I Triangoli e i poligoni inscritti e circoscritti

I triangoli

I triangoli vengono classificati in base ad alcune loro proprietà, e si distinguono in triangoli rettangoli, isosceli, equilatero, e scaleni. In ogni tipo di triangolo sussistono delle relazioni particolari tra i segmenti che costituiscono lati, altezze, ecc.

 

Triangolo equilatero

Il triangolo equilatero è caratterizzato dal fatto di avere tre lati congruenti; chiamiamo i lati con l , e consideriamo la metà del triangolo equilatero:

 

Triangolo equilatero

 

Possiamo applicare il teorema di Pitagora per trovare la relazione che lega il lato del triangolo con la sua altezza:

\[ h = \sqrt{l^2-\Big(\frac{l}{2}\Big)^2}=\sqrt{l^2-\frac{l^2}{4}}=\sqrt{\frac{4l^2-l^2}{4}}=\sqrt{\frac{3l^2}{4}}=\frac{\sqrt{3}l}{2} \]

Quindi: \[ \boxed{h=\frac{\sqrt{3}}{2} l }\]

Da questa relazione, possiamo calcolare l’area del triangolo conoscendo la misura del lato:

\[ A=\frac{l\cdot h}{2}=\frac{l\cdot \frac{\sqrt{3}}{2} l}{2}=\frac{\sqrt{3}}{2} l^2\cdot \frac{1}{2} = \frac{\sqrt{3}}{4} l^2 \]

Quindi:

\[ \boxed{A=\frac{\sqrt{3}}{4} l^2} \]

Le considerazioni precedenti possono essere applicate anche nel caso in cui abbiamo un triangolo di angoli 30°-60°-90°, perché, infatti, esso è la metà di un triangolo equilatero.

 

Metà di un triangolo equilatero

 

Triangolo rettangolo isoscele

Un triangolo rettangoli isoscele ha un angolo retto, e gli altri due angoli, che sono congruenti, che misurano 45°. Quindi, esso può essere considerato come la metà di un quadrato:

 

Triangolo rettangolo isoscele

 

Possiamo applicare il teorema di Pitagora, e trovare la relazione che lega il lato del quadrato con la sua diagonale:

\[ d = \sqrt{l^2+l^2} = \sqrt{2l^2} = \sqrt{2} l \]

Quindi, anche nel caso del triangolo rettangolo isoscele, applicando il teorema di Pitagora, troviamo che:

\[ i = \sqrt{2}c \]

 

Formula di Erone

La formula di Erone ci permette di determinare l’area di un triangolo nel caso in cui ci siano note solamente le misure dei lati; chiamando con a, b, c le misure dei tre lati di un triangolo, si ha la seguente relazione:

\[ A = \sqrt{p \cdot (p-a) \cdot (p-b) \cdot (p-c) } \]

dove p indica il semiperimetro del triangolo.

La formula di Erone può essere applicata a qualsiasi tipo di triangolo.

 

Poligoni inscritti e circoscritti

Raggio della circonferenza circoscritta ad un triangolo

Consideriamo un triangolo qualunque inscritto in una circonferenza di raggio r:

 

Generico triangolo inscritto in una circonferenza

 

Se consideriamo i triangoli CAD e CHB notiamo che essi sono simili; possiamo, quindi, mettere in proporzione i loro lati:

\[ AC: CH = CD : CB \]

Ricaviamo CD:

\[ CD = \frac{AC \cdot CB}{CH} \]

In particolare, abbiamo che:

\[ \frac{CD}{2} = \frac{AC \cdot CB}{2\cdot CH} \]

Possiamo quindi generalizzare e affermare che in ogni circonferenza circoscritta ad un triangolo, di lati a, b, c, il raggio è dato da:

\[ r = \frac{a \cdot b}{2\cdot h} \]

Moltiplicando numeratore e denominatore per il terzo lato, otteniamo:

\[ r = \frac{a\cdot b \cdot c}{2\cdot h \cdot c} = \frac{abc}{4A} \rightarrow \boxed{r=\frac{abc}{4A}} \]

 

Raggio della circonferenza circoscritta a un triangolo isoscele

Consideriamo in triangolo isoscele in figura, e tracciamo dal centro della circonferenza la perpendicolare ad un lato:

 

Triangolo isoscele inscritto in una circonferenza

 

I triangoli rettangoli AHB e AMO sono simili, quindi sussiste la seguente proporzione:

\[ AO : AB = AM : AH \]

Possiamo ricavare AO:

\[ AO = \frac{AB \cdot AM}{AH} \]

Quindi, in qualsiasi circonferenza circoscritta ad un triangolo, il raggio è dato da:

\[ r = \frac{l\cdot \frac{l}{2}}{h} = \frac{l^2}{2h} \rightarrow \boxed{r=\frac{l^2}{2h}} \]

 

Raggio della circonferenza inscritta in un triangolo

Nel triangolo ABC, consideriamo i triangoli interni BOC, AOC, AOB, che hanno le basi sui lati del triangolo ABC, e le altezze tutte uguali al raggio.

 

Circonferenza inscritta in un triangolo

 

L’area del triangolo ABC è data dalla somma delle aree dei triangoli che lo compongono, quindi:

\[ A_{ABC} = A_{BOC} + A_{AOC} + A_{AOB} \]

\[ A_{ABC} = \frac{1}{2} \cdot AB \cdot r + \frac{1}{2} \cdot BC \cdot r + \frac{1}{2} \cdot AC \cdot r = \]

\[ = \frac{1}{2}\cdot r \cdot (AB + BC + AC) = \frac{r}{2} \cdot P \]

Indicando con p il semiperimetro, abbiamo che:

\[ A = r \cdot p \rightarrow \boxed{r = \frac{A}{p}} \]

In particolare, possiamo anche ricavare il raggio utilizzandola formula di Erone:

\[ r = \frac{\sqrt{p\cdot(p-a)\cdot(p-b)\cdot(p-c)}}{p} = \sqrt{\frac{(p-a)\cdot(p-b)\cdot(p-c)}{p}} \]

 

Lati di poligoni regolari

E’ possibile determinare la misura dei lati dei poligoni inscritti in una circonferenza conoscendo la misura del raggio. Vediamo vari casi:

 

Poligono inscritto in una circonferenza

 

Consideriamo un quadrato inscritto in una circonferenza: possiamo applicare il teorema di Pitagora al triangolo BOC:

\[ l_4 = \sqrt{r^2 + r^2} = \sqrt{2r^2} = r \sqrt{2} \]

Quindi, in ogni quadrato inscritto in una circonferenza, il lato è dato da:

\[ l_4 = r\sqrt{2} \]

 

Esagono inscritto in una circonferenza

 

Nel caso dell’esagono regolare, sappiamo già che il lato è uguale al raggio, perché, congiungendo ogni vertice con il vertice opposto, si formano sei triangoli equilateri:

Consideriamo un triangolo equilatero inscritto in una circonferenza:

 

Triangolo equilatero inscritto in una circonferenza

 

poiché il triangolo ACD è rettangolo in C, e poiché il segmento CD corrisponde al lato di un esagono regolare inscritto in una circonferenza, possiamo applicare il teorema di Pitagora per ricavare il lato del triangolo equilatero:

\[ \overline{AD} = 2r \]

\[ \overline{DC} = l_6 = r \]

\[ l_3 = \sqrt{(2r)^2-r^2} = \sqrt{4r^2-r^2} = \sqrt{3r^2} = \sqrt{3} r \]

Concludiamo che il ogni triangolo equilatero, il lato è dato da:

\[ \boxed{l_3 = \sqrt{3}r} \]

 

Altro materiale di supporto

Guarda la videolezione Area del triangolo rettangolo sul sito delle lezioni di Matematicamente.it.

videolezione-area-triangolo-rettangolo

 

 

 

 

 

 

 

 

Misura di angoli e archi

Possiamo scegliere diverse unità di misura per misurare l’ampiezza di un angolo; le più usate sono la misura in gradi e la misura in radianti:

  • il grado corrisponde a 1/90 di un angolo retto;
  • il radiante corrisponde ad un angolo al centro (di una circonferenza qualsiasi) cui corrisponde un arco di lunghezza uguale al raggio.

La misura di un angolo in radianti, quindi, si ottiene dividendo la lunghezza dell’arco corrispondente, per il raggio della circonferenza: \[ \alpha = \frac{l}{r} \]

La misura di un angolo in radianti non dipende dalla circonferenza scelta; in particolare, abbiamo che :

  • un angolo retto, cioè di 90°, misura \( \pi / 2 \) radianti;
  • un angolo piatto, cioè di 180°, misura \( \pi \) radianti;
  • un angolo giro, cioè di 360°, misura \( 2\pi \) radianti.

 

Radianti e gradi sessagesimali

 

Formule di trasformazione

Conoscendo le misure, nelle due diverse unità di misura, di un angolo, possiamo ricavare le misure di tutti gli altri angoli impostando una proporzione.

Ad esempio, sapendo che un angolo di 90° misura \( \pi/2 \) radianti, la seguente proporzione stabilisce il rapporto fra le misure generiche di un angolo, in gradi e in radianti:

\[ \alpha : \alpha° = \frac{\pi}{2} : 90° \]

Quindi, conoscendo la misura di un angolo in gradi, per ricavare la sua misura in radianti applichiamo la seguente formula:

\[ \alpha° = \frac{\alpha \cdot 90°}{\frac{\pi}{2}}=\frac{\alpha \cdot 90° \cdot 2}{\pi}=\frac{180 \cdot \alpha}{\pi} \]

Quindi: \[ \boxed{\alpha° = \frac{180 \cdot \alpha}{\pi}} \]

Allo stesso modo, se conosciamo la misura di un angolo in radianti, possiamo calcolare la sua misura in gradi: \[ \alpha = \frac{\alpha° \cdot \frac{\pi}{2}}{90°} = \frac{\alpha° \cdot \pi}{2\cdot 90} = \frac{\alpha°\cdot\pi}{180} \]

Quindi: \[ \boxed{\alpha = \frac{\alpha° \cdot \pi}{180}} \]

Esempio: consideriamo un angolo di 30° gradi, e calcoliamo la sua misura in radianti; possiamo direttamente applicare la formula vista precedentemente:

\( \alpha = \frac{\alpha° \cdot \pi}{180} = \frac{30° \cdot \pi}{180} = \frac{\pi}{6} \)

Ad un angolo di 30° gradi corrisponde un angolo di \(\pi / 6 \) radianti.

Esempio: consideriamo l’angolo che misura 1 radiante, e calcoliamo la sua ampiezza in gradi; applichiamo la formula vista precedentemente:

\( \alpha° = \frac{180 \cdot \alpha}{\pi} = \frac{180 \cdot 1}{\pi} = \frac{180}{\pi} \)

possiamo approssimare il valore di \( \pi \) a 3,14:

\( \alpha° = \frac{180}{\pi} = \frac{180}{3,14} = 57,32° \)

Quindi, un angolo di un radiante misura, circa, 57,32° gradi.

 

Lunghezza di un arco di circonferenza

Come abbiamo visto in precedenza, la misura di un angolo in radianti è espressa come il rapporto fra l’arco ad esso corrispondente e il raggio della circonferenza stessa.

Quindi, se conosciamo la misura di un angolo in radianti, possiamo facilmente ricavare la lunghezza dell’arco corrispondente all’angolo in questione:

\[ \alpha = \frac{l}{r} \rightarrow \boxed{l = \alpha \cdot r} \]

Applicando la formula di trasformazione dai gradi ai radianti, possiamo calcolare la misura dell’arco anche se conosciamo solo la misura dell’angolo in gradi:

\[ l = \frac{\alpha° \cdot \pi}{180} \cdot r \]

 

Area del settore circolare

Consideriamo in una circonferenza di raggio r, un settore circolare descritto da un angolo al centro \( \alpha \) , cui corrisponde un arco di lunghezza l:

 

Area di un settore circolare

 

Tra l’area del settore circolare e l’area del cerchio sussiste la seguente relazione:

\[ \frac{\text{Area settore}}{\text{Area cerchio}} = \frac{\alpha}{2\pi} \]

Quindi, se vogliamo ricavare l’area del settore circolare abbiamo:

\[ \text{Area settore} =\frac{\alpha}{2 \pi} \cdot \text{Area cerchio} \]

Sapendo che l’area della circonferenza è data dalla formula

\[ A_c = \pi r^2 \]

l’area del settore circolare è:

\[ A_s = \frac{\alpha}{2\pi} \cdot \pi r^2 = \frac{\alpha \cdot r^2}{2} \]

possiamo anche esprimerla tenendo presente che la misura dell’arco è data dal prodotto del raggio per l’angolo corrispondente:

\[ A_s = \frac{\alpha \cdot r^2}{2} = \frac{\alpha \cdot r \cdot r}{2} = \frac{l \cdot r}{2} \]

Se l’angolo è espresso in gradi, possiamo ricavare l’area del settore circolare utilizzando la formula di conversione; si ha quindi:

\[ A_s = \frac{\alpha° \pi r^2}{360°} \]

 

Lunghezza della circonferenza e area del cerchio

Misura della lunghezza della circonferenza

La circonferenza è formata da una linea che non è un segmento, ma neanche una poligonale, quindi la sua misura non può essere calcolata in maniera intuitiva.

E’ possibile stimare la lunghezza della circonferenza inscrivendo in essa dei poligoni regolari: notiamo, infatti, che più aumentano i lati dei poligoni inscritti, più i poligoni stessi si avvicinano alla circonferenza:

 

Approssimazione per difetto della lunghezza della circonferenza tramite poligoni inscritti

 

La misura del poligono inscritto rappresenta un’approssimazione per difetto della misura della lunghezza della circonferenza.

Allo stesso modo, si può considerare un’approssimazione per eccesso della misura della lunghezza della circonferenza, considerando i poligoni circoscritti alla circonferenza:

 

Approssimazione per eccesso della lunghezza della circonferenza tramite poligoni circoscritti

 

In particolare, all’aumentare del numero dei lati le approssimazioni per eccesso e per difetto si avvicinano sempre di più, e possiamo affermare che “tendono” ad un valore ben preciso.

Il rapporto tra il perimetro del poligono e il diametro della circonferenza è costante, non dipende, cioè, dal diametro. Poiché il perimetro del poligono si avvicina sempre di più alla circonferenza, possiamo affermare che anche il rapporto tra la circonferenza e il diametro è costante, e questo rapporto viene indicato con il simbolo “pi greco”:

\[\frac{\text{circonferenza}}{\text{diametro}}=\frac{C}{2r}=\pi\]

Da cui, possiamo ricavare la misura della lunghezza della circonferenza:

\[\frac{C}{2r}=\pi \Rightarrow C=2\pi r\]

Il pi greco è un numero trascendentale, cioè un numero irrazionale, che non si può esprimere mediante frazioni o radici; le sue prime cifre sono queste:

\[\pi = 3.14159265\ldots \]

 

Misura dell’area della circonferenza

Così come per la misura della lunghezza della circonferenza, anche la misura dell’area della circonferenza può essere ricavata ragionando con le misure delle aree dei poligoni inscritti e circoscritti alla circonferenza.

All’aumentare del numero dei lati dei poligoni, i valori delle aree dei poligoni inscritti e dei poligoni circoscritti si avvicinano sempre di più, e tendono ad un quarto del valore di pi greco.

Si può dimostrare che il rapporto tra l’area dei poligoni e il quadrato della misura del diametro è costante; quindi, è costante anche il rapporto tra l’area della circonferenza e il quadrato del diametro è costante, e si ha:

\[\frac{A}{(2r)^2}=\frac{A}{4r^2}=\frac{\pi}{4}\]

Da cui:

\[\frac{A}{r^2}=\pi \rightarrow A = \pi r^2\]

 

Lunghezza di un arco

Le lunghezze degli archi di una circonferenza sono proporzionali ai corrispondenti angoli al centro.

Consideriamo una circonferenza di raggio r; sappiamo che essa può essere considerata come un arco corrispondente ad un angolo di 360°. Chiamiamo l la misura della lunghezza di un arco, e alfa la misura (in gradi) del corrispondente angolo al centro; possiamo impostare una proporzione:

\[ l : 2\pi r = \alpha : 360° \]

Da cui possiamo ricavare la lunghezza dell’arco:

\[ l = \frac{2\pi r \cdot \alpha}{360°} = \frac{\pi r \cdot \alpha}{180°} = \frac{\alpha}{180°} \pi r \]

 

Area di un settore circolare

Così come nel caso della lunghezza degli archi, anche per la misure delle aree dei settori circolari possiamo fare ragionamenti analoghi.

Le aree dei settori circolari sono proporzionali agli angoli al centro ad essi corrispondenti.

Anche in questo caso, quindi, possiamo impostare una proporzione, indicando con S l’area del settore circolare:

\[ S: \pi r^2 = \alpha : 360° \]

Possiamo, quindi, ricavare l’area del settore circolare:

\[ S = \frac{\pi r^2 \cdot \alpha}{360°} = \frac{\alpha}{360°} \pi r^2 \]

 

Gradi e radianti

Gli angoli possono essere misurati sia in gradi che in radianti.

A differenza dei gradi, il radiante esprime l’ampiezza di un angolo alla circonferenza cui corrisponde un arco di lunghezza uguale al raggio.

Quindi, volendo calcolare l’ampiezza di un angolo in radianti (indicato dalla lettera greca “ro”), consideriamo l’arco corrispondente all’angolo al centro, e calcoliamo il rapporto tra l’arco e il raggio della circonferenza:

\[ \rho = \frac{l}{r} \]

 

Altro materiale di supporto

Guarda la videolezione “Cerchio e circonferenza: prime definizioni” sul sito delle lezioni di Matematicamente.it.

Scarica gli appunti su cerchio e circonferenza in formato PDF, a cura di Giovanna Puppo e Antonio Bernardo.

 

Esercizio proposto

La lunghezza del diametro di un CD è \((12.0 \pm 0.1)\) cm.
Calcola la lunghezza della circonferenza del CD e la corrispondente incertezza.
Calcola l’area del cerchio con la relativa incertezza.
Esprimi in maniera corretta i risultati ottenuti.
Calcola l’incertezza relativa su ogni misura.

Scarica il testo dell’esercizio con relativa soluzione.

 

Area di un poligono e poligoni equicomposti

Una superficie piana è l’insieme dei punti del piano delimitati da una o più linee, che costituiscono il contorno della superficie.

L’area di una superficie è intesa come la classe di equivalenza, rispetto alla relazione di equiestensione, della superficie data, cioè l’insieme di tutte le superfici equiestese ad essa.

In particolare, due figure si dicono equiestese se hanno la stessa estensione superficiale, o semplicemente la stessa estensione.

La relazione di equiestensione è una relazione di equivalenza, perché:

  • ogni figura è equiestesa a se stessa (proprietà riflessiva);
  • se una figura F è equiestesa ad una figura E, anche la figura E è equiestesa alla figura F (proprietà simmetrica);
  • se due figure sono equiestese ad una terza, sono anche equiestese fra loro (proprietà transitiva).

 

Poligoni confinanti

Somma di poligoni confinanti

Due poligoni si dicono confinanti se hanno in comune solo punti dei loro perimetri, ma nessun punto interno; la loro unione rappresenta la somma dei due poligoni confinanti.

Ecco alcuni esempi di poligoni confinanti:

 

Poligoni confinanti

 

Poligoni equicomposti

Due poligoni si dicono equicomposti se sono somme di poligoni rispettivamente congruenti.

In particolare, due poligoni congruenti sono anche equicomposti, ma non vale il viceversa.

La relazione di equicomposizione è una relazione di equivalenza, infatti gode delle seguenti proprietà:

  • ogni poligono è equicomposto con se stesso (proprietà riflessiva);
  • se un poligono P è equicomposto con un poligono Q, anche il poligono Q è equicomposto con il poligono P (proprietà simmetrica);
  • se due poligoni sono entrambi equicomposti con un terzo poligono, sono anche equicomposti fra loro (proprietà transitiva).

Teorema: Se due poligoni sono somme di poligoni rispettivamente equicomposti, essi sono equicomposti tra loro.

 

Area di un poligono

L’area di un poligono è la classe di equivalenza, rispetto alla relazione di equicomposizione, cui appartiene il poligono considerato.

Si può anche affermare che l’area è ciò che hanno in comune due o più poligoni equicomposti.

Le aree di due o più poligoni possono essere sommate tra loro, e se i poligoni hanno aree A e B, la somma delle loro aree si indica con A + B.

Unità di misura delle aree

L’unità di misura delle aree è l’area del quadrato che ha i lati di lunghezza uguale all’unità di misura prescelta per le lunghezze.

In particolare, essendo il metro l’unità di misura delle lunghezze, abbiamo che l’unità di misura delle aree è il metro quadrato (mq).

Vediamo ora come si calcolano le aree delle principali figure piane.

Area di un quadrato: la misura dell’area di un quadrato è il quadrato della misura di un suo lato.

Area del quadrato

\[ A = a^2 \]

Area di un rettangolo: l’area di un rettangolo è il prodotto delle misure della sua base e della sua altezza.

 

Area del rettangolo

\[ A = a \cdot b \]

 

Area di un parallelogramma: l’area di un parallelogramma è uguale a quella di un rettangolo avente la stessa base e la stessa altezza.

 

Area parallelogramma

\[ A = A \cdot h \]

 

Possiamo dedurre che:

  • parallelogrammi aventi la stessa base e la stessa altezza hanno la stessa area;
  • la misura dell’area di un parallelogramma è il prodotto delle misure della base per l’altezza.

Area di un rombo: l’area di un rombo è la metà dell’area di un rettangolo avente i lati congruenti alle diagonali del rombo.

In particolare, l’area di un rombo è la metà del prodotto delle misure delle sue diagonali.

 

Area rombo

\[ A = \frac{D \cdot d}{2} \]

 

Area di un triangolo: l’area di un triangolo è la metà dell’area di un parallelogramma avente la stessa base e la stessa altezza.

In particolare, la misura dell’area di un triangolo è data dalla metà del prodotto delle misure della base e dell’altezza.

 

Area triangolo

\[ A = \frac{b \cdot h}{2} \]

 

Area di un trapezio: l’area di un trapezio è uguale a quella di un triangolo avente la stessa altezza del trapezio e per base la somma delle basi del trapezio.

In particolare, la misura dell’area di un trapezio è la metà del prodotto della misura dell’altezza per la somma delle misure delle basi.

 

Area trapezio

\ [ A = \frac{(B+b) \cdot h}{2} \]

 

Teorema di Pitagora e teoremi di Euclide

Primo teorema di Euclide

In un triangolo rettangolo ogni cateto è medio proporzionale tra l’ipotenusa e la propria proiezione sull’ipotenusa.

Considerando, quindi, il triangolo rettangolo ABC, rettangolo in A, possiamo stabilire le seguenti proporzioni:

BC : AB = AB : BHPrimo teorema di Euclide

BC : AC = AC : HC

Possiamo notare che, applicando le proprietà delle proporzioni, sappiamo che il prodotto dei medi è uguale al prodotto degli estremi, quindi possiamo dedurre le seguenti uguaglianze: \[ \overline{AB}^2=\overline{BC}\cdot\overline{BH}\] \[\overline{AC}^2=\overline{BC}\cdot\overline{CH}\]

Riassumendo, possiamo affermare che in un triangolo rettangolo il quadrato della misura di un cateto è uguale al prodotto delle misure dell’ipotenusa e della proiezione del cateto stesso sull’ipotenusa.

 

Secondo teorema di Euclide

In un triangolo rettangolo l’altezza relativa all’ipotenusa è media proporzionale tra le proiezioni dei due cateti sull’ipotenusa.

BH : AH = AH : HCSecondo teorema di Euclide

Anche in questo caso, possiamo applicare le proprietà delle proporzioni e ricavare la seguente uguaglianza: \[\overline{AH}^2=\overline{BH}\cdot\overline{CH}\]

e possiamo affermare, quindi, che: in un triangolo rettangolo il quadrato della misura dell’altezza relativa all’ipotenusa è uguale al prodotto delle misure delle proiezioni dei cateti sull’ipotenusa.

 

Teorema di Pitagora

In un triangolo rettangolo la somma dei quadrati delle misure dei cateti è uguale al quadrato della misura dell’ipotenusa.Teorema di pitagora

Abbiamo quindi la seguente relazione: \[\overline{BC}^2=\overline{AB}^2+\overline{AC}^2\]

Da cui abbiamo: \[\overline{BC}=\sqrt{\overline{AB}^2+\overline{AC}^2}\]

 

 

Altro materiale di supporto

Guarda la videolezione “Teorema di Pitagora” sul sito delle lezioni di Matematicamente.it.

Esercizi proposti

  1. Un triangolo rettangolo ha un cateto di 12cm e l’area di $80 cm^2$, calcolane il perimetro.
  2. Terne pitagoriche. Quali delle seguenti terne rappresentano le misure dei lati di un triangolo rettangolo?

Se trovi difficoltà, puoi guardare la soluzione in queste due videolezioni: soluzione 1, soluzione 2.

 

Teoremi delle corde, secanti e tangenti

I seguenti teoremi delle corde, secanti e tangenti di una circonferenza, sono conseguenze del primo criterio di similitudine dei triangoli.

Teorema delle corde

Due corde di una circonferenza che si intersecano vengono divise dal punto di intersezione in modo che i segmenti di una sono gli estremi e i segmenti dell’altra sono i medi di una stessa proporzione.

 

Teorema delle corde

 

Ad esempio, consideriamo la circonferenza in figura, possiamo stabilire una proporzione di questo tipo fra i segmenti creati dall’intersezione delle corde:

AE : DE = CE : BE

Ciò è possibile perché i triangoli AEC e DEB sono triangoli simili.

Mentre il teorema delle corde si applica nel caso di corde incidenti, il teorema delle secanti è utile nel caso in cui le corde della circonferenza non si intersecano; si considerano, quindi, i loro prolungamenti, che si intersecano al di fuori dalla circonferenza.

 

Teorema delle secanti

Se da un punto esterno a una circonferenza si conducono due rette ad essa secanti, i segmenti di una secante compresi tra tale punto e i punti di intersezione con la circonferenza e gli analoghi segmenti dell’altra secante sono rispettivamente gli estremi i medi di una stessa proporzione.

Ad esempio, considerando la circonferenza in figura, possiamo stabilire questa proporzione:

AC : AE = AD : AB

 

Teorema delle secanti

 

Possiamo mettere in proporzione questi segmenti perché i triangoli ACD e AEB, che li hanno per lati, sono triangoli simili.

Possiamo estendere il teorema delle secanti al caso in cui una di esse sia tangente alla circonferenza:

 

Teorema della tangente e della secante

Se da un punto esterno ad una circonferenza si conducono una retta tangente ed una secante, il segmento di tangente è medio proporzionale tra i segmenti della secante compresi tra il punto considerato e i punti in cui la secante interseca la circonferenza.Teorema della tangente e della secante

Considerando la circonferenza in figura, abbiamo la seguente proporzione:

AC : AT = AT : AB

La proporzione è valida poiché i triangoli ACT e ATB sono simili.

 

 

 

Teorema di Talete e poligoni simili

Teorema di Talete

Enunciato del teorema di Talete:Teorema di Talete

Un fascio di rette parallele determina, su due trasversali, due insiemi di segmenti le cui lunghezze sono direttamente proporzionali.

Teorema: Se i segmenti determinati da due rette parallele su due trasversali sono divisi da una terza retta in parti proporzionali, la terza retta è parallela alle prime due.

Teorema (parallela ad un lato di un triangolo ):

Se la parallela ad un lato di un triangolo interseca gli altri due lati, li divide in parti proporzionali; se non li interseca, determina sui loro prolungamenti segmenti proporzionali ai lati.

 

Teorema (parallela ad un lato del triangolo)

 

Teorema: Se una retta divide i due lati di un triangolo in parti proporzionali, o se determina sui prolungamenti di due lati segmenti a essi proporzionali, essa è parallela al terzo lato.

 

Similitudine dei triangoli

Due triangoli si dicono simili se i loro angoli sono rispettivamente congruenti e i lati opposti agli angoli congruenti sono proporzionali.

Ad esempio, consideriamo i due triangoli simili in figura, abbiamo che

Similitudine dei triangoli

\[a:b=a’:b’\] \[b:c=b’:c’\] \[c:a=c’:a’\]

\[ \hat{A}\cong\hat{A’};\,\,\hat{B}\cong\hat{B’};\,\,\hat{C}\cong\hat{C’}\]

In due triangoli simili, si dicono corrispondenti o omologhi i vertici degli angoli congruenti e i lati opposti ad essi.

Il rapporto tra due lati corrispondenti di due triangoli simili è costante, e non dipende dai lati considerati.

Rapporto di similitudine

Il rapporto di similitudine è il rapporto tra un lato del primo triangolo e il corrispondente lato del secondo triangolo.

La similitudine dei triangoli è una relazione di equivalenza, infatti:

  • ogni triangolo è simile a se stesso (proprietà riflessiva);
  • se ABC è simile a A’B’C’, allora anche A’B’C’ è simile a ABC (proprietà simmetrica);
  • se due triangoli sono simili a dune terzo, allora essi sono anche simili fra loro (proprietà transitiva).

Vediamo ora alcuni criteri che ci permettono di stabilire se due triangoli sono simili tra loro.

 

Primo criterio di similitudine dei triangoli

Due triangoli sono simili se hanno due angoli rispettivamente congruenti.

 

Primo criterio di similitudine dei triangoli

 

Da questo criterio derivano alcuni importanti corollari:

Corollario 1: Una retta parallela a un lato di un triangolo determina, con le rette degli altri due lati, un triangolo simile al triangolo dato.

Corollario 2: Due triangolo isosceli che hanno congruenti gli angoli al vertice oppure gli angoli alla base sono simili.

 

Secondo criterio di similitudine dei triangoli

Due triangoli aventi i lati rispettivamente proporzionali e l’angolo tra essi compreso congruente sono simili.

 

Secondo criterio di similitudine dei triangoli

 

In particolare, abbiamo che: due triangoli rettangoli aventi i cateti rispettivamente proporzionali sono simili, infatti l’angolo fra essi compreso misura in entrambi 90°.

 

Terzo criterio di similitudine dei triangoli

Due triangoli aventi i lati rispettivamente proporzionali sono simili.

 

Terzo criterio di similitudine dei triangoli

 

Quarto criterio di similitudine dei triangoli

Due triangoli rettangoli sono simili se hanno l’ipotenusa e un cateto rispettivamente proporzionali.

 

Quarto criterio di similitudine dei triangoli

 

Proprietà dei triangoli simili

Nei triangoli simili la proporzionalità non riguarda solo i lati, ma si estende a tutti i segmenti corrispondenti dei due triangoli.

In particolare, in due triangoli simili sono:

  • le altezze relative ai lati corrispondenti,
  • le mediane relative al lati corrispondenti,
  • le bisettrici relative ad angoli corrispondenti,
  • i perimetri

sono proporzionali ai lati.

 

Poligoni simili

Due poligoni si dicono simili se tra i loro vertici è possibile stabilire una corrispondenza biunivoca in modo che gli angoli con vertici corrispondenti siano congruenti e i lati con estremi corrispondenti siano proporzionali.

In particolare, se da due vertici corrispondenti di due poligoni simili si conducono tutte le diagonali, i poligoni restano divisi nello stesso numero di triangoli rispettivamente simili.

Teorema: Se, conducendo tutte le diagonali da due vertici di due poligoni con lo stesso numero di lati, i poligoni restano divisi nello stesso numero di triangoli rispettivamente simili, allora i due poligoni sono simili.

 

Proprietà dei poligoni simili

Teorema: In due poligoni simili le diagonali corrispondenti e i perimetri sono proporzionali ai lati.

Teorema: Se due poligoni sono simili e uno di essi è inscrivibile in una circonferenza, anche l‘altro poligono è inscrivibile in una circonferenza e i raggi delle due circonferenze sono proporzionali al lati.

Teorema: Se due poligoni sono simili e uno di essi è circoscrivibile a una circonferenza, anche l‘altro poligono è circoscrivibile a una circonferenza e i raggi delle due circonferenze sono proporzionali al lati.

Teorema: Se due poligoni regolari hanno lo stesso numero di lati, essi sono simili.

 

Altro materiale di supporto

Approfondisci l’argomento leggendo il capitolo Similitudine nel manuale Geometria Razionale del progetto Matematica C3 (include svariati esercizi).

 

Classi di grandezze omogenee e proporzionali

Le classi di grandezze omogenee sono insiemi di grandezze che possono essere confrontati, sommati e divisi.

Sono classi di grandezze omogenee, per esempio, gli insiemi delle lunghezze, delle ampiezze degli angoli, delle aree e dei volumi.

