriamo la seguente equazione:

\[ a \cdot \sin^2 x + b \cdot \sin x\cos x + c \cdot \cos^2 x + d = 0 \]

Questa equazione non è omogenea, in quanto compare il termine noto $d$, che sappiamo essere di grado zero.

Possiamo, tuttavia, ricondurre questa equazione ad una omogenea di secondo grado moltiplicando il termine $d$ per $1$, ricordando la relazione fondamentale della goniometria:

\[ \sin^2 x + \cos^2 x = 1 \]

Esempio: Risolviamo la seguente equazione riconducibile ad una omogenea:

\( 2\sqrt{3}\sin^2x – 3\sin x\cos x + 3\cos^2x – \sqrt{3} = 0 \)

Moltiplichiamo il termine \(-\sqrt{3}\) per $1$:

\( 2\sqrt{3}\sin^2x – 3\sin x\cos x + 3\cos^2 x – \sqrt{3} \cdot 1 = 0 \)

\( 2\sqrt{3}\sin^2x – 3\sin x\cos x + 3\cos^2 x – \sqrt{3} \cdot (\sin^2 x + \cos^2 x ) = 0 \)

\( 2\sqrt{3}\sin^2x – 3\sin x\cos x + 3\cos^2 x – \sqrt{3}\sin^2 x – \sqrt{3}\cos^2 x  = 0 \)

Svolgiamo i calcoli, e sommiamo i termini simili:

\( \sqrt{3}\sin^2 x – 3\sin x \cos x + (3-\sqrt{3}) \cos^2 x = 0 \)

Procediamo risolvendo l’equazione omogenea; in questo caso, essendoci entrambi i termini si secondo grado, è indifferente la scelta del divisore:

\( \frac{\sqrt{3}\sin^2 x – 3 \sin x \cos x + (3-\sqrt{3}) \cos^2 x}{\cos^2 x} = 0 \)

Otteniamo un’equazione equivalente di secondo grado in \(\tan x\):

\( \sqrt{3}\tan^2 x – 3\tan x + 3 – \sqrt{3} = 0 \)

\( \tan x = \frac{3\pm\sqrt{9-12\sqrt{3}+12}}{2\sqrt{3}} = \frac{3\pm\sqrt{21-12\sqrt{3}}}{2\sqrt{3}}  \)

Otteniamo quindi (tramite le formule risolutive dei radicali doppi):

\( \tan x = \frac{3\pm(2\sqrt{3}-3)}{2\sqrt{3}} = \begin{cases} \frac{3+2\sqrt{3}-3}{2\sqrt{3}} = 1 \\ \frac{3-2\sqrt{3}+3}{2\sqrt{3}} = \sqrt{3}-1 \end{cases} \)

Conoscendo i valori delle tangenti, possiamo ricavare il valore dell’angolo $x$:

\( \tan x = 1 \rightarrow x = \frac{\pi}{4} + k\pi \)

\( \tan x = \sqrt{3} – 1 \rightarrow x = \arctan(\sqrt{3}-1) \)

 

Risoluzione grafica di equazioni omogenee, o riconducibili a omogenee

Consideriamo un’equazione goniometrica omogenea di secondo grado del tipo:

\[ a \cdot \sin^2 x + b \cdot \sin x \cos x + c \cdot \cos^2 x + d = 0 \]

Ricordando le formule di duplicazione di seno e coseno, possiamo trasformare l’equazione in una equazione equivalente, lineare in \(\sin 2x \) e \(cos 2x\); ricordiamo le formule da utilizzare:

\[ \sin^x = \frac{1-\cos 2x}{2} \,\,\,\, , \,\,\,\, \cos^2 x = \frac{1+\cos 2x}{2} \,\,\,\, , \,\,\,\, \sin x\cos x = \frac{1}{2}\sin 2x \]

Utilizzando queste relazioni, possiamo trasformare l’equazione omogenea di secondo grado nella seguente equazione:

\[ a \cdot \frac{1-\cos 2x}{2} + b \frac{1}{2} \sin 2x + c \frac{1-\cos 2x}{2} + d = 0\]

L’equazione, poi, può essere risolta per via grafica come abbiamo visto in precedenza per le equazioni lineari: si cercano le intersezioni della retta di equazione $aX + bY + c$ = 0 con la circonferenza goniometrica, essendo \(X = \sin 2x\) e \(Y = \cos 2x\). I punti trovati nel sistema rappresentano gli estremi degli archi cui corrispondono gli angoli che sono soluzioni dell’equazione di partenza.

 

Equazioni di secondo grado simmetriche in sen x e cos x

Un’equazione si secondo grado simmetrica in sen x e cos x si presenta in questa forma:

\[ a \sin x \cos x + b (\sin x + \cos x) + c = 0 \]

e viene definita simmetrica perché non muta se si scambiano \(\sin x\) e \(\cos x\).

Queste equazioni si possono risolvere ponendo \(x = y – \pi/4\); sostituendo questa scrittura a \(\sin x\) e \(\cos x\) otteniamo:

\[ \sin x = \sin\Big(y – \frac{\pi}{4}\Big) = \frac{\sqrt{2}}{2}(\sin y – \cos y) \]

\[ \cos x = \cos\Big(y-\frac{\pi}{4}\Big) = \frac{\sqrt{2}}{2}(\sin y + \cos y) \]

Quindi, calcoliamo la somma e il prodotto di \(\sin x\) e \(\cos x\):

\[ \sin x + \cos x = \frac{\sqrt{2}}{2}(\sin y – \cos y)+\frac{\sqrt{2}}{2}(\sin x + \cos y)= \sqrt{2}\sin y \]

\[ \sin x \cos x = \frac{\sqrt{2}}{2}(\sin y – \cos y) \cdot \frac{\sqrt{2}}{2}(\sin y + \cos y)= \]

\[ =\frac{1}{2}(\sin^2 y – \cos^2 y) \]

Possiamo sostituire i valori trovati nell’equazione di partenza, e trasformare tutto in un’equazione si secondo grado in \(\sin y\), che può essere facilmente risolta:

\[ a \cdot \frac{1}{2} (\sin^2 y – \cos^2 y) + b \sqrt{2}\sin y + c = 0 \]

\[ \frac{a}{2} (2\sin^2 y – 1) + b \sqrt{2} \sin y + c = 0\]

Da cui otteniamo:

\[ a\sin^2 y + b \sqrt{2} \sin y + c – \frac{a}{2} = 0 \]

 

Altro materiale utile

Esercizi svolti di trigonometria

 

Equazioni goniometriche

Equazioni lineari in sin x e cos x

Le equazioni lineari in sen x e cos x possono presentarsi in questo modo:

\[ a \sin x + b \cos x + c = 0 \,\,\,\, , \,\,\,\, a, b, c \in \mathbb{R} \]

Distinguiamo tre casi:

  • \(a = 0, b \ne 0\): in questo caso, l’equazione diventa \(b \cos x + c = 0\), da cui abbiamo: \[ \cos x = -\frac{c}{b} \] che è, quindi, un’equazione elementare della forma \(\cos x = m\); come abbiamo visto in precedenza, le soluzioni di questo tipo di equazione sono date dagli angoli del tipo: \[ x = \pm \alpha + 2k\pi \] essendo \(\alpha\) una soluzione dell’equazione.
  • \(a \ne 0, b = 0\): in questo caso, l’equazione diventa \(a \sin x + c = 0\), e quindi si ha: \[ \sin x = -\frac{c}{a} \] anche in questo caso, abbiamo un’equazione elementare del tipo \(\sin x = m\); come sappiamo, le soluzioni di questo tipo di equazione sono date dagli angoli del tipo: \[ x=\alpha+2k\pi \,\,\,\, \text{e}\,\,\,\, x = \pi – \alpha + 2k\pi \] essendo \(\alpha\) una soluzione dell’equazione.
  • \(a \ne 0, b \ne 0\): in questo caso, non possiamo risolvere l’equazione in maniera immediate come in precedenza; vediamo, allora, alcuni procedimenti risolutivi, algebrici e grafici.