Un insieme in cui figurano grandezze diverse non sempre rappresenta una classe di grandezza omogenea; infatti, se consideriamo un insieme in cui compaiono, per esempio, sia lunghezze sia aree, questo non è una classe di grandezza omogenea, in quanto non ha senso confrontare la lunghezza di un segmento con l’area di un poligono.

 

Misura e rapporto di grandezze omogenee

Una volta stabilita una unità di misura, possiamo associare a qualsiasi classe di grandezza omogenea un numero reale positivo o nullo che è detto misura della grandezza rispetto all’unità fissata.

Il rapporto tra due grandezze omogenee A e B si definisce come la misura di A rispetto a B assunta come unità, e si indica con A : B, oppure A/B.

Questo rapporto dipende esclusivamente dalle due grandezze, e non dall’unità di misure scelta.

Il rapporto tra due grandezze è uguale al rapporto tra le loro misure rispetto ad una stessa unità.

Due grandezze omogenee si dicono commensurabili se hanno un sottomultiplo comune. Abbiamo che:

  • due grandezze sono commensurabili se e solo se una è multiplo razionale dell’altra;
  • due grandezze sono commensurabili se e solo se hanno un multiplo comune;
  • due grandezze sono commensurabili se e solo se il loro rapporto è un numero razionale.

 

Proporzioni tra grandezze

Una proporzione tra grandezze è un’uguaglianza di rapporti tra grandezze.

Ad esempio, se A e A’ sono due grandezze tra loro omogenee, e B e B’ altre due grandezze tra loro omogenee, l’uguaglianza

\[A : A’ = B : B’\]

è una proporzione tra grandezze.

A differenza di una proporzione tra numeri, in questo caso la proprietà fondamentale secondo cui il prodotto dei medi è uguale al prodotto degli estremi, non ha senso; infatti, solitamente, in matematica non si considera il prodotto di grandezze.

Inoltre, la proprietà del permutare, che permette di scambiare tra loro i termini medi o i termini estremi, si può applicare nel caso delle grandezze omogenee solo se le grandezze che compaiono al primo membro siano omogenee con quelle che compaiono al secondo.

Teorema: Se a e a’ sono le misure, rispetto ad una stessa unità, delle grandezze A e A’ tra loro omogenee, e b e b’ sono le misure, rispetto ad una stessa unità, delle grandezze B e B’ tra loro omogenee, la proporzione tra grandezze A : A’ = B : B’ è valida se e solo se vale la proporzione tra le loro misure, cioè:

\[A:A’=B:B’\Leftrightarrow a:a’=b:b’\]

Due classi di grandezze omogenee sono direttamente proporzionali se:

  • tra di esse è stabilita una corrispondenza biunivoca;
  • il rapporto tra due grandezze qualsiasi di una classe è uguale al rapporto delle grandezze corrispondenti dell’altra.

 

Costante di proporzionalità

Date due classi di grandezze proporzionali, e prefissata per ciascuna classe un’unità di misura, il rapporto tra la misura di un elemento della prima classe e la misura del corrispondente elemento della seconda, è costante, e si chiama costante di proporzionalità.

 

Classi di grandezze continue

Una classe di grandezza omogenea ci dice continua se, prefissata un’unità di misura, comunque si scelga un numero reale \(a\ge 0\) esiste una grandezza la cui misura è a.

Alcuni esempi di classi di grandezze continue sono le ampiezze degli angoli, le aree, i volumi.

 

Punti notevoli dei triangoli

I punti notevoli dei triangoli sono punti particolari, in cui si incontrano alcune retto, o semirette, particolari. Questi punti assumono nomi diversi in base alle rette che li caratterizzano.

 

CircocentroCircocentro

Il circocentro di un triangolo è il centro della circonferenza ad esso circoscritta.

Sappiamo, infatti, che ogni triangolo ha tre vertici, e che per tre punti non allineati passa una ed una sola circonferenza; quindi, ogni triangolo è inscrivibile in una circonferenza.

Sapendo che, in ogni poligono iscritto in una circonferenza gli assi dei suoi lati si incontrano tutti in un punto, che corrisponde al centro della circonferenza circoscritta, possiamo affermare la stessa cosa anche per i triangoli: gli assi dei lati di un triangolo si incontrano nel circocentro.

In alcuni casi, il circocentro viene definito proprio come il punto di incontro degli assi dei lati di un triangolo.

Inoltre, poiché il circocentro di un triangolo è equidistante dai suoi vertici, la distanza di ciascun vertice dal centro del triangolo equivale al raggio della circonferenza.

Il circocentro può trovarsi in posizioni diverse, in base al tipo di triangolo che stiamo considerando:

  • il circocentro di un triangolo acutangolo è interno al triangolo;
  • il circocentro di un triangolo rettangolo è il punto medio dell’ipotenusa;
  • il circocentro di un triangolo ottusangolo è esterno al triangolo.

 

IncentroIncentro

Oltre alla circonferenza circoscritta, anche la circonferenza inscritta in un triangolo esiste sempre ed è unica; infatti, si hanno i seguenti teoremi:

Teorema: Ogni triangolo è circoscrivibile ad una circonferenza.

Teorema: La circonferenza inscritta inumi poligono, se esiste, è unica.

L’esistenza della circonferenza inscritta in un triangolo ci permette di definire l’incentro di un triangolo: si dice incentro di un triangolo il centro della circonferenza ad esso inscritta.

Così come per ogni poligono circoscritto ad una circonferenza, anche per i triangoli possiamo affermare che le bisettrici relative ai suoi angoli interni si incontrano in uno stesso punto, che coincide con il centro della circonferenza inscritta.

In alcuni casi, l’incentro viene definito proprio come il punto di incontro delle bisettrici degli angoli di un triangolo.

L’incentro di un triangolo è equidistante dai suoi lati, e la distanza dell’incentro da ciascun lato del triangolo coincide con il raggio della circonferenza inscritta.

 

OrtocentroOrtocentro

Le tre altezze di un triangolo si incontrano in un punto, che viene definito ortocentro.

Ricordiamo che per altezza si intende un segmento che ha un estremo su di un vertice del triangolo, e l’altro sul lato opposto, sul quale cade perpendicolarmente.

L’ortocentro di un triangolo può trovarsi in posizioni diverse, in base al tipo di triangolo che stiamo considerando:

  • l’ortocentro di un triangolo acutangolo è interno al triangolo;
  • l’ortocentro di un triangolo rettangolo è il vertice dell’angolo retto;
  • l’ortocentro di un triangolo ottusangolo è esterno al triangolo.

 

BaricentroBaricentro

Le tre mediane di un triangolo si incontrano in un punto che divide ciascuna mediana in due parti, delle quali quella che contiene il vertice è doppia dell’altra.

Si dice baricentro di un triangolo il punto di intersezione delle sue mediane.

A differenza degli antri punti notevoli, il baricentro di un triangolo è sempre interno al triangolo stesso.

 

Poligoni inscritti e circoscritti

Si dice che un poligono è inscritto in una circonferenza se tutti i suoi vertici appartengono alla circonferenza.

Se un poligono è inscritto in una circonferenza, si dice che la circonferenza è circoscritta al poligono.

Dato un poligono qualunque, se esiste una circonferenza tale che tutti i punti del poligono appartengono alla circonferenza, si dice che il poligono è inscrivibile in una circonferenza.

Vediamo ora due teoremi che riguardano l’esistenza della circonferenza circoscritta ad un poligono, e le condizioni affinché essa esista:

Teorema: La circonferenza circoscritta ad un poligono, se esiste, è unica.

Teorema: Un poligono è inscrivibile in una circonferenza se e solo se gli assi relativi ai suoi lati passano tutti per uno stesso punto, e questo punto coincide con il centro della circonferenza circoscritta.

 

Poligono inscrivibile se e solo se assi lati passano stesso punto

 

Un poligono può essere inscrivibile anche in una semicirconferenza; in questo caso, è necessario che esso sia inscritto in una circonferenza, e uno dei suoi lati coincida con il diametro della circonferenza stessa.

 

Ooligono inscritto in una semicirconferenza

 

Poligoni circoscritti ad una circonferenza

Si dice che un poligono è circoscritto ad una circonferenza se tutti i suoi lati sono tangenti alla circonferenza.

Se un poligono è circoscritto ad una circonferenza, si dice che la circonferenza è inscritta nel poligono.

Dato un poligono qualunque, se esiste una circonferenza tangente a tutti i lati del poligono, si dice che il poligono è circoscrivibile a una circonferenza.

Illustriamo ora un teorema che ci fornisce le condizioni necessarie affinché un poligono sia circoscrivibile ad una circonferenza:

Teorema: Un poligono è circoscrivibile ad una circonferenza se e solo se le bisettrici dei suoi angoli interni passano tutte per uno stesso punto, e se ciò accade, questo punto coincide con il centro della circonferenza inscritta nel poligono.

 

Poligono circoscrivibile se e solo se le bisettrici degli angoli interni passano per uno stesso punto

 

Così come per la circonferenza circoscritta, anche per quella inscritta abbiamo un teorema riguardo la sua unicità:

Teorema: La circonferenza inscritta in un poligono, se esiste, è unica.

Un poligono, inoltre, può anche essere circoscritto ad una semicirconferenza: in questo caso, è necessario che uno dei suoi lati contenga il diametro della circonferenza, e gli altri lati siano tangenti alla circonferenza stessa.

 

Poligono circoscritto a una semicirconferenza

 

Quadrilateri inscritti e circoscritti

Quadrilateri inscritti

Vediamo ora il caso particolare in cui i poligono inscritti e circoscritti siano quadrilateri.

Il questo teorema, viene stabilita la condizione necessaria affinché un quadrilatero sia inscrivibile in una circonferenza:

Teorema: Se un quadrilatero è inscrivibile in una circonferenza i suoi angoli opposti sono supplementari.

In questo secondo teorema, invece, notiamo che la condizione appena detta è anche sufficiente:

Teorema: Se un quadrilatero ha gli angoli opposti supplementari, allora è inscrivibile in una circonferenza.

Riassumendo, possiamo dire che un quadrilatero è inscrittibile in una circonferenza se e solo se ha una coppia di angoli opposti supplementari. In particolare, notiamo che ogni quadrato, e ogni rettangolo, è inscrivibile in una circonferenza, e le sue diagonali sono i diametri della stessa.

Quadrilateri circoscritti

Per i quadrilateri, la condizione necessaria e sufficiente per la circoscrivibilità di un poligono ad una circonferenza è la stessa che per i poligoni in generale.

Per i quadrilateri, però, valgono anche i seguenti teoremi:

Teorema: Se un quadrilatero è circoscrivibile ad una circonferenza, allora la somma di due lati opposti è congruente alla somma degli altri due.

Teorema: Sa la somma di due lati opposti di un quadrilatero è congruente alla somma degli altri due lati, il quadrilatero è circoscrivibile ad una circonferenza.

 

Altro materiale di supporto

Guarda la videolezione “Poligoni inscritti e circoscritti a una circonferenza” sul sito delle lezioni di Matematicamente.it.

Esercizi proposti

  1. Nel triangolo ABC i lati AB e AC superano rispettivamente di 28 e 8 cm le loro proiezioni BH e CH sul lato BC. Sapendo che il perimetro è 504 cm, trovare i lati del triangolo, l’altezza AH, l’area e il raggio del cerchio inscritto nel triangolo. Sei in  difficoltà con l’esercizio? Prendi spunto dalla soluzione proposta nel forum di matematicamente.
  2. Un trapezio isoscele, circoscritto a una circonferenza, ha le basi di 15 cm e 7 cm. Calcola la misura del lato obliquo. Trovi la soluzione nella videolezione sul sito delle lezioni.

 

Angoli alla circonferenza

DefinizioniAngolo alla circonferenza

Si definisce angolo alla circonferenza un angolo convesso che ha il vertice su di una circonferenza, e i lati secanti o tangenti alla stessa circonferenza.

 

Angoli alla circonferenza

L’intersezione tra un angolo alla circonferenza e la circonferenza stessa è un arco, e si dice che la circonferenza insiste su tale arco.

Dato un angolo alla circonferenza, si dice angolo al centro corrispondente ad esso l’angolo al centro che insiste sullo stesso arco.

Notiamo che la corrispondenza tra angoli alla circonferenza e archi, così come quella tra angoli alla circonferenza e angoli al centro, non è biunivoca; infatti, un angolo alla circonferenza insiste su un solo arco, ma su un arco possono insistere infiniti angoli alla circonferenza; così come ad un angolo alla circonferenza corrisponde un solo angolo al centro, ma ad un angolo al centro corrispondono infiniti angoli alla circonferenza.

Vediamo ora un teorema che stabilisce una relazione tra angoli alla circonferenza e corrispondenti angoli al centro:

Teorema: Ogni angolo alla circonferenza è congruente alla metà del corrispondente angolo al centro.

Vediamo ora alcune conseguenze del teorema precedente:

  • Gli angoli alla circonferenza che insistono su uno stesso arco o su archi congruenti sono congruente tra loro. Infatti, essi sono metà di uno stesso angolo al centro, o di angoli al centro congruenti tra loro;
  • In una stessa circonferenza, o in circonferenze congruenti, due archi su cui insistono angoli alla circonferenza congruenti sono congruenti tra loro;
  • due angoli alla circonferenza che insistono su archi esplementari cono supplementari, essendo la metà di angoli esplementari;
  • ogni angolo inscritto in una semicirconferenza è retto; da ciò segue che ogni triangolo inscritto in una semicirconferenza è un triangolo rettangolo, che ha l’angolo retto come angolo alla circonferenza, e l’ipotenusa coincidente con il diametro della circonferenza.

 

Tangenti ad una circonferenza da un punto esterno

Sappiamo che ogni retta che passa per un punto interno ad una circonferenza è secante alla circonferenza stessa; possiamo affermare, quindi, che ogni retta che da un punto interno alla circonferenza non passa alcuna retta tangente alla circonferenza.

Inoltre, sappiamo che per un punto della circonferenza passa una ed una sola tangente; concludiamo che, volendo tracciare una retta tangente alla circonferenza, abbiamo bisogno di un punto sulla circonferenza, e di un punto esterno ad essa.

 

Teorema delle tangenti

I segmenti delle tangenti condotte da un punto esterno a una circonferenza e aventi come estremi tale punto e i punti di tangenza sono congruenti. La retta passante per il punto da cui sono condotte le

tangenti e per il centro della circonferenza biseca l’angolo formato dai segmenti delle tangenti e l’angolo formato dai raggi aventi un estremo nei punti di tangenza, ed è inoltre asse del segmento che ha per estremi i punti di tangenza.

 

Teorema delle tangenti

 

Altro materiale di supporto

Guarda la videolezione: “Angoli al centro e angoli alla circonferenza” sul sito delle lezioni di Matematicamente.it.

Scarica ed esegui il test su “Circonferenza, cerchio e poligoni”.

 

Archi, corde e angoli al centro

Archi e angoli al centro

Tra gli archi e gli angoli al centro di una circonferenza esiste una corrispondenza biunivoca, infatti, ad ogni angolo al centro corrisponde un determinato arco, e viceversa.

Alcuni concetti che abbiamo visto per gli angoli possono quindi essere estesi agli archi.

Teorema: Due archi non nulli congruenti hanno lo stesso raggio.

Quindi, possiamo affermare che due archi possono essere congruenti se sono contenuti nella stessa circonferenza, o in circonferenza congruenti; mentre, due archi appartenenti a circonferenze non congruenti, non possono essere congruenti.

Teorema: Due archi aventi lo stesso raggio sono congruenti se e solo se sono congruenti i corrispondenti angoli al centro.

 

Teorema: due archi con stesso raggio sono congruenti se e solo se lo sono gli angoli al centro

 

Questo concetto può essere ampliato anche al caso dei settori circolari: due settori circolari aventi lo stesso raggio sono congruenti se e solo se sono congruenti i corrispondenti angoli al centro.

Una conseguenza immediata del precedente teorema, è che la bisettrice di un angolo al centro divide l’arco corrispondente in due parti congruenti.

Allo stesso modo, una semiretta che ha origine al centro di una circonferenza e passa per il punto medio di un arco è bisettrice dell’angolo al centro corrispondente.

 

Proprietà delle corde

Cominciamo ad esaminare le proprietà delle corde, considerando il diametro della circonferenza, che, come sappiamo, è una corda passante per il centro della circonferenza, e la sua lunghezza è pari a due volte il raggio.

Teorema: Un diametro è maggiore di qualunque corda della stessa circonferenza non passante per il centro.

Non vi è una corrispondenza biunivoca tra corde e angoli al centro di una stessa circonferenza; tuttavia, vi sono delle relazioni di congruenza tra corde e archi (o angoli al centro) corrispondenti.

Teorema: In una stessa circonferenza, o in circonferenze congruenti, ad angoli al centro congruenti corrispondono corde congruenti e ad archi congruenti corrispondono corde congruenti.

 

Teorema: angoli al centro congruenti corrispondono corde congruenti

 

Il teorema precedente può anche essere espresso in questo modo:

In una stessa circonferenza, o in circonferenza congruenti, a corde congruenti minori del diametro corrispondono archi minori della semicirconferenza congruenti tra loro, e angoli al centro convessi congruenti tra loro.

Vediamo ora altre importanti proprietà delle corde, che seguono dal fatto che, congiungendo gli estremi di una corda con il centro della circonferenza, si ottiene un triangolo isoscele che ha per lato il raggio della circonferenza, e per base la corda stessa:

  • l’asse di una corda passa per il centro della circonferenza e biseca gli angoli al centro e gli archi ad essa corrispondenti;
  • la retta passante per il centro della circonferenza e perpendicolare ad una corda biseca la corda, gli angoli al centro e gli archi ad essa corrispondenti;
  • la retta passante per il centro della circonferenza e per il punto medio della corda è perpendicolare alla corda e biseca gli angoli al centro e gli archi ad essa corrispondenti;
  • la bisettrice di un angolo al centro biseca la corda ad essa corrispondente, e le è perpendicolare.

Teorema: In una stessa circonferenza, o in circonferenza congruenti, due corde sono correggenti se e solo se hanno la stessa distanza dal centro.

Teorema: Date in una stessa circonferenza, o in circonferenza congruenti, due corde non congruenti, la maggiore ha distanza minore dal centro e, viceversa, quella che ha distanza maggiore è la minore.

 

Altro materiale di supporto

Guarda la videolezione “Angoli al centro e angoli alla circonferenza” sul sito delle lezioni.

 

Posizioni reciproche tra retta e circonferenza

Consideriamo una retta e una circonferenza complanari; possiamo facilmente notare che la retta e la circonferenza possono avere uno, due o nessun punto in comune; per indicare questo tre casi, introduciamo dei termini specifici:

  • Una retta che non ha punti in comune con la circonferenza si dice esterna alla circonferenza;
  • una retta che ha un solo punto in comune con la circonferenza si dice tangente alla circonferenza; il punto di intersezione si chiama punto di tangenza;
  • una retta che ha due punti in comune con la circonferenza si dice secante della circonferenza.

 

Posizioni reciproche tra una retta e una circonferenza

 

Teorema

Siano date in un piano una circonferenza di centro O e raggio r e una retta s. Sia H la proiezione ortogonale di O su s e sia d la lunghezza del segmento OH, ossia la distanza di O da s. Si ha che:

  • \(d \gt r\) se e solo se la retta è esterna alla circonferenza;
  • \(d = r\) se e solo se la retta è tangente alla circonferenza;
  • \(d \lt r\) se e solo se la retta è secante della circonferenza.

Quindi, possiamo affermare che:

  • una retta è esterna ad una circonferenza se e solo se la sua distanza dal centro è maggiore del raggio;
  • una retta è tangente ad una circonferenza se e solo se la sua distanza dal centro è uguale al raggio;
  • una retta è secante di una circonferenza se e solo se la sua distanza dal centro è minore del raggio;

Vediamo ora alcuni corollari che seguono dal teorema precedente:

Corollario 1: se una retta passa per un punto interno a una circonferenza, è secante della circonferenza.

Corollario 2: la tangente alla circonferenza è perpendicolare al raggio che ha un estremo nel punto di tangenza e, viceversa, la perpendicolare ad un raggio passante per l’estremo del raggio stesso è tangente alla circonferenza.

 

Posizioni reciproche di due circonferenze

 

Altro materiale di supporto

Guarda la videolezione: “Posizioni reciproche di circonferenza, rette e punti” sul sito delle lezioni.

 

La circonferenza

Definizioni

Circonferenza, cerchio, raggio e cordaCirconferenza: dato un punto O e una lunghezza r, si dice circonferenza con centro O e raggio r il luogo dei punti del piano la cui distanza da O è uguale ad r.

Cerchio: Si dice cerchio con centro in O e raggio r il luogo dei punti del piano la cui distanza da O è minore o uguale ad r.

I punti del cerchio che non appartengono alla circonferenza sono detti punti interni del cerchio ( o punti interni alla circonferenza ), mentre i punti che hanno distanza dal centro maggiore del raggio si dicono esterni al cerchio ( o alla circonferenza ).

Con il termine raggio si indicano tutti i segmenti che hanno un estremo nel centro della circonferenza, e l’altro sulla circonferenza stessa.

Una corda è un segmento che ha entrambi gli estremi sulla circonferenza.

Il diametro della circonferenza è la corda più grande ed è la corda passante per il centro della circonferenza.

Possiamo notare che il centro della circonferenza divide il diametro in due raggi: il diametro, perciò, è congruente al doppio di un raggio.

Possiamo affermare che il cerchio è una figura convessa, infatti, prendendo due punti qualsiasi al suo interno, il segmento che li congiunge è interno alla figura stessa.

Angolo al centro: un angolo al centro della circonferenza è un angolo che ha vertice nel centro della circonferenza;

Arco: l’arco di una circonferenza è l’intersezione tra la circonferenza ed un suo angolo al centro;

Tra gli angoli al centro e gli archi di circonferenza vi è una corrispondenza biunivoca: infatti, ad ogni angolo al centro corrisponde un determinato arco, e viceversa; si dice anche che un angolo al centro comprende, o sottende, l’arco corrispondente, o insiste su quell’arco.

L’arco corrispondente all’angolo nullo un arco che ha per estremi due punti coincidenti, e viene detto arco nullo.

L’arco corrispondente ad un angolo al centro piatto viene detto semicirconferenza, mentre l’arco corrispondente all’angolo giro è la circonferenza stessa.

La parte di circonferenza delimitata dal suo angolo al centro si dice settore circolare; in particolare, il settore circolare corrispondente ad un angolo piatto è detto semicerchio, il settore circolare corrispondente ad un angolo retto viene detto quadrante circolare, mentre il settore circolare corrispondente ad un angolo giro è la circonferenza stessa.

 

Semicerchio, quadrante circolare e settore circolare

 

La parte di cerchio compresa tra un arco ed una corda avente gli stessi estremi si dice segmento circolare ad una base; mentre, la parte di cerchio compresa tra due corde parallele si definisce segmento circolare a due basi.

 

Segmento circolare a una o due basi

 

 

Circonferenza e punti

Vediamo ora alcune relazioni tra la circonferenza e i punti del piano.

  • Dato un punto P, possiamo scegliere in infiniti modi un altro punto O, distinto da P, in modo che O sia il centro di una circonferenza, e P sia un punto sulla circonferenza. Concludiamo che per un punto passano infinite circonferenze;
  • Dati due punti P e Q, consideriamo l’asse del segmento che li congiunge; possiamo scegliere in infiniti modi un punto O, su tale asse, in modo che O sia il centro di una circonferenza, e P e Q siano punti sulla circonferenza. Concludiamo che, per due punti passano infinite circonferenza, i cui centri si trovano sull’asse del segmento che ha per estremi i due punti;
  • Dati tre punti P, Q e R, se essi sono allineati, non esiste alcuna circonferenza che passa per essi; se tre punti non sono allineati, per questi tre punti passa una ed una sola circonferenza.

Questo ultimo punto è un importante teorema, dal quale ricaviamo il seguente corollario:

Una retta e una circonferenza non possono avere più di due punti in comune.

 

Altro materiale di supporto

Guarda la videolezione “Cerchio e circonferenze: prime definizioni” sul sito delle lezioni.

 

Perpendicolarità

Criteri di perpendicolarità

Come già sappiamo, due rette sono perpendicolari se sono complanari, si intersecano, e, incontrandosi, formano quattro angoli retti.

Formuliamo ora alcuni criteri di perpendicolarità.

  • Due rette incidenti sono perpendicolari se e solo se, incontrandosi, formano due angoli adiacenti congruenti.

Infatti, secondo la definizione di perpendicolarità, le rette che si intersecano formano quattro angoli retti; considerando tra essi da angoli adiacenti, essendo entrambi reti, essi sono congruenti.

Viceversa, supponiamo che due rette, incontrandosi, formano due angoli adiacenti congruenti; essendo adiacenti, la loro somma deve essere 180°, e poiché gli angoli sono congruenti, ciascuno di essi misurerà 90°, e quindi sono angoli retti.

  • Due rette incidenti sono perpendicolari se e solo se, tra i quattro angoli che formano incontrandosi, almeno uno è retto.

Infatti, se due rette sono perpendicolari, necessariamente almeno uno degli angoli da esse formato è retto.

Viceversa, se due rette si intersecano e un angolo da esse formato è retto, anche gli altri lo sono: uno perché è adiacente all’angolo da 90°, gli altri perché opposti a questi.

 

Perpendicolarità ad una retta passante per un punto dato

Teorema: data una retta r e un punto P appartenente ad essa, esiste una e una sola retta s passante per tale punto e perpendicolare alla retta data.

 

Perpendicolare a una retta passante per un suo punto

 

Teorema: data una retta r e un punto P esterno ad essa, esiste una e una sola retta s passante per tale punto e perpendicolare alla retta data.

 

Perpendicolare a una retta passante per punto esterno ad essa

 

 

Possiamo generalizzare i due problemi sopra descritti affermando che: data una retta e un punto, esiste una e una sola retta passante per tale punto e perpendicolare alla retta data.

 

Proiezione ortogonale

Dati un punto P e una retta r, il punto H di intersezione tra la retta r e la sua perpendicolare passante per P si chiama proiezione ortogonale di P sulla retta r, o anche piede della perpendicolare condotta da P a r.

 

Proiezione ortogonale di un punto su una retta

 

Anche un intero segmento può essere proiettato su di una retta: dato un segmento AB e una retta r, si chiama proiezione ortogonale del segmento AB sulla retta r il segmento A’B’ i cui estremi sono rispettivamente le proiezioni ortogonali sulla retta r dei punti A e B.

 

Proiezione di un segmento su una retta

 

Distanza

Se H è la proiezione di P sulla retta r, la lunghezza del segmento PH, ossia del segmento perpendicolare condotto da P alla retta r, è detta distanza del punto P dalla retta r.

 

Distanza di un punto da una retta

 

Il fatto che proprio la lunghezza del segmento perpendicolare alla retta sia scelto come distanza punto-retta è giustificato dal seguente teorema:

Teorema: data una retta e un punto non appartenente ad essa, tra tutti i segmenti condotti dal punto alla retta, il minore è il segmento perpendicolare.

 

Applicazioni ai triangoli

Considerando i teoremi precedentemente esposti, possiamo fare alcune considerazioni su mediane, altezze, bisettrici dei triangoli:

  • la mediana uscente da un dato vertice di un triangolo esiste ed è unica;
  • la bisettrice uscente da un dato vertice di un triangolo esiste ed è unica;
  • esiste una e una sola altezza uscente da un dato vertice di un triangolo;
  • ogni lato di un triangolo ha uno e un solo asse.

Possiamo affermare, quindi, che ogni triangolo ha tra altezze, tre bisettrice, tra mediane e tre assi; questi segmenti, però, non sempre sono distinti. Nel caso del triangolo isoscele, per esempio, la mediana relativa alla base, la bisettrice dell’angolo al vertice, l’altezza relativa alla base e l’asse della base coincidono.

 

Parallelogrammi

Un parallelogramma è un quadrilatero avente i lati opposti paralleli.

 

Parallelogramma

 

Precisiamo che, in un quadrilatero, i lati opposti sono i lati non consecutivi, mentre gli angoli opposti sono gli angoli i cui vertici non sono gli estremi di uno stesso lato.

In ogni quadrilatero, e quindi anche nel parallelogramma, la somma degli angoli interni è di 360°; è, quindi, equivalente a due angoli piatti.

 

Proprietà dei parallelogrammi

In ogni parallelogramma:

  • i lati opposti sono congruenti;
  • gli angoli opposti sono congruenti;
  • gli angoli adiacenti a ciascun lato sono supplementari;
  • le diagonali hanno lo stesso punto medio ( le diagonali si tagliano scambievolmente a metà ), che viene detto centro del parallelogramma.

 

Criteri per stabilire se un quadrilatero è un parallelogramma

Vediamo ora dei teoremi che ci illustrano quali sono le condizioni sufficienti che ci permettono di stabilire se un quadrilatero è un parallelogramma.

Teorema: Un quadrilatero avente i lati opposti congruenti è un parallelogramma.

Teorema: Un quadrilatero avente gli angoli opposti congruenti è un parallelogramma.

Teorema: Un quadrilatero avente gli angoli adiacenti a ciascun lato supplementari è un parallelogramma.

Teorema: Un quadrilatero avente le diagonali con lo stesso punto medio è un parallelogramma.

Teorema: Un quadrilatero avente una coppia di lati opposti sa paralleli che congruenti è un parallelogramma.

Di conseguenza, qualora trovassimo nelle ipotesi di un problema una delle condizioni precedentemente elencate, potremmo concludere che la figura in questione è proprio un parallelogramma.

In un parallelogramma, si definisce altezza, rispetto ad un lato assunto come base, la distanza tra il lato opposto alla base e la base stessa.

 

Rettangoli

Un rettangolo è un parallelogramma avente i quattro angoli retti.

 

Rettangolo

 

Per poter affermare che un parallelogramma è un rettangolo ci basta sapere che solo un suo angolo è retto, e possiamo concludere che lo sono anche gli altri tre: due perché supplementari del primo, l’altro perché opposto al primo.

Proprietà dei rettangoli

Teorema: In un rettangolo, le diagonali sono congruenti.

Vale anche l’inverso di questo teorema:

Teorema: Un parallelogramma avente le diagonali congruenti è un rettangolo.

 

Parallelogramma avente le diagonali congruenti tra loro

 

Rombi

Un parallelogramma con i quattro lati congruenti si dice rombo.

Proprietà dei rombi

Teorema: in un rombo le diagonali sono perpendicolari fra loro e sono bisettrici degli angoli.

Il teorema inverso del recedente è questo:

Teorema: Un parallelogramma è un rombo se:

  • le diagonali sono perpendicolari, oppure
  • un suo angolo ha per bisettrice la diagonale passante per il suo vertice.

 

Quadrati

Un quadrato è un parallelogramma che è contemporaneamente rettangolo e rombo, cioè un quadrilatero che è equilatero equiangolo.

 

Quadrato

 

Proprietà dei quadrati

Teorema: Le diagonali di un quadrato sono congruenti, perpendicolari tra loro e bisettrici degli angoli.

Vale anche il viceversa:

Teorema: Un parallelogramma è un quadrato se in esso le diagonali sono congruenti e perpendicolari, oppure se le diagonali sono congruenti e un angolo è diviso per metà dalla diagonale che passa per il suo vertice.

 

Trapezi

Un trapezio è un quadrilatero avente due lati opposti paralleli.

I due lati paralleli si chiamano basi del trapezio, e in particolare base maggiore il lato più lungo, base minore quello più corto; gli antri si dicono lati obliqui.

Se i lati obliqui sono congruenti, il trapezio si dice isoscele; se uno dei due lati obliqui è perpendicolare alla base, il trapezio si dice rettangolo.

Teorema: In un trapezio isoscele gli angoli adiacenti a ciascuna base sono congruenti.

Teorema: In un trapezio isoscele gli angoli opposti sono supplementari.

In un trapezio, si definisce altezza la distanza tra le due basi.

 

Altro materiale di supporto

Esegui il test sui parallelogrammi.

 

Fasci di parallele

Due semirette parallele possono essere concordi o discordi:

  • due semirette che giacciono dalla stessa parte del piano rispetto ad una retta che congiunge le loro origini si dicono concordi; Semirette concordi
  • due semirette che giacciono da parti opposte del piano rispetto ad una retta che congiunge le loro origini si dicono discordi. Semirette discordi

Questo teorema riguarda rette concordi e discordi che costituiscono i lati di angoli:

Teorema: Due angoli aventi i lati paralleli e concordi o paralleli e discordi sono congruenti; due angoli aventi due lati paralleli e concordi e gli altri due paralleli e discordi sono supplementari.

 

Distanza tra rette parallele

La distanza tra due rette parallele è una grandezza costante, ed è data dal segmento giacente sulla retta perpendicolare ad entrambe e compreso tra le due rette.

Quindi, se due rette sono parallele tutti i punti dell’una sono equidistanti da tutti i punti dell’altra.

la distanza tra due rette parallele viene anche definita come la distanza di un punto qualsiasi di una di esse dall’altra.

Poiché la distanza tra le rette è costante, qualunque sia il punto in cui si trovi la retta ortogonale, possiamo affermare anche che segmenti paralleli compresi fra rette parallele sono congruenti fra loro.

La parte di piano compresa tra due rette parallele viene chiamata striscia; le rette parallele sono i lati della striscia, e la distanza di tali rette viene definita altezza della striscia.

 

Teorema del fascio di rette parallele

Un fascio di rette parallele, o fascio improprio, è un insieme di rette parallele ad una retta data.

Teorema: In un fascio di rette parallele tagliate da due trasversali, a segmenti congruenti su una trasversale corrispondono segmenti congruenti sull’altra.

 

Fascio di rette parallele tagliate da due trasversali

 

Questo teorema può essere applicato anche ai triangoli:

Teorema: Se dal punto medio del lato di un triangolo si traccia la parallela ad un altro, questa interseca il terzo lato nel suo punto medio.

Teorema: congiungendo i due punti medi di due lati di un triangolo si ottiene un segmento parallelo al terzo lato e congruente alla sua metà.

 

Altro materiale di supporto

Guarda la videolezione “Angoli formati tra due rette parallele e una trasversale”.

Esegui il test sulle rette parallele.

 

Rette parallele

Rette tagliate da una trasversale

Consideriamo due rette complanari r ed s, che intersecano un’altra retta t, detta trasversale; l’intersezione di queste rette da luogo a otto angoli

che vengono chiamati, a due a due, con dei nomi specifici; indichiamo questi angoli con i numeri da 1 a 8:

 

Rette tagliate da una trasversale

 

  • gli angoli 2 e 8, oppure 3 e 5 si dicono alterni interni;
  • gli angoli 4 e 6, oppure 1 e 7 si dicono alterni esterni;
  • gli angoli 1 e 5, 2 e 6, 4 e 8, 3 e 7 si dicono corrispondenti;
  • gli angoli 2 e 5, oppure 3 e 8 si dicono coniugati interni;
  • gli angoli 1 e 6, oppure 4 e 7 si dicono coniugati esterni.

Si può dimostrare che sono congruenti, tra loro, gli angoli alterni interni, alterni esterni, corrispondenti; gli angoli coniugati, invece, sono supplementari.

Vediamo ora alcuni teoremi che si applicano considerando gli angoli sopra descritti.

Teorema sulle rette parallele

Se due rette, tagliate da una trasversale, formano una coppia di angoli alterni interni congruenti, allora gli angoli alterni esterni sono congruenti, gli angoli corrispondenti sono congruenti, gli angoli coniugati sono supplementari.

Esistenza delle rette parallele

Due rette di uno stesso piano che non hanno nessun punto in comune si dicono parallele. Il seguente teorema ci assicura l’esistenza delle rette parallele.

Postulato di Euclide

La parallela ad una retta data, condotta per un punto esterno ad essa, è unica.

Vediamo ora alcuni criteri che ci permetteranno di stabilire se due rette sono parallele.

Criteri di parallelismo

Se due rette di un piano formano con una trasversale

  • due angoli alterni interni (o esterni) congruenti, oppure
  • due angoli corrispondenti congruenti, oppure
  • due angoli coniugati supplementari

allora le due rette sono parallele.

Il seguente teorema può essere considerato l’inverso del precedente:

Teorema inverso sulle parallele

Se due rette di un piano sono parallele, esse, tagliate da una trasversale, formano:

  • angoli alterni interni ( o esterni ) congruenti,
  • angoli corrispondenti congruenti,
  • angoli coniugati supplementari.

Nel caso in cui valga sia un teorema che il suo inverso, gli enunciati dei due teoremi si possono esprimere mediante un’unica proposizione:

Teorema

La condizione necessaria e sufficiente affinché due rette siano parallele è che esse formino con una trasversale una coppia di angoli alterni interni (o esterni) congruenti, oppure due angoli corrispondenti congruenti, oppure due angoli coniugati supplementari.

Per le rette parallele vale la proprietà transitiva: se due rette sono parallele ad una terza rette, allora esse sono parallele tra loro.

Il parallelismo può essere considerato come relazione di equivalenza, poiché gode delle tre proprietà:

  • riflessività: una retta è parallela a se stessa;
  • simmetria: se una retta s è parallela ad una retta t, anche la retta t è parallela alla retta s;
  • transitività: se una retta r è parallela ad una retta t, e la retta t è parallela ad una retta s allora anche le rette r ed s sono parallele.T

Teoremi sul parallelismo

  • Se due rette sono parallele, ogni retta che giace sullo stesso piano che incontra una retta deve incontrare anche l’altra;
  • Se due rette sono parallele, ogni perpendicolare a una delle due rette è perpendicolare anche all’altra.

 

Classificazione dei triangoli, disuguaglianze

Primo teorema dell’angolo esterno

In un triangolo qualunque ogni angolo esterno è maggiore di ciascuno degli angoli interni non adiacenti ad esso.

Vediamo ora alcune importanti conseguenze di questo teorema:

  • In un triangolo qualunque la somma di due angoli interni è minore dell’angolo piatto ( cioè, è minore di 180° );
  • Un triangolo non può avere due angoli retti;
  • Un triangolo non può avere due angoli ottusi;
  • Un triangolo non può avere un angolo retto e uno ottuso;
  • Un triangolo ha almeno due angoli acuti;
  • Gli angoli alla base di un triangolo isoscele sono sempre acuti.

Considerando il fatto che in un triangolo qualunque ci sono almeno due angoli acuti, possiamo classificare i triangoli in base ai loro angoli:

  • Un triangolo con tra angoli acuti i dice acutangolo;
  • Un triangolo con un angolo ottuso si dice ottusangolo;
  • Un triangolo con un angolo retto si dice rettangolo.

In un triangolo rettangolo, i lati adiacenti all’angolo retto si dicono cateti, mentre il lato opposto all’angolo retto si dice ipotenusa.

 

Disuguaglianze tra gli elementi di un triangolo

Triangolo con due lati disuguali

Se un triangolo ha due lati disuguali, ha pure disuguali gli angoli ad essi opposti; in particolare, al lato maggiore è opposto l’angolo maggiore.

Triangolo con due angoli disuguali

Se un triangolo ha due angoli disuguali, ha pure disuguali i lati ad essi opposti; in particolare, all’angolo maggiore è opposto il lato maggiore.

Dal precedente teorema derivano due importanti proprietà dei triangoli:

  1. In ogni triangolo rettangolo l’ipotenusa è maggiore di ciascuno dei due cateti;
  2. In ogni triangolo ottusangolo il lato opposto all’angolo ottuso è maggiore di ciascuno degli altri due lati.

 

Disuguaglianza triangolare

In un triangolo qualunque ciascun lato è minore della somma degli altri due e maggiore della loro differenza.

Un teorema simile riguarda anche i poligoni, e in particolare afferma che in un poligono ciascun lato è minore della somma di tutti gli altri.

 

Disuguaglianza tra gli elementi di due triangoli

Consideriamo due triangoli distinti; valgono i seguenti teoremi:

  1. In due triangoli, aventi due lati rispettivamente congruenti e l’angolo tra essi compreso disuguale, i terzi lati sono disuguali ed è maggiore quello opposto all’angolo maggiore;
  2. In due triangoli, aventi due lati rispettivamente congruenti e i terzi lati disuguali, al lato maggiore è opposto l’angolo maggiore.

 

Esistenza e unicità

Enunciamo alcuni teoremi relativi a bisettrici, segmenti e rette, che ci assicurano l’esistenza e l’unicità di questi enti geometrici.

Esistenza e unicità della bisettrice

Esiste sempre una semiretta e una sola che divide un angolo qualunque in due parti congruenti.

Esistenza e unicità del punto medio di un segmento

Esiste sempre, in un segmento qualunque, un punto e uno solo che divida il segmento in due parti congruenti.

Esistenza e unicità della perpendicolare da un punto ad una retta data

In un piano, per un punto passa una e una sola retta perpendicolare ad una retta data.

 

Altro materiale di supporto

Dimostrazione del Primo teorema sull’angolo esterno (fonte Wikipedia).

Triangoli e criteri di congruenza

Definizioni

I triangoli sono poligoni di tre lati e posso essere classificati in base ai lati in:

  • Triangolo isoscele: è un triangolo avente due lati congruenti;
  • Triangolo equilatero: è un triangolo che ha tutti e tre i lati congruenti;
  • Triangolo scaleno: è un triangolo che ha tutti i lati disuguali.

Nel triangolo isoscele, il punto comune ai lati congruenti si dice vertice, e l’angolo ad esso corrispondente di dice angolo al vertice. Il lato opposto a questo angolo si dice base, e gli angoli adiacenti ad essa si dicono angoli alla base.

Possiamo classificare i triangoli in base ai loro angoli:

  • Un triangolo con tra angoli acuti i dice acutangolo;
  • Un triangolo con un angolo ottuso si dice ottusangolo;
  • Un triangolo con un angolo retto si dice rettangolo.

 

Classificazione dei triangoli

 

In un triangolo rettangolo, i lati adiacenti all’angolo retto si dicono cateti, mentre il lato opposto all’angolo retto si dice ipotenusa.

Altezza di un triangolo

In un triangolo qualsiasi, definiamo altezza il segmento perpendicolare condotto da un vertice alla retta del lato opposto. Questo lato prende il nome di base, e l’altezza si dice essere relativa a quel lato stesso.

In base al tipo di triangolo, l’altezza relativa ad un lato può essere interna, esterna al triangolo, o può coincidere con un lato:

 

Altezza di un triangolo
In un triangolo vi sono tre altezze, una relativa a ciascuno dei tre lati, che si incontrano in un punto (che può essere interno, esterno, o può coincidere con un lato ) detto ortocentro del triangolo.

Mediana di un triangolo

In un triangolo qualunque, la mediana relativa ad un lato è il segmento che congiunge il vertice opposto a quel lato con il punto medio del lato stesso.

 

Mediana di un triangolo

 

In un triangolo vi sono tre mediane che si incontrano in uno stesso punto detto baricentro.

Bisettrice di un triangolo

In un triangolo qualunque, definiamo bisettrice di un angolo il segmento, contenuto nella semiretta bisettrice di quell’angolo, che ha un estremo nel vertice dell’angolo, e l’altro estremo sul lato opposto.

 

Bisettrice di un triangolo

 

In un triangolo vi sono tre bisettrici che si incontrano in uno stesso punto detto incentro.

In un triangolo equilatero, le altezze, le mediane e le bisettrici corrispondono, e i loro punti di incontro (ortocentro, baricentro e incentro) si trovano nello stesso punto.

Criteri di congruenza

Due triangoli qualunque sono congruenti quando hanno i tre lati e i tre angolo rispettivamente congruenti.

Vediamo ora dei criteri che ci permetteranno di capire se, dati due triangoli di cui conosciamo solo alcune informazioni, se essi sono congruenti o meno.

Primo criterio di congruenza

Due triangoli sono congruenti se hanno rispettivamente congruenti due lati e l’angolo tra essi compreso congruenti.

 

Primo criterio di congruenza dei triangoli

Secondo criterio di congruenza

Due triangoli sono congruenti se hanno rispettivamente congruenti due angoli e il lato tra essi compreso congruenti.

 

Secondo criterio di congruenza dei triangoli

Terzo criterio di congruenza

Se due triangoli hanno rispettivamente congruenti i tre lati, allora essi sono congruenti.

 

Terzo criterio di congruenza dei triangoli
Dai primi due criteri di congruenza derivano alcune importanti conseguenze riguardanti i triangoli isosceli:

  • In un triangolo isoscele gli angoli alla base sono congruenti;
  • Un triangolo con due angoli congruenti è un triangolo isoscele che ha per base il lato adiacente ad essi.

I triangoli isosceli, inoltre, possiedono altre importanti proprietà:

  • In un triangolo isoscele la bisettrice dell’angolo al vertice è pure altezza e mediana relativa alla base;
  • In un triangolo isoscele la mediana relativa alla base è pure altezza e bisettrice dell’angolo al vertice;

Quarto criterio di congruenza (secondo criterio generalizzato)

Due triangoli sono congruenti se hanno ordinatamente congruenti due angoli e un lato.

Criteri di congruenza dei triangoli rettangoli

  • Due triangoli rettangoli sono congruenti quando hanno due cateti ordinatamente congruenti;
  • Due triangoli rettangoli sono congruenti quando hanno congruenti uno degli angoli acuti e un lato (ipotenusa o cateto) ordinatamente congruenti;
  • Due triangoli rettangoli sono congruenti quando hanno un cateto e l’ipotenusa ordinatamente congruenti.

 

Altro materiale di supporto

 

 

 

 

 

 

Guarda la videolezione sui triangoli e le loro proprietà sul sito delle lezioni di Matematicamente.it.

 

Gli angoli

Confronto di angoli

Come per i segmenti, anche per gli angoli si può fare il confronto: confrontare due angoli significa stabilire quale dei due sia il più ampio, o se gli angoli hanno la stessa ampiezza.

In maniera intuitiva, per confrontare due angoli occorre trasportare un angolo e sovrapporlo all’altro.

Si ha il seguente postulato:

Trasporto dell’angolo: Dato un angolo ab e una semiretta c, esiste una e una sola semiretta d, avente origine coincidente con quella di c e giacciano da una parte prefissata del piano rispetto a c, tale che l’angolo cd sia congruente all’angolo ab.

Volendo confrontare due angoli ab e cd, e utilizzando il postulato precedente, sappiamo che esiste una e una sola semiretta s, con le caratteristiche sopra descritte, tale che \(cs\cong ab\); per confrontare i due angoli occorre controllare dove cade s; si possono presentare tre casi:

  • se s è interna a cd, ab è minore di cd (\(ab\lt cd\));
  • se s è esterna a cd, ab è maggiore di cd (\(ab\gt cd\));
  • se s coincide con cd, allora ab e cd hanno la stessa ampiezza (\(ab\cong cd\)).

 

Confronto di angoli

 

Somma di angoli

Anche per due angoli, che sono consecutivi, si può definire la somma:

la somma di due angoli consecutivi è data dall’angolo che ha per lati i lati non comuni dei due angoli dati.

Dati due angoli, di cui il primo è maggiore del secondo, si dice differenza degli angoli l’angolo che, addizionato al secondo, da per somma il primo.

Postulato: somme di angoli rispettivamente congruenti sono congruenti; differenza di angoli rispettivamente congruenti sono congruenti;

 

Angoli esplementari

Due angoli si dicono esplementari se hanno come somma un angolo giro.

Ad esempio, gli angoli concavi e convessi individuati dalle stesse semirette sono esplementari.

 

Angoli esplementari

 

Angoli supplementari

Due angoli si dicono supplementari se hanno come somma un angolo piatto.

Due angoli adiacenti sono sicuramente supplementari; quindi, dato un angolo qualunque, per costruire il suo supplementare basta costruire il suo angolo adiacente.

Poiché differenze di angoli congruenti sono congruenti, possiamo affermare che angoli supplementari di uno stesso angolo sono congruenti fra loro.

 

Angoli supplementari

 

Angolo retto

Un angolo retto è un angolo che misura 90°, che è cioè la metà di un angolo piatto.

 

Angolo retto

 

Angoli complementari

Due angoli la cui somma è congruente ad un angolo retto si dicono complementari.

 

Angoli acuti e angoli ottusi

Confrontando gli angoli con angoli retti, possiamo classificarli come angoli acuti o angoli ottusi. Un angolo acuto è un angolo minore di un angolo retto, mentre un angolo ottuso è un angolo maggiore di un angolo retto e minore di un angolo piatto.

 

Angoli opposti al vertice

Due angoli convessi si dicono opposti al vertice se i lati di uno sono i prolungamenti dei lati dell’altro; angoli opposti al vertice sono congruenti.

 

Angoli opposti al vertice

 

 

Bisettrice di un angolo

Consideriamo un angolo di vertice O, formato dalle semirette a e b; è detta bisettrice di questo angolo la semiretta avente ordine nel vertice O, interna all’angolo acuto, e che divide l’angolo stesso in due parti congruenti.

 

Bisettrice di un angolo

 

Altro materiale di supporto

Videolezione sugli angoli consecutivi e adiacenti

 

 

 

 

 

 

 

Guarda la videolezione sugli angoli consecutivi e adiacenti.

 

Operazioni con i segmenti

Confronto di segmenti

Confrontare due segmenti significa stabilire se essi hanno la stessa lunghezza, o in caso negativo, quale dei due sia il più lungo. In maniera intuitiva, per farlo, occorre trasportare uno di essi e sovrapporlo all’altro. In geometria, per il confronto di segmenti, ci si serve del seguente postulato:

Trasporto del segmento: dato un segmento AB e una semiretta di origine O, esiste sulla semiretta uno, e uno solo, punto P tale che OP è congruente ad AB.

Se vogliamo confrontare due segmenti AB e CD, consideriamo la semiretta di origine C: per il postulato, sappiamo che esiste uno e un solo punto P su tale semiretta tale che \(CP\cong AB\).

Si possono presentare tre casi:

  • se P è interno al segmento CD, allora AB è minore di CD;
  • se P è esterno al segmento CD, allora AB è maggiore di CD;
  • se P coincide con D, allora i due segmenti sono uguali.

 

Confronto tra segmenti

 

 

 

 

 

 

 

Somma e differenza di segmenti

Nel caso di due o più segmenti che sono adiacenti, si può parlare di somma di segmenti; la somma di due segmenti adiacenti è il segmento che ha per estremi gli estremi non comuni dei segmenti dati.

Si può, inoltre, definire anche la differenza fra due segmenti, che corrisponde a quel segmento che, se sommato al minore dei due segmenti di partenza, è congruente al maggiore.

Vediamo ora un postulato molto importante riguardante i segmenti:

Postulato: somme di segmenti rispettivamente congruenti sono congruenti; differenza di segmenti rispettivamente congruenti sono congruenti;

Dati quindi i segmenti AB, CD, A’B’, C’D’ abbiamo che:

\[AB\cong A’B’\wedge CD\cong C’D’\Rightarrow AB+CD\cong A’B’+C’D’\]

Per la somma dei segmenti valgono le stesse proprietà della somma per i numeri:

  • Proprietà commutativa: la somma di due o più segmenti non dipende dall’ordine con cui vengono sommati;
  • Proprietà associativa: la somma di due o più segmenti non cambia se a più addendi si sostituisce la loro somma.

Multiplo di un segmento: Dato un segmento AB, sommando tra loro un numero \(n \gt 1\) di segmenti congruenti ad AB, otteniamo un segmento multiplo del segmento AB.

Punto medio di un segmento: Dato un segmento AB, il punto medio di tale segmento è il punto M, interno al segmento stesso, e tale che \(AM\cong MB\).

In questo caso, considerando il punto medio M del segmento AB, possiamo affermare che gli estremi del segmento, cioè i punti A e B, sono simmetrici rispetto ad M.

 

Rette e segmenti

Rette perpendicolari: due rette incidenti si dicono perpendicolari se, incontrandosi in un punto H, formano in corrispondenza di quel punto quattro angoli retti.

 

Rette perpendicolari

 

 

 

 

 

 

 

Consideriamo le rette perpendicolari r e s. Il punto di intersezione H viene detto piede della perpendicolare condotta da P alla retta r; inoltre, H rappresenta la proiezione del punto P sulla retta r.

Anche un intero segmento può essere proiettato su di una retta: si dice proiezione di un segmento AB su una retta r il segmento che ha per estremi le proiezioni sulla retta degli estremi del segmento dato.

In particolare, se il segmento AB giace su una retta perpendicolare a r, la sua proiezione su r sarà solamente un punto.

Distanza punto-retta: la distanza di un punto da una retta corrisponde alla lunghezza segmento perpendicolare condotto dal punto alla retta.

Asse di un segmento: l’asse di un segmento è la retta passante per il punto medio del segmento e perpendicolare al segmento. Asse di un segmento

 

 

 

 

 

 

 

 

Criteri di congruenza dei triangoli rettangoli

Primo criterio di congruenza dei triangoli rettangoli

Due triangoli rettangoli sono congruenti se hanno rispettivamente congruenti i due cateti.

 

Primo criterio di congruenza dei triangoli rettangoli

 

 

 

 

 

 

Secondo criterio di congruenza dei triangoli rettangoli

Due triangoli rettangoli sono congruenti se hanno rispettivamente congruenti un cateto e l’angolo acuto adiacente.

 

Secondo criterio di congruenza dei triangoli rettangoli

 

 

 

 

 

 

Terzo criterio di congruenza dei triangoli rettangoli

Due triangoli rettangoli sono congruenti se hanno rispettivamente congruenti un cateto e l’angolo acuto opposto.

 

Terzo criterio di congruenza dei triangoli rettangoli

 

 

 

 

 

 

Quarto criterio di congruenza dei triangoli rettangoli

Due triangoli rettangoli sono congruenti se hanno rispettivamente congruenti l’ipotenusa e un angolo acuto.

 

Quarto criterio di congruenza dei triangoli rettangoli

 

 

 

 

 

 

Vi è inoltre un particolare criterio di congruenza per i triangoli rettangoli, esposto nel seguente teorema:

Teorema

Due triangoli rettangoli sono congruenti quando hanno l’ipotenusa e un cateto rispettivamente congruenti.

 

Angoli e poligoni

Angoli

Consideriamo due semirette a e b che hanno in comune il punto di origine; le due semirette dividono il piano in due parti: si definisce angolo ciascuna delle due parti in cui è diviso il piano.

Le semirette si dicono lati dell’angolo, mentre il punto di origine è il vertice dell’angolo.

 

rappresentazione-angolo

 

 

I punti di un angolo che non appartengono ai lati si dicono interni, mentre tutti gli altri, che non appartengono ai lati, si dicono esterni.

 

Angoli concavi e convessi

Date due semirette a e b, con il punti di origine in comune, esse dividono il piano in due parti, individuando due angoli. Di questi, l’angolo che non contiene al suo interno il prolungamento dei lati si dice convesso, mentre quello che contiene al suo interno il prolungamento dei lati si dice concavo.

 

Angolo concavo e angolo convesso

 

 

Angolo piatto: due semirette opposte determinano due angoli, ciascuno dei quali è un angolo piatto; ogni angolo piatto misura 180°.

Angolo giro: due semirette sovrapposte determinano due angoli: uno di essi viene definito angolo giro e misura 360°, l’altro si dice angolo nullo e misura 0°.

Angoli consecutivi:Due angoli di un piano si dicono consecutivi quando hanno in comune lo stesso vertice e i punti di un lato.

 

Angoli consecutivi

 

 

 

 

 

 

 

 

Due angoli consecutivi possono individuare un terzo angolo, che viene definito angolo somma.

Angoli adiacenti: due angoli si dicono adiacenti quando, oltre a essere consecutivi, hanno i lati non comuni che giacciono su una stessa retta; la somma di due angoli adiacenti è un angolo piatto.

 

Angoli adiacenti

 

 

 

 

 

 

 

 

Poligoni

Un poligono è una figura geometrica formata da una poligonale chiusa, non intrecciata, e dalla parte di piano da essa delimitata.

I vertici e i lati della poligonale sono i vertici e i lati del poligono; i punti del poligono che non si trovano sul contorno si dicono punti interni del poligono, gli altri punti del piano che non si trovano sul contorno si dicono punti esterni.

Poligoni convessi e concavi

Un poligono si dice convesso se se giace tutto da una stessa parte rispetto a ciascuna retta ottenuta prolungando ognuno dei suoi lati. Se, invece, il prolungamento di un lato lo divide in due parti, il poligono si dice concavo.

Solitamente, in geometria si lavora con poligoni convessi; per questi poligoni il numero dei lati è sempre uguale al numero dei vertici, e questo numero dà il nome al poligono stesso: i poligoni di tre, quattro, cinque, sei lati … si chiamano rispettivamente triangolo, quadrato, pentagono, esagono

Ogni poligono ha angoli interni ed esterni, che sono formati dalle coppie di lati consecutivi del poligono. Gli angoli convessi sono gli angoli interni (o semplicemente angoli del poligono), mentre quelli adiacenti (attenzione: non quelli complementari) ad essi sono gli angoli esterni.

 

Congruenza tra figure piane

Due figure si dicono congruenti (o isometriche, o sovrapponibili) se è possibile trasportare con un movimento rigido (cioè un movimento che preserva la forma della figura) la prima figura in modo che coincida con la seconda.

La congruenza tra figure geometriche è una particolare corrispondenza biunivoca tra i loro punti; in particolare, ogni punto di una figura ha un corrispondente nell’altra, che viene definito punto corrispondente o omologo.

 

Poligoni equilateri e equiangoli

Un poligono è detto equilatero se ha tutti i lati congruenti fra loro; è detto equiangolo se ha tutti gli angoli interni congruenti fra loro.

Se un poligono è sia equilatero che equiangolo, allora esso viene detto regolare.

 

Altro materiale di supporto

Esegui il test su circonferenza, cerchio e poligoni.

Definizioni fondamentali

Figure geometriche

Una figura geometrica è un insieme di punti; la figura geometrica viene definita piana se è costituita da un insieme di punti complanari, cioè giacenti sullo stesso piano, è invece detta solida se è costituita da un insieme di punti con tutti complanari.

Semiretta

I postulati d’ordine ci permettono di definire i concetti di semirette e segmenti.

Si chiama semiretta una figura geometrica formata da un punto di una retta, detto origine della semiretta, ed una delle due parti in cui la retta viene divisa da tale punto.

Se una semiretta contiene anche il punto di origine viene definita semiretta chiusa, altrimenti, se l’origine non appartiene alla semiretta, la semiretta viene definita aperta.

 

Rappresentazione semiretta chiusa e semiretta aperta nel piano

 

 

 

 

 

Da ogni punto di una retta r possono partire due semirette, che sono tra loro opposte; si dice anche che una è il prolungamento dell’altra. La retta r, che contiene le due semirette, è il loro sostegno.

I punti di una semiretta diversi dall’origine si dicono punti interni alla semiretta, mentre quelli che non le appartengono si dicono punti esterni.

Segmenti

Un segmento è una figura geometrica formata da due punti di una retta, detti estremi, e dai punti della retta compresi tra di essi.

Così come nel caso della semiretta, un segmento può contenere o meno i suoi estremi:

  • un segmento che comprende entrambi i suoi estremi si dice segmento chiuso;
  • un segmento che non contiene i suoi estremi si dice segmento aperto;
  • un segmento che contiene solo uno dei suoi estremi, ma non contiene l’alto, si dice segmento semichiuso ( o semiaperto ).

 

Rappresentazione segmento chiuso, segmento aperto e segmento semichiuso

 

Così come per le semirette, anche per i segmenti si parla di punti esterni al segmento (se i punti non vi appartengono) e di punti interni (se i punti appartengono al segmento).

Se i due estremi del segmento coincidono, il segmento viene definito segmento nullo.

Due segmenti si dicono consecutivi se hanno in comune solo un estremo, e nessun altro punto; due segmenti consecutivi si dicono adiacenti se giacciono sulla stessa retta.

 

Segmenti consecutivi e segmenti adiacenti

 

Dati due segmenti adiacenti, si può parlare di somma di segmenti; in particolare, in riferimento alla figura sopra, abbiamo che:

AB + BC = AC

 

Poligonali

Una poligonale ( o spezzata ) è una successione di due o più segmenti consecutivi disposti in modo che segmenti non successivi non abbiano estremi in comune.

I segmenti vengono definiti lati della spezzata, e i loro estremi si dicono vertici.

Il primo e l’ultimo vertice si dicono estremi della spezzata.

Una spezzata può essere aperta o chiusa, intrecciata o non intrecciata:

 

Esempi di linee spezzate: aperta non intrecciata, aperta intrecciata, chiusa non intrecciata, chiusa intrecciata

 

Figure convesse e concave

Una figura geometrica si dice concava se esistono almeno due punti della figura per i quali il segmento che li congiunge non è contenuto nella figura stessa; altrimenti, se comunque scelti due punti appartenenti alla figura, il segmento che li congiunge è contenuto nelle figura, questa si dice convessa.

 

Figura geometrica concava e figura convessa

 

Posizioni reciproche tra rette

Due rette r ed s possono essere in posizioni reciproche diverse.

Rette incidenti:

Se r ed s hanno un solo punto in comune, esse sono incidenti, e il punto in comune si chiama punto di intersezione.

 

Esempio di rette incidenti

 

 

 

 

 

Rette parallele:

Se r ed s appartengono ad uno stesso piano e non hanno alcun punto in comune, esse si dicono parallele.

 

Rette parallele nel piano

 

 

 

 

 

 

Rette sghembe:

Se r e s non appartengono allo stesso piano e non hanno nessun punto in comune, esse si dicono rette sghembe.

 

Rette sghembe

 

 

 

 

 

Altro materiale di supporto

Guarda la videolezione “Semirette e segmenti”.

Videolezione: semirette e segmenti

 

 

 

 

 

 

 

 

I fondamenti della geometria euclidea

Per capire e studiare la geometria euclidea dobbiamo conoscere alcuni aspetti fondamentali che ci permetteranno di muoverci meglio nel linguaggio geometrico.

Prima di tutto, introduciamo i seguenti concetti, quello di definizione e quello di concetto primitivo.

Definizioni: a differenza delle definizioni che conosciamo per l’italiano, le definizioni matematiche sono univoche, cioè ogni termine ha uno e un solo significato. Ogni definizione, inoltre, contiene solo termini già definiti in precedenza.

Concetti primitivi: un concetto primitivo è un concetto privo di definizione, in quanto, essendo intuitivo, se ne presuppone chiaro il significato; i concetti primitivi possono essere di natura geometrica (punto, retta, piano, spazio), di carattere insiemistico (insieme, elemento, relazione di appartenenza).

Per indicare gli enti geometrici si usano delle lettere, e in particolare:

  • lettere maiuscole per i punti;
  • lettere minuscole per le rette;
  • lettere greche per i piani.

 

Teoremi e dimostrazioni

Nella geometria euclidea si pongono affermazioni che poi vengono giustificare con ragionamenti logici. Le affermazioni prendono il nome di teoremi, mentre le loro giustificazioni si chiamano dimostrazioni.

I teoremi hanno solitamente questa forma:

  • vi è un’implicazione del tipo \(A\rightarrow B\) ( “ A implica B “ ), che viene definita enunciato del teorema;
  • il primo termine dell’enunciato ( A ) è detto ipotesi del problema;
  • il secondo termine dell’enunciato ( B ) è detto tesi del problema;
  • vi è un ragionamento deduttivo che porta ad affermare la veridicità dell’implicazione, che è la dimostrazione.

Oltre ai teoremi si parla spesso di lemmi e corollari:

Lemma: un lemma è un teorema di minore importanza che spesso si utilizza all’interno di una dimostrazione per dimostrare un teorema più importante.

Corollario: un corollario è una conseguenza immediata di un teorema che è stato precedentemente dimostrato.

I postulati, invece, sono delle affermazioni riguardanti enti primitivi che vengono accettate come vere, e non necessitano di dimostrazione.

 

Postulati di appartenenza

Postulato 0: lo spazio è l’insieme di tutti i punti; rette e piani sono sottoinsiemi dello spazio. Una retta contiene infiniti punti, un piano contiene infinite rette, uno spazio contiene infiniti piani.

Postulato 1: Per due punti distinti passa una e una sola retta.

Vi è un’importante conseguenza del postulato 1, per cui due rette distinte non possono avere più di un punto in comune; quindi, date due rette r ed s, esse possono essere:

  • incidenti se hanno un punto in comune; in questo caso si dice che le rette si intersecano in quel punto, e il punto si dice punto di intersezione;
  • non incidenti se non hanno punti in comune, quindi se non si intersecano.

Punti che appartengono ad una stessa retta si dicono allineati.

Due rette che giacciono sullo stesso piano e che non si intersecano in nessun punto si dicono parallele.

Postulato 2: Per tre punti non allineati passa uno e un solo piano.

I punti che appartengono ad uno stesso piano si dicono complanari.

Postulato 3: Se due punti di una retta appartengono ad un piano, allora tutti i punti della retta appartengono a quel piano ( la retta appartiene al piano).

 

Postulati d’ordine

Postulato 4: Tra i punti di una retta è possibile stabilire una relazione di ordine totale, cioè si possono ordinare i punti di una retta in modo che:

  • dati due punti A e B della retta, o A e B coincidono, o A precede B, o B precede A (proprietà di tricotomia);
  • se A precede B e B precede C, allora A precede C (proprietà transitiva).