 

Risoluzione algebrica

Le equazioni lineari in sen x e cos x possono essere risolte ricorrendo alle formule parametriche di seno e coseno; ricordiamo, quindi, che valgono le seguenti relazioni per ogni \(x \ne \pi + 2k\pi\):

\[ \sin x = \frac{2t}{1+t^2} \,\,\,\, , \,\,\,\, \cos x = \frac{1-t^2}{1+t^2} \]

essendo \(t = \tan ( x/2 )\).

Per risolvere l’equazione lineare, quindi, basta sostituire, all’equazione, \(\sin x\) e \(\cos x \) in funzione di $t$; dobbiamo risolvere la seguente equazione: \[ a \cdot \frac{2t}{1+t^2} + b \cdot \frac{1-t^2}{1+t^2} + c = 0 \] che, svolgendo alcuni passaggi, diventa la seguente: \[ 2at + b – bt^2 + c + ct^2 = 0 \]

Da cui otteniamo: \[ (c – b) t^2 + 2at + b + c = 0 \]

Tuttavia, i valori che abbiamo escluso in precedenza potrebbero essere soluzioni dell’equazione, e in tal caso non verrebbero trovati risolvendo l’equazione in $t$; dobbiamo, perciò, controllare se essi, sostituiti all’incognita, rendono l’equazione un’uguaglianza vera: \[ a\sin(\pi + 2k\pi) + b\cos(\pi + 2k\pi) + c = 0 \]

Questa uguaglianza risulta vera solo nel caso in cui \( b = c \).

 

Esempio: Risolviamo la seguente equazione lineare: \( \cos x + \sin x – 1 = 0 \)

Sostituiamo nell’equazione le formule parametriche di seno e coseno, ricordando che esse valgono per \( x \ne \pi + 2k\pi \):

\( \displaystyle \frac{2t}{1+t^2} + \frac{1-t^2}{1+t^2} – 1 = 0 \)

Risolviamo l’equazione e troviamo il valore di $t$:

\( 2t + 1 – t^2 – 1 – t^2 = 0 \)

\( 2t^2 – 2t = 0 \rightarrow t(t-1) = 0 \rightarrow t = 0 \vee t = 1 \)

Sapendo che \(t = \tan (x/2)\), abbiamo che:

\( \displaystyle \tan \frac{x}{2} = 0 \vee \tan \frac{x}{2} = 1 \)

Da questa relazione, possiamo ricavare il valore di $x$:

\( \displaystyle \tan \frac{x}{2} = 0 \rightarrow \frac{x}{2} = k \pi \rightarrow x = 2k\pi \)

\( \displaystyle \tan \frac{x}{2} = 1 \rightarrow \frac{x}{2} = \frac{\pi}{4} + k\pi \rightarrow x = \frac{\pi}{2} + 2k\pi \)

Controlliamo, ora, che i valori che abbiamo escluso in precedenza non siano soluzione dell’equazione:

\( \cos(\pi + 2k\pi) + \sin(\pi + 2k\pi) – 1 = 0 \)

Svolgendo i calcoli, otteniamo:

\( -1 – 1 = 0 \)

che è un’uguaglianza falsa; possiamo, quindi, concludere che questi valori di $x$ non sono soluzioni dell’equazione.

 

Risoluzione grafica

Sappiamo che \(\sin x\) e \(\cos x\) rappresentano l’ordinata e l’ascissa di un punto P, estremo dell’arco corrispondente all’angolo x; poniamo, quindi:

\[ \sin x = Y \,\,\,\, , \,\,\,\, \cos x = X \]

Ricordando la relazione fondamentale della goniometria, possiamo impostare un sistema di questo tipo:

\[ \begin{cases} aX + bY + c = 0 \\ X^2 + Y^2 = 1 \end{cases} \]

Le soluzioni del sistema rappresentano i punti di intersezione della circonferenza goniometrica con la retta di equazione \(aX + bY + c = 0\); una volta che abbiamo trovato questi punti, che corrispondono al seno e al coseno all’angolo x, possiamo facilmente ricavare $x$.

 

Esempio: Risolviamo per via grafica l’equazione dell’esempio precedente: \( \cos x + \sin x – 1 = 0 \)

Poniamo \(\cos x = X\) e \(\sin x = Y\), e impostiamo il sistema:

\( \begin{cases} X + Y – 1 = 0 \\ X^2 + Y^2 = 1 \end{cases} \)

Risolviamo il sistema con il metodo della sostituzione:

\( \begin{cases} X = -Y + 1 \\ X^2 + Y^2 = 1 \end{cases} \rightarrow \begin{cases} X = -Y + 1 \\ (-Y+1)^2 + Y^2 = 1 \end{cases} \)

\( \begin{cases} X = -Y + 1 \\ Y^2 + 1 – 2Y + Y^2 = 1 \end{cases} \rightarrow \begin{cases} X = -Y + 1 \\ Y^2 – Y = 0 \end{cases} \)

\( \begin{cases} X = -Y + 1 \\ (Y-1) Y = 0 \end{cases} \rightarrow \begin{cases} X = -Y + 1 \\ Y = 0 \vee Y = 1 \end{cases} \)

Troviamo i rispettivi valori di $X$:

\( \begin{cases} X = 1 \vee X = 0 \\ Y = 0 \vee Y = 1 \end{cases} \)

Circonferenza goniometrica ed equazione x+y-1=0Notiamo che questi punti rappresentano i punti di intersezione della circonferenza goniometrica con la retta di equazione $X + Y -1 = 0$: I punti $A (1 ; 0)$ e $B(0 ; 1)$ sono gli estremi degli archi:

\( x = 2k\pi \,\,\,\, \text{e} \,\,\,\, x = \frac{\pi}{2} + 2k\pi \)

Che rappresentano pertanto le soluzioni dell’equazione.

 

Introduzione alle equazioni goniometriche

Identità

Un’identità goniometrica è un’uguaglianza tra due espressioni contenenti funzioni goniometriche di uno o più angoli, che sia verificata per qualunque valore attribuito agli angoli, esclusi al più i valori per cui l’espressione perde significato.

In determinate tipologie di esercizi, occorre verificare se un’identità goniometrica è verificata, e per farlo si sfruttano le relazioni fondamentali conosciute.