Una retta su cui è stato scelto un verso di percorrenza si dice retta orientata.

Postulato 5: Su una retta orientata ogni punto è seguito da almeno un altro punto ed è preceduto da almeno un altro punto.

Postulato 6: Tra due punti di una retta è compreso almeno un terso punto.

Teorema: Per un punto passano infinite rette.

L’insieme di tutte le rette passanti per un punto è detto fascio di rette, o anche fascio proprio di rette; il punto comune a tutte le rette è detto centro del fascio.

Un fascio improprio di rette è, invece, costituito da una retta e da tutte le rette parallele ad essa.

 

Altro materiale di supporto

Approfondimento del V postulato di Euclide (fonte Wikipedia).

Gli Elementi di Euclide (scaricabili, in formato PDF) a cura di Carlo Sintini.

Articolo di approfondimento: “Le proposizioni 24 e 21 degli Elementi di Euclide e alcuni assiomi mancanti” (tratto dal Magazine di Matematicamente).

La figura di Euclide.

Euclide di Alessandria
Fonte Wikipedia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Video introduttivo alla geometria euclidea (utile per imparare la terminologia in lingua inglese).

 

Esempi di problemi elementari sull’iperbole

Problemi elementari sull’iperbole

Esempio 1: Si trovino la lunghezza dei semiassi, l’eccentricità, le coordinate dei fuochi e dei vertici e le equazioni degli asintoti dell’iperbole di equazione \(H: 50x^2-25y^2-80x+150y-393=0\)

In primo luogo adoperiamo il metodo di completamento dei quadrati, in modo tale da avere l’equazione dell’iperbole scritta chiaramente nella forma d’iperbole traslata:

\(50\Big(x^2-\frac{8}{5}x\Big)-25(y^2-6y)-393=0\)

\(50\Big(x^2-\frac{8}{5}+\frac{16}{25}\Big)-25(y^2-6y+9)-393-32+225=0\)

\(50\Big(x-\frac{4}{5}\Big)^2-25(y-3)^2-200=0\)

\(2\Big(x-\frac{4}{5}\Big)^2-(y-3)^2=8\)

\(H: \frac{\Big(x-\frac{4}{5}\Big)^2}{4}-\frac{(y-3)^2}{8}=1\)

Il centro della nostra iperbole è allora il punto \(O’\Big(\frac{4}{5}, 3\Big)\), essa ha i fuochi sull’asse ?, ? vale \(\sqrt{4}=2\) e \(b=\sqrt{8}=2\sqrt{2}\). Dal fatto che l’iperbole è disposta orizzontalmente, ricaviamo che l’asse trasverso è lungo \(2a=4\), mentre quello non trasverso misura \(2b=4\sqrt{2}\); la distanza focale è invece \(2c=2\sqrt{a^2+b^2}=2\sqrt{4+8}=2\sqrt{12}=4\sqrt{3}\), e dunque i fuochi distano esattamente \(2\sqrt{3}\) dal centro dell’iperbole, il primo verso sinistra e il secondo verso destra. Risulta perciò \(F_{1,2}\Big(\frac{4}{5}\pm 2\sqrt{3}, 3\Big)\). Similmente i vertici disteranno \(\pm a\) verso destra e verso sinistra dal centro dell’iperbole, cosicché \(A_{1,2}\Big(\frac{4}{5}\pm 2, 3\Big)\Rightarrow A_1\Big(-\frac{6}{5}, 3\Big), A_2\Big(\frac{14}{5}, 3\Big)\).

Gli asintoti sono quelle rette passanti per ?′ di coefficienti angolari \(\pm b/a\): essi si calcolano allora nel modo seguente, usando la formula della retta per un punto

\(y=3\pm\sqrt{2}\Big(x-\frac{4}{5}\Big)\)

Completiamo l’esercizio trovando il valore dell’eccentricità dell’iperbole ?. Poiché ? è sempre uguale, indipendentemente dall’orientazione dell’iperbole, al rapporto tra la distanza focale e l’asse trasverso, in questo caso abbiamo \(e=\frac{c}{a}=\sqrt{3}\).

 

Esempio 2: Trovare l’equazione dell’iperbole i cui asintoti sono le rette \(y=-9\) e \(x=\frac{8}{3}\), sapendo che essa passa per il punto ?(?,?).

Poiché gli asintoti dell’iperbole in esame sono due rette parallele agli assi coordinati, stiamo trattando il caso di un’iperbole equilatera riferita ai propri asintoti traslata, o come anche la si chiama, di una funzione omografica. La sua equazione generale ha la forma

\[y=\frac{ax+b}{cx+d}\]

con le dovute note restrizioni sui coefficienti. Le tre informazioni date si scrivono subito nella forma di sistema, ricordando che gli asintoti di una funzione omografica sono le rette \(y=-\frac{d}{c}\) e \(x=\frac{a}{c}\):

\(\begin{cases}-\frac{d}{c}=-9\\\frac{a}{c}=\frac{8}{3}\\1=\frac{a+b}{c+d}\end{cases}\Rightarrow\begin{cases}d=9c\\a=\frac{8c}{3}\\a+b=c+d\end{cases}\Rightarrow\)

\(\Rightarrow\begin{cases}d=9c\\a=\frac{8c}{3}\\b=c+9c-\frac{8c}{3}\end{cases}\Rightarrow\begin{cases}d=9c\\a=\frac{8c}{3}\\b=\frac{22c}{3}\end{cases}\)

Con queste relazioni, l’equazione generale si riscrive nella forma

\(y=\frac{\frac{8c}{3}+\frac{22c}{3}}{cx+9c}=\frac{8x+22}{3x+27}\)

L’ultima semplificazione è lecita dal momento che \(c\ne 0\) per ipotesi; siamo così giunti alla soluzione.

 

Problemi sulle intersezioni tra un’iperbole e una retta

Esempio 3: Determina la posizione reciproca dell’iperbole \(H: x^2-y^2+2\sqrt{2}(2y-x)-10=0\) e della retta \(r: y=2x+4\) , calcolando anche le coordinate degli eventuali punti d’intersezione. Sono tutti sullo stesso ramo dell’iperbole?

In questo caso non è necessario scrivere l’equazione dell’iperbole in maniera tale che si evidenzi la sua natura d’iperbole traslata, in quanto per la risoluzione dell’esercizio ci basta l’equazione nella forma data. Mettiamo a sistema le due equazioni e sostituiamo il valore di ? dato dalla seconda all’interno della prima, così da ottenere

\(\begin{cases}x^2-y^2+2\sqrt{2}(2y-x)-10=0\\y=2x+4\end{cases}\Rightarrow\)

\(\Rightarrow x^2-(2x+4)^2+2\sqrt{2}(4x+8-x)-10=0\)

\(x^2-4x^2-16-16x+2\sqrt{2}(3x+8)-10=0\)

\(-3x^2-26-16x+6\sqrt{2}x+16\sqrt{2}=0\)

Risolvendo tale equazione di secondo grado per ? otteniamo facilmente le ascisse dei punti d’intersezione:

\(x_1=\sqrt{2}-\frac{10}{3}\,\,\,\,,\,\,\,\,x_2=\sqrt{2}-2\)

Essi sono dunque due, e la retta ? risulta essere secante all’iperbole ?. Troviamone anche le ordinate, semplicemente sostituendo i valori delle ascisse calcolati nell’equazione della retta:

\(y_1=2\sqrt{2}-\frac{8}{3}\,\,\,\,\,,\,\,\,\,y_2=2\sqrt{2}\)

Non ci resta che determinare se i due punti trovati \(P_1\Big(\sqrt{2}-\frac{10}{3}, 2\sqrt{2}-\frac{8}{3}\Big)\) e \(P_2\Big(\sqrt{2}-2, 2\sqrt{2}\Big)\) appartengono o meno allo stesso ramo dell’iperbole ?. A questo proposito basta calcolare i coefficienti angolari degli asintoti della curva: se la pendenza della retta ? risulterà compresa tra i due valori che troveremo, allora i punti d’intersezione staranno su rami diversi dell’iperbole, altrimenti varrà il contrario.

Poiché le pendenze degli asintoti sono \(\pm b/a\), se utilizzassimo il metodo di completamento dei quadrati potremmo arrivare, dopo molti calcoli, alla soluzione. Un metodo più sbrigativo consisite nel ricordare che il rapporto tra i coefficienti di $x^2$ e $y^2$ è pari in valore assoluto al rapporto \(a^2/b^2\); dunque $m^2=|-1|=1$, e così \(m=\pm 1\). Poiché il coefficiente angolare di ? è 2, i due punti d’intersezione tra ? ed ? sono sullo stesso ramo di ?.

 

Intersezioni tra una retta e un’iperbole

Consideriamo un’iperbole e una retta generiche ? ed ? di equazioni

\[H: \frac{x^2}{a^2}-\frac{y^2}{b^2}=1\,\,\,,\,\,\,r: y=mx+q\]

Vogliamo determinare sotto quali condizioni esse si intersecano, e in quanti punti. Inoltre, in questa scheda troveremo anche le relazioni che devono soddisfare i parametri ?,?,?,? affinché la retta ? sia tangente ad ?.

Metodo risolutivo: Cominciamo con l’intersecare ? ed ?, cioè col mettere le loro equazioni a sistema; poiché quella di ? esplicita il valore di ?, sostituiremo $mx+q$ alla ? della formula di ?

\[\begin{cases}\frac{x^”}{a^2}-\frac{y^2}{b^2}=1\\y=mx+q\end{cases}\Rightarrow\frac{x^2}{a^2}-\frac{m^2x^2+q^2+2mxq}{b^2}=1\]

Svolgendo i conti nell’ultima equazione ottenuta e ricordando che ? e ? sono entrambi diversi da 0, otterremo

\[b^2x^2-a^2m^2x^2–a^2q^2-2mqa^2x-a^2b^2=0\]

\[(b^2-a^2m^2)x^2+2(-mqa^2)x+(-a^2b^2-a^2q^2)=0\]

cioè un’equazione di secondo grado nell’incognita ?. Le soluzioni di questa equazione, se esistono, sono le ascisse dei punti d’intersezione tra ? ed ?: ne consegue che in nessun caso essi possono essere più di due. Calcoliamo il \(\Delta\) dell’equazione:

\[\Delta=m^2q^2a^4+(a^2b^2+a^2q^2)(b^2-a^2m^2)=\]

\[=m^2q^2a^4+a^2b^4-a^4b^2m^2+a^2b^2q^2-a^4m^2q^2=\]

\[=a^2b^4-a^4b^2m^2+a^2b^2q^2\]

Dunque \(\Delta=a^2b^2(b^2+q^2-a^2m^2)\). I primi due fattori di questo prodotto, essendo dei quadrati di numeri reali non nulli, sono necessariamente positivi; ne consegue che il segno di \(\Delta\) coincide con quello di \(\delta=b^2+q^2-a^2m^2\). Considereremo adesso diversi casi:

Caso 1: \(m=\pm b/a\)

In questo caso abbiamo naturalmente che \(\delta=b^2+q^2-a^2\frac{b^2}{a^2}=q^2\). Dunque \(\delta\) risulta maggiore di 0 per tutte le possibili scelte di ?, tranne che per ?=0: in tal caso infatti si ha \(\delta=0\). Notiamo però che se \(m=\pm a/b\), l’equazione di cui abbiamo calcolato il delta in realtà è al più di primo grado, e dunque ammette una sola soluzione se \(q\ne 0\), e nessuna soluzione se ?=0, poichè in quest’ultimo caso diviene $-a^2b^2=0$, la quale è sempre falsa viste le ipotesi fatte sui coefficienti ? e ?. Ciò ci porta alla seguente conclusione:

Osservazione 1: Tra tutte le rette appartenenti ad uno dei due fasci impropri di rette parallele a ciascun asintoto, solo questi ultimi non intersecano l’iperbole in alcun punto; tutte le altre rette hanno invece un solo punto d’intersezione con l’iperbole. Si può provare facilmente che questi non sono punti di tangenza, ovvero che l’iperbole viene attraversata da parte a parte da tali rette, che dunque sono secanti in un sol punto.

 

Iperbole: fascio improprio di rette parallelo a un asintoto

 

 

Caso 2: \(-b/a\lt m\lt b/a\)

La condizione su scritta equivale a dire che \(m^2\lt\frac{b^2}{a^2}\) ; se questo è il caso, allora certamente sarà pure vero che \(a^2m^2\lt b^2\), ovverosia \(b^2-a^2m^2\gt 0\). Si noti che la disuguaglianza è stretta; se a un numero strettamente positivo sommiamo un numero maggiore o uguale di 0, il risultato è ancora strettamente positivo. Dunque risulta

\[\delta=(b^2-a^2m^2)+q^2\gt 0\]

Il segno del delta in questo caso è indipendente dal valore di ?; in conclusione:

Osservazione 2: Ogni retta il cui coefficiente angolare è compreso tra quelli degli asintoti ha esattamente due intersezioni con l’iperbole, una appartenente a un ramo e l’altra appartenente all’altro, indipendentemente dal valore della sua intercetta.

 

Iperbole: rette secanti

 

 

Caso 3: \(m\lt-b/a \cup m\gt b/a\)

Di tutti quelli possibili, il caso 3 è certo il più complesso. Se infatti \(m^2\gt\frac{b^2}{a^2}\) , come subito segue dalla condizione in esame, allora al contrario di quanto visto nel caso 2 sarà \(b^2-a^2m^2\lt 0\), cosicché il valore di \(\delta\) dipenderà da quello di ?:

\[|q|\gt\sqrt{a^2m^2-b^2}\Rightarrow q^2\gt a^2m^2-b^2\Rightarrow\delta\gt 0\]

\[|q|=\sqrt{a^2m^2-b^2}\Rightarrow q^2=a^2m^2-b^2\Rightarrow\delta=0\]

\[|q|\lt\sqrt{a^2m^2-b^2}\Rightarrow q^2\lt a^2m^2-b^2\Rightarrow\delta\lt 0\]

Ecco allora che certi opportuni valori dell’intercetta consentono l’esistenza di due punti d’intersezione, stavolta appartenenti allo stesso ramo dell’iperbole, dal momento che il valore assoluto del coefficiente angolare troppo elevato non consente alla retta di passare per entrambi gli angoli di piano in cui è contenuta la curva. Altri valori di ?, troppo vicini allo 0, fanno in modo tale che la retta sia disgiunta dall’iperbole. Infine, due particolari intercette fanno intersecare la retta e l’iperbole in un sol punto; queste devono per forza corrispondere alle rette tangenti, perché in nessun altro caso l’intersezione avveniva in maniera tangenziale e pure ci è noto dalla geometria elementare che le tangenti devono esistere. Concludendo:

Osservazione 3: Le rette la cui pendenza è maggiore in valore assoluto rispetto a quella degli asintoti possono essere disgiunte dal grafico di un’iperbole, ad esso tangenti in un sol punto, o ad esso secanti in due punti appartenenti allo stesso ramo.

 

Iperbole: rette disgiunte e rette secanti

 

Osservazione 4: I risultati ottenuti in questa scheda per un’iperbole riferita ai propri assi con i fuochi appartenenti all’asse delle ascisse si estendono immediatamente ad ogni altro tipo d’iperbole studiato: nessuna delle considerazioni fatte dipende infatti dal sistema di coordinate adottato.

 

Esercizio proposto

Studia la posizione della retta $2x+3y-4 rispetto all’iperbole \(\frac{x^2}{9}-\frac{y^2}{4}=1\).

Guarda la soluzione sul sito delle videolezioni.

 

 

 

 

 

 

 

Iperbole equilatera e funzione omografica

Iperbole equilatera riferita ai propri assi

Definizione 1: Si chiama iperbole equilatera una qualsiasi iperbole i cui semiassi trasverso e non trasverso hanno la stessa misura.

Osservazione 1: Consideriamo un’iperbole equilatera riferita ai propri assi, avente per esempio i fuochi appartenenti all’asse delle ascisse. Visto che in questo caso in virtù della definizione 1 è ?=?, la sua equazione sarà

\[\frac{x^2}{a^2}-\frac{y^2}{a^2}=1\Rightarrow x^2-y^2=a^2\]

 

Iperbole equilatera riferita ai propri assi
Osservazione 2: Dal momento che la semidistanza focale si calcola come \(c=\sqrt{a^2+b^2}\), in questo caso risulta \(c=\sqrt{2a^2}=\sqrt{2}a\), indipendentemente dal fatto che i vertici siano disposti orizzontalmente o verticalmente. L’eccentricità, calcolandosi come ?/? o ?/? nei due casi, in questo caso vale sempre \(e=c/a=\sqrt{2}\).

Osservazione 3: Sempre nel caso di cui si parla nell’osservazione 1, calcoliamo le equazioni degli asintoti; poiché esse sono normalmente \(y=\pm\frac{b}{a}x\), in questo caso abbiamo \(y=\pm x\), visto che ?=?. Gli asintoti coincidono dunque con le bisettrici dei quadranti, e sono per questo tra loro ortogonali. Nel caso in cui l’iperbole equilatera sia traslata, risulteranno traslati anche gli asintoti e quindi la loro perpendicolarità sarà mantenuta.

Osservazione 4: Non è normalmente in uso la terminologia “ellisse equilatera” perché se nell’equazione dell’ellisse poniamo ?=?, quel che otteniamo è semplicemente una circonferenza. Si potrebbe dire, in termini imprecisi e descrittivi, che l’iperbole equilatera sia l’equivalente iperbolico di una circonferenza, la quale invece è ellittica.

 

Iperbole equilatera riferita ai propri asintoti

Osservazione 5: Come già visto nell’osservazione 3, gli asintoti di un’iperbole equilatera sono ortogonali, proprio come gli assi coordinati. Viene allora naturale domandarsi come si modificherebbe l’equazione dell’iperbole qualora, operando una rotazione di 45° in verso orario o antiorario, si portassero gli asintoti dell’iperbole a coincidere con gli assi ? ed ?.

Metodo per ricavare l’equazione: Visto che l’iperbole è equilatera, la distanza focale è \(2\sqrt{2}a\); ciò significa che ciascuno dei fuochi, che adesso si vengono a trovare su una delle bisettrici dei quadranti, diciamo su quella del primo e del terzo, disterà dall’origine \(\sqrt{2}a\). I fuochi avranno dunque coordinate \(F_1(-a, a), F_2(a, a)\). Possiamo ora procedere come al solito per ricavare l’equazione:

\[|PF_1-PF_2|=2a\Rightarrow (PF_1-PF_2)^2=4a^2\]

\[\Big(\sqrt{(x+a)^2+(y+a)^2}-\sqrt{(x-a)^2+(y-a)^2}\Big)^2=4a^2\]
Svolgendo i conti avremo

\[x^2+a^2+2ax+y^2+a^2+2ay+x^2+a^2-2ax+y^2+a^2-2ay-4a^2=\]

\[=2\sqrt{[(x+a)^2+(y+a)^2][(x-a)^2+(y-a)^2]}\]

\[2x^2+2y^2=2\sqrt{[(x+a)^2+(y+a)^2][(x-a)^2+(y-a)^2]}\]
Da cui, elevando nuovamente al quadrato per eliminare la radice quadrata,

\[(x^2+y^2)^2=[(x^2+2a^2+y^2)+(2ax+2ay)][(x^2+2a^2+y^2)-(2ax+2ay)]\]

\[x^4+y^4+2x^2y^2=(x^2+2a^2+y^2)^2-(2ax+2ay)^2\]

\[x^4+y^4+2x^2y^2=x^4+4a^4+y^4+4a^2x^2+4a^2y^4+2x^2y^2-4a^2x^2-4a^2y^2-8a^2xy\]

\[8a^2xy=4a^4\Rightarrow xy=\frac{a^2}{2}\Rightarrow xy=k\]
L’ultima equazione essendo stata ottenuta indicando con ? il numero positivo \(a^2/2\).

L’equazione ottenuta \(H: xy=k\) è quella ricercata dell’iperbole equilatera riferita ai propri asintoti.

Osservazione 6: Qualora avessimo scelto di posizionare i fuochi sull’altra bisettrice dei quadranti, ovvero se avessimo effettuato una rotazione di 45° nel verso opposto, avremmo ottenuto la medesima equazione, ma con \(k\lt 0\).

 

Iperbole equilatera ruotata di 45 gradi
Osservazione 7: Come si vede dai grafici, l’iperbole equilatera riferita ai propri asintoti è una funzione, senza bisogno di restringerla a uno solo dei suoi rami. Essa è definita per ogni \(x\ne 0\), ed assume come valori tutti i numeri reali con l’esclusione di ?=0.

 

Funzione omografica

Definizione 2: Si chiama funzione omografica la funzione di equazione

\[y=\frac{ax+b}{cx+d}\]

nella quale i coefficienti ?,?,?,? sono scelti in modo tale che \(c\ne 0\) e \(ad\ne bc\).

Osservazione 8: Le richieste fatte nella definizione 2 riguardo i possibili valori assumibili dai coefficienti ?,?,?,? sono dovute alla volontà di non banalizzare la definizione. Se infatti fosse ?=0, avremmo

\[y=\frac{a}{d}x+\frac{b}{d}\]

che è l’equazione di una retta. Se invece risultasse ??=??, allora visto che \(c\ne 0\) potremmo dire \(b=ad/c\) e, sostituendo, ottenere

\[y=\frac{ax+\frac{ad}{c}}{cx+d}=\frac{cax+ad}{c(cx+d)}=\frac{a(cx+d)}{c(cx+d)}=\frac{a}{c}\]

e quindi la funzione si ridurrebbe alla retta orizzontale \(y=a/c\). Si noti che, poiché certamente ? e ? non sono contemporaneamente 0, la semplificazione finale ha ragione di essere per ogni ?.

Osservazione 9: Vogliamo mostrare che una funzione omografica consiste in un’iperbole equilatera riferita ai propri asintoti traslata in modo tale che il suo centro sia il punto \(O’\Big(-\frac{d}{c}, \frac{a}{c}\Big)\). Per fare ciò ci limiteremo a prendere l’equazione della funzione omografica come da definizione e a traslarla in direzione inversa, mostrando che otteniamo così un’equazione del tipo \(XY=k\). Sia

\[\begin{cases}X=x+\frac{d}{c}\\Y=y-\frac{a}{c}\end{cases}\]

Sostituendo i valori di ? e ? nella funzione omografica, abbiamo

\[Y+\frac{a}{c}=\frac{a\Big(X-\frac{d}{c}\Big)+b}{c\Big(X-\frac{d}{c}\Big)+d}\]

e dunque, svolgendo i calcoli,

\[Y=\frac{aX-\frac{ad}{c}+b}{cX-d+d}-\frac{a}{c}\Rightarrow Y=\frac{aX-\frac{ad}{c}+b}{cX}-\frac{a}{c}\Rightarrow\]

\[\Rightarrow Y=\frac{aX-\frac{ad}{c}+b-aX}{cX}\]

Da cui, infine

\[Y=\frac{-\frac{ad}{c}+b}{cX}\Rightarrow XY=-\frac{ad}{c^2}+\frac{b}{c}\Rightarrow XY=k\]

 

Iperbole equilatera riferita agli asintoti
avendo posto naturalmente \(k=\frac{bc-ad}{c^2}\). Questo valore di ?, grazie alle limitazioni richieste per ?,?,?,? nella definizione 2, è sensato e non nullo, dunque l’equazione ottenuta è proprio quella di un’iperbole equilatera riferita ai propri asintoti.

Osservazione 10: Come si vede dal grafico e dai conti fatti nell’osservazione 9, la funzione omografica è dunque un’iperbole equilatera riferita ai propri asintoti traslata nel punto \(O’\Big(-\frac{d}{c}, \frac{a}{c}\Big)\). Come tale iperbole, anch’essa è una funzione. Dal momento però che i suoi asintoti sono le rette \(x=-\frac{d}{c}\) e \(y=\frac{a}{c}\) , la funzione omografica è definita ovunque tranne che in \(-\frac{d}{c}\) ed assume tutti i valori reali tranne \(\frac{a}{c}\) .

 

Equazione generale di un’iperbole

Iperbole traslata ed equazione generale dell’iperbole

Equazione dell’iperbole traslata: Consideriamo un’iperbole riferita ai propri assi, per esempio con i fuochi sull’asse delle ascisse. Se operiamo una traslazione del sistema di coordinate che porti gli assi ? ed ? in ?′ ed ?′ e, di conseguenza, il punto ? nel punto ?′(?0,?0), anche l’iperbole risulterà traslata. Avremo ottenuto così un’iperbole traslata, o come anche si suole chiamarla, riferita a rette parallele ai suoi assi.

 

Iperbole equilatera

 

Se l’equazione dell’iperbole originaria era \(H: x^2/a^2-y^2/b^2=1\)  , l’iperbole traslata ?′ si potrà scrivere come

\[\begin{equation}H’:\frac{(x-x_0)^2}{a^2}-\frac{(y-y_0)^2}{b^2}=1\label{eq1}\end{equation}\]

Svolgendo i semplici conti algebrici che figurano nell’equazione precedente, otterremo poi

\[b^2(x-x_0)^2-a^2(y-y_0)^2-a^2b^2=0\]

\[b^2(x^2+x^2_0-2xx_0)-a^2(y^2+y^2_0-2yy_0)-a^2b^2=0\]

\[b^2x^2-a^2y^2-2b^2x_0x+2a^2y_0y+b^2x^2_0-a^2y^2_0-a^2b^2=0\]

Questa equazione può essere scritta più semplicemente nella forma

\[\begin{equation}mx^2+ny^2+px+qy+r=0\label{eq2}\end{equation}\]

avendo cura di fare le seguenti posizioni:

\[m=b^2\,\,,\,\,n=-a^2\,\,,\,\,p=-2b^2x_0\,\,,\,\,q=2a^2y_0\]

\[r=b^2x^2_0-a^2y^2_0-a^2b^2\]

Osservazione 1: In realtà perché l’equazione (\(\ref{eq1}\)) possa essere scritta nella forma (\(\ref{eq2}\)) non è necessario fare esattamente le posizioni appena citate, ma è sufficiente che i numeri ?,?,… siano proporzionali ai valori \(b^2, -a^2, \ldots\) secondo un qualsiasi numero reale ? costante e non nullo. In particolare, ? non deve per forza essere positivo, se il ? scelto è negativo; un’uguale considerazione vale per ?.

Osservazione 2: Poiché abbiamo visto che l’equazione di qualunque iperbole traslata può scriversi nella forma (\(\ref{eq2}\)), è logico domandarsi se qualsiasi equazione fatta come la (\(\ref{eq2}\)) possa rappresentare un’iperbole. Già sappiamo che la risposta è negativa, in quanto per opportuni valori dei coefficienti ci è noto che l’equazione (\(\ref{eq2}\)) può rappresentare un’ellisse. Inoltre, anche non conoscendo questa informazione sull’ellisse, possiamo fare questa semplice considerazione: non esiste valore reale ? tale che \(-ka^2\) e \(kb^2\) abbiano lo stesso segno, dunque ? ed ? devono quanto meno essere discordi, cioè avere segno opposto, affinché la (\(\ref{eq2}\)) rappresenti un’iperbole.

Equazione generale dell’iperbole: In questo paragrafo estenderemo i ragionamenti fatti nell’ osservazione 2, col fine di scoprire quali condizioni deve soddisfare la (\(\ref{eq2}\)) per essere l’equazione di un’iperbole: giungeremo così all’equazione generale.

Iniziamo con il riscrivere la (\(\ref{eq2}\)) nel modo seguente:

\[mx^2+ny^2+px+qy+r=0\Rightarrow\]

\[\Rightarrow m\Big(x^2+\frac{p}{m}x\Big)+n\Big(y^2+\frac{q}{n}y\Big)+r=0\]

Questo è lecito perché se ?=0 oppure ?=0 di certo l’equazione, non essendo più di secondo grado in una delle due variabili, non può rappresentare un’iperbole: i casi suddetti vanno perciò scartati. Poiché dall’osservazione 2 segue che ? ed ? devono essere discordi, essi si possono senz’altro prendere il primo positivo ed il secondo negativo cambiando in modo opportuno i segni dell’equazione. Ciò ci porta a dire che gli unici casi d’interesse sono quelli in cui \(m\gt 0\) ed \(n\lt 0\) .

Le somme in parentesi somigliano a dei quadrati di binomio, e lo diventano a patto di aggiungervi i termini \(\frac{p^2}{4m^2}\) e \(\frac{q^2}{4n^2}\) ; adoperando questo metodo, detto del completamento dei quadrati, potremo scrivere

\[m\Big(x^2+\frac{p}{m}x+\frac{p^2}{4m^2}\Big)-\frac{p^2}{2m}+n\Big(y^2+\frac{q}{n}y+\frac{q^2}{4n^2}\Big)-\frac{q^2}{4n}+r=0\]

\[m\Big(x+\frac{p}{2m}\Big)^2+n\Big(y+\frac{q}{2n}\Big)^2+r-\frac{p^2}{4m}-\frac{q^2}{4n}=0\]

Indicata poi con ? la somma algebrica \(\frac{p^2}{4m}+\frac{q^2}{4n}-r\), otterremo infine

\[\begin{equation}\frac{\Big(x+\frac{p}{2m}\Big)^2}{1/m}-\frac{\Big(y+\frac{q}{2n}\Big)^2}{-1/n}=s\label{eq3}\end{equation}\]

Se \(s\gt 0\), allora l’equazione (\(\ref{eq3}\)) può essere riscritta nella forma seguente, che è quella di un’iperbole traslata con i fuochi giacenti su una parallela all’asse ?, centro \(O’\Big(-\frac{p}{2m}, -\frac{q}{2n}\Big)\), con \(a=\sqrt{\frac{s}{m}}\) e \(b=\sqrt{-\frac{s}{n}}\):

\[\frac{\Big(x+\frac{p}{2m}\Big)^2}{s/m}-\frac{\Big(y+\frac{q}{2n}\Big)^2}{s/n}=1\]

Se invece ?=0, allora la (\(\ref{eq3}\)) diviene

\[\frac{\Big(x+\frac{p}{2m}\Big)^2}{1/m}=\frac{\Big(y+\frac{q}{2n}\Big)^2}{-1/n}\Rightarrow y+\frac{q}{2n}=\pm\sqrt{-\frac{m}{n}}\Big(x+\frac{p}{2m}\Big)\]

Ciò significa che l’iperbole degenera in due rette passanti per il suo centro \(O’\Big(-\frac{p}{2m}, \frac{q}{2n}\Big)\) aventi coefficienti angolari \(\pm\sqrt{-m/n}\) . Ricordando le definizioni di ? e ? date nel caso \(s\gt 0\), però, scopriamo che \(\pm\sqrt{-m/n}=\pm b/a\), col che le due rette sono gli asintoti dell’iperbole: ciò si riassume dicendo che in questo caso l’iperbole è degenere nei suoi asintoti.

Se infine abbiamo \(s\lt 0\), similmente a quanto visto nel caso 1 la (\(\ref{eq3}\)) diventa

\[-\frac{\Big(x+\frac{p}{2m}\Big)^2}{-s/m}+\frac{\Big(y+\frac{q}{2n}\Big)^2}{s/n}=1\]

ovverosia, posti \(a=\sqrt{-\frac{s}{m}}\) e \(b=\sqrt{\frac{s}{n}}\) e avendo cura di cambiare i segni all’equazione,

\[\frac{\Big(x+\frac{p}{2m}\Big)^2}{a^2}-\frac{\Big(y+\frac{q}{2n}\Big)^2}{b^2}=-1\]

Questa è l’equazione di un’iperbole traslata i cui fuochi sono disposti verticalmente.

Da questo ragionamento deduciamo che l’equazione \(mx^2+ny^2+px+qy+r=0\) è l’equazione generale di un’iperbole se e solo se ? ed ? sono discordi, cioè \(mn\lt 0\), e inoltre \(\frac{p^2}{4m}+\frac{q^2}{4n}\ne r\).

Osservazione 3: Ogni qual volta abbiamo posto ? e ? pari a certe radici quadrate, ci siamo sempre accertati di prendere i loro radicandi in maniera tale da risultare positivi. Ciò può essere facilmente verificato, ricordando che nel nostro caso il numero ? è sempre negativo.

 

Altro materiale di supporto

Videolezione sull’iperbole equilatera

 

 

 

 

 

 

 

Esercizi proposti

  1. Calcola l’equazione dell’iperbole equilatera, riferita agli asintoti, che stacca sulla retta di equazione $ y=2x+1 $ una corda che misura \(\frac{7}{2}\sqrt{5}\)
  2. Determina l’equazione dell’iperbole equilatera, riferita agli asintoti, tangente alla retta di equazione $ y=5x-10 $

Trovi uno spunto per le soluzioni nel forum di Matematicamente.it.

 

Asintoti ed eccentricità dell’iperbole

Nel corso di tutta questa scheda considereremo due generiche iperboli $ H_O $ ed $ H_V $

\[H_O:\frac{x^2}{a^2}-\frac{y^2}{b^2}=1\,\,\,\,\text{e}\,\,\,\,H_V:\frac{x^2}{a^2}-\frac{y^2}{b^2}=-1\]

I fuochi della prima appartengono all’asse ?, mentre quelli della seconda giacciono sull’asse ?. Esse consentono di considerare al contempo tutte le iperboli riferite ai propri assi possibili. Quando non ci saranno differenze, parleremo genericamente dell’iperbole ?.

 

Asintoti di un’iperbole

Osservazione 1: Consideriamo il rettangolo con i lati paralleli agli assi coordinati i cui assi di simmetria siano i semiassi trasverso e non trasverso di ?. In virtù della relazione \(c^2=a^2+b^2\), che vale indipendentemente dall’orientazione dell’iperbole, risulta chiaro che le diagonali di detto rettangolo sono lunghe tanto quanto la distanza focale. Poiché esse passano per l’origine del sistema di coordinate, le rette cui appartengono hanno equazione del tipo \(y=mx\), e passano l’una per (?,?) e l’altra per (?,−?), che sono due vertici consecutivi del rettangolo. Ciò porta a dire che le equazioni di tali rette sono

\[\begin{equation}y=\pm\frac{b}{a}x\label{eq1}\end{equation}\]

Definizione 1: Asintoti.

Si chiamano asintoti di un’iperbole ? le rette date dalle equazioni (\(\ref{eq1}\)).

Osservazione 2: Per delimitare ulteriormente la parte di piano nella quale è contenuto il grafico di un’iperbole ?, faremo adesso vedere che esso è tutto contenuto in due dei quattro angoli in cui i suoi asintoti dividono il piano. Nel caso di $H_O$, essi saranno gli angoli contenenti l’asse ?; nel caso di $H_V$ naturalmente varrà il viceversa.

Consideriamo a questo scopo una retta $y=mx$ passante per l’origine degli assi coordinati, e intersechiamola con $H_O$. Avremo così

\[\begin{cases}y=mx\\\frac{x^2}{a^2}-\frac{y^2}{b^2}=1\end{cases}\Rightarrow\frac{x^2}{a^2}-\frac{m^2x^2}{b^2}=1\Rightarrow\]

\[\Rightarrow\frac{x^2}{b^2}\Big(\frac{b^2}{a^2}-m^2\Big)=1\Rightarrow x=\pm\frac{b}{\sqrt{\frac{b^2}{a^2}-m^2}}\]

Da questa scrittura risulta chiaro che se la radice quadrata esiste ed è distinta da 0, cioè

\[m^2\lt\frac{b^2}{a^2}\Rightarrow-\frac{b}{a}\lt m\lt\frac{b}{a}\]

allora l’iperbole s’interseca in due punti con la retta $y=mx$, uno per ogni ramo. Qualora invece risultasse \(|m|\ge\frac{b}{a}\) , non ci potrebbe essere alcuna intersezione; dunque l’iperbole non occupa alcun punto della parte di piano spazzata dalle rette i cui coefficienti angolari sono, in valore assoluto, maggiori di quelli degli asintoti, che sono \(m=\pm\frac{b}{a}\) . Il grafico dell’iperbole è quindi, come volevasi, tutto compreso tra le rette \(y=\pm\frac{b}{a}x\).

Osservazione 3: Dall’osservazione 2 discende in particolare il fatto che un’iperbole non ha alcun punto d’intersezione con i suoi asintoti.

Osservazione 4: Quanto detto nell’osservazione 3 si può precisare ulteriormente, in modo tale da giungere alla seguente proprietà fondamentale: il grafico di un’iperbole si avvicina indefinitamente agli asintoti man mano che il generico punto della curva si allontana dall’origine.

Per provarlo consideriamo ancora l’equazione (\(\ref{eq2}\)), questa volta per un punto generico ? appartenente a uno qualsiasi dei quattro quadranti, e modifichiamola nel modo seguente:

\[y=\pm b\sqrt{\frac{x^2}{a^2}-1}\Rightarrow y=\pm\frac{b}{a}x\sqrt{1-\frac{a^2}{x^2}}\]

È chiaro che al crescere di ?, cioè all’allontanarsi di ? dall’origine, il rapporto \(a^2/x^2\) si avvicina sempre più a zero; ciò porta il radicando, e dunque la radice, ad assumere valori indefinitamente vicini a 1. Più tale radice è simile a 1, più l’ordinata del punto ? è vicina a \(\pm\frac{b}{a}x\), che è l’ordinata del punto dell’asintoto avente la medesima ascissa di ?. Questo prova che, come volevamo, all’aumentare di ? i grafici dell’iperbole e dei suoi asintoti si avvicinano indefinitamente ma, come segue dall’osservazione 3, essi non si intersecano mai.

 

Grafico di un ramo dell'iperbole e del suo asintoto

 

Eccentricità dell’iperbole

Definizione 2: Eccentricità.

Si definisce eccentricità ? di un’iperbole il rapporto tra la distanza focale e l’asse trasverso.

 

Eccentricità dell'iperbole

 

 

Osservazione 5: Nel caso di un’iperbole i cui fuochi appartengono all’asse delle ?, essendo l’asse trasverso lungo 2?, l’eccentricità si calcola come ?=?/?. Nell’altro caso risulta naturalmente ?=?/?. Poiché per entrambe le iperboli è sempre vero che la distanza focale è maggiore dell’asse trasverso, necessariamente è verificata le disuguaglianza \(e\ge 1\).

Osservazione 6: L’eccentricità è un parametro numerico che misura la “apertura” di un’iperbole. Nel caso limite ?=1 risulta che la distanza focale è uguale all’asse trasverso; poiché essi sono rispettivamente ipotenusa e cateto di un triangolo rettangolo il cui altro cateto è l’asse non trasverso, per il teorema di Pitagora segue che in questo caso la lunghezza dell’asse non trasverso è nulla. L’iperbole risulta dunque “appiattita” sull’asse cui appartengono i suoi fuochi, e consiste in null’altro che le due semirette di detto asse avente come origini i vertici dell’iperbole.

Se osserviamo poi cosa accade allorché ? assume valori sempre più grandi, cioè come si suole dire ? tende a infinito, ci accorgiamo che ciò significa, supposti fissi i vertici, che i rami dell’iperbole divengono sempre più rettilinei. Al limite, l’iperbole si riduce alle due rette parallele all’asse non trasverso passanti per i suoi vertici.

In entrambi i casi su considerati si dice che l’iperbole è degenere.

 

Altro materiale di supporto

Videolezione sulla iperbole

 

 

 

 

 

 

 

Esercizio proposto

Scritta l’equazione dell’iperbole riferita ai suoi assi di simmetria, avente per asse focale l’asse x, eccentricità \(e=\sqrt{\frac{3}{2}}\) e passante per il punto \(P\Big(3;\frac{\sqrt{2}}{2}\Big)\). Determinare le equazioni delle due circonferenze aventi centro sull’asse y, tangenti agli asintoti dell’iperbole e aventi raggio (\sqrt{6}\).

Trovi la soluzione nel forum di Matematicamente.it.

 

Elementi di un’iperbole

Nel corso di tutta questa scheda considereremo due generiche iperboli $ H_O $ ed $ H_V $

\[ H_O: \frac{x^2}{a^2}-\frac{y^2}{b^2}=1 \,\,\,\, \text{ e } \,\,\,\, H_O: \frac{x^2}{a^2}-\frac{y^2}{b^2}=1 \]

I fuochi della prima appartengono all’asse ?, mentre quelli della seconda giacciono sull’asse ?. Esse consentono di considerare al contempo tutte le iperboli riferite ai propri assi possibili. Quando non ci saranno differenze, parleremo genericamente dell’iperbole ?.

 

Assi di simmetria, vertici e fuochi di un’iperbole

Osservazione 1: Consideriamo i punti \( A_1(-a, 0), A_2(a, 0), B_1(0, b) \) e \( B_2(0, -b) \). Risulta evidente, operando una semplice sostituzione nelle equazioni, che i primi due di essi appartengono ad $ H_O $ ma non ad $ H_V $, mentre per i secondi di essi vale il contrario. Si vede inoltre facilmente che essi sono le uniche intersezioni delle iperboli con gli assi coordinati. Infatti se nell’equazione di $ H_O $ poniamo ?=0, abbiamo

\[\frac{x^2}{a^2}=1\Rightarrow x=\pm a\]

Se invece poniamo ?=0, l’equazione diventa \( – \frac{y^2}{b^2}=1 \), senza soluzioni dal momento che il termine a sinistra è negativo o nullo, mentre quello a destra è strettamente positivo. Un ragionamento speculare può essere svolto per  $ H_V $.

Definizione 1: Vertici di un’iperbole.

Si dice vertice di un’iperbole ciascuna delle sue intersezioni con gli assi coordinati. Dunque per un’iperbole con i fuochi sull’asse ? come $ H_O $ i vertici sono $ A_1 $ e $ A_2 $, mentre per le iperboli come $ H_V $ essi sono $ B_1 $ e $ B_2 $.

 

Vertici di un'iperbole con fuochi sull'asse x delle ascisse

 

Vertici di un'iperbole con fuochi sull'asse y delle ordinate

 

Osservazione 2: Supponiamo che il punto $ P(x_P, y_P) $ appartenga ad ?. Allora è chiaro che anche i punti $ Q(x_P, -y_P), R(-x_P, y_P) $ e $ S(-x_P, -y_P) $ appartengono ad ?, poiché

\[\frac{x^2_P}{a^2}-\frac{y^2_P}{b^2}=1\Rightarrow\frac{(\pm x_P)^2}{a^2}-\frac{(\pm y_P)^2}{b^2}=1\]

Questo dimostra che l’iperbole ?, indipendentemente dai valori assunti da ? e ?, risulta simmetrica rispetto agli assi coordinati. Ciò consente di dare la seguente definizione:

Definizione 2: Asse trasverso e asse non trasverso.

Si chiama asse trasverso di un’iperbole $ H_O $ il segmento $ A_1A_2 $ avente i vertici come estremi, sul prolungamento del quale giacciono i fuochi; è detto invece asse non trasverso il segmento $ B_1B_2 $. Per un’iperbole $ H_V $ le due definizioni sono invertite.

Osservazione 3: Le coordinate dei fuochi dipendono, come sappiamo, dal valore ?. Poiché è noto come questo si ricava a partire da ? e ?, che figurano nell’equazione di ?, possiamo dire senz’altro che

\[\text{per }H_O\Rightarrow F_1(-\sqrt{a^2+b^2},0),F_2(\sqrt{a^2+b^2},0)\]

\[\text{per }H_V\Rightarrow F_1(0,-\sqrt{a^2+b^2}),F_2(0,\sqrt{a^2+b^2})\]

 

Illimitatezza di un’iperbole

Osservazione 4: Vogliamo dimostrare che il grafico dell’iperbole è illimitato, ovvero che esistono punti appartenenti a tale grafico a distanza comunque grande dall’origine degli assi. A questo proposito consideriamo un punto ?(?,?) appartenente all’iperbole $ H_O $ e contenuto nel primo quadrante. Per esso varrà la relazione

\[\frac{x^2}{a^2}-\frac{y^2}{b^2}=1\Rightarrow y=b\sqrt{\frac{x^2}{a^2}-1}\]

La radice quadrata può essere calcolata se e solo se \( x^2/a^2-1\ge 0 \) , il che equivale a dire \(x^2\ge a^2\), ovvero \(|x|\gt a\). Ciò significa che possiamo scegliere ? comunque grande, purché maggiore di ?, e troveremo un valore di ? ad esso corrispondente tale che \(P\in H_O\). Questo prova che il grafico dell’iperbole è illimitato, e incidentalmente anche che esso è tutto esterno alla fascia di piano compresa tra le rette \(x=-a\) e \(x=a\). Da questa osservazione risulta pure che il grafico dell’iperbole non è connesso come quello dell’ellisse o della parabola, cioè che non è composto tutto da un solo “pezzo”, poiché esiste in due parti di piano disgiunte. Dunque ha senso dare la seguente definizione:

Definizione 3: Ramo d’iperbole.

Si chiama ramo ciascuna delle due parti disconnesse in cui risulta diviso il grafico di un’iperbole per mezzo della retta cui appartiene il suo asse non trasverso.

Osservazione 5: Si osservi che un’iperbole, così come anche un’ellisse e una circonferenza, in generale non è una funzione: infatti ad alcuni valori di ? corrispondono più valori differenti di ?, tipicamente simmetrici. Se però ci limitiamo ad osservare uno dei due rami di un’iperbole i cui fuochi sono disposti verticalmente, esso costituisce il grafico di una funzione.

 


Altro materiale di questo sito sull’iperbole

Formulario sull’iperbole

Esercizio sull’iperbole equilatera (dal forum)

 

Definizione ed equazione dell’iperbole

Definizione di iperbole

Definizione 1: Definizione di iperbole come luogo geometrico.

Si chiama iperbole il luogo geometrico dei punti del piano per i quali è costante la differenza delle distanze da due punti fissi distinti, detti fuochi.

Osservazione 1: Perché il luogo geometrico sia non vuoto, è necessario che la costante che indica la differenza delle distanze dai fuochi $ F_1 $ ed $ F_2 $ di un punto ? appartenente all’ iperbole sia minore della lunghezza del segmento $ F_1F_2 $, detta distanza focale. Infatti, qualunque sia il punto ? del piano, per la disuguaglianza triangolare deve risultare

\[ |PF_1-PF_2| \le F_1F_2 \]

nella quale l’uguaglianza vale solo nel caso in cui i tre punti sono allineati.

Osservazione 2: La differenza tra le lunghezze dei due segmenti \( PF_1 \) e \(PF_2 \)deve essere presa in valore assoluto perché, a priori, non sappiamo quale dei due segmenti è più lungo. Ogni iperbole è infatti composta sia di punti ? tali che \( PF_1 \gt PF_2 \) sia di punti ? tali che \( PF_1 \lt PF_2 \).

Osservazione 3: La definizione di iperbole 1 esclude sin dal principio l’eventualità che i fuochi siano coincidenti. In quel caso infatti dovendosi sempre avere \( |PF_1-PF_2| \le F_1F_2 \) e risultando anche \( F_1F_2 = 0 \), avremmo che l’iperbole sarebbe costituita da tutti e soli quei punti tali che \( PF_1=PF_2 \). Dal momento però che i fuochi sono coincidenti, questa relazione è verificata da tutti i punti del piano: ne risulta che il luogo geometrico non rappresenta più ciò che ci eravamo preposti di definire.

 

Equazione dell’iperbole riferita ai propri assi

Metodo per ricavare l’equazione: Per trovare l’equazione dell’iperbole mettiamoci in primo luogo nel caso semplice in cui i fuochi sono posti sull’asse ? e sono equidistanti dall’origine. Se allora diciamo \( F_1F_2 = 2c \), le coordinate dei fuochi saranno \( F_1(-c, 0) \) ed \( F_2(c, 0) \). Detto adesso ? un qualsiasi punto del piano di coordinate ?(?,?), e fissato un numero \( a \lt c \), per la definizione 1 ? apparterrà all’iperbole ? se e solo se

\[ |PF_1-PF_2| = 2a \]

 

Grafico iperbole

 

\[ \Big| \sqrt{(x_P-x_{F_1})^2+(y_P-y_{F_1})^2}-\sqrt{(x_P-x_{F_2})^2+(y_p-y_{F_2})^2} \Big| = 2a \]

\[ \Big| \sqrt{(x+c)^2+y^2}-\sqrt{(x-c)^2+y^2} \Big| = 2a \]

Elevando tutto al quadrato, il valore assoluto scompare è otteniamo

\[ \Big(\sqrt{(x+c)^2+y^2}-\sqrt{(x-c)^2+y^2}\Big)^2 = 4a^2 \]

\[ (x+c)^2+y^2+(x-c)^2+y^2-2\sqrt{[(x+c)^2+y^2][(x-c)^2+y^2]}=4a^2 \]

\[ 2x^2+2c^2+2y^2-2\sqrt{[(x+c)^2+y^2][(x-c)^2+y^2]}=4a^2 \]

\[ x^2+c^2+y^2-\sqrt{[(x+c)^2+y^2][(x-c)^2+y^2]}=2a^2 \]

Isolando la radice ed elevando nuovamente al quadrato, avremo poi

\[ -\sqrt{[(x+c)^2+y^2][(x-c)^2+y^2]}=2a^2-x^2-y^2-c^2 \]

\[ (x^2+c^2+2xc+y^2)(x^2+c^2-2xc+y^2)= \]

\[=4a^4+x^4+y^4+c^4-4a^2x^2-4a^2y^2-4a^2c^2+2x^2y^2+2x^2c^2+2y^2c^2\]

\[x^4+c^4+y^4+2x^2c^2+2x^2y^2+2c^2y^2-4x^2c^2= \]

\[ =4a^4+x^4+y^4+c^4-4a^2x^2-4a^2y^2-4a^2c^2+2x^2y^2+2x^2c^2+2y^2c^2 \]

Dalla quale, semplificando,

\[ 4a^4-4a^2x^2-4a^2y^2-4a^2c^2+4x^2c^2=0 \]

\[ a^4-a^2x^2-a^2y^2-a^2c^2+x^2c^2=0 \]

\[ x^2(c^2-a^2)-a^2y^2=a^2c^2-a^4 \]

Ricordando infine che \( c^2-a^2\gt 0 \), possiamo porre \( b^2=c^2-a^2 \) ed avere così

\[ b^2x^2-a^2y^2=b^2a^2 \]

\[ \begin{equation} \frac{x^2}{a^2}-\frac{y^2}{b^2}=1 \label{eq1} \end{equation} \]

La (\(\ref{eq1}\)) è detta equazione canonica dell’iperbole riferita ai propri assi; mentre il numero ? è la metà della differenza delle distanze di ogni punto dai due fuochi, il numero \( b=\sqrt{c^2-a^2} \) ha un significato geometrico che si capisce meglio studiando le proprietà delle iperboli.

Osservazione 4: Nel caso in cui i fuochi \( F_1 \) ed \( F_2 \) siano presi ancora equidistanti dall’origine, ma situati sull’asse delle ordinate, per semplicità porremo \( |PF_1-PF_2=2b| \). A questo punto, seguendo passaggi molto simili a quelli precedenti e ponendo sempre \( c^2=a^2+b^2 \), otterremo l’equazione

\[ \begin{equation}\frac{x^2}{a^2}-\frac{y^2}{b^2}=-1\label{eq2}\end{equation} \]

con la differenza che mentre nella (\(\ref{eq1}\)) risultava \( c \gt a \), nella (\(\ref{eq2}\)) vale invece \( c \gt b \). Il segno meno scaturisce dall’ultimo passaggio che ha consentito di ottenere la (\(\ref{eq1}\)): com’è chiaro questa inversione di coordinate lascia il termine in $ x^2 $ negativo e quello in $ y^2 $ positivo; la (\(\ref{eq2}\)) viene allora ottenuta semplicemente cambiando i segni a tutta l’equazione. È chiaro infine che in questo caso le coordinate dei fuochi sono \( F_1(0, -c) \) ed \( F_2(0, c) \).

Osservazione 5: Il segno meno inizialmente presente all’interno del valore assoluto viene trasformato in un segno più dalle successive due elevazioni al quadrato. Ciò significa che, a partire dalla seconda elevazione e fino all’ultimo passaggio, i calcoli effettuati sono formalmente identici a quelli svolti per ricavare l’equazione dell’ellisse. Il risultato ottenuto è diverso solo in virtù dell’osservazione 1, che ci consente di adoperare la disuguaglianza triangolare nel “verso opposto”.

 

Altro materiale di supporto

Videolezione sull’iperbole

Videolezione di geometria analitica sull'iperbole

 

 

 

 

 

 

 

Esercizio proposto

Determinare l’equazione dell’iperbole passante per il punto $ A(3, 2) $ avente per asintoti le rette \( y=\pm2x \)

Soluzione


Consulta anche il formulario sull’iperbole.

Se hai dubbi o domande sull’argomento chiedi pure nella sezione geometria e algebra lineare del nostro forum!

 

Problemi ricorrenti sul fascio di parabole

Esempi di problemi sul fascio di parabole

Esempio 1: Trovare il fascio avente fissati punti base.

Siano dati i punti \( A\Big(\frac{1}{2}, 1\Big) \) e \( B(-1, 3) \): il problema che ci proponiamo di risolvere è trovare quel fascio di parabole che li ammette come punti base. Come sappiamo, le parabole che fanno parte di detto fascio sono tutte e sole quelle che passano sia per ? che per ?; una tale parabola avrà generalmente equazione \( y=ax^2+bx+c \), con i coefficienti ?,?,? presi in maniera tale da consentire il passaggio per ? e ?. Impostiamo perciò

\( \begin{cases} 1=a\Big(\frac{1}{2}\Big)^2+b\Big(\frac{1}{2}\Big)+c \\ 3=a(-1)^2+b(-1)+c \end{cases} \Rightarrow \begin{cases} 1=\frac{a}{4}+\frac{b}{2}+c \\ 3=a-b+c \end{cases} \)

Il sistema ottenuto è in tre incognite, ma ha solo due equazioni: non può quindi essere completamente determinato. Questo fatto non ci sorprende: se il sistema fosse stato tale da consentirci di trovare un’unica terna ?,?,? allora sarebbe esistita solo una parabola per ? e ?, e sappiamo che non è vero. Dalle due equazioni date troviamo ? e ? in funzione di ?

\( \begin{cases} a=\frac{10}{3}-2c \\ b=\frac{1}{3}-c \end{cases} \Rightarrow y=\Big(\frac{10}{3}-2c\Big)x^2+\Big(\frac{1}{3}-c\Big)x+c \)

Per ogni valore di ?, l’equazione ottenuta è quella d’una parabola, possibilmente degenere, passante per ? e ?. Sostituendo due valori qualsiasi di ? otteniamo due parabole che possono assumere il ruolo di generatrici del nostro fascio:

\( c=\frac{2}{3} \Rightarrow y=2x^2-\frac{x}{3}+\frac{2}{3} \)

\( c=\frac{8}{3} \Rightarrow y=-2x^2-\frac{7}{3}x+\frac{8}{3} \)

Combinandole con il parametro ? abbiamo infine il risultato:

\( \Phi: y-2x^2+\frac{x}{3}-\frac{2}{3}+k\Big(y+2x^2+\frac{7}{3}x-\frac{8}{3}\Big)=0 \)

Esempio 2: Trovare il fascio avente fissati punto base e retta tangente.

Vogliamo adesso trovare l’equazione del fascio di parabole tangenti nell’origine alla retta ? di equazione \( y=\frac{5}{2}x \). In primo luogo notiamo che il problema è risolubile, poiché il punto di tangenza ? appartiene a ?; se invece ? non fosse stato un punto di ?, nessuna parabola avrebbe potuto esservi ivi tangente.

Notiamo prima di tutto che, non essendo ? una retta parallela all’asse ?, essa non può essere secante in un sol punto a nessuna parabola del tipo \( y=ax^2+bx+c \), per quanto generica. Quindi la condizione di tangenza si riduce a quella d’intersezione in un sol punto, per esprimere la quale imporremo \( \Delta = 0 \) nell’equazione risolutrice del sistema

\( \begin{cases} y=ax^2+bx+c \\ y=\frac{5}{2}x \end{cases} \Rightarrow \frac{5}{2}x-ax^2-bx-c=0  \Rightarrow \)

\( \Rightarrow \Big(\frac{5}{2}-b\Big)^2-4ac=0 \)

Il fatto poi che tale tangenza avvenga proprio nell’origine si riduce all’appartenenza di ? alla parabola. Dunque l’equazione appena ottenuta va messa a sistema con la

\( 0=a(0)^2+b(0)+c \Rightarrow c=0 \)

ottenendo

\( \begin{cases} c=0 \\ \Big(\frac{5}{2}-b\Big)^2-4ac=0 \end{cases} \Rightarrow \begin{cases} c=0 \\ \Big(\frac{5}{2}-b\Big)^2=0 \end{cases}  \Rightarrow \begin{cases} b=\frac{5}{2} \\ c=0 \end{cases} \)

Col che la generica parabola tangente nell’origine a ? avrà equazione \( y=ax^2+\frac{5}{2}x \). Se in tale equazione sostituiamo due valori qualsiasi, ma non nulli, di ?, otteniamo due parabole disponibili per il ruolo di generatrici del nostro sistema. Sostituendo ad esempio \( a=\pm 1 \), abbiamo

\( y=x^2+\frac{5}{2}x \,\,\,\, , \,\,\,\, y=-x^2+\frac{5}{2}x \Rightarrow \)

\( \Rightarrow \Phi: y-x^2-\frac{5}{2}x+k\Big(y+x^2-\frac{5}{2}x\Big)=0 \)

Esempio 3: Trovare il luogo dei vertici delle parabole di un fascio dato.

In questo esempio ci proponiamo di trovare l’equazione della curva composta da tutti e soli quei punti che sono vertici di qualche parabola appartenente ad un dato fascio \( \Phi \). Alle volte esercizi del genere sono riferiti al fuoco anziché al vertice, ma il metodo risolutivo è essenzialmente analogo.

Prendiamo ad esempio il fascio \( \Phi \) ottenuto come risultato dall’esempio precedente, e riscriviamolo in modo da evidenziare i coefficienti dei termini con la ?:

\( \Phi: y=\Big(\frac{1-k}{1+k}\Big)x^2+\frac{5}{2}x \)

Come sappiamo, il vertice di una parabola con asse verticale è \( V\Big(-\frac{b}{2a}, -\frac{\Delta}{4a}\Big) \); dunque la generica parabola di \( \Phi \) avrà vertice

\( V\Big(-\frac{5/2}{2\Big(\frac{1-k}{1+k}\Big)}, -\frac{(5/2)^2}{4\Big(\frac{1-k}{1+k}\Big)}\Big) \Rightarrow V\Big(-\frac{5(1+k)}{4(1-k)}, -\frac{25(1+k)}{16(1-k)}\Big) \)

Se conveniamo di chiamare ? la prima e ? la seconda coordinata del vertice, ciò si scrive

\( x=-\frac{5(1+k)}{4(1-k)} \,\,\,\, , \,\,\,\, y=-\frac{25(1+k)}{16(1-k)} \)

Di qui in avanti il nostro obbiettivo è riuscire a scrivere un’equazione che non contenga la ?, ma solo la ? e la ?: questo sarà il luogo geometrico richiesto. Normalmente ciò si può ottenere risolvendo per ? una delle due equazioni e sostituendo il valore ottenuto nell’altra; qui ci limiteremo a notare che, calcolando il rapporto ?/?,

\( \frac{y}{x}=\frac{25/16}{5/4}=\frac{5}{4} \Rightarrow y=\frac{5}{4}x \)

Cosicché il luogo geometrico ricercato è una retta.

 

Classificazione dei fasci di parabole

I fasci di parabole si dividono in tipi diversi a seconda dei coefficienti delle parabole generatrici. Quando di qui in avanti parleremo di \( \Delta \), ci riferiremo a quello dell’equazione

\[ \begin{equation} (a_1-a_2)x^2+(b_1-b_2)x+(c_1-c_2)=0 \label{eq1} \end{equation} \]

ottenuta per ?=−1 dall’equazione del fascio

\[ \begin{equation} \Phi: (k+1)y=(a_1+ka_2)x^2+(b_1+kb_2)x+(c_1+kc_2) \label{eq2} \end{equation} \]

Nelle immagini, le parabole in nero sono le generatrici del fascio, mentre quelle in grigio tratteggiato sono altre parabole appartenenti al fascio \( \Phi \).

 

Tipo 1: \( a_\ \ne a_2, \Delta \gt 0 \)

Se $a_1 $ ed $ a_2 $ sono distinti, l’equazione (\(\ref{eq1}\)) non si riduce ad una di primo grado; il fatto poi che sia \(\Delta \gt 0 \) assicura l’esistenza di due punti base, che nell’immagine abbiamo indicato con ? e ?. Siccome l’equazione (\(\ref{eq1}\)) si ottiene per ?=−1, essa è una particolare parabola

 

Fascio di parabole con parabola degenere in due rette distinte

 

 

 

 

 

 

 

 

del fascio, che però degenera in due rette: esse sono le rette \( x=x_A \) e \( x=x_B \), in rosso nel grafico. Per \( k = -a_1/a_2 \), l’equazione del fascio (\(\ref{eq2}\)) si riduce a quella di una retta, ovvero a una parabola degenere; poiché deve passare per i punti base, si tratta della retta blu ??. Si noti che non può mai capitare il caso che \( -a_1/a_2=-1 \), perchè per ipotesi è \(a_1 \ne a_2 \).

 

Tipo 2: \( a_1 \ne a_2, \Delta = 0 \).

Questo caso è molto simile al precedente, ma differisce da esso per il fatto che, essendo \( \Delta = 0 \), l’equazione (\(\ref{eq1}\)) ha un solo risultato: ciò implica l’esistenza di un unico punto base ? e che la parabola che prima degenerava in due rette verticali si riduce alla retta \( x=x_T \).

 

Fascio di parabole con parabola degenere in due rette coincidenti

 

 

 

 

 

 

 

 

Poiché, come prima, non può risultare \( -a_1/a_2=-1 \), la retta blu e quella rossa non sono coincidenti; visto che la retta rossa è verticale, quella blu dunque non può esserlo. Essendo la retta blu una parabola del fascio, essa interseca tutte le altre nel solo punto ?; non essendo poi verticale, essa non è secante in un sol punto alle parabole, ma tangente a tutte esse. Ciò dimostra anche che tutte le parabole sono tra loro tangenti in ?.

 

Tipo 3: \( a_1 \ne a_2 , \Delta \lt 0 \).

L’equazione (\(\ref{eq1}\)) in questo caso è di secondo grado, ma non ha soluzioni reali: ciò implica l’inesistenza di punti base, e dunque tutte le parabole sono tra loro disgiunte. La parabola degenere che si ottiene per \( k = -a_1/a_2 \), ovvero la retta blu del grafico, è anch’essa tale da non intersecare alcuna delle parabole del fascio. Si noti altresì che essa è l’unica retta del piano con tale proprietà.

 

Fascio di parabole disgiunte

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tipo 4: \( a_1 = a_2, b_1 \ne b_2 \)

Adesso l’equazione (\(\ref{eq1}\)) non è più di primo secondo grado, ma di primo: dunque essa avrà sempre una e una sola soluzione, ovvero l’ascissa dell’unico punto base ?. Come anche nel caso 2, la retta rossa \( x = x_A \) è una parabola degenere del fascio, ottenuta come al solito ponendo ?=−1. Da questo tipo di fascio in avanti non esistono più le parabole degeneri che indicavamo in blu, poiché l’uguaglianza $ a_1 = a_2 $ implica che \( -a_1/a_2 = -1 \), e perciò esse coincidono con le rette rosse.

 

Fascio di parabole secantesi in un punto

 

 

 

 

 

 

 

 

È poi facile vedere che, qualora esistessero due parametri ℎ e ? tali che le parabole ad essi corrispondenti fossero tangenti in ?, allora una loro combinazione lineare particolare darebbe come risultato la loro comune retta tangente, che sarebbe ancora una parabola del fascio. Siccome tale retta non esiste, possiamo concludere che le parabole di questo tipo di fascio sono tutte secanti in ?.

 

Tipo 5: \( a_1 = a_2, b_1 = b_2 \)

Analizziamo in ultimo il caso in cui i coefficienti delle $ x^2 $ e delle ? delle parabole generatrici sono tra loro uguali; si ricordi che in questo caso si ha certamente \( c_1 \ne c_2 \), altrimenti \( \Pi_1 \) e \( \Pi_2 \) sarebbero la stessa parabola, contro l’ipotesi fatta in definizione 1. Se sostituiamo tali informazioni nell’equazione (\(\ref{eq2}\)) del fascio, abbiamo

\[ \Phi: y=\frac{a_1+ka_1}{k+1}x^2+\frac{b_1+kb_1}{k+1}x+\frac{c_1+kc_2}{k+1} \Rightarrow y=a_1x^2+b_1x+\frac{c_1+kc_2}{k+1} \]

Dunque tutte le parabole del fascio sono tra loro congruenti, e i loro grafici sono tutti traslati verticalmente l’uno rispetto all’altro. Ciò implica, in primo luogo, che essi non si intersecano, e quindi non esistono punti base; inoltre tutte le parabole condividono lo stesso asse di simmetria, corrispondente alla retta viola ? indicata in figura.