Esempio: verifichiamo la seguente identità:

\( \cos^3 x + \sin^2 x \cos x + 3 \cos x = 4 \cos x \)

Possiamo operare sul primo membro dell’identità, sfruttando la relazione fondamentale della goniometria:

\( \cos^3 x + (1-\cos^2 x)\cos x + 3 \cos x = 4 \cos x \)

Svolgiamo i calcoli:

\( \cos^3 x + \cos x – \cos^3 x + 3\cos x = 4 \cos x \)

Otteniamo quindi:

\( \cos x + 3 \cos x = 4 \cos x \)

Da ciò, possiamo affermare che l’identità è verificata.

 

Equazioni

Un’equazione goniometrica è un’uguaglianza tra due espressioni contenenti funzioni goniometriche di uno o più angoli, che è verificata solo per particolari valori attribuiti agli angoli.

Così come per le equazioni in x, anche per quelle goniometriche si definisce soluzione ogni valore che, sostituito all’incognita, rendo il primo membro uguale al secondo.

Un’equazione goniometrica si dice impossibile quando non ha soluzioni.

Vediamo alcuni esempi di equazioni goniometriche.

L’equazione \(\sin x = m\)

Sapendo che il seno di un angolo è sempre compreso tra – 1 e 1, possiamo affermare che l’equazione ammette soluzioni se e solo se:

\( -1 \le m \le 1 \)

cioè, \(|m| \le 1\).

Se questa condizione è soddisfatta, esiste un angolo $a$ tale che \(\sin a = m\). Per le proprietà del seno, sappiamo che \(\sin x = \sin (\pi – x)\), quindi esisterà anche un angolo di ampiezza \(\pi – a\) tale che \(\sin (\pi – a) = m\).

Inoltre, sono soluzione anche tutti gli angolo che si ottengono da $a$ e \(\pi – a\) aggiungendo multipli di \(2\pi\); concludiamo che le soluzioni dell’equazione sono tutti gli angoli della forma:

\(x = \alpha + 2k\pi \,\,\,\, , \,\,\,\, k \in \mathbb{Z} \)

\(x = \pi – \alpha + 2k\pi \,\,\,\,  ,\,\,\, k \in \mathbb{Z} \)

 

L’equazione \(\cos x = m\)

Anche il coseno di un angolo è sempre compreso tra – 1 e 1, possiamo affermare che l’equazione ammette soluzioni se e solo se:

\( -1 \le m \le 1 \)

cioè, \(|m| \le 1\).

Se questa condizione è soddisfatta, esiste un angolo $a$tale che \(\cos a = m\). Per le proprietà del coseno, sappiamo che \(\cos x = \cos (- x)\), quindi, se $a$ è soluzione dell’equazione, lo è sicuramente anche \(-a\).

Le soluzioni dell’equazione sono, quindi, tutti gli angoli della forma:

\( x = \alpha + 2k\pi \,\,\,\, , \,\,\,\, k \in \mathbb{Z} \)

\( x = -\alpha + 2k\pi \,\,\,\, , \,\,\,\, k \in \mathbb{Z} \)

 

L’equazione \(\tan x = m\)

Questa equazione ammette soluzioni per qualsiasi valore reale di $m$, quindi se il valore a è soluzione dell’equazione, cioè si ha \(\tan a = m\), le soluzioni dell’equazione sono tutti gli angoli del tipo:

\( x = \alpha + k\pi \,\,\,\, k \in \mathbb{Z} \)

 

Esercizio proposto

Trova tutti gli angoli che verificano la seguente equazione goniometrica: \(\sin^2 x + 3\cos x = 1 + \cos^2 x\)

Trovi la soluzione dell’esercizio nella sezione Esercizi svolti di trigonometria del sito.

 

Funzioni goniometriche inverse

La funzione arcoseno

Consideriamo l’equazione \(\sin x = m\); come abbiamo visto prima, le soluzioni dell’equazione sono tutti gli angoli del tipo

\[ x = \alpha + 2k\pi\,\,\,\, k \in \mathbb{Z} \]

\[ x = \pi – \alpha + 2k\pi\,\,\,\, k \in \mathbb{Z} \]

Quindi, se $x$ è soluzione dell’equazione, $x$ si definisce arcoseno di $m$, o seno inverso di $m$, e si indica \(x = \arcsin m\). Sappiamo, inoltre, che il valore di $x$ è sempre compreso tra \(-\pi/2 \) e \(\pi/2\); per la funzione arcoseno valgono le seguenti relazioni:

\[ \arcsin(\sin x) = x \,\,\,\, , \,\,\,\, -\frac{\pi}{2}\le x \le \frac{\pi}{2} \]

\[ \sin(\arcsin x) = x \,\,\,\, , \,\,\,\, -1 \le x \le 1 \]

 

La funzione arcocoseno

Consideriamo l’equazione \(\cos x = m\); come abbiamo visto in precedenza, le soluzioni dell’equazione sono tutti gli angoli, compresi tra $0$ e \(\pi\), del tipo:

\[ x = \alpha + 2k\pi \,\,\,\, , \,\,\,\, k \in \mathbb{Z} \]

\[ x = -\alpha + 2k\pi \,\,\,\, , \,\,\,\, k \in \mathbb{Z} \]

Se $x$ è soluzione dell’equazione, esso si definisce arcocoseno di $m$, o anche coseno inverso di $m$, e si indica \(x = \arccos m\).

Per l’arcocoseno di un angolo, valgono le seguenti proprietà:

\[ \arccos(\cos x) = x \,\,\,\ , 0 \le x \le \pi \]

\[ \cos(\arccos x) = x \,\,\,\, -1 \le x \le 1 \]

Inoltre, per le funzioni arcoseno e arcocoseno, vale la seguente relazione:

\[ \arccos x = \frac{\pi}{2} – \arcsin x \,\,\,\, \forall x \in [-1 ; 1 ] \]

 

La funzione arcotangente

Così come per le funzioni arcoseno e arcocoseno, anche nel caso dell’equazione \( \tan x = m\), possiamo affermare che un angolo $x$ che è soluzione dell’equazione si definisce arcotangente di m, o tangente inversa di m, e si indica con \(x = \arctan m\).

Questo valore di x deve essere sempre compreso tra \( -\pi/2 \) e \( \pi/2 \).

Le proprietà della funzione arcotangente sono le seguenti:

\[ \arctan(\tan x) = x \,\,\,\, , \,\,\,\, -\frac{\pi}{2} \le x \le \frac{\pi}{2} \]

\[ \tan(\arctan x) = x \,\,\,\, , \,\,\,\, \forall x \in \mathbb{R} \]

 

Curve goniometriche

Curve deducibili

Conoscendo i grafici delle funzioni goniometriche elementari (\(y=\sin(x), y=\cos(x), y=\tan(x), \ldots\)), possiamo costruire i grafici di alcune curve goniometriche che derivano da queste.