 

Fascio di parabole con asse di simmetria condiviso

 

 

 

 

 

 

 

 

Vale la pena evidenziare che in questo caso l’equazione (\(\ref{eq1}\)) diventa impossibile, e quindi non esistono parabole degeneri; in particolare la retta ? non è una parabola degenere del fascio, ma è sia il luogo dei vertici che quello dei fuochi di tutte le parabole.

 

Esercizio proposto

Sia dato il fascio di parabole di equazione \((m+1)x^2-4(m+1)x-(m+1)y+4+5m=0 \):

  1. Studiare il fascio;
  2. Determina la parabola cui appartiene il punto A(3; -3);
  3. Determina la parabola che intercetta sull’asse x un segmento lungo 6;
  4. Determina la parabola che tange la retta \(2x-y-3=0\);
  5. Determina la parabola che forma nel 1° quadrante un triangolo mistilineo di area \(\frac{8}{3}\).

Confronta la tua soluzione con quella (parziale) data nel forum di Matematicamente.

 

Fascio di parabole

Elementi di un fascio di parabole

Definizione 1: Definizione di fascio di parabole

Si considerino due parabole non coincidenti \( \Pi_1 \) e \( \Pi_2 \) entrambe con asse verticale, le cui equazioni siano rispettivamente \( y=a_1x^2+b_1x+c_1 \) e \( y=a_2x^2+b_2x+c_2 \) . Si chiama fascio di parabole di prima generatrice \( \Gamma_1 \) e seconda generatrice \( \Gamma_2 \) la combinazione lineare

\[ \begin{equation} \Phi: y-a_1x^2-b_1x-c_1+ k( y-a_2x^2-b_2x-c_2)=0 \label{eq1} \end{equation} \]

con ? parametro reale.

Osservazione 1: Se nell’equazione (\(\ref{eq1}\)) del fascio svolgiamo i calcoli e mettiamo in evidenza possiamo ottenere, qualora sia \( k \ne -1 \),

\[ \begin{equation} \Phi: y=\frac{a_1+ka_2}{k+1}x^2+\frac{b_1+kb_2}{k+1}x+\frac{c_1+kc_2}{k+1} \label{eq2} \end{equation} \]

Questa maniera di scrivere l’equazione del fascio \( \Phi \) sottolinea come, al variare di \( k \in \mathbb{R}, k \ne -1 \), esso descriva una famiglia infinita di parabole, la cui equazione canonica è la (\(\ref{eq2}\)).

Osservazione 2: Se nell’equazione (\(\ref{eq1}\)) del fascio si sostituisce ?=0, quella che si ottiene è una parabola particolare, la prima generatrice \( \Gamma_1 \). Non esiste invece valore di ? tale da far ottenere la seconda generatrice \( \Gamma_2 \): in verità si dice, anche se a questo punto del corso di studi non si è nelle condizioni di capire bene il perché, che \( \Gamma_2 \) si ottiene per \( k = \infty \). Ad ogni buon conto i ruoli delle due generatrici non sono simmetrici, il che giustifica i nomi con cui vengono distinte.

Osservazione 3: Proviamo a prendere due qualsiasi parabole di \( \Phi \) e a intersecarle. Otterremo così, fissati due parametri reali ? e ℎ distinti da −1 e diversi tra loro, il sistema

\[ \begin{cases} \Pi_K \\ \Pi_H \end{cases} \Rightarrow \begin{cases} y=\frac{a_1+ka_2}{k+1}x^2+\frac{b_1+kb_2}{k+1}x+\frac{c_1+kc_2}{k+1} \\ y=\frac{a_1+ha_2}{h+1}x^2+\frac{b_1+hb_2}{h+1}x+\frac{c_1+hc_2}{h+1} \end{cases} \]

Sottraendo la seconda equazione dalla prima, otteniamo che una delle equazioni a nostra scelta può essere sostituita dalla

\[ \Big(\frac{a+ka_2}{k+1}-\frac{a_1+ha_2}{h+1} \Big)x^2+\Big(\frac{b+kb_2}{k+1}-\frac{b_1+hb_2}{h+1} \Big)x+\Big(\frac{c+kc_2}{k+1}-\frac{c_1+hc_2}{h+1} \Big) = 0 \]

nella quale non compare più l’incognita ?. Svolgendo i conti in parentesi, si ha infine

\[ \begin{equation} (a_1-a_2)x^2+(b_1-b_2)x+(c_1-c_2) \label{eq3} \end{equation} \]

ossia un’equazione di secondo grado in ? nella quale non compaiono più i parametri ℎ e ?.

Le soluzioni di tale equazione, che possono essere due, una o nessuna a seconda del valore di \( \Delta \), costituiscono le ascisse dei punti d’intersezione delle parabole \( \Pi_K \) e \( \Pi_H \), ma non dipendono né da ?, nè da ℎ. Ciò significa che, se ci sono delle soluzioni, tutte le parabole del fascio si intersecano in tutti e soli quei punti, mentre se non ci sono soluzioni tutte le parabole del fascio sono tra loro disgiunte.

Definizione 2: Definizione di punti base

Si chiamano punti base di un fascio di parabole \( \Phi \) i punti d’intersezione comuni a tutte le parabole del fascio. Essi possono essere in numero di 0, 1 o 2.

Osservazione 4: In virtù dell’osservazione 3, la definizione di punti base è lecita, in quanto tutte le parabole del fascio si intersecano negli stessi punti. Poiché tali punti si possono trovare intersecando due qualsiasi delle parabole del fascio, essi sono anche i punti d’intersezione delle generatrici \( \Pi_1 \) e \( \Pi_2 \).

Definizione 3: Definizione di parabola degenere

Si chiama parabola degenere qualsiasi curva descritta da un dato fascio di parabole la cui equazione non possa essere scritta nella forma \( y=ax^2+bx+c \).

Osservazione 5: Se ad esempio nella (\(\ref{eq1}\)) sostituiamo ?=−1, quel che otteniamo è una equazione di secondo grado nell’incognita ?, che è una parabola degenere; lo stesso si verifica sostituendo \( k = -a_1/a_2 \) nella (\(\ref{eq2}\)), ottenendo però un’equazione di primo grado. Nel primo caso si dice che la parabola degenera in una coppia di rette, le quali possono essere coincidenti; nel secondo caso la parabola degenere invece è una sola retta.

 

Esempi di determinazione degli elementi di un fascio di parabole

Esempio 1: Si trovino le generatrici, i punti base e le eventuali parabole degeneri del fascio di equazione \( \Phi: y=\frac{2+k}{k+1}x^2+\frac{8-3k}{2+2k}x-3 \).

Prima di tutto troviamo le generatrici \( \Pi_1 \) e \( \Pi_2 \); per riuscirci occorre mettere ? in evidenza nell’equazione del fascio, dopo aver svolto il minimo comune multiplo:

\( y-\frac{2+k}{k+1}x^2-\frac{8-3k}{2+2k}x+3=0 \)

\( \frac{2ky+2y-4x^2-2kx^2-8x+3kx+6+6k}{2k+2}=0 \Rightarrow k(2y-2x^2+3x+6)=4x^2+8x-2y-6 \)

\( k\Big(y-x^2+\frac{3}{2}x+3 \Big)+(y-2x^2-4x+3)=0 \)

Sostituendo ?=0 otteniamo l’equazione della prima generatrice, \( \Pi_1: y=2x^2+4x-3 \); il fattore di ?, per contro, è l’equazione della seconda generatrice: \( \Pi_2: y=x^2-\frac{3}{2}x-3 \).

In virtù dell’osservazione 4, i punti base si possono trovare semplicemente intersecando le equazioni di \( \Pi_1 \) e \( \Pi_2 \). Procedendo in questo modo si ha

\(\begin{cases} y=2x^2+4x-3 \\ y=x^2-\frac{3}{2}x-3 \end{cases} \Rightarrow \begin{cases} x^2+\frac{11}{2}x=0 \\ y=-7x-3 \end{cases} \Rightarrow \)

\( \Rightarrow \begin{cases} x=0 & , & x=-\frac{11}{2} \\ y=-3 & , & y=\frac{71}{2} \end{cases} \)

cosicché i punti base sono ?(0,−3) e \( B\Big(-\frac{11}{2},\frac{71}{2} \Big) \). Seguendo poi il ragionamento esposto nel corso dell’osservazione 5, troviamo infine le equazioni delle parabole degeneri; esse corrispondono ai valori di ? pari a −1 e a \( -a_1/a_2 \), che in questo caso fa −2. Sostituendo avremo

\( k=-1 \Rightarrow -\Big(y-x^2+\frac{3}{2}x+3 \Big)+(y-2x^2-4x+3)=0 \Rightarrow \)

\( \Rightarrow x^2+\frac{11}{2}x=0 \)

\( k=-2 \Rightarrow -2\Big(y-x^2+\frac{3}{2}x+3 \Big)+(y-2x^2-4x+3)=0 \Rightarrow \)

\( \Rightarrow y+7x+3=0 \)

La prima equazione corrisponde a due rette verticali di equazioni ?=0, \(x=-\frac{11}{2}\) , mentre la seconda è l’equazione di una retta. Ci sono dunque due parabole degeneri: la prima è la coppia di rette parallele, la seconda è la terza retta.

Osservazione 6: Al lettore non sarà sfuggito che le equazioni delle parabole degeneri dell’ esercizio precedente sono le stesse che abbiamo intersecato nel secondo passaggio volto ad ottenere i punti base. Ciò non costituisce un caso fortuito, ma è un’eventualità che si presenta per ogni fascio di parabole.

 

Altro materiale di supporto

Esercizio proposto

Dato il fascio di parabole \( y=ax^2+(1-4a)x-(1-4a) \) determinare: 1) i punti base del fascio; 2) il luogo dei vertici delle diverse parabole del fascio; 3) le tangenti alle parabole del fascio nei punti base dello stesso. Dal risultato ottenuto cosa si può dedurre?

Soluzione nella videolezione sul sito delle lezioni

Sei in difficoltà con l’esercizio? Chiedi aiuto nella sezione “Geometria e algebra lineare” del forum di Matematicamente!

 

Posizioni reciproche di una retta e una parabola

Definizioni

Definizione 1: Definizione di retta esterna

Una retta si dice esterna a una parabola data se esse non hanno punti in comune.

Definizione 2: Definizione di retta tangente

Una retta si dice tangente a una parabola data se esse hanno uno e un solo punto in comune e la retta si trova tutta in una sola delle due parti in cui la parabola divide il piano. Il punto comune è detto di tangenza.

Definizione 3: Definizione di retta secante

Una retta si dice secante a una parabola data se essa ha punti da entrambe le parti in cui la parabola divide il piano. I punti in comune tra la retta e la parabola sono generalmente detti d’intersezione.

 

Rette secanti una parabola

 

 

 

 

 

 

 

 

Osservazione 1: Nell’immagine superiore la retta ? è esterna, e infatti non ha punti in comune con la parabola; la retta ? è tangente, visto che ha solo il punto ? in comune con la parabola e giace tutta dalla stessa parte di piano. Le rette ? e ? sono invece secanti, in quanto esse hanno punti tanto al di sopra, quanto al di sotto del grafico della parabola. Si noti che mentre ? ha due punti ? e ?′ in comune con la parabola, ? ne ha uno solo, ?. Questa eventualità è nuova, e non poteva verificarsi con le circonferenze.

Osservazione 2: Troviamo quali condizioni deve soddisfare il coefficiente angolare di una retta ? passante per un punto di una data parabola per essere secante ad essa in un sol punto. Per comodità fisseremo la parabola \( \Pi \) con asse verticale, e dal momento che le proprietà d’intersezione non dipendono dalla posizione nel piano delle curve, potremo prendere \( \Pi: y=ax^2 \): tutte le parabole possono infatti ridursi a una scrittura del genere tramite una semplice traslazione. Detto \( P(\overline{x},a\overline{x}^2) \) il punto della parabola per cui passa la retta, risulterà \( r: y-a\overline{x}^2=m(x-\overline{x}) \). Le sue intersezioni con \( \Pi \) saranno allora

\[ \begin{cases} r \\ \Pi \end{cases} \Rightarrow\begin{cases} y-a\overline{x}^2=m(x-\overline{x}) \\ y=ax^2 \end{cases} \Rightarrow ax^2-a\overline{x}^2=m(x-\overline{x})  \]

Quest’ultima equazione si riscrive come \(a(x+\overline{x})(x-\overline{x})=m(x-\overline{x}) \), che si risolve di certo per \( x_1=\overline{x} \), soluzione questa corrispondente al punto ?; resta poi \( a(x+\overline{x})=m \), da cui risulta che la seconda soluzione è \( x_2=\frac{m}{a}-\overline{x} \). Ma noi vogliamo che esista un’unica soluzione, quindi dovrà essere \( x_1=x_2 \Rightarrow \frac{m}{a}-\overline{x}=\overline{x} \Rightarrow m=2a\overline{x} \).

Da questi calcoli risulta che esiste un’unica retta del tipo \( y=mx+q \) che interseca \( \Pi \) in un sol punto, quella corrispondente al coefficiente angolare ? trovato. Poiché ci aspettavamo di trovare almeno la retta tangente e abbiamo trovato una sola retta, quella trovata dev’essere per forza la tangente in ?. Dunque se una retta secante in un sol punto la parabola esiste, essa non si scrive come \( y=mx+q \). Poiché solo le rette parallele all’asse delle ordinate non sono di questo tipo, e poiché certamente dal fatto che Π è una funzione segue che queste rette intersecano la parabola in un sol punto, possiamo dedurre che le rette secanti in un sol punto la parabola sono tutte e sole le parallele all’asse ?.

 

Esempi di determinazione della retta tangente

Esempio 1: Si trovino, se esistono, le tangenti alla parabola \( \Pi: y=2x^2+3x-5 \) passanti per il punto ?(?,?).

Poiché il punto ?, come facilmente si verifica per via algebrica o grafica, giace nella parte di piano esterna rispetto alla parabola, la situazione richiesta dal problema è la stessa che è rappresentata nella figura seguente:

 

Rette tangenti a una parabola passanti per un punto

 

 

 

 

 

 

 

Ci aspettiamo perciò di trovare due rette tangenti. Per risolvere il problema, costruiamo prima di tutto il fascio proprio di rette di centro ?, che ha equazione \( \Phi: y=m(x-2) \); intersechiamo adesso tale fascio con la parabola e troviamo i valori di ? tali che esista una sola soluzione:

\( \begin{cases} y=m(x-2) \\ y=2x^2+3x-5 \end{cases} \Rightarrow 2x^2+3x-5=mx-2m \Rightarrow \)

\( \Rightarrow 2x^2+(3-m)x+(2m-5)=0 \)

\( \Delta=0 \Rightarrow (3-m)^2-4\cdot 2 \cdot(2m-5)=0 \Rightarrow m^2-22m+49=0 \)

Da cui otteniamo le soluzioni \( m = 11\pm6\sqrt{2} \). Questi sono i coefficienti angolari delle due rette tangenti cercate, ed il problema è risolto.

Esempio 2: Si trovino, se esistono, le tangenti alla parabola \( \Pi: y=\frac{1}{2}x^2-\frac{1}{3}x+\frac{1}{6} \) passanti per il punto ?(−?,?).

Questa volta risulta che il punto ? appartiene alla parabola: infatti si può calcolare che \( \frac{(-1)^2}{2}-\frac{1}{3}(-1)+\frac{1}{6}=\frac{1}{2}+\frac{1}{3}+\frac{1}{6}=\frac{3+2+1}{6}=1 \). Allora la situazione qui esemplificata è simile a quella riportata in figura

 

Retta tangente a una parabola

 

 

 

 

 

 

 

e ci aspettiamo perciò l’esistenza di una sola retta tangente. Per trovarla procediamo come nell’esempio 1: scriviamo in primo luogo l’equazione del fascio proprio di rette per ?

\( \Phi: y-1=m(x+1) \Rightarrow y=mx+m+1 \)

quindi la intersechiamo con la parabola \( \Pi \), imponendo poi che la soluzione sia unica:

 

\( \begin{cases}y=\frac{1}{2}x^2-\frac{1}{3}x+\frac{1}{6} \\ y=mx+m+1 \end{cases} \Rightarrow mx+m+1=\frac{3x^2-2x+1}{6} \Rightarrow \)

\( \Rightarrow 3x^2-2x(1+3m)-(6m+5)=0 \)

\( \Delta/4=0 \Rightarrow (1+3m)^2+3(6m+5)=0 \Rightarrow 9m^2+24m+16=0 \Rightarrow (3m+4)^2=0 \)

Com’è noto, quest’ultima equazione ha la sola soluzione \( m=-\frac{4}{3} \) , che è il coefficiente angolare dell’unica retta tangente a \( \Pi \) passante per ?; ciò risolve il problema.

Osservazione 3: Nei casi dei due esempi precedenti risulta che esistono due tangenti a una parabola passanti per un punto esterno, mentre ne esiste una sola passante per un punto appartenente alla parabola (il secondo di questi fatti seguiva già dall’osservazione 2). Ciò non è dovuto ai particolari esempi prescelti, ma è vero in senso generale.

 

Problemi ricorrenti sulla parabola

Esempi di problemi sulla parabola

Esempio 1: Trovare il vertice, il fuoco, la retta direttrice e l’asse di simmetria della parabola di equazione \( y=\frac{1}{4}x^2+x+2 \) .

Per risolvere questo problema basta solo applicare le formule note riguardo le parabole; in particolare in questo caso, visto che la parabola è della forma \( y=ax^2+bx+c \), servono quelle relative alle parabole con asse di simmetria parallelo all’asse ?. Dunque diremo prima di tutto che \( \Delta=b^2-4ac=1-4\cdot\frac{1}{4}\cdot 2=1-2=-1 \), e poi calcoleremo

\( F\Big(-\frac{b}{2a}, \frac{1-\Delta}{4a} \Big) \Rightarrow F\Big(-\frac{1}{2/4}, \frac{1+1}{4/4} \Big) \Rightarrow F(-2, 2) \)

\(V\Big(-\frac{b}{2a}, -\frac{\Delta}{4a} \Big) \Rightarrow V(-2, 1) \)

\( \text{direttrice: } y=-\frac{1+\Delta}{4a}=0 \,\,\,\, , \,\,\,\, \text{asse: } x=-\frac{b}{2a}=-2\)

Esempio 2: Trovare l’equazione della parabola avente fuoco \( F\Big(1, \frac{3}{4}\Big) \) e direttrice \( x=-1 \).

Dal momento che la direttrice è una retta parallela all’asse delle ?, l’asse di simmetria della parabola cercata sarà parallelo all’asse delle ascisse; poiché inoltre ? non appartiene a ?, il problema ammette una soluzione non degenere. Ricordando che in questo caso risulta

\(F\Big(\frac{1-\Delta}{4a}, -\frac{b}{2a}\Big)\,\,\, , \,\,\, d: x=-\frac{1+\Delta}{4a} \)

abbiamo subito tre equazioni da mettere a sistema:

\( \begin{cases} \frac{1-\Delta}{4a}=1 \\ -\frac{b}{2a}=\frac{3}{4} \\ -\frac{1+\Delta}{4a}=-1 \end{cases} \Rightarrow \begin{cases} 1-\Delta=4a \\ -2b=3a \\ 1+\Delta=4a \end{cases}\)

Dal confronto della prima e della terza ricaviamo immediatamente che \( a = \frac{1}{4} \) e \( \Delta = 0 \). Quindi dalla seconda scriveremo che \( b=-\frac{3}{2}a=-\frac{3}{2}\cdot\frac{1}{4}=-\frac{3}{8} \), e siccome \( \Delta=b^2-4ac\), concluderemo che \( 0 = \Delta=b^2-4ac=\frac{9}{64}-4\cdot\frac{1}{4}\cdot c \Rightarrow c=\frac{9}{64} \). L’equazione ricercata è allora \( \Pi: y=\frac{1}{4}x^2-\frac{3}{8}x+\frac{9}{64} \).

Esempio 3: Trovare l’equazione della parabola avente fuoco \( F(7,1) \) e vertice \( V\Big(7, \frac{1}{2}\Big) \).

È noto che una delle proprietà dell’asse di simmetria di una parabola è di passare sia per il suo vertice che per il suo fuoco. Calcolando la retta ?? otterremo perciò facilmente che l’asse di simmetria è $ x=7 $, una retta parallela all’asse ?; ciò significa che la parabola avrà forma \( \Pi: y=ax^2+bx+c \), e non ci resta che trovarne i tre parametri. Mettiamo a sistema le informazioni note, come nel caso dell’esempio 2:

\( \begin{cases}x_F=x_V=7 \\ y_F=1 \\ y_V=\frac{1}{2} \end{cases} \Rightarrow \begin{cases} -\frac{b}{2a}=7 \\ \frac{1-\Delta}{4a} = 1 \\ -\frac{\Delta}{4a}=\frac{1}{2} \end{cases} \Rightarrow \begin{cases} b=-14a \\ 1-\Delta=4a \\ \Delta=-2a \end{cases} \)

Dalla seconda e dalla terza equazione ricaviamo che \( a=\frac{1}{2}, \Delta=-1 \). Ciò sostituito nella prima equazione ci dice che ?=−7, e dall’equazione del \( \Delta \) ricaviamo ?:

\( \Delta = b^2-4ac \Rightarrow c=\frac{b^2-\Delta}{4a}=\frac{49+1}{2}=25 \Rightarrow \Pi: y=\frac{x^2}{2}-7x+25 \)

Esempio 4: Trovare una parabola che passa per tre punti fissati ?,?,?.

La risoluzione di questo problema non è tanto semplice come nel caso della circonferenza per tre punti, ma occorre invece distinguere più casi. In primo luogo, se ?,? e ? fossero allineati, certamente non vi sarebbe alcuna parabola che li attraversa tutti e tre: dunque prima di tutto bisogna calcolare l’equazione della retta ??, e sincerarsi che ? non le appartenga, poiché solo in questo caso il problema può avere soluzione.

Supponiamo ora che due dei punti dati, per fissare le idee diremo ? e ?, abbiano la stessa ascissa. Poiché una parabola con asse parallelo alle ordinate è una funzione di ?, di sicuro non apparterranno al suo grafico due punti verticalmente allineati come ? e ?; dunque se una parabola per ?, ? e ? esiste, in questo caso sarà con asse orizzontale. Similmente se due dei punti, diciamo ? e ?, condividono l’ordinata, non esisterà alcuna parabola con asse orizzontale che passa per ?, ? e ?  contemporaneamente, ma potrebbe esisterne una con asse parallelo alle ordinate. Ne consegue che se i punti ?, ? e ? sono i vertici di un triangolo rettangolo con i cateti paralleli agli assi coordinati, il che significa che una coppia di punti ha la stessa ascissa e una coppia di punti ha la stessa ordinata, non esisteranno parabole per ?, ?, ? nè ad asse verticale, nè ad asse orizzontale; neanche in questo caso il problema ha soluzione.

Se però ?, ?, ? non sono allineati e hanno coordinate tutte distinte, esistono esattamente due diverse parabole che li attraversano tutti e tre: una ad asse verticale e una ad asse orizzontale.

Esempio 5: Trovare le equazioni della parabole passanti per ?(?,?), ?(−?,?) e ?(?,?).

Come discusso nell’esempio 4, per prima cosa controlleremo che i tre punti non giacciano tutti sulla stessa retta. Dal momento che la retta ?? ha equazione $ y = 3 $, certamente ? non le appartiene, e quindi i tre punti non sono allineati. Però è anche evidente che ? e ? hanno la stessa ordinata, e quindi di certo non esiste alcuna parabola ad asse orizzontale che sia soluzione del nostro problema: la parabola avrà forma \( \Pi: y=ax^2+bx+c \).

Per trovare i tre parametri ?,?,? non resta che scrivere e risolvere il sistema costituito dalle condizioni di appartenenza di ?,? e ? a \( \Pi \):

\( \begin{cases} 3=c \\ 3=a(-2)^2+b(-2)+c \\ 6=a+b+c \end{cases} \Rightarrow\begin{cases} c=3 \\4a-2b+c=3 \\ a+b=6-c \end{cases} \Rightarrow \)

\( \Rightarrow\begin{cases} c=3 \\ 2a=b \\ a+b=3 \end{cases} \Rightarrow\begin{cases} a=1 \\ b=2 \\ c=3 \end{cases} \)

Cosicché \( \Pi: y=x^2+2x+3 \).

 

Altro materiale di supporto

Videolezioni di geometria analitica

 

Equazione della parabola

Definizione di parabola

Definizione 1: Definizione di parabola

Siano fissati una retta ? e un punto ?. Si chiama parabola di retta direttrice ? e fuoco ? il luogo geometrico dei punti del piano equidistanti da ? e da ?.

Definizione 2: Vertice di una parabola

Data una parabola \( \Pi \) di direttrice ? e fuoco ?, si chiama vertice della parabola il punto ? ad essa appartenente che si trova a minima distanza dalla retta direttrice e dal fuoco.

Definizione 3: Asse di simmetria di una parabola

Data una parabola \( \Pi \) di direttrice ? e fuoco ?, si chiama asse di simmetria della parabola la retta ? perpendicolare alla direttrice e passante per il fuoco (e dunque inevitabilmente anche per il vertice).

Osservazione 1: Se vale la relazione \( F \in d \), cioè se il Fuoco appartiene alla direttrice, allora il luogo geometrico è banalmente la retta perpendicolare a ? passante per ?. Si suole dire che questa retta è una parabola degenere. In questo caso naturalmente il vertice, dovendosi trovare a distanza minima dal fuoco e potendovi coincidere, è ?=?; inoltre l’asse di simmetria della parabola coincide con la stessa parabola degenere.

Osservazione 2: L’asse di simmetria è così chiamato, com’è semplice immaginare, perché il grafico della parabola risulta simmetrico rispetto ad esso. Ciò significa che se un punto ? appartiene alla parabola \( \Pi \), allora anche il suo riflesso ?′ rispetto alla retta ? appartiene a \( \Pi \). D’altra parte, essendo $ d _|_ a $, la distanza tra ? e la retta direttrice è identica a quella tra ?′ e la retta direttrice; inoltre, visto che \( F \in a \), necessariamente ??=?′?. Allora

\[ \text{dist}(P’, d) = \text{dist}(P, d) = PF = P’F \]

col che le distanze di ?′ dalla retta direttrice e dal fuoco sono uguali, e \( P’ \in \Pi \).

 

Equazione della parabola con asse di simmetria parallelo all’asse ?

Metodo per ricavare l’equazione: Concentriamoci per il momento su di una parabola non degenere il cui asse di simmetria sia parallelo all’asse delle ordinate; ciò, in virtù della definizione 3, implica che la direttrice è una retta parallela all’asse delle ascisse, cioè che essa è \( d: y = y_d\) , con $y_d$ un fissato numero reale. Il fuoco sia invece il punto \( F(x_F, y_F) \).

Se adesso un generico punto ?(?,?) appartiene alla parabola, dovrà risultare ????(?,?)=??; esplicitando questa affermazione in formule, avremo

\[ |y-y_d|=\sqrt{(x-x_F)^2+(y-y_F)^2} \]

Calcolando i quadrati di entrambi i membri di questa equazione e isolando l’incognita ? al primo membro otterremo quindi

\[ (y-y_d)^2=(x-x_F)^2+(y-y_F)^2 \]

\[ y^2+y^2_d-2yy_d=x^2+x^2_F-2xx_F+y^2+y^2_F-2yy_F \]

\[ 2yy_F-2yy_d=x^2+x^2_F-2xx_F-y^2_d+y^2_F \]

\[ 2y(y_F-y_d)=x^2-2xx_F+(x^2_F+y^2_F-y^2_d) \]

Se la parabola non è degenere, per l’osservazione 1 ? non appartene a ?; ne consegue che \( y_F \ne y_d \), e quindi si possono dividere ambo i membri dell’ultima equazione per il valore non nullo \( 2(y_F-y_d) \), ottenendo

\[ \begin{equation} y=\frac{1}{2(y_F-y_d)}x^2-\frac{x_F}{y_F-y_d}x+\frac{(x^2_F+y^2_F-y^2_d)}{2(y_F-y_d)} \label{eq1} \end{equation} \]

La (\(\ref{eq1}\)) è la generica equazione di una parabola non degenere con asse parallelo all’asse ?. Più semplicemente, essa si scriverà come \( y=ax^2+bx+c \) una volta fatte le posizioni

\[ a=\frac{1}{2(y_F-y_d)} \,\,\,\, , \,\,\,\, b=-\frac{x_F}{y_F-y_d} \,\,\,\,\ , \,\,\,\, c=\frac{(x^2_F+y^2_F-y^2_d)}{2(y_F-y_d)} \]

Osservazione 3: Notiamo subito che, per il modo in cui è definito, \( a \ne 0 \). D’altro canto, se risultasse ?=0 l’equazione (\(\ref{eq1}\)) diventerebbe di primo grado, e finirebbe dunque come sappiamo col rappresentare una retta.

Osservazione 4: Il fatto che l’asse di simmetria sia parallelo all’asse ? e che esso passi per il fuoco ci dice che l’equazione dell’asse è \( x = x_F \). Scritta in funzione dei parametri ?,?,? che definiscono la parabola, essa diventa \( x=-\frac{b}{2a} \); è infatti facile vedere che

\[ -\frac{b}{2a}=-\Big(-\frac{x_F}{y_F-y_d}\Big):\Big(\frac{2}{2((y_F-y_d)}\Big)=\frac{x_F}{y_F-y_d}(y_F-y_d)=x_F \]

Osservazione 5: È possibile scrivere l’equazione della retta direttrice in funzione di ?,?,?. Essa risulta essere \( y =-\frac{1+b^2+4ac}{4a} \), o come anche si suole scrivere \( y = -\frac{1+\Delta}{4a} \), avendo posto come al solito \( \Delta = b^2-4ac \). Infatti

\[ -\frac{1+\Delta}{4a} = -\frac{1+b^2-4ac}{4a}=-\frac{1}{4a}-a\Big(-\frac{b}{2a}\Big)^2+c = \]

\[ = \frac{y_d-y_F}{2}-\frac{x^2_F}{2(y_F-y_d)}+\frac{(x^2_F+y^2_F-y^2_d)}{2(y_F-y_d)}=\frac{y_d-y_F}{2}+\frac{y^2_F-y^2_d}{2(y_F-y_d)}=\frac{y_F+y_d}{2}+\frac{y_d-y_F}{2}=y_d \]

Osservazione 6: L’ordinata del fuoco può essere trovata come \( y_F=\frac{1-\Delta}{4a} \), poichè grazie all’osservazione 5 possiamo scrivere direttamente, senza tanti calcoli,

\[ \frac{1-\Delta}{4a}=\frac{2}{4a}-\frac{1+\Delta}{4a}=\frac{1}{2a}+y_d=(y_F-y_d)+y_d=y_F \]

Osservazione 7: L’ordinata del vertice si trova con la seguente considerazione: poiché il fuoco e il vertice appartengono entrambi all’asse di simmetria, il quale è perpendicolare alla direttrice, che è a sua volta parallela all’asse ?, le distanze del vertice dal fuoco e dalla direttrice si trovano semplicemente sottraendo tra loro le ordinate. Siccome però il vertice appartiene alla parabola, le due distanze devono essere uguali, e perciò

\[ y_V-y_d = y_F-y_V \Rightarrow y_V=\frac{(y_F-y_d)}{2}=\frac{1}{2}\Big(\frac{1-\Delta}{4a}-\frac{1+\Delta}{4a}\Big)=-\frac{\Delta}{4a} \]

Osservazione 8: Riassumiamo qui tutto quanto trovato nel corso di questo paragrafo, e confrontiamolo con il grafico di una parabola con asse parallelo all’asse ?:

 

Grafico della parabola

 

 

 

 

 

 

 

 

 

\[ \Pi: y=ax^2+bx+c\,\,\,\,\, ,\,\,\,\,\,  a \ne 0 \]

\[ F\Big(-\frac{b}{2a}, \frac{1-\Delta}{4a}\Big) \,\,\, , \,\,\, V\Big(-\frac{b}{2a}, -\frac{\Delta}{4a}\Big) \,\,\, , \,\,\, \text{direttrice: } y=-\frac{1+\Delta}{4a} \,\,\, , \,\,\, \text{asse: } x=-\frac{b}{2a} \]

 

Equazione della parabola con asse di simmetria parallelo all’asse ?

Osservazione 9: Vogliamo adesso interessarci del caso di una parabola avente l’asse di simmetria parallelo all’asse delle ascisse. Come il lettore non stenterà a credere, tanto il metodo che consente di ricavare l’equazione della parabola a partire dalla definizione, tanto i risultati ottenuti riguardo gli elementi della parabola sono del tutto simmetrici a quelli del caso in cui l’asse di simmetria è parallelo all’asse delle ordinate. Ci limiteremo quindi ad elencarli:

 

Parabola con asse di simmetria parallelo all'asse dell'ascisse

 

 

 

 

 

 

 

 

\[ \Pi: x=ay^2+by+c\,\,\,\,\, ,\,\,\,\,\,  a \ne 0 \]

\[ F\Big(\frac{1-\Delta}{4a},-\frac{b}{2a} \Big) \,\,\, , \,\,\, V\Big(-\frac{\Delta}{4a},-\frac{b}{2a} \Big) \,\,\, , \,\,\, \text{direttrice: } x=-\frac{1+\Delta}{4a} \,\,\, , \,\,\, \text{asse: } y=-\frac{b}{2a} \]

Osservazione 10: L’unica sostanziale differenza tra i due casi osservati è che, mentre nel primo caso l’equazione ottenuta era quella di una funzione di ?, nel secondo caso ciò non è vero: una parabola con asse parallelo all’asse delle ? non è una funzione. Infatti, com’è facile vedere dal grafico, per ogni valore di \( x \gt x_V \) ci sono due differenti valori di ? che gli corrispondono, uno al di sopra e uno al di sotto dell’asse di simmetria. Quando, per applicazioni più avanzate, si adopera una parabola di questo tipo, ci si riferisce solitamente alla funzione costituita dal suo solo ramo superiore.

 

Altro materiale di supporto

 

 

 

 

 

 

 

Videolezione sulla parabola

 

Esempi di problemi sulle intersezioni dell’ellisse

Intersezioni tra una retta e un’ellisse

Esempio 1: Trovare le tangenti all’ellisse di equazione $ 9x^2+y^2-18x-10y=-25 $ condotte dai punti \( A(4, 5), B\Big(\frac{3}{2}, 5-\frac{3\sqrt{3}}{2}\Big) \) e \( C(1, 6) \).

Per risolvere questo problema seguiremo lo stesso procedimento per ciascun punto, ma otterremo tre risultati diversi. Ciò è dovuto al fatto che i tre punti si trovano in posizioni differenti del piano rispetto all’ellisse: il punto ? è esterno, ? è interno e ? appartiene all’ellisse stessa. Il procedimento è il seguente: dopo aver considerato il fascio proprio di rette centrato nel punto desiderato, intersecheremo la generica retta del fascio con l’ellisse e porremo uguale a zero il discriminante della risolvente. In tal modo, avendo imposto la condizione di tangenza, troveremo solo quei valori di ? corrispondenti alle eventuali rette tangenti.

Il fascio proprio di rette passante per il punto ? ha equazione

\( \Phi_A: y = 5 + m(x-4) \)

Intersecando tale equazione con l’equazione dell’ellisse e ponendo \( \Delta = 0 \) nella risolvente,

\( \begin{cases} \Phi_A \\ E \end{cases} \Rightarrow \begin{cases} y=5+m(x-4) \\ 9x^2+y^2-18x-10y+25=0 \end{cases} \)

\( 9x^2+25+m^2(x^2+16-8x)+10m(x-4)-18x-50-10mx+40m+25=0 \)

\( (9+m^2)x^2-2(9+4m^2)x+16m^2=0 \)

\( \Delta=0 \Rightarrow (9+4m^2)^2-16m^2(9+m^2)=0 \Rightarrow 81-72m^2=0 \)

\( m^2=\frac{81}{72} = \frac{9}{8} \Rightarrow m=\pm\frac{3}{2\sqrt{2}} \)

Questa serie di calcoli ci rende due valori di ? cui corrispondono le rette del fascio

\( y=5\pm\frac{3}{2\sqrt{2}}(x-4) \)

le quali sono le due tangenti all’ellisse ? condotte dal punto ?; il fatto che ce ne siano due conferma quanto dicevamo riguardo la posizione di ? rispetto a ?.

Ripetendo lo stesso procedimento per il punto ? otterremo invece, dopo calcoli simili,

\( \Phi_B: y=5-\frac{3\sqrt{3}}{2}+m\Big(x-\frac{3}{2}\Big) \)

\( (m^2+9)x^2-3(m^2+\sqrt{3}m+6)x+\frac{9}{2}\Big(\frac{m^2}{2}+\sqrt{3}m+\frac{3}{2}\Big) = 0 \)

\( \Delta = 0 \Rightarrow 27(m^2-2\sqrt{3}m+3)=0 \Rightarrow m=\sqrt{3} \)

e dunque esiste una sola tangente ad ? condotta da ?, il che conferma il fatto che ? effettivamente appartiene all’ellisse: essa è la retta di equazione .

Provando ancora lo stesso procedimento per il punto ?, otterremo invece

\( \Phi_C: y=6+m(x-1) \)

\( (9+m^2)x^2+2(-m^2+m-9)x+(m^2-2m+1)=0 \)

\( \Delta=m^2+8 \gt 0 \)

Non potendo porsi \( \Delta = 0 \), non è possibile che esista una retta tangente all’ellisse passante per ?: ciò è chiaro segnale che tale punto è contenuto all’interno dell’ellisse, e quindi ogni retta che lo attraversi interseca l’ellisse in esattamente due punti.

 

Esempio 2: Verificare che la retta \( r:y=\frac{x}{3}-1 \) è secante all’ellisse di equazione \( E: x^2+4y^2 \), e determinarne i punti d’intersezione.

Per risolvere questo genere di problema non occorre far altro che intersecare ? ed ?:

\( \begin{cases}y=\frac{x}{3}-1 \\ x^2+4y^2=16 \end{cases} \Rightarrow\begin{cases}y=\frac{x}{3}-1 \\ \frac{13x^2}{9}-\frac{8x}{3}-12=0 \end{cases} \Rightarrow \)

\( \Rightarrow \begin{cases} x=\frac{6}{13}(2\pm\sqrt{43}) \\ y=\frac{1}{13}(-9\pm2\sqrt{43}) \end{cases} \)

Ciò prova che i punti \( A\Big( \frac{6}{13}(2+\sqrt{43}), \frac{1}{13}(2\sqrt{43}-9) \Big) \) e \( B\Big(\frac{6}{13}(2-\sqrt{43}), \frac{-1}{13}(2\sqrt{43}+9) \Big) \) costituiscono l’intersezione della retta e dell’ellisse; siccome esse si intersecano in due punti, deduciamo che la retta ? è secante all’ellisse ?.

 

Intersezioni tra due ellissi

Esempio 3: Determinare i punti d’intersezione delle due ellissi di equazioni \( E_1: 4x^2+9y^2-16x-18y-11=0 \) e \( E_2: 4x^2+y^2-32x-2y+61=0 \).

Per risolvere questo esercizio dobbiamo solo risolvere un sistema, così come nell’esempio 2; qui c’è la difficoltà aggiuntiva che il sistema è di quarto grado, e dunque la sua risolvente sarà in generale un polinomio di quarto grado, per il quale non conosciamo una formula risolutiva semplice se non in casi molto speciali. Poniamo dunque

\( \begin{cases} 4x^2+9y^2-16x-18y-11=0 \\ 4x^2+y^2-32x-2y+61=0 \end{cases} \)

Il primo passaggio da fare consiste nel moltiplicare entrambe le equazioni per i reciproci dei coefficienti di $ y^2 $, in modo tale che le equazioni risultanti presentino coefficiente pari a 1 per quel monomio:

\( \begin{cases} \frac{4x^2}{9}+y^2-\frac{16}{9}-2y-\frac{11}{9}=0 \\ 4x^2+y^2-32x-2y+61=0 \end{cases} \)

Nella seconda equazione non è stato necessario modificare nulla poiché 1 coincide con il suo reciproco. Sottraiamo adesso le due equazioni membro a membro, e sostituiamo il risultato a una delle due equazioni, per esempio alla seconda:

\( \begin{cases} \Big(4-\frac{4}{9} \Big)x^2+\Big(\frac{16}{9}-32\Big)x+\Big(61+\frac{11}{9}\Big)=0 \\ 4x^2+9y^2-16x-18y-11=0 \end{cases} \Rightarrow \)

\( \Rightarrow \begin{cases} 2x^2-17x+35=0 \\ 4x^2+9y^2-16x-18y-11=0 \end{cases}  \)

Notiamo che abbiamo del tutto eliminato ? da un’equazione; essa può allora essere risolta per ?, il che ci consente di ottenere i valori seguenti:

\( x_1=\frac{7}{2}\,\,\,\,\ , \,\,\,\,\, x_2=5 \)

Se adesso andiamo a sostituire uno alla volta i due valori ottenuti per ? nella seconda equazione e la risolviamo rispetto a ?, otteniamo il risultato cercato:

\( y^2-2y-2=0 \Rightarrow y=1\pm\sqrt{3} \)

\( y^2-2y+1=0 \Rightarrow y=1 \)

In tal modo abbiamo provato che esistono tre punti di intersezione tra le due ellissi date: essi sono \( A\Big(\frac{7}{2}, 1-\sqrt{3}\Big), B\Big(\frac{7}{2}, 1+\sqrt{3}\Big) \) e \( C(5, 1) \).

Osservazione 1: Il caso analizzato nell’esempio 3, nel quale siamo giunti rapidamente alla soluzione, era in realtà molto speciale; rappresentando graficamente le ellissi ci saremmo infatti accorti che il centro della seconda giace sul semiasse maggiore della prima, il che genera particolari simmetrie che rendono il sistema facile da risolvere. Infatti, in linea di principio, quando abbiamo sottratto le due equazioni membro a membro sarebbe dovuto sparire solo il termine $ y^2 $. La sparizione aggiuntiva del termine ?, dovuta alla particolare disposizione delle curve, ci ha consentito di trovare velocemente la soluzione del sistema.

 

Altro materiale di supporto

Videolezioni di esercizi di geometria analitica

 

Intersezioni con l’ellisse

Osservazione 1: Nella sua forma più generale tra quelle studiate, l’equazione di un’ellisse è \( mx^2 + ny^2 + px + qy + r = 0 \), ovvero un’equazione di secondo grado nelle incognite ? ed ?, priva del termine rettangolare ??. Il problema di trovare le intersezioni tra un’ellisse e una generica retta coincide con quello di risolvere il sistema

\[ \begin{cases} mx^2+ny^2+px + qy + r = 0 \\ ax + by + c = 0 \end{cases} \]

Esso può essere trattato in maniera standard esplicitando per ? o per ? l’equazione della retta e sostituendo il valore ottenuto nell’equazione dell’ellisse: il risultato è un’equazione al più di secondo grado contenente l’altra incognita, che può essere risolta facilmente. Dunque le intersezioni tra una retta e un’ellisse sono tante quante le soluzioni di un’equazione di secondo grado: nessuna, una o due. Nel primo caso la retta è detta esterna, nel secondo tangente e nel terzo secante l’ellisse.

 

Possibili intersezioni tra una retta e un'ellisse

 

 

 

 

 

 

Osservazione 2: Intersecare tra loro due ellissi $ E_1 $ ed $ E_2 $ richiede la risoluzione del sistema

\[ \begin{cases} m_1x^2 +n_1y^2 + p_1x + q_1y + r_1 = 0 \\ m_2x^2 +n_2y^2 + p_2x + q_2y + r_2 = 0 \end{cases} \]

Dal momento che certamente sia $ n_1 $ che $ n_2 $ sono diversi da 0, potremo riscriverlo così

\[ \frac{m_1}{n_1} x^2 + y^2 + \frac{p_1}{n_1} x + \frac{q_1}{n_1} y + \frac{r_1}{n_1} = 0 \\ \frac{m_2}{n_2} x^2 + y^2 + \frac{p_2}{n_2} x + \frac{q_2}{n_2} y + \frac{r_2}{n_2} = 0\]

Da cui, sottraendo membro a membro, ricaveremo, con le ovvie posizioni,

\[ \begin{cases} \Big(\frac{q_2}{n_2}-\frac{q_1}{n_1} \Big) y = \Big(\frac{m_1}{n_1}-\frac{m_2}{n_2} \Big) x^2 + \Big( \frac{p_1}{n_1}-\frac{p_2}{n_2} \Big) x + \Big( \frac{r_1}{n_1}-\frac{r_2}{n_2} \Big) \\ E_1 \end{cases} \Rightarrow \begin{cases} \tilde{q}y = \tilde{m} x^2 + \tilde{p}x + \tilde{r} \\ E_1 \end{cases} \]

Se adesso \( \tilde{q} = 0 \), ovvero se \( \frac{q_2}{n_2} = \frac{q_1}{n_1} \)  , la prima equazione è di secondo grado nella ? e può essere risolta. Ad ogni valore di ? corrisponderanno nessuno, uno o due valori della ? dopo aver effettuato la sostituzione in $ E_1 $: ne consegue che le soluzioni possono essere in qualsiasi numero compreso tra 0 e 4, e possono essere tutte determinate facilmente.

Se invece \( \tilde{q} \ne 0 \), la prima equazione può essere esplicitata per ? scrivendo

\[ \begin{equation} y = \frac{\tilde{m}}{\tilde{q}} x^2 + \frac{\tilde{p}}{\tilde{q}} x + \frac{\tilde{r}}{\tilde{q}}  \label{eq1} \end{equation} \]

e sostituendo questa scrittura di ? nella \( E_1 \) otteniamo un’equazione di quarto grado nella ?. Anche in questo caso la quantità di soluzioni è la stessa, ma poiché il metodo per trovare le radici di un’equazione di quarto grado è molto complesso, generalmente esse vengono determinate solo in casi semplici con il metodo di Ruffini.

 

Intersezioni tra ellissi

 

 

 

 

 

 

In quest’immagine vediamo tutti i possibili casi d’intersezione tra due ellissi:

\[ \alpha \cap \gamma = \alpha \cap \delta = \varnothing \,\,\,\,\,\, (0 \text{ punti}) \]

\[ \beta \cap \gamma = \{F\}  \,\,\,\,\,\, (1 \text{ punto}) \]

\[ \beta \cap \delta = \{D, E\}  \,\,\,\,\,\, (2 \text{ punti}) \]

\[ \alpha \cap \beta = \{A, B, C\} \,\,\,\,\,\, (3 \text{ punti}) \]

\[ \delta \cap \gamma = \{G, H, J, K\} \,\,\,\,\,\, (4 \text{ punti}) \]

Osservazione 3: Dal momento che una circonferenza può essere vista come un’ellisse di eccentricità nulla, il problema di intersecare una circonferenza con un’ellisse è identico a quello consistente nell’intersecare due ellissi, che è stato trattato nell’osservazione 2.

Osservazione 4: Intersecare una parabola con un’ellisse è un problema che abbiamo tutto sommato già analizzato: nel corso dell’osservazione 2, abbiamo a un certo punto calcolato l’intersezione dell’equazione (\(\ref{eq1}\)), che è quella di una parabola, con $ E_1 $, che appartiene a un’ ellisse. Dunque una parabola ed un’ellisse possono avere qualsiasi numero di intersezioni compreso tra 0 e 4, ma queste sono tipicamente difficili da calcolare, se non in casi molto simmetrici.

 

Rette tangente a un’ellisse

Teorema 1: Gli angoli formati da una retta ? tangente a un’ellisse ? con le congiungenti il punto di tangenza ? con i fuochi $ F_1 $ ed $ F_2 $ sono uguali.

 

Retta tangente a un'ellisse

 

 

 

 

 

 

Dimostrazione: La proprietà che vogliamo dimostrare non dipende dal particolare sistema di coordinate adottato. Dati dunque un’ellisse ? e una retta ? ad essa tangente in un punto ?, consideriamo il sistema di coordinate avente ? come origine e asse ? parallelo alla retta cui appartengono i fuochi. Così, visto che l’ellisse e la retta passano per l’origine e i termini noti delle loro equazioni devono essere nulli, avremo

\[ E: mx^2+ny^2+px+qy=0\,\,\,\, , \,\,\,\, t: y = \alpha x \]

Il centro dell’ellisse è \( O’\Big(-\frac{p}{2m},-\frac{q}{2n} \Big) \), e dunque poniamo \( x_0 = -p/2m, y_0 = -q/2n \), cosicché l’equazione di ? diventa

\[ E: mx^2+ny^2-2mx_0x-2ny_0y = 0 \]

La retta ? deve essere tangente all’ellisse, quindi il \( \Delta \) dell’equazione caratteristica relativa alla loro intersezione deve essere nullo. Ciò ci consente di calcolare \(\alpha\):

\[ mx^2+n\alpha^2x^2-2mx_0x-2ny_0\alpha x = 0 \Rightarrow \]

\[ \Rightarrow \Delta=(2mx_0 + 2ny_0\alpha)^2 = 0 \]

\[ \alpha = -\frac{2mx_0}{2ny_0} = -\frac{mx_0}{ny_0} \]

Le coordinate dei fuochi saranno semplicemente \( F_{1,2}(x_0 \pm c, y_0) \), quindi sarà facile trovare le loro distanze da ?, ovvero dall’origine, e dalla retta ?:

\[ F_1T = \sqrt{(x_0-c)^2+y^2_0} \,\,\,\, , \,\,\,\,  F_2T = \sqrt{(x_0+c)^2+y^2_0} \]

\[ F_1T = \frac{|y_0-\alpha(x_0-c)|}{\sqrt{\alpha^2+1}} = \frac{1}{\sqrt{\alpha^2+1}} \Big| y_0 + \frac{mx_0}{ny_0} (x_0-c) \Big| \]

\[ F_2T = \frac{|y_0-\alpha(x_0+c)|}{\sqrt{\alpha^2+1}} = \frac{1}{\sqrt{\alpha^2+1}} \Big| y_0 + \frac{mx_0}{ny_0} (x_0+c)\Big| \]

Per le ultime due uguaglianze abbiamo adoperato la formula per la distanza da un punto da una retta in forma esplicita. Troviamo infine il valore di $ c^2 $: poiché in questo caso $ c^2 = a^2 – b^2 $, per le formule già note riguardo l’ellisse traslata scriveremo

\[ c^2 = \Big( \frac{p^2}{4m}+\frac{q^2}{4n}\Big) \Big(\frac{1}{m}-\frac{1}{n} \Big) = \frac{n-m}{nm} (mx^2_0+ny^2_0) \]

Veniamo adesso alla dimostrazione vera e propria del teorema: i due angoli di cui si parla nell’enunciato saranno uguali allorché i due triangoli cui essi appartengono risulteranno simili. Poiché essi sono rettangoli, per provare la similitudine basta mostrare che due coppie di lati sono in proporzione. Il teorema sarà perciò provato se varrà

\[ F_1T : F_2T = F_1t : F_2t \]

In base ai calcoli già svolti, tale proporzione equivale all’equazione seguente

\[ \frac{\sqrt{(x_0-c)^2+y^2_0}}{\sqrt{(x_0+c)^2+y^2_0}} = \frac{\frac{1}{\sqrt{\alpha^2+1}}\Big|y_0+\frac{mx_0}{ny_0}(x_0-c)\Big|}{\frac{1}{\sqrt{\alpha^2+1}}\Big|y_0+\frac{mx_0}{ny_0}(x_0+c)\Big|} \Rightarrow\]

\[ \Rightarrow \frac{(x_0-c)^2+y^2_0}{(x_0+c)^2+y^2_0} = \frac{\Big(y_0+\frac{mx_0}{ny_0}(x_0-c)\Big)^2}{\Big(y_0+\frac{mx_0}{ny_0}(x_0+c)\Big)^2}\]

Il secondo passaggio è stato ottenuto semplificando i coefficienti del secondo membro ed elevando poi tutto al quadrato. Svolgendo il prodotto incrociato e tutte le moltiplicazioni presenti, si arriva facilmente a

\[ y^2_0n^2-y^2_0mn+x^2_0mn-c^2mn-x^2_0m^2 = 0 \]

la quale risulta verificata identicamente allorché in essa si sostituisce il valore di $c^2$ che abbiamo calcolato in precedenza.

 

Problemi elementari sull’ellisse

Esempi di problemi elementari sull’ellisse

Esempio 1: Trovare l’equazione dell’ellisse riferita ai propri assi avente semiasse maggiore lungo \( \frac{3}{2} \) e semiasse minore lungo \( \frac{3}{4} \).

Dal momento che l’ellisse richiesta è riferita ai propri assi, essa in generale avrà equazione

\[ \frac{x^2}{a^2} + \frac{y^2}{b^2} = 1 \]

indipendentemente che i suoi fuochi siano situati sull’asse ? o sull’asse ?. Nel primo dei due casi, il semiasse maggiore sarà \( a = \frac{3}{2} \), mentre nell’altro caso avremo \( b = \frac{3}{2} \) per lo stesso motivo. Ne segue che esistono due diverse ellissi soluzione del problema: esse sono

\( \frac{x^2}{\Big(\frac{3}{2} \Big)^2} + \frac{y^2}{\Big(\frac{3}{4}\Big)^2} = 1 \Rightarrow 4x^2+16y^2 = 9 \)

\( \frac{x^2}{\Big(\frac{3}{4} \Big)^2} + \frac{y^2}{\Big(\frac{3}{2}\Big)^2} = 1 \Rightarrow 16x^2+4y^2 = 9 \)

 

Esempio 2: Trovare le lunghezze degli assi, la distanza focale, l’eccentricità e le coordinate dei vertici e dei fuochi dell’ellisse ? di equazione $ 20x^2+45y^2-8x-36y = 712 $.

In primo luogo, occorre verificare che l’equazione data rappresenti davvero un’ellisse. Le condizioni che devono essere soddisfatte a questo proposito sono

\[ mn \gt 0 \,\,\,\, , \,\,\,\, \frac{p^2}{4m} + \frac{q^2}{4n} \gt r \]

dove i coefficienti che appaiono sono quelli dell’equazione generale per un’ellisse traslata \(mx^2+ny^2+px+qy+r=0 \). Poiché nel nostro caso risulta ?=20, ?=45, ?=−8,

?=−36, ?=−712, le due disequazioni sono facilmente verificate, e dunque ? è una ellisse. Conviene adesso adoperare il metodo di completamento dei quadrati per scrivere l’equazione in modo più accessibile:

\( 20 \Big(x^2 -\frac{2}{5}x \Big) + 45 \Big(y^2-\frac{4}{5}y \Big) = 712 \)

\( 20 \Big(x^2 -\frac{2}{5}x +\frac{1}{25}\Big) + 45 \Big(y^2-\frac{4}{5}y + \frac{4}{25}\Big) = 712 +\frac{4}{5}+\frac{36}{5} \)

\( 20 \Big(x-\frac{1}{5}\Big)^2+45\Big(y-\frac{2}{5}\Big)^2 = 720 \)

Tale equazione ci dice che il centro dell’ellisse è il punto \( C\Big(\frac{1}{5}, \frac{2}{5} \Big) \), e che i semiassi maggiore e minore sono lunghi rispettivamente ?=6 e ?=4; ne consegue che gli assi misurano 12 e 8. Poiché \( a \gt b \), questa ellisse ha i fuochi situati su una parallela all’asse delle ascisse: ciò significa che \( c = \sqrt{a^2-b^2} = \sqrt{36-16} = \sqrt{20} = 2\sqrt{5} \), e che i fuochi hanno coordinate \( F_{1,2}\Big(\frac{1}{5}\pm 2\sqrt{5},\frac{2}{5} \Big) \); inoltre la distanza focale è \( 2c = 4\sqrt{5} \). Calcoliamo ora l’eccentricità: dal momento che essa è il rapporto tra la distanza focale e l’asse maggiore, nel nostro caso avremo

\( e = \frac{c}{a}=\frac{2\sqrt{5}}{6}=\frac{\sqrt{5}}{3} \approx 0.74 \)

Per trovare infine le coordinate dei vertici, possiamo adoperare due diversi metodi: il primo consiste nel trovare le rette parallele agli assi coordinati passanti per il centro e intersecarle con l’equazione di ?, in maniera tale da ottenere i vertici come da definizione; il secondo, ben più semplice, richiede solo di osservare che i vertici distano dal centro (a destra e a sinistra e in alto e in basso) esattamente della lunghezza di un semiasse (maggiore o minore). Dunque

\( A_{1,2}\Big(\frac{1}{5} \pm 6, \frac{2}{5} \Big) \Rightarrow A_1\Big(-\frac{29}{5}, \frac{2}{5} \Big) \,\,\,\, , \,\,\,\, A_2\Big(\frac{31}{5}, \frac{2}{5} \Big) \)

\( B_{1,2}\Big(\frac{1}{5}, \frac{2}{5} \pm 4 \Big) \Rightarrow B_1\Big(\frac{1}{5}, -\frac{18}{5} \Big) \,\,\,\, , \,\,\,\, B_2\Big(\frac{1}{5}, \frac{22}{5} \Big) \)

 

Esempio 3: Determinare l’equazione dell’ellisse i cui fuochi sono i punti \( F_1\Big( 1, \frac{3}{5} \Big) \) e \( F_2\Big(1, \frac{7}{5} \Big) \) tale che la somma delle distanze di ognuno dei suoi punti dai fuochi valga ?.

In quanto i fuochi si trovano entrambi sulla retta verticale ?=1, l’ellisse della qual stiamo parlando è traslata, e ha \( b \gt a \). Cominciamo col trovarne il centro ?: essendo esso il punto medio del segmento i cui estremi sono i fuochi, avremo

\( C\Big(\frac{1+1}{2}, \frac{\frac{3}{5}+\frac{7}{5}}{2} \Big) \Rightarrow C(1, 1) \)

Inoltre la distanza focale è \( 2c = F_1F_2 = \frac{7}{5}-\frac{3}{5}=\frac{4}{5} \) , da cui segue subito ?=25 . Poiché per la definizione stessa di ellisse con asse maggiore parallelo all’asse delle ? vale che la somma delle distanze di un generico punto dai fuochi è 2?, nel nostro caso risulta \( 2b = 2 \rightarrow b = 1 \). Questo, assieme al risultato precedente, consente di dire che

\( a = \sqrt{b^2-a^2} = \sqrt{1-\frac{4}{25}} = \frac{\sqrt{21}}{5} \)

Disponiamo adesso di tutti i dati necessari per scrivere l’equazione dell’ellisse:

\( E: \frac{(x-x_0)^2}{a^2}+\frac{(y-y_o)^2}{b^2}=1 \Rightarrow E: \frac{5(x-1)^2}{21}+(y-1)^2 = 1 \)

Volendo, possiamo svolgere i calcoli e finire con lo scrivere l’equazione dell’ellisse in forma generale:

\( E: 5x^2+21y^2-10x-42y+5 = 0 \)

 

Esempio 4: Trovare l’equazione dell’unica ellisse riferita ai propri assi passante per i punti \( P(\sqrt{3}, \sqrt{3}) \) e \( Q\Big(2\sqrt{2}, \frac{2\sqrt{3}}{3} \Big) \).

L’equazione di un’ellisse del tipo richiesto si scrive come \( \frac{x^2}{a^2} + \frac{y^2}{b^2} = 1\). Come si vede, essa ha due parametri da determinare, e quindi tutto ciò che ci occorre sono due condizioni indipendenti; il passaggio dell’ellisse per i punti ? e ? consente quindi di risolvere il problema. Risolviamo il seguente sistema:

\( \begin{cases}\frac{3}{a^2}+\frac{3}{b^2}=1 \\ \frac{8}{a^2}+\frac{4}{3b^2} = 1 \end{cases} \Rightarrow \begin{cases} 3\alpha + 3\beta = 1 \\ 8\alpha + \frac{4}{3}\beta = 1 \end{cases} \Rightarrow\begin{cases} \alpha = \frac{1}{12} \\ \beta = \frac{1}{4} \end{cases} \Rightarrow\begin{cases} a = \sqrt{12} \\ b = 2 \end{cases} \)

Nel secondo passaggio abbiamo posto \( \alpha = \frac{1}{a^2} \) e \( \beta = \frac{1}{b^2} \) per agevolare la risoluzione. L’ellisse ricercata è perciò \( E: \frac{x^2}{12}+\frac{y^2}{4}=1 \).

Osservazione 1: Se nell’esempio 4 la richiesta non fosse stata esplicitamente quella di trovare un’ellisse riferita ai propri assi, il problema sarebbe stato indeterminato. Infatti, come segue chiaramente dal fatto che l’equazione generale di un’ellisse ha 5 parametri, una generica ellisse è unicamente determinata da non meno di 4 suoi punti.

 

 

Equazione generale dell’ellisse

Ellisse traslata ed equazione generale dell’ellisse

Equazione dell’ellisse traslata: Consideriamo un’ellisse riferita ai propri assi, per esempio con i fuochi sull’asse delle ascisse. Se operiamo una traslazione del sistema di coordinate che porti gli assi ? ed ? in ?′ ed ?′ e, di conseguenza, il punto ? nel punto $ O'(x_0, y_0) $, anche l’ellisse risulterà traslata. Avremo ottenuto così un’ellisse traslata, o come anche si suole chiamarla, riferita a rette parallele ai suoi assi.

 

Ellisse traslata

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se l’equazione dell’ellisse originaria era \( E: \frac{x^2}{a^2} + \frac{y^2}{b^2} = 1 \), l’ellisse traslata ?′ si potrà scrivere come

\[ \begin{equation} E’: \frac{(x-x_0)^2}{a^2} + \frac{(y-y_0)^2}{b^2} = 1 \label{eq1} \end{equation} \]

Svolgendo i semplici conti algebrici che figurano nell’equazione precedente, otterremo poi

\[ b^2(x-x_0)^2+a^2(y-y_0)^2-a^2b^2 = 0 \]

\[ b^2(x^2+x^2_0-2xx_0) + a^2(y^2+y^2_0 -2yy_0)-a^2b^2 = 0 \]

\[ b^2x^2+a^2y^2-2b^2x_0x-2a^2y_0y+b^2x^2_0+a^2y^2_0-a^2b^2=0 \]

Questa equazione può essere scritta più semplicemente nella forma

\[ \begin{equation} mx^2+ny^2+px+qy+r = 0 \label{eq2} \end{equation} \]

avendo cura di fare le seguenti posizioni:

\[ m = b^2\,\, , \,\, n=a^2\,\, , \,\, p=-2b^2x_0\,\, , \,\, q=-2a^2y_0\,\, ,\,\, r=b^2x^2_0+a^2y^2_0-a^2b^2 \]

Osservazione 1: In realtà perché l’equazione (\(\ref{eq1}\)) possa essere scritta nella forma (\(\ref{eq2}\)) non è necessario fare esattamente le posizioni appena citate, ma è sufficiente che i numeri ?,?,… siano proporzionali ai valori \( b_2, a_2, \ldots \) secondo un qualsiasi numero reale ? costante e non nullo. In particolare, ? ed ? non devono per forza essere positivi, se il ? scelto è negativo.

Osservazione 2: Poiché abbiamo visto che l’equazione di qualunque ellisse traslata può scriversi nella forma (\(\ref{eq2}\)), è logico domandarsi se qualsiasi equazione fatta come la (\(\ref{eq2}\)) possa rappresentare un’ellisse. La risposta è in generale negativa, come risulta da una semplice considerazione: non esiste valore reale ? tale che \( ka^2 \) e \( kb^2 \) siano uno positivo e l’altro negativo, dunque ? ed ? devono quanto meno essere concordi, cioè avere lo stesso segno, affinché la (\(\ref{eq2}\)) rappresenti un’ellisse.

Equazione generale dell’ellisse: In questo paragrafo estenderemo i ragionamenti fatti nell’ osservazione 2, col fine di scoprire quali condizioni deve soddisfare la (\(\ref{eq2}\)) al fine di essere l’equazione di un’ellisse: giungeremo così all’equazione generale.

Iniziamo con il riscrivere la (\(\ref{eq2}\)) nel modo seguente:

\[ mx^2+ny^2+px+qy+r=0 \Rightarrow m\Big( x^2 + \frac{p}{m}x \Big) + n\Big(y^2 + \frac{q}{n}y \Big) + r = 0 \]

Questo è lecito perché se ?=0 oppure ?=0 di certo l’equazione, non essendo più di secondo grado in una delle due variabili, non può rappresentare un’ellisse: i casi suddetti vanno perciò scartati. Poiché dall’osservazione 2 segue che ? ed ? devono essere concordi, essi si possono senz’altro prendere entrambi positivi cambiando in modo opportuno i segni dell’equazione. Ciò ci porta a dire che gli unici casi d’interesse sono quelli in cui \( m \gt 0 \) ed \( n \gt 0 \).