Grafico della funzione \(y = \sin (- x) = – \sin x\)

Notiamo che la funzione in questione si può ottenere dalla funzione elementare \(y = \sin x\) cambiando semplicemente $x$ in $- x$; quindi, la funzione \(y = \sin (- x)\) è la curva simmetrica, rispetto all’asse y, della curva \(y = \sin x\):

 

Grafico funzione y=sin(-x)

 

 

Grafico della funzione \(y = \sin | x |\)

Ricordando il significato di valore assoluto, sappiamo che:

\[ \sin|x| = \begin{cases} \sin x \,\,\,\, \text{se} \,\,\,\, x \ge 0 \\ \sin(-x) \,\,\,\, \text{se} \,\,\,\, x \le 0 \end{cases} \]

Quindi, il grafico della funzione \(y = \sin | x |\) sarà uguale al grafico della funzione \(y = \sin x\) in tutti i punti del piano cartesiano in cui si ha \(x \ge 0 \), mentre nei punti in cui \(x \le 0 \), essa sarà uguale al grafico di \(y = \sin (-x )\):

 

Grafico della funzione y = sin|x|

 

 

Grafico della funzione \(y = | \sin x |\)

 

Grafico della funzione y = |sin x|

 

Anche in questo caso, per la definizione di valore assoluto, si ha:

\[ |\sin x| = \begin{cases} \sin x \,\,\,\, \text{se} \,\,\,\, \sin x \ge 0 \\ -\sin x \,\,\,\, \text{se} \,\,\,\, \sin x \le 0 \end{cases} \]

Quindi, la funzione presenterà lo stesso grafico della funzione \(y = \sin x\) dove la funzione \(y = \sin x\) è positiva (cioè si trova al di sopra dell’asse x ), mentre, dove questa è negativa, la funzione assumerà lo stesso grafico della funzione \(y = – \sin x\).

Ragionamenti simili possono essere fatti anche per la funzione \(y = \cos x\); vediamo quindi le principali funzioni che si possono ricavare:

 

Grafico della funzione \(y = \cos (- x) = \cos x\)

La funzione \(y = \cos x\) è una funzione pari, e una delle sue caratteristiche è proprio il fatto che \(f ( -x ) = f (x)\); quindi, il grafico della funzione \(y = \cos (-x)\) coincide proprio con il grafico di \(y = \cos x\).

 

Grafico della funzione \(y = \cos | x |\)

Per la definizione di valore assoluto, sappiamo che:

\[ \cos|x|=\begin{cases} \cos x \,\,\,\, \text{se} \,\,\,\, x \ge 0 \\ \cos(-x) \,\,\,\, \text{se} \,\,\,\, x \le 0 \end{cases} \]

Sapendo, però, che il grafico della funzione \(y = \cos (-x)\) coincide con il grafico della funzione \(y =\ cos x\), si ha che in ogni punto del piano cartesiano la funzione \(y = \cos | x |\) coincide con la funzione \(y = cos x\).

 

Grafico della funzione \(y = | \cos x |\)

Anche in questo caso, per la definizione di valore assoluto, si ha:

\[ |\cos x| = \begin{cases} \cos x \,\,\,\, \text{se} \,\,\,\, \cos x \ge 0 \\ -\cos x \,\,\,\, \text{se} \,\,\,\, \cos x \le 0 \end{cases} \]

Quindi, la funzione presenterà lo stesso grafico della funzione \(y = \cos x\) dove la funzione \(y = \cos x\) è positiva, mentre, dove questa è negativa, la funzione assumerà lo stesso grafico della funzione \(y = – \cos x\), cioè la funzione simmetrica di \(y = \cos x\) rispetto all’asse $x$:

 

Grafico della funzione y=|cos x|

 

 

Curve di equazione \(y = a \sin x, y = a \cos x\)

Le funzioni di questo tipo, per alcuni valori di $a$, si possono ottenere moltiplicando i rispettivi valori delle funzioni elementari per $a$ stesso; quindi, le funzioni hanno: periodo \(2\pi\), massimo uguale a $|a|$ e minimo uguale a $-|a|$; abbiamo quindi due casi:

  • le funzioni \(y = a \sin x, y = a \cos x\) risultano dilatate, nella direzione dell’asse $y$, rispetto alle elementari di un fattore $|a|$ se \(|a| \gt 1\);
  • le funzioni \(y = a \sin x, y = a \cos x\) risultano compresse, nella direzione dell’asse $y$, rispetto alle elementari di un fattore $|a|$ se \(0 \lt |a| \lt 1\).

 

Curve di equazione \(y = \sin(bx), y = \cos(bx)\)

Così come le funzioni elementari, anche le funzioni \(y = \sin(bx), y = \cos(bx)\) hanno massimo uguale a 1 e minimo uguale a – 1, in tutto l’asse reale.

Il periodo di queste funzioni può essere ottenuto mediante la formula:

\[ T=\frac{2\pi}{b} \]

Di conseguenza, queste funzioni presentano, in base al coefficiente $b$, una diminuzione o un aumento del periodo rispetto alle funzioni di partenza.

 

Formule parametriche, di Werner e prostaferesi

Formule parametriche razionali

Dalla formula di bisezione della tangente, sappiamo che valgono, contemporaneamente, le seguenti due relazione, cha possiamo scrivere in un sistema:

\[ \begin{cases} \tan\frac{\alpha}{2} = \frac{1-\cos\alpha}{\sin\alpha}  \\ \tan\frac{\alpha}{2} = \frac{\sin\alpha}{1+\cos\alpha}\end{cases} \]

Per comodità, chiamiamo \(t=\tan\alpha/2\); risolviamo il sistema e ricaviamo le funzioni goniometriche principali in funzione di t:

\[ \begin{cases} t = \frac{1-\cos\alpha}{\sin\alpha} \\ t = \frac{\sin\alpha}{1+\cos\alpha} \end{cases} \rightarrow \begin{cases} \sin\alpha=\frac{2t}{1+t^2} \\ \cos\alpha = \frac{1-t^2}{1+t^2} \end{cases} \]

Le relazioni che abbiamo determinato vengono definite formule parametriche razionali, e possono essere utilizzate per risolvere equazioni e disequazioni goniometriche.

 

Formule di Werner

Le formule di Werner si ricavano a partire dalle formule di addizione e sottrazione del seno e del coseno, e ci permettono di risolvere determinate scritture quando abbiamo a che fare con il prodotto del seno e del coseno di un angolo; le formule sono le seguenti:

\[ \cos\alpha\sin\beta=\frac{1}{2}[\sin(\alpha+\beta)-\sin(\alpha-\beta)] \]

\[ \cos\alpha\cos\beta=\frac{1}{2}[\cos(\alpha+\beta)+\cos(\alpha-\beta)] \]

\[ \sin\alpha\sin\beta=\frac{1}{2}[\cos(\alpha-\beta)-\cos(\alpha+\beta)] \]

 

Formule di prostaferesi

Le formule di prostaferesi ci permettono di calcolare le funzioni goniometriche di angoli particolari, di cui conosciamo le seguenti relazioni:

\[ \begin{cases} \alpha+\beta=p \\ \alpha-\beta=q \end{cases} \rightarrow \begin{cases} \alpha=\frac{p+q}{2} \\ \beta=\frac{p-q}{2} \end{cases} \]

Le formule di prostaferesi sono le seguenti:

\[ \sin p + \sin q = 2\sin\frac{p+q}{2}\cos\frac{p-q}{2} \]

\[ \cos p + \cos q = 2 \cos\frac{p+q}{2}\cos\frac{p-q}{2} \]

\[ \sin p – \sin q = 2\cos\frac{p+q}{2}\sin\frac{p-q}{2} \]

\[ \cos p – \cos q = 2 \sin\frac{p+q}{2}\sin\frac{p-q}{2} \]

 

Formule di duplicazione

Le formule di duplicazione ci permettono di calcolare le funzioni goniometriche di angoli di ampiezza \(2\alpha\), essendo l’angolo \(\alpha\) un angolo noto, di cui conosciamo seno e coseno.

 

Formula di duplicazione del seno

Supponiamo di voler calcolare il seno di un angolo \(\gamma\), sapendo che \(\gamma = 2\alpha\), essendo \(\alpha\) un angolo di cui possiamo calcolare il seno e il coseno; possiamo applicare la seguente formula:

\[ \color{blue}{\boxed{\color{black}{\sin\gamma=\sin(2\alpha)=2\sin\alpha\cos\alpha}}} \]

 

Formula di duplicazione del coseno

Allo stesso modo, se vogliamo calcolare il coseno di un angolo \(\gamma\), sapendo che \(\gamma = 2\alpha\), essendo \(\alpha\) un angolo di cui possiamo calcolare il seno e il coseno, possiamo applicare la seguente formula:

\[ \color{blue}{\boxed{\color{black}{\cos\gamma=\cos(2\alpha)=\cos^2\alpha-\sin^2\alpha}}} \]

Applicando, poi, la relazione fondamentale della goniometria, possiamo ottenere le formule di duplicazione del coseno in funzione di una sola funzione goniometrica:

\[ \cos^2\alpha+\sin^2\alpha=1 \rightarrow \cos^2\alpha = 1-\sin^2\alpha \]

\[ \cos(2\alpha) = \cos^2\alpha-\sin^2\alpha=1-\sin^2\alpha-\sin^2alpha=1-2\sin^2\alpha \]

\[ \cos^2\alpha+\sin^2\alpha = 1 \rightarrow \sin^2\alpha = 1 – \cos^2\alpha \]

\[ \cos(2\alpha) = \cos^2\alpha – \sin^2\alpha = \cos^2\alpha – (1-\cos^2\alpha) = 2\cos^2\alpha – 1 \]

Riassumendo, abbiamo quindi:

\[ \color{blue}{\boxed{\color{black}{\cos(2\alpha)=1-2\sin^2\alpha\,\,\,\, , \,\,\,\, \cos(2\alpha)=2\cos^2\alpha-1}}} \]

 

Formule di duplicazione della tangente e della cotangente

Conoscendo le relazioni fra seno, coseno e tangente, possiamo facilmente ricavare le formule di duplicazione per la tangente e per la cotangente; abbiamo quindi le seguenti formule:

\[ \color{blue}{\boxed{\color{black}{\tan(2\alpha) = \frac{2\tan\alpha}{1-\tan^2\alpha} \,\,\,\, , \,\,\,\, \cot(2\alpha)=\frac{\cot^2\alpha-1}{2\cot\alpha}}}}\]

 

Formule di bisezione

Le formule di bisezione ci permettono di calcolare le funzioni goniometriche di angoli non noti, sapendo che essi hanno ampiezza \(\alpha/2\), essendo \(\alpha\) un angolo noto, cioè di cui conosciamo le funzioni goniometriche.

Formule di bisezione del seno

Supponiamo di voler calcolare il seno di un angolo \(\gamma\), sapendo che \(\gamma=\alpha/2\) essendo \(\alpha\) un angolo di cui possiamo calcolare il seno e il coseno; distinguiamo i due casi in cui l’angolo sia positivo o negativo:

\[ \color{blue}{\boxed{\color{black}{\sin\gamma=\sin\frac{\alpha}{2}=\sqrt{\frac{1-\cos\alpha}{2}}\,\,\,\, , \,\,\,\, \frac{\alpha}{2} \ge 0}}} \]

\[ \color{blue}{\boxed{\color{black}{\sin\gamma=\sin\frac{\alpha}{2}=-\sqrt{\frac{1-\cos\alpha}{2}}\,\,\,\, , \,\,\,\, \frac{\alpha}{2} \lt 0}}} \]

Formule di bisezione del coseno

Se dobbiamo calcolare il coseno di un angolo γ, sapendo che \(\gamma=\alpha/2\) essendo \(\alpha\) un angolo di cui possiamo calcolare il seno e il coseno, possiamo applicare le seguenti formule:

\[ \color{blue}{\boxed{\color{black}{\cos\gamma=\cos\frac{\alpha}{2}=\sqrt{\frac{1+\cos\alpha}{2}}\,\,\,\, , \,\,\,\, \frac{\alpha}{2} \ge 0}}} \]

\[ \color{blue}{\boxed{\color{black}{\cos\gamma=\cos\frac{\alpha}{2}=-\sqrt{\frac{1+\cos\alpha}{2}}\,\,\,\, , \,\,\,\, \frac{\alpha}{2} \lt 0}}} \]

Formule di bisezione della tangente

Conoscendo le formule di bisezione del seno e del coseno, possiamo facilmente ricavare le formule di bisezione della tangente; si hanno, quindi, le seguenti formule:

\[ \color{blue}{\boxed{\color{black}{\tan\frac{\alpha}{2}=\frac{1-\cos\alpha}{\sin\alpha} \,\, \text{oppure} \,\, \tan\frac{\alpha}{2}=\frac{\sin\alpha}{1+\cos\alpha}  }}} \]

 

Altro materiale utile

Se stai cercando una particolare formula di goniometria, puoi consultare il nostro Formulario delle funzioni goniometriche.

 

Tangente dell’angolo formato da due rette

Consideriamo due rette r ed r’, che hanno equazioni:

\[ r: y=mx+q \]

\[ r’: y=m’x+q’ \]

 

Angoli di due rette incidenti nel piano

 

Sappiamo che il coefficiente angolare di una retta corrisponde alla tangente dell’angolo che la retta forma con il semiasse positivo delle ascisse, quindi abbiamo:

\[ m = \tan \alpha \,\,\,\, , \,\,\,\, m’ = \tan \alpha’ \]

Considerando il triangolo ACB, notiamo che l’angolo \(\alpha\) è esterno al triangolo, quindi può essere ottenuto come somma degli angoli \(\alpha’\) e \(\gamma\):

\[ \alpha = \alpha’+\gamma\rightarrow \gamma=\alpha-\alpha’ \]

Applicando la formula di sottrazione delle tangente, possiamo calcolare la tangente dell’angolo \(\gamma\):

\[ \tan\gamma = \tan(\alpha-\alpha’) = \frac{\tan\alpha-\tan\alpha’}{1+\tan\alpha\tan\alpha’}=\frac{m-m’}{1+m\cdot m’} \]

Quindi, se vogliamo calcolare l’angolo formato da due rette incidenti, delle quali conosciamo i coefficienti angolari m ed m’, possiamo applicare la seguente formula:

\[ \color{red}{\boxed{\color{black}{\tan\gamma = \frac{m-m’}{1+m\cdot m’}}}} \]

In particolare, se il risultato che otteniamo è un numero positivo, allora esso rappresenta la tangente di uno dei due angoli acuti formati dalle rette, mentre, se esso è un numero negativo, allora esprime la tangente di uno dei due angoli ottusi formati dalle rette.

 

Formule di addizione e sottrazione

Formule di addizione

Le formule di addizione del seno e del coseno ci permettono di calcolare il seno e il coseno di un angolo non noto, sapendo che esso è somma di due angoli noti.