Le somme in parentesi somigliano a dei quadrati di binomio, e lo diventano a patto di aggiungervi i termini  \( \frac{p^2}{4m^2} \) e \( \frac{q^2}{4n^2} \) ; adoperando questo metodo, detto del completamento dei quadrati, potremo scrivere

\[ m\Big( x^2+\frac{p}{m}x+\frac{p^2}{4m^2} \Big) – \frac{p^2}{4m} + n \Big( y^2+\frac{q}{n}y+\frac{q^2}{4n^2} \Big) – \frac{q^2}{4n} + r = 0\]

\[ m \Big( x + \frac{p}{2m} \Big)^2 + n \Big( y + \frac{q}{2n} \Big)^2 + r – \frac{p^2}{4m} – \frac{q^2}{4n} = 0 \]

Indicata poi con ? la somma algebrica \( \frac{p^2}{4m} + \frac{q^2}{4n} – r \), otterremo infine

\[ \begin{equation} \frac{\Big( x + \frac{p}{2m} \Big)^2}{\frac{1}{n}} + \frac{\Big(y+\frac{q}{2n} \Big)^2}{\frac{1}{n}} = s \label{eq3} \end{equation} \]

Se \( s \gt 0 \), allora l’equazione (\(\ref{eq3}\)) può essere riscritta nella forma seguente, che è quella di un’ellisse traslata di centro \( O’\Big(-\frac{p}{2m}, -\frac{q}{2n}\Big) \), con \( a = \sqrt{\frac{s}{m}} \) e \( b = \sqrt{\frac{s}{n}}\):

\[ \frac{\Big(x+\frac{p}{2m} \Big)^2}{\frac{s}{m}} + \frac{\Big(y+\frac{q}{2n} \Big)^2}{\frac{s}{n}} = 1 \]

Se invece ?=0, allora la (\(\ref{eq3}\)) è soddisfatta solo dal punto \( \Big( -\frac{p}{2m}, – \frac{q}{2n} \Big) \), che è il centro dell’ ellisse ottenuta nel caso precedente; si dice quindi che tale punto è un’ellisse degenere nel suo centro. Se infine è \( s \lt 0 \), Si nota subito che la (\(\ref{eq3}\)) non ha soluzioni perché le quantità a destra e a sinistra del segno di uguaglianza non possono mai avere lo stesso segno.

Da questo ragionamento deduciamo che l’equazione \(mx^2+ny^2+px+qy+r=0 \) è l’equazione generale di un’ellisse se e solo se ? ed ? sono concordi, cioè \( mn \gt 0 \), e inoltre \( \frac{p^2}{4m}+\frac{q^2}{4n} \gt r \).

 

Esempi

Esempio 1: Si provi che l’equazione $ 9x^2+4y^2-12x-12y-23=0 $ rappresenta una ellisse; si trovino quindi le coordinate del centro e dei fuochi.

In questo caso abbiamo ?=9,?=4,?=−12,?=−12,?=−23. Dal momento che \( mn = 36 \gt 0 \), i primi due coefficienti sono concordi, e la prima condizione è rispettata; inoltre essi sono positivi, e non c’è quindi bisogno di cambiare i segni di tutta l’equazione. Per la seconda condizione dovremmo avere

\[ \frac{p^2}{4m} + \frac{q^2}{4n} \gt r \]

ma questa è certo rispettata dal momento che la prima quantità è positiva, mentre l’altra è negativa: non c’è quindi neanche bisogno di svolgere sul serio il semplice calcolo.

Onde ricavare adesso le coordinate del centro e dei fuochi, abbiamo bisogno di scrivere l’equazione data nella forma (\(\ref{eq1}\)). Adoperiamo a questo proposito il già visto metodo di completamento dei quadrati:

\( 9x^2+4y^2-12x-12y-23=0 \Rightarrow 9\Big(x^2-\frac{12}{9}x \Big)+4\Big(y^2-\frac{12}{4}y \Big)-23=0 \)

\( 9\Big(x^2-\frac{4}{3}x \Big) + 4(y^2-3y) -23 = 0 \)

\( 9\Big(x^2-\frac{4}{3}+\frac{4}{9} \Big) – 4 + 4 \Big(y^2-3y+\frac{9}{4} \Big) – 9 – 23 = 0 \)

\( 9\Big(x-\frac{2}{3} \Big)^2 + 4 \Big(y-\frac{4}{2} \Big)^2 = 36 \)

Dalla quale infine avremo

\( \frac{\Big(x-\frac{2}{3} \Big)^2}{4} + \frac{\Big(y-\frac{3}{2} \Big)^2}{9} = 1 \)

Questa è l’equazione di un’ellisse traslata di centro \(\Big(\frac{2}{3}, \frac{3}{2} \Big)\); resta effettivamente verificato che vale \( O’\Big(-\frac{p}{2m}, -\frac{q}{2n} \Big)\). Abbiamo inoltre che ?=2 e ?=3, col che dal fatto che \( b \gt a \) segue che i vertici dell’ellisse sono disposti sulla retta parallela all’asse delle ? passante per O’, ovvero quella di equazione \( x = \frac{2}{3} \).

Per trovare le coordinate dei fuochi non ci resta che calcolare ?, che in questo caso è \( c= \sqrt{b^2-a^2}=\sqrt{9-4} = \sqrt{5} \). I fuochi saranno allora \( F_1\Big( \frac{2}{3}, \frac{3}{2}-\sqrt{5} \Big)  \) e \( F_2\Big( \frac{2}{3}, \frac{3}{2}+\sqrt{5} \Big)  \).

 

Proprietà dell’ellisse

Proprietà dell’ellisse

Assi di simmetria, vertici e fuochi di un’ellisse

Nel corso di tutta questa scheda considereremo un’ellisse ? di equazione \( \frac{x^2}{a^2} + \frac{y^2}{b^2} = 1 \). Di volta in volta, a seconda che risulti \( a \gt b \) o \( b \gt a \), I fuochi di ? apparterranno all’asse ? o all’asse ?.

Osservazione 1: Consideriamo i punti \( A_1(-a, 0), A_2(a, 0), B_1(0, b), B_2(0, -b) \). Risulta subito evidente, operando una semplice sostituzione nell’equazione, che tutti e quattro i suddetti punti appartengono all’ellisse ?; si vede pure facilmente che essi sono le uniche intersezioni dell’ellisse con gli assi coordinati.

Definizione 1: Vertici di un’ellisse.

Si dice vertice di un’ellisse ciascuno dei quattro punti $ A_1, A_2, B_1, B_2 $, ovvero ciascuna delle intersezioni della curva ? con gli assi coordinati.

Geometria analitica: vertici dell'ellisse

 

 

 

 

 

 

 

 

Osservazione 2: Supponiamo che il punto $ P(x_P, y_P) $ appartenga ad ?. Allora è chiaro che anche i punti $ Q(x_P, -y_P), R(-x_P, y_P) $ e $ S(-x_P, -y_P) $ appartengono ad ?, poiché

\[ \frac{x^2_P}{a^2} + \frac{y^2_P}{b^2}  = 1 \Rightarrow \frac{(\pm x_P)^2)}{a^2} + \frac{(\pm y_P)^2}{b^2} = 1 \]

Questo dimostra che l’ellisse ?, indipendentemente dai valori assunti da ? e ?, risulta simmetrica rispetto agli assi coordinati. Ciò consente di dare la seguente definizione:

Definizione 2: Asse maggiore e asse minore

Si chiama asse maggiore di un’ellisse quello dei due segmenti $ A_1A_2 $ e $ B_1B_2 $ sul quale giacciono i fuochi; è detto invece asse minore di un’ellisse l’altro dei due detti segmenti.

Osservazione 3: In base alla definizione 2, l’asse maggiore di un’ellisse con i fuochi disposti orizzontalmente è $ A_1A_2 $, mentre quello minore è $ B_1B_2 $. Si noti che le lunghezze di detti segmenti sono rispettivamente $ 2a $ e $ 2b $, e che per un’ellisse con i fuochi appartenenti all’asse delle ascisse vale $ a \gt b $. Dunque l’asse maggiore è effettivamente più lungo di quello minore, e ciò ne spiega i nomi.

Osservazione 4: Nel caso di un’ellisse con i fuochi appartenenti all’asse delle ordinate, vale un ragionamento del tutto simmetrico rispetto a quello fatto nell’osservazione 3. Dunque l’asse maggiore sarà quello verticale, $ B_1B_2 $, mentre quello minore sarà $ A_1A_2 $.

Osservazione 5: Consideriamo un’ellisse con i fuochi appartenenti all’asse delle ?, e in particolare facciamo riferimento all’immagine precedente. Il triangolo rettangolo $ B_1OF_2 $ è tale che i cateti $B_1O $ e $ OF_2 $ siano lunghi rispettivamente ? e ?; poiché in quest’ellisse vale \( b = \sqrt{a^2-c^2} \), possiamo dedurre che $ B_1F_2 = a $. In un’ellisse orientata verticalmente, vale lo stesso risultato, ma naturalmente abbiamo che l’ipotenusa è lunga ?.

Osservazione 6: Le coordinate dei fuochi dipendono, come sappiamo, dal valore ?. Poiché è noto come questo si ricava a partire da ? e ?, che figurano nell’equazione di ?, possiamo dire senz’altro che

\[ a \gt b \Rightarrow F_1( -\sqrt{a^2-b^2}, 0 ), \,\,\,\, F_2(\sqrt{a^2-b^2}, 0) \]

 

Limitatezza ed eccentricità

Osservazione 7: Vogliamo dimostrare che il grafico dell’ellisse è tutto contenuto all’interno del rettangolo tratteggiato nella figura precedente, ovvero quello formato dalle parallele agli assi coordinati condotte per i vertici dell’ellisse. Ciò significherà che l’ellisse è limitata, ovvero che il suo grafico non si estende infinitamente nel piano come quello della parabola o della retta.

Prendiamo a questo proposito un qualsiasi punto $ P(x_P, y_P) $ esterno al rettangolo; ciò implica che le coordinate di ? devono verificare almeno una delle due condizioni seguenti:

\[ |x_P| \gt a \,\,\, \text{ o } \,\,\, |y_P| \gt b \]

Il punto ? non può appartenere all’ellisse. Infatti se così fosse dovrebbe risultare

\[ \frac{x^2_P}{a^2}+\frac{y^2_P}{b^2} = 1 \Rightarrow x^2_P = a^2\Big( 1 – \frac{y^2_P}{b^2} \Big) \,\,\, \text{ e } \,\,\, y^2_P = b^2\Big( 1 – \frac{x^2_P}{a^2} \Big) \]

ma se \( |x_P| \gt a \), allora dalla seconda \( y^2_P \) dovrebbe essere negativo e ciò è assurdo; se poi fosse invece \( |y_P| \gt b \), dalla prima \( x^2_P \) dovrebbe essere negativo è questo è ancora assurdo.

Ne deduciamo che un punto ? esterno al rettangolo non appartiene all’ellisse, e quindi che l’ellisse stessa è limitata.

Definizione 3: Eccentricità

Si definisce eccentricità ? di un’ellisse il rapporto tra la distanza focale e l’asse maggiore.

 

Geometria analitica: eccentricità dell'ellisse

 

 

 

 

 

 

 

Osservazione 8: Nel caso di un’ellisse i cui fuochi appartengono all’asse delle ?, essendo l’asse maggiore lungo 2?, l’eccentricità si calcola come ?=?/?. Nell’altro caso risulta naturalmente ?=?/?. Poiché per entrambe le ellissi è sempre vero che la distanza focale è minore dell’asse maggiore, necessariamente sono verificate le disuguaglianze \( 0 \le e \le 1 \).

Osservazione 9: L’eccentricità è un parametro numerico che misura lo “schiacciamento” di un’ellisse, ovvero quanto essa differisce da una circonferenza. Nel caso limite ?=0, indipendentemente da quale sia l’ellisse di cui stiamo parlando, dovremo avere ?=0: ciò implica che i fuochi coincidono, e dunque che l’ellisse è in realtà una circonferenza.

Qualora invece dovesse risultare ?=1, allora l’asse maggiore sarebbe uguale alla distanza focale, ed essendo l’asse minore la radice della differenza dei loro quadrati, esso avrebbe lunghezza pari a 0: l’ellisse si riduce così ad un segmento, coincidente con l’asse maggiore.

Sia nel caso ?=0 che in quello ?=1 si suole dire che l’ellisse è degenere.

 

Altro materiale di supporto

Videolezione sull’ellisse

Videolezione sull'ellisse

 

 

 

 

 

 

 

 

Definizione ed equazione dell’ellisse

Definizione di ellisse

Definizione 1: Definizione di ellisse come luogo geometrico

Si chiama ellisse il luogo geometrico dei punti del piano per i quali è costante la somma delle distanze da due punti fissi, detti fuochi.

Osservazione 1: Perché il luogo geometrico sia non vuoto, è necessario che la costante che indica la somma delle distanze dai fuochi \( F_1 \) ed \( F_2 \) di un punto ? appartenente all’ellisse sia maggiore della lunghezza del segmento \(F_1F_2\), detta distanza focale. Infatti, qualunque sia il punto ? del piano, per la disuguaglianza triangolare deve risultare

\( PF_1 + PF_2 \ge F_1F_2 \)

nella quale l’uguaglianza vale se e solo se ? appartiene al segmento \( F_1F_2 \).

Definizione 2: Ellisse del giardiniere

Esiste un modo facile per costruire fisicamente un’ellisse; tale metodo ha anche il pregio di illustrare chiaramente in maniera visiva il significato della definizione 1. Si immagini di fissare sul terreno due punti \( F_1 \) ed \( F_2 \), per esempio utilizzando dei paletti, e di legare le due estremità di una fune a detti punti; la fune deve risultare di lunghezza maggiore rispetto alla distanza tra \( F_1 \) ed \( F_2 \).

 

Geometria analitica: ellisse

 

 

 

 

 

 

 

Con un terzo paletto ? si tenda adesso la corda: si vedrà che il punto ? non è fisso, ma può essere spostato in vari posti avendo sempre cura di tenere la corda tesa. Se si fa in modo che ? occupi tutte le posizioni possibili, esso traccerà sul terreno una linea curva che racchiude \( F_1 \) ed \( F_2 \): tale forma geometrica è l’ellisse. Infatti comunque si prenda un punto appartenente a detta curva è chiaro che la somma delle sue distanze da \( F_1 \) ed \( F_2 \) è uguale alla lunghezza della fune, quindi costante per ogni punto.

Tale costruzione è denominata “ellisse del giardiniere” poiché essa consente, con mezzi di fortuna, di tracciare nel terreno aiuole di forma perfettamente ellittica.

Osservazione 2: La definizione 1 non esclude l’eventualità che i fuochi siano coincidenti. In quel caso l’osservazione 1 è superflua, poiché qualunque numero reale positivo si scelga come costante per la somma, esso risulterà certamente maggiore di \( F_1F_2 = 0 \). In questo caso il luogo geometrico si riduce a una circonferenza, visto che esso è composto da quei punti tali che il doppio della distanza da un punto fisso sia costante; è facile verificare questa tesi anche adoperando il metodo di cui alla definizione 2.

Ne risulta che la circonferenza non è che una particolare ellisse.

 

Equazione dell’ellisse riferita ai propri assi

Metodo per ricavare l’equazione: Per trovare l’equazione dell’ellisse mettiamoci in primo luogo nel caso semplice in cui i fuochi sono posti sull’asse ? e sono equidistanti dall’origine. Se allora diciamo \( F_1F_2 = 2c \), le coordinate dei fuochi saranno \( F_1(-c, 0), F_2(c, 0) \). Detto adesso ? un qualsiasi punto del piano di coordinate ?(?,?), e fissato un numero \( a \gt c \), per la definizione 1 ? apparterrà all’ellisse ? se e solo se

\[ PF_1 + PF_2 = 2a \]

 

Geometria analitica: fuochi dell'ellisse

 

 

 

 

 

 

 

\[ \sqrt{(x_P-x_{F_1})^2+(y_P-y_{F_1})^2} + \sqrt{(x_P-d_{F_2})^2+(y_P-y_{F_2})^2} = 2a \]

\[ \sqrt{(x+c)^2+y^2} + \sqrt{(x-c)^2+y^2} = 2a \]

Elevando tutto al quadrato, otterremo

\( (x+c)^2+y^2+(x-c)^2+y^2+2\sqrt{[(x+c)^2+y^2][(x-c)^2+y^2]}=4a^2 \)

\( 2x^2+2c^2+2y^2+2\sqrt{[(x+c)^2+y^2][(x-c)^2+y^2]} = 4a^2 \)

\( x^2+c^2+y^2+\sqrt{[(x+c)^2+y^2][(x-c)^2+y^2]} = 2a^2 \)

Isolando la radice ed elevando nuovamente al quadrato, avremo poi

\( \sqrt{[(x+c)^2+y^2][(x-c)^2+y^2]} = 2a^2-x^2-y^2-c^2 \)

\( (x^2+c^2+2xc+y^2) (x^2+c^2-2xc+y^2) = \)

\( = 4a^4+x^4+y^4+c^4-4a^2x^2-4a^2y^2-4a^2c^2+2x^2y^2+2x^2c^2+2y^2c^2 \)

\( x^4+c^4+y^4+2x^2c^2+2x^2y^2+2c^2y^2-4x^2c^2 = \)

\( = 4a^4+x^4+y^4+c^4-4a^2x^2-4a^2y^2-4a^2c^2+2x^2y^2+2x^2y^2+2x^2c^2+2y^2c^2 \)

Dalla quale, semplificando,

\( 4a^4-4a^2x^2-4a^2y^2-4a^2c^2+4x^2c^2 = 0 \)

\( a^4-a^2x^2-a^2y^2-a^2c^2+x^2c^2 = 0 \)

\( x^2(c^2-a^2)-a^2y^2 = a^2c^2 -a^4 \)

Ricordando infine che \( a^2-c^2 \gt 0 \), possiamo porre \( b^2 = a^2-c^2 \) ed avere così

\[ -b^2x^2-a^2y^2=-b^2a^2 \]

\[ \begin{equation} \frac{x^2}{a^2}+\frac{y^2}{b^2} = 1 \label{eq1} \end{equation} \]

La (\(\ref{eq1}\)) è detta equazione canonica dell’ellisse riferita ai propri assi; mentre il numero ? è la metà della somma delle distanze di ogni punto dai due fuochi, il numero \( b = \sqrt{a^2-c^2} \) ha un significato geometrico che si capisce meglio studiando le proprietà dell’ellisse.

Osservazione 3: Nel caso in cui i fuochi \( F_1 \) ed \( F_2 \) siano presi ancora equidistanti dall’origine, ma situati sull’asse delle ordinate, per semplicità porremo \( PF_1+PF_2 = 2b \). In questo modo, posto poi \( a = \sqrt{b^2-c^2} \) , otterremo la stessa equazione di prima

\[ \begin{equation} \frac{x^2}{a^2}+\frac{y^2}{b^2}=1 \label{eq2} \end{equation} \]

con la differenza che mentre nella (\(\ref{eq1}\)) risultava \( a \gt b \), nella (\(\ref{eq2}\)) vale invece \( b \gt a \). È chiaro infine che in questo caso le coordinate dei fuochi sono \( F_1(0, -c) \) \(F_2(0, c) \).

 

Problemi ricorrenti sul fascio di circonferenze

Esempi di problemi sul fascio di circonferenze

Esempio 1: Trovare gli elementi fondamentali di un fascio di circonferenze

Dato il fascio \( \Phi: ky^2+y^2+kx^2+x^2-ky+\frac{x}{20}-\frac{21}{20}-kx+\frac{y}{20} = 0 \), vogliamo trovare le equazioni delle generatrici \( \Gamma_1 \) e \( \Gamma_2 \), quelle dell’asse radicale e della retta dei centri ed anche le coordinate dei punti base. Un esercizio del genere si risolve in maniera standard; in primo luogo bisogna separare da una parte e dall’altra dell’uguale i termini con e senza il parametro ?, quindi metterlo in evidenza tra quelli che ce l’hanno:

\( ky^2+kx^2-ky-kx = -y^2-x^2-\frac{x}{20}-\frac{y}{20}+\frac{21}{20} \)

\( k(y^2+x^2-y-x) = -\Big(x^2+y^2+\frac{x}{20}+\frac{y}{20}-\frac{21}{20} \Big) \)

\( k(y^2+x^2-y-x) = \Big(x^2+y^2+\frac{x}{20}+\frac{y}{20}-\frac{21}{20} \Big) \)

Otteniamo così l’equazione del fascio scritta come combinazione di due circonferenze con il parametro ?. Esse sono le generatrici del fascio: se impostiamo ?=0 otteniamo la prima generatrice \( \Gamma_1 \), mentre l’altra e la seconda generatrice \( \Gamma_2 \). Dunque

\( \Gamma_1: x^2+y^2+\frac{x}{20}+\frac{y}{20}-\frac{21}{20} = 0\,\,\,\, , \,\,\,\, \Gamma_2: x^2+y^2-x-y=0 \)

L’asse radicale si può trovare sempre imponendo ?=−1. In questo caso i calcoli ci danno

\( -(x^2+y^2-x-y)+\Big( x^2+y^2+\frac{x}{20}+\frac{y}{20}-\frac{21}{20} \Big) = 0 \Rightarrow \frac{x}{20} + \frac{y}{20} – \frac{21}{20} + x + y = 0 \)

\( r: x+y-1 = 0 \)

Con l’asse radicale e le generatrici è facile trovare i punti base; in questo caso calcoleremo l’intersezione di ? e \( \Gamma_2 \), poiché la sua equazione è più semplice di quella di \( \Gamma_2 \). Così

\( \begin{cases} r \\ \Gamma_2 \end{cases} \Rightarrow \begin{cases} y=1-x \\ x^2+(1-x)^2-x-(1-x)=0 \end{cases} \Rightarrow \)

\( \Rightarrow \begin{cases} y=1-x \\ 2x^2-2x=0 \end{cases} \Rightarrow\begin{cases} y=1-x \\ x=0, x=1 \end{cases} \Rightarrow  \)

Esistono perciò due punti base: il punto ?(0,1) e il punto ?(1,0). Per calcolare adesso la retta dei centri si può procedere in più modi diversi: potremmo ad esempio trovare prima i centri di \( \Gamma_1 \) e \( \Gamma_2 \), quindi considerare l’unica retta che passa per l’uno e l’altro punto; oppure potremmo sfruttare la nostra conoscenza del fatto che la retta dei centri è ortogonale all’asse radicale e passa per il punto medio di ??. Seguendo questo secondo metodo avremo

\( M = \frac{A+B}{2} \Rightarrow M\Big( \frac{1}{2},\frac{1}{2}\Big) \,\,\,\, , \,\,\,\, m = -\frac{1}{m_r} = -\frac{1}{-1} = 1 \)

cosicché la retta dei centri è l’unica retta di coefficiente angolare ?=1 passante per ?:

\( y – y_M = m(x-x_M) \Rightarrow y=\frac{1}{2}+x-\frac{1}{2} \Rightarrow y = x \)

 

Esempio 2: Trovare il fascio avente dei punti base assegnati

Fissati i due punti ?(0,2) e ?(−12,0), siamo interessati a trovare il fascio di circonferenze avente ? e ? come punti base. Cominciamo dal considerare che, per appartenere al nostro fascio, una generica circonferenza \( \Gamma: x^2+y^2+\alpha x + \beta y + \gamma = 0 \) dovrà certamente passare per ? e ?, quindi soddisfare

\( \begin{cases} 4+2\beta+\gamma = 0 \\ \frac{1}{4}-\frac{\alpha}{2}+\gamma = 0 \end{cases} \Rightarrow \begin{cases} \alpha = 2\gamma + \frac{1}{2} \\ \beta = -\frac{\gamma}{2} – 2 \end{cases} \)

Per tale motivo \( \Gamma \) dovrà essere scritta come \( x^2+y^2+\Big( 2\gamma + \frac{1}{2} \Big)x+\Big(-\frac{\gamma}{2}-2 \Big)y + \gamma = 0 \); al variare di \( \gamma \in \mathbb{R} \), questa equazione descrive tutte e sole le circonferenze appartenenti al nostro fascio: per scrivere l’equazione di \( \Phi \) basta perciò scegliere due qualsiasi di queste circonferenze e considerarle come generatrici del fascio. Ecco allora che, presi due valori a caso di \( \gamma \) come ad esempio \( \gamma = 0, \gamma = 1 \), avremo

\( \Phi: x^2+y^2+\frac{x}{2}-2y+k\Big( x^2+y^2+\frac{5}{2}x-\frac{5}{2}y+1 \Big) = 0 \)

che è una delle possibili equazioni del nostro fascio.

 

Esempio 3: Trovare il fascio avente fissati punto base e retta tangente

Supponiamo adesso di avere la retta \( r: y = \frac{x+1}{2} \) e il punto ?(1,1) ad essa appartenente; quel che vogliamo fare è trovare l’equazione del fascio di circonferenze tangenti alla retta ? nel punto ?. Dalle nostre conoscenze teoriche sui fasci di circonferenze sappiamo che la retta ? dovrà necessariamente essere l’asse radicale del fascio, e il punto ? ne sarà l’unico punto base. È dunque facile calcolare la retta dei centri, poiché essa è l’unica retta per ? che sia perpendicolare a ?:

\( y-y_T = -\frac{1}{m_r}(x-x_T) \Rightarrow y=1-\frac{1}{\frac{1}{2}}(x-1) = 1-2(x-1) = 3 – 2x \)

La retta dei centri del fascio è quindi \(y=3-2x \). Chiamiamo $ C_1 $ e $ C_2 $ due punti a caso di tale retta; considerando le circonferenze di raggi \( C_1T \) e \( C_2T \) e centri rispettivamente $ C_1 $ e $ C_2 $ avremo a disposizione due generatrici per il nostro fascio. Per facilitare i calcoli conviene prendere \( x_1 = 0, x_2 = 2 \); queste scelte ci consentono di ottenere

\( C_1(0,3)\,\,\, , \,\,\, C_2(2,-1) \Rightarrow C_1T = \sqrt{(-1)^2+2^2} = \sqrt{5}\,\,\, , \,\,\, C_2T=\sqrt{1^2+(-2)^2}=\sqrt{5} \)

\( \Gamma_1: (x-0)^2+(y-3)^2=5 \Rightarrow x^2+y^2-6y+4 = 0 \)

\( \Gamma_2: (x-2)^2 + (y+1)^2 = 5 \Rightarrow x^2+y^2-4x+2y = 0 \)

Con queste due generatrici, l’equazione del fascio \( \Phi \) sarà semplicemente

\( \Phi: x^2+y^2-6y+4+k(x^2+y^2-4x+2y) = 0 \)

 

Fascio di circonferenze

Elementi di un fascio di circonferenze

Definizione 1: Definizione di fascio di circonferenze

Si considerino due circonferenze non concentriche \( \Gamma_1 \) e \( \Gamma_2 \) di equazioni rispettivamente \( x^2+y^2+\alpha_1x+\beta_1x+\gamma_1 = 0 \) e \( x^2+y^2+\alpha_2x+\beta_2x+\gamma_2 = 0 \). Si chiama fascio di circonferenze di prima generatrice \( \Gamma_1 \) e seconda generatrice \( \Gamma_2 \) la combinazione lineare

\[ \begin{equation} \Phi: x^2+y^2+\alpha_1x+\beta_1y+\gamma_1+\\ +k(x^2+y^2+\alpha_2x+\beta_2y+\gamma_2) = 0 \label{eq1} \end{equation} \]

con ? parametro reale.

Osservazione 1: Se nell’equazione (\(\ref{eq1}\)) del fascio svolgiamo i calcoli e mettiamo in evidenza possiamo ottenere, qualora sia \( k \ne -1 \),

\[ \begin{equation} \Phi: x^2+y^2+\Big( \frac{\alpha_1+k\alpha_2}{k+1} \Big)x+\Big( \frac{\beta_1+k\beta_2}{k+1} \Big)y+ \\ + \Big( \frac{\gamma_1+k\gamma_2}{k+1} \Big) = 0 \label{eq2} \end{equation} \]

Questa maniera di scrivere l’equazione del fascio \( \Phi \) sottolinea come, al variare di \( k \in \mathbb{R}, k \ne -1 \), esso descriva una famiglia infinita di circonferenze, la cui equazione canonica è appunto la (\(\ref{eq2}\)).

Osservazione 2: Se nell’equazione (\(\ref{eq1}\)) del fascio si sostituisce ?=0, quella che si ottiene è una circonferenza particolare, la prima generatrice \(\Gamma_1\). Non esiste invece valore di ? tale da far ottenere la seconda generatrice \(\Gamma_2\): in verità si dice, anche se a questo punto del corso di studi non si è nelle condizioni di capire bene il perché, che \(\Gamma_2\) si ottiene per \( k = \infty \). Ad ogni buon conto i ruoli delle due generatrici non sono simmetrici, il che giustifica i nomi con cui vengono distinte.

Definizione 2: Definizione di asse radicale

Si definisce asse radicale di un fascio di circonferenze \( \Phi \) la retta che si ottiene sostituendo nella sua equazione il valore ?=−1. L’equazione dell’asse radicale ? è dunque

\[ \begin{equation} r: (\alpha_1-\alpha_2)x+(\beta_1-\beta_2)y+(\gamma_1-\gamma_2) = 0 \label{eq3} \end{equation} \]

Osservazione 3: Anche l’asse radicale ?, che è una retta, si può considerare una particolare circonferenza: esso può infatti essere visto come una circonferenza degenere di raggio infinito. Si può notare infatti che, se nell’equazione (\(\ref{eq2}\)) sostituiamo valori di ? sempre più vicini a 1, i raggi delle circonferenze propriamente dette ottenute sono via via più grandi. Questa osservazione ci consente di dire che tutte le curve descritte dal fascio \( \Phi \) sono, in qualche modo, delle circonferenze.

Osservazione 4: Proviamo a prendere due qualsiasi circonferenze di \( \Phi \) e a intersecarle. Otterremo così, fissati due parametri reali ? e ℎ distinti da −1 e diversi tra loro, il sistema

\[ \begin{cases}\Gamma_K \\ \Gamma_H \end{cases} \Rightarrow \begin{cases} x^2+y^2+\Big(\frac{\alpha_1+k\alpha_2}{k+1}\Big)x+\Big(\frac{\beta_1+k\beta_2}{k+1}\Big)y+\Big(\frac{\gamma_1+k\gamma_2}{k+1}\Big) = 0 \\ x^2+y^2+\Big(\frac{\alpha_1+h\alpha_2}{h+1}\Big)x+\Big(\frac{\beta_1+h\beta_2}{h+1}\Big)y+\Big(\frac{\gamma_1+h\gamma_2}{h+1}\Big) = 0 \end{cases} \]

Sottraendo la seconda equazione dalla prima, otteniamo che una delle equazioni a nostra scelta può essere sostituita dalla più semplice

\[ \Big(\frac{\alpha_1+k\alpha_2}{k+1}-\frac{\alpha_1+h\alpha_2}{h+1}\Big)x + \Big(\frac{\beta_1+k\beta_2}{k+1}-\frac{\beta_1+h\beta_2}{h+1}\Big)y + \Big(\frac{\gamma_1+k\gamma_2}{k+1}-\frac{\gamma_1+h\gamma_2}{h+1}\Big) = 0 \]

la quale, svolgendo i conti in parentesi, si riduce infine alla

\[ (\alpha_1-\alpha_2)x+(\beta_1-\beta_2)y+(\gamma_1-\gamma_2) = 0 \]

che è proprio l’equazione (\(\ref{eq3}\)) dell’asse radicale. Si noti anche che l’equazione ottenuta non dipende da nessuno dei due parametri ℎ e ?. Quindi abbiamo scoperto queste equivalenze tra sistemi:

\[ \begin{equation}\begin{cases} r \\ \Gamma_H \end{cases} \Leftrightarrow \begin{cases} \Gamma_K \\ \Gamma_H \end{cases} \Leftrightarrow \begin{cases} \Gamma_K \\ r \end{cases}\label{eq4} \end{equation} \]

La prima equivalenza ci dice che le intersezioni tra \( \Gamma_K \) e \( \Gamma_H \) non dipendono da ?, la seconda che esse non dipendono neanche da ℎ; ne deduciamo che tutte le circonferenze del fascio si intersecano negli stessi punti, che in virtù delle equivalenze (\(\ref{eq4}\)) appartengono anche all’asse radicale.

Definizione 3: Definizione di punti base

Si chiamano punti base di un fascio di circonferenze \( \Gamma \) i punti d’intersezione comuni a tutte le circonferenze del fascio. Essi possono essere in numero di 0, 1 o 2.

Osservazione 5: In virtù dell’osservazione 4, la definizione di punti base è lecita, in quanto tutte le circonferenze del fascio si intersecano negli stessi punti. Poiché tali punti si possono trovare anche intersecando l’asse radicale con una qualsiasi delle circonferenze del fascio