Formula di addizione del coseno

Supponiamo di voler calcolare il coseno di un angolo \(\gamma\), sapendo che \(\gamma=\alpha+\beta\), essendo \(\alpha\) e \(\beta\) angoli di cui possiamo calcolare il seno e il coseno; possiamo applicare la seguente formula:

\[ \color{red}{\boxed{\color{black}{\cos\gamma=\cos(\alpha+\beta)=\cos\alpha\cos\beta-\sin\alpha\sin\beta}}} \]

Formula di addizione del seno

Allo stesso modo, supponiamo di voler calcolare il seno di un angolo\(\gamma\), sapendo che \(\gamma=\alpha+\beta\), essendo \(\alpha\) e \(\beta\) angoli di cui possiamo calcolare il seno e il coseno; possiamo applicare la seguente formula:

\[ \color{red}{\boxed{\color{black}{\sin\gamma=\sin(\alpha+\beta)=\sin\alpha\cos\beta+\cos\alpha\sin\beta}}}\]

 

Formule di sottrazione

Così come le formule di addizione, quelle di sottrazione ci permettono di calcolare il seno e il coseno di un angolo non noto, sapendo che esso è differenza di due angoli noti.

Formula di sottrazione del coseno

Se vogliamo calcolare il coseno di un angolo \(\gamma\), sapendo che \(\gamma=\alpha-\beta\), essendo \(\alpha\) e \(\beta\) angoli di cui possiamo calcolare il seno e il coseno possiamo applicare la seguente formula:

\[ \color{red}{\boxed{\color{black}{\cos\gamma=\cos(\alpha-\beta)=\cos\alpha\cos\beta+\sin\alpha\sin\beta}}} \]

Formula di sottrazione del seno

Se vogliamo calcolare il seno di un angolo \(\gamma\), sapendo che \(\gamma=\alpha-\beta\), essendo \(\alpha\) e \(\beta\) angoli di cui possiamo calcolare il seno e il coseno, possiamo applicare la seguente formula:

\[ \color{red}{\boxed{\color{black}{\sin\gamma=\sin(\alpha-\beta)=\sin\alpha\cos\beta-\cos\alpha\sin\beta}}} \]

 

Formule di addizione e sottrazione della tangente

Possiamo utilizzare le formule viste precedentemente per calcolare la tangente di un angolo, sapendo che esso è somma o differenza di angoli noti; le formule di addizione e sottrazione della tangente si possono ricavare dalle seguenti relazioni:

\[ \tan(\alpha+\beta) = \frac{\sin(\alpha+\beta)}{\cos(\alpha+\beta)} \,\,\,\, , \,\,\,\, \tan(\alpha-\beta)=\frac{\sin(\alpha-\beta)}{\cos(\alpha-\beta)} \]

Abbiamo quindi le seguenti formule:

\[ \color{red}{\boxed{\color{black}{\tan(\alpha+\beta)=\frac{\tan\alpha+\tan\beta}{1-\tan\alpha\tan\beta} \,\,\,\, , \,\,\,\,\ \tan(\alpha-\beta)=\frac{\tan\alpha-\tan\beta}{1+\tan\alpha\tan\beta}}}}\]

 

Altro materiale utile

Esercizi e problemi completamente svolti di trigonometria.

 

Archi associati

Gli archi associati ci permettono di calcolare velocemente il seno e il coseno di alcuni angoli particolari; consideriamo, sulla circonferenza goniometrica,  gli angoli \(x, – x, \pi + x, \pi – x\): notiamo che essi hanno per estremi dei punti che sono i vertici di un rettangolo che ha per assi di simmetria gli assi  cartesiani.

 

Rappresentazione di archi associati sulla circonferenza goniometrica

 

Dalla figura, possiamo dedurre che:

 

Relazioni goniometriche degli archi associati

 

Ora, consideriamo i punti individuati dagli angoli complementari di misura $ x $ e \( \pi/2 -x\), e rappresentiamoli sulla circonferenza goniometrica:

 

Archi associati: archi complementari di un angolo retto

 

I punti intercettati da tali angoli sono simmetrici rispetto alla bisettrice del primo e del terzo quadrate, e pertanto hanno le coordinate scambiate.

Per gli archi complementari valgono le seguenti relazioni:

 

Relazioni archi complementari nel primo quadrante

 

Possiamo applicare lo stesso ragionamento per tutti gli angoli complementari, anche, cioè, per quelli che non si trovano nel rimo quadrante, ma che hanno comunque somma \(\pi/2 + 2k\pi\); avremmo, quindi, le seguenti relazioni:

 

Relazioni archi complementari nei quadranti II, III e IV della circonferenza goniometrica

 

Esercizio proposto

Il complementare di un angolo è pari a un terzo del supplementare dello stesso angolo diminuito di due gradi. Trovare l’angolo.

Trovi la soluzione dell’esercizio nel forum di Matematicamente.it.

 

Le funzioni cotangente, secante e cosecante

La funzione cotangente (\(y = \cot x \))

Consideriamo sulla circonferenza goniometrica l’arco AP cui corrisponde l’angolo \(\alpha\), e la retta r passante per O (origine del sistema di riferimento cartesiano) e per P; chiamiamo Q il punto di intersezione della retta r con la retta s, perpendicolare all’asse y e passante per B (0 ; 1).

 

Circonferenza goniometrica e retta perpendicolare all'asse y

 

L’ascissa del punto Q è detta cotangente dell’angolo \(\alpha\), e si scrive \(\cot \alpha\).

La tangente e la cotangente di un angolo sono legate dalla seguente relazione: \[ \cot \alpha = \frac{1}{\tan \alpha} \]

da cui: \[ \cot \alpha = \frac{\cos \alpha}{\sin \alpha} \]

Da questa relazione, possiamo dedurre che la cotangente non è definita per alcuni valori di \(\alpha\); in particolare, deve essere: \[ \sin\alpha \ne 0 \rightarrow \alpha \ne k \pi \]

Quindi, possiamo affermare che la cotangente di un angolo non è definita in tutti gli angoli multipli di \(\pi\).

Questo fatto può essere notato anche considerando il grafico della cotangente: infatti, esso presenta infiniti asintoti, che hanno equazioni \(x = k\pi\).

 

Grafico della funzione cotangente

 

Così come la tangente, anche la funzione cotangente è simmetrica rispetto all’origine, ed è quindi una funzione dispari; si ha infatti che: \(\cot (- x) = – \cot x \)

 

La funzione secante (\(y=\sec x\)) e la funzione cosecante (\(y=\csc x\))

Consideriamo sulla circonferenza goniometrica un punto P, e la retta t tangente alla circonferenza nel punto P; chiamiamo i punti di intersezione della rette t con gli assi cartesiani B ed S.

 

Circonferenza goniometrica e retta tangente in un punto della circonferenza

 

L’ascissa del punto S è detta secante di \(\alpha\), e si indica \(\sec \alpha\); mentre, l’ordinate del punto C è detta cosecante di \(\alpha\), e si scrive \(\csc \alpha\) (oppure \(\text{cosec}\alpha\)).

 

La funzione secante

La secante di un angolo equivale al reciproco del coseno di quell’angolo:

\[ \sec \alpha = \frac{1}{\cos \alpha} \]

Da questa relazione, possiamo dedurre che la secante non è definita per quei valori dell’angolo che annullano il coseno, quindi:

\[ \cos \alpha \ne 0 \rightarrow \alpha \ne \frac{\pi}{2} + k \pi \]

Il grafico della secante, quindi, presenterà degli asintoti verticali di equazioni

\[ x = \frac{\pi}{2} + k\pi \]

La funzione è periodica di periodo \(2\pi\), ed essendo reciproca della funzione coseno, è maggiore o uguale, in valore assoluto, ad 1:

\[ |\sec \alpha| \gt 1 \rightarrow \alpha \le -1 \vee \sec \alpha \ge 1 \]

La funzione, quindi, si trova al di sopra della retta \(y = 1\), e al di sotto della retta \(y = -1\).

Il suo grafico è il seguente:

 

Grafico della funzione secante

 

La funzione cosecante

La cosecante di un angolo equivale al reciproco del seno di quell’angolo:

\[ \csc \alpha = \frac{1}{\sin \alpha} \]

Da questa relazione, possiamo dedurre che la cosecante non è definita per quei valori dell’angolo che annullano il seno, quindi:

\[ \sin \alpha \ne 0 \rightarrow \alpha \ne k\pi \]

Il grafico della cosecante, presenta dunque degli asintoti verticali di equazioni \[ x = k \pi \]

Anche la funzione cosecante è periodica di periodo \(2\pi\), ed essendo reciproca della funzione seno, è anch’essa maggiore o uguale, in valore assoluto, ad 1: \[ |\csc\alpha| \ge 1 \rightarrow \csc \alpha \le -1 \vee \csc \alpha \ge 1 \]

La funzione, quindi, si trova al di sopra della retta \(y = 1\), e al di sotto della retta \(y = -1 \).

Il suo grafico è il seguente:

 

Grafico della funzione cosecante

 

Altro materiale di supporto

Guarda la videolezione: Le funzione goniometriche: seno, coseno, tangente e cotangente sul sito delle lezioni di Matematicamente.it.

Videolezione: Le funzioni goniometriche: seno, coseno, tangente, cotangente

 

 

 

 

 

 

 

 

Funzione tangente

Consideriamo, sulla circonferenza goniometrica, un numero reale \(\alpha\), compreso tra 0 e \(2\pi\), e un punto P sulla circonferenza, tale che l’arco AP coincida con l’angolo \(\alpha\), e tracciamo la retta r passante per O e P, e la retta t perpendicolare all’asse x, e passante per A.

 

Circonferenza goniometrica e retta tangente nell'origine degli angoli

 

Se tali rette si intersecano in un punto T, l’ordinata di tale punto si definisce tangente dell’angolo \(\alpha\), e si scrive \(\tan \alpha\) .

Possiamo notare che l’intersezione tra le rette r e t esiste sempre, tranne nei casi in cui la retta r è anch’essa parallela; ciò si verifica per tutti gli angoli del tipo \(\pi/2 , 3/2\pi \), ecc.

Vediamo ora come varia la tangente di un angolo, quando questo assume diverse ampiezze:

  • Primo caso: \[\alpha=0 \Rightarrow \tan 0 = 0 \] \[\alpha=\pi \Rightarrow \tan \pi = 0 \] \[ \alpha = 2\pi \Rightarrow \tan 2\pi = 0 \]

In questi casi, infatti, si ha che il punto T coincide con il punto A;

  • Secondo caso: \[0 \lt \alpha \lt \frac{\pi}{2} \Rightarrow \tan \alpha \gt 0 \] \[ \pi \lt \alpha \lt \frac{}{}\pi \Rightarrow \tan \alpha \gt 0 \]

Il punto T appartiene al primo quadrante, e la tangente dell’angolo aumenta all’aumentare della sua ampiezza;

  • Terzo caso: \[ \frac{\pi}{2} \lt \alpha \lt \pi \Rightarrow \tan \alpha \lt 0 \] \[ \frac{3}{2}\pi \lt \alpha \lt 2\pi \Rightarrow \tan \alpha \lt 0 \]

Il punto T appartiene al quarto quadrante, e, all’aumentare dell’ampiezza nell’angolo, aumenta la sua tangente, che si avvicina sempre più allo zero;

 

Variazione della tangente dell'angolo sulla circonferenza goniometrica

 

 

Periodicità della funzione tangente

Così come le funzioni seno e coseno, anche la funzione tangente è una funzione periodica, infatti si ha che: \[ \tan \alpha = \tan (\alpha + 2\pi) \]

Poiché i valori assunti dalla tangente nell’intervallo \([0 ; \pi]\) sono gli stessi che essa assume nell’intervallo \([\pi ; 2\pi]\), possiamo generalizzare e scrivere che: \[ \tan \alpha = \tan (\alpha+k\pi)\,\,\,\, , \,\,\,\, k \in \mathbb{Z} \]

Ciò significa che la funzione tangente è periodica di periodo \(\pi\).

Ricordiamo che la tangente non è definita per alcuni valori di \(\alpha), che quindi vengono esclusi:

\[ \alpha \ne \frac{\pi}{2} + k\pi\,\,\,\, , \,\,\,\, k \in \mathbb{Z} \]

In particolare, mano a mano che l’angolo \(\alpha\), appartenente al primo quadrante, si avvicina a \(\pi/2\), la sua tangente aumenta, e il punto T si allontana dall’asse x; possiamo affermare, quindi, che:

il limite di \(\tan \alpha\), per \(\alpha\) che tende a \(\pi/2\), restando minore di \(\pi/2\), è uguale a \(+\infty\), e si scrive:

\[ \displaystyle\lim_{\alpha \rightarrow \frac{\pi^{-}}{2}} \tan \alpha = +\infty \]

Con un ragionamento analogo, si può affermare che il limite di \(\tan \alpha\), per \(\alpha\) che tende a \(\pi/2\), restando maggiore di \(\pi/2\), è uguale a \(-\infty\) , e si scrive:

\[ \displaystyle\lim_{\alpha \rightarrow \frac{\pi^{+}}{2}} \tan \alpha = -\infty \]

 

Grafico della funzione tangente \((y = \tan x )\)

Come abbiamo visto in precedenza, la tangente è una funzione periodica, di periodo \(\pi\); il grafico che rappresentiamo nell’intervallo \([- \pi/2 ; \pi/2]\) , quindi, si ripeterà lungo l’asse x.

Dai punti in cui la tangente non è definita, possiamo tracciare delle rette verticali, perpendicolari all’asse x, che sono detti asintoti della curva: la funzione tangente si avvicinerà sempre di più ad essi, senza però toccarli mai.

 

Grafico funzione tangente

 

Dal grafico possiamo notare che la funzione \(y = \tan x\) è una funzione dispari, poiché il suo grafico è simmetrico rispetto all’origine degli assi.

Si ha quindi che: \(\tan ( -x ) = – \tan x \).

 

Il coefficiente angolare di una retta

Il coefficiente angolare di una retta, che esprime la pendenza della retta stessa, è dato dal rapporto tra l’ordinata e l’ascissa di un punto qualunque della retta.

 

Circonferenza goniometrica e retta tangente nell'origine degli angoli

 

Consideriamo le rette r e t che abbiamo rappresentato precedentemente sulla circonferenza goniometrica.

Poiché il punto T, di coordinate \(( 1 ; \tan \alpha)\) appartiene alla retta r, possiamo affermare che il coefficiente angolare della retta r è dato da:

\[ m_r = \frac{y_T}{x_T} = \frac{\tan \alpha}{1} = \tan \alpha \]

Possiamo applicare lo stesso ragionamento considerando il punto P, anch’esso appartenente a r, e di coordinate \((\cos \alpha; \sin \alpha)\):

\[ m_r = \frac{y_T}{x_T} = \frac{\sin \alpha}{\cos \alpha} \]

Da ciò, possiamo affermare che:

  • il coefficiente angolare di una retta r è la tangente goniometrica dell’angolo orientato di misura \(\alpha\) che la retta forma con il semiasse positivo delle ascisse; inoltre si ha che: \[ \boxed{\tan \alpha = \frac{\sin \alpha}{\cos \alpha} \,\,\,\, \forall \alpha \ne \frac{\pi}{2} + k \pi} \]

 

Le funzioni seno e coseno

La circonferenza goniometrica

Consideriamo, in un riferimento cartesiano xOy, una circonferenza avente centro nell’origine degli assi, e raggio uguale a 1; la circonferenza prende il nome di circonferenza goniometrica.

 

Circonferenza goniometrica

 

Il punto A, di coordinate (0; 1), è detto origine degli archi; gli angoli che consideriamo sono rappresentati sulla circonferenza in modo da avere un lato coincidente con l’asse delle ascisse, e l’altro che interseca la circonferenza in un punto P.

Sapendo che l’ampiezza di un angolo in radianti è uguale alla lunghezza dell’arco corrispondente divisa per il raggio della circonferenza, e sapendo che il raggio della circonferenza goniometrica è 1, possiamo affermare che le lunghezze degli archi della circonferenza rappresentano le ampiezze, in radianti, dei rispettivi angoli.

Rappresentiamo, sulla circonferenza,i principali angoli:

 

Angoli principali sull circonferenza goniometrica

 

 

Le funzioni seno e coseno

Per ogni angolo \( \alpha \), compreso tra 0 e \( 2\pi \) radianti, consideriamo sulla circonferenza goniometrica il punto P, tale che l’arco AP sia uguale all’angolo \(\alpha\); definiamo coseno e seno di \(\alpha) rispettivamente l’ascissa e l’ordinata del punto P.

Possiamo quindi scrivere: \[P(\cos \alpha; \sin \alpha)\]

Poiché la circonferenza goniometrica ha raggio 1, il seno e il coseno di un angolo sono sempre minori di 1, e maggiori di -1:

\[ -1 \le \cos \alpha \le 1 \,\,\,\, , \,\,\,\, \forall \alpha \in [0; 2\pi] \]

\[ -1 \le \sin \alpha \le 1 \,\,\,\, , \,\,\,\, \forall \alpha \in [0; 2\pi] \]

In particolare, sapendo che la circonferenza goniometrica ha centro in O(0;0) e ha raggio 1, la sua equazione è la seguente:

\[ x^2+y^2=1 \]

da cui, possiamo ricavare la seguente relazione, che viene definita prima relazione fondamentale della goniometria:

\[ \cos^2\alpha+\sin^2\alpha=1 \]

Possiamo determinare seno e coseno degli angoli principali applicando il teorema di Pitagora ai triangoli rettangoli individuati dai segmenti OP, OH e PH:

\[ \cos 30^{\circ} = \cos\frac{\pi}{6}=\frac{\sqrt{3}}{2} \,\,;\,\,\cos 45^{\circ} = \cos\frac{\pi}{4}=\frac{\sqrt{2}}{2} \,\,;\,\, \cos 60^{\circ} = \cos\frac{\pi}{3}=\frac{1}{2} \]

\[ \sin 30^{\circ} = \sin\frac{\pi}{6}=\frac{\sqrt{1}}{2} \,\,;\,\, \sin 45^{\circ} = \sin\frac{\pi}{4}=\frac{\sqrt{2}}{2} \,\,;\,\, \cos 60^{\circ} = \sin\frac{\pi}{3}=\frac{\sqrt{3}}{2} \]

 

Angoli di 30°, 45° e 60° sulla circonferenza goniometrica

 

 

Periodicità delle funzioni seno e coseno

Le funzioni seno e coseno vengono definite funzioni periodiche; infatti, possiamo notare che i valori che esse assumono nell’intervallo \([0 ; 2\pi]\), sono gli stessi che vengono assunti negli intervalli \(]2\pi ; 4\pi]\) , \(]4\pi ; 6\pi]\),…

Riassumendo, possiamo semplicemente scrivere:

\[ \cos\alpha = \cos(\alpha+2k\pi)\,\,\,\, , \,\,\,\, k \in \mathbb{Z} \]

\[ \sin\alpha = \sin(\alpha+2k\pi)\,\,\,\, , \,\,\,\, k \in \mathbb{Z} \]

 

Sinusoide e cosinusoide

Le funzioni seno e coseno possono essere rappresentate nel piano cartesiano come vere e proprie funzioni; per tracciare i lori grafici, si comincia tracciando il grafico della funzione in un piccolo intervallo, poi, sfruttando la periodicità della funzione stessa, si può tracciare la funzione su tutto l’asse reale.

 

Grafico funzione coseno nell'intervallo (0; π/2)

 

Consideriamo la funzione \(y = \cos x\); poiché la funzione passa per i punti \((0 ; 1) , (\pi/6 ; \sqrt{3}/2) , (\pi/4 ; \sqrt{2}/2) ; (\pi/3 ; 1/2) ; (\pi/2 ; 0)\), possiamo tracciare il suo grafico nell’intervallo \([0 ; \pi/2]\):

Sfruttando, poi, il fatto che la funzione è periodica, possiamo tracciare il grafico completo:

 

Grafico funzione coseno: cosinusoide

 

La funzione \(y = \cos x\) è detta cosinusoide; una delle sue caratteristiche è il fatto di essere una funzione pari: infatti, essa è simmetrica rispetto l’asse delle y, ed è tale che: \(\cos x = \cos (- x)\)

Allo stesso modo, possiamo tracciare il grafico della funzione \(y = \sin x\) nell’intervallo \([0 ; \pi/2]\), sapendo che esso passa per i punti \((0 ; 0), (\pi/6 ; 1/2),(\pi/4 ; \sqrt{2}/2) , (\pi/3 ; \sqrt{3}/2), (\pi/2 ; 1)\):

 

Grafico della funzione seno nell'intervallo (0; π/2)

 

Sapendo che la funzione è periodica, possiamo tracciare il grafico completo:

 

Grafico funzione seno: sinusoide

 

La funzione \(y = \sin x\) è detta sinusoide; a differenza della cosinusoide, la sinusoide è una funzione dispari: infatti, essa è simmetrica rispetto l’origine, ed è tale che:

\[\sin x = – \sin (-x) \]

 

Altro materiale di supporto

Guarda la videolezione: “Le relazioni fondamentali della goniometria” sul sito delle lezioni di Matematicamente.it.

Consulta il Formulario delle funzioni goniometriche a cura di Gianni Sammito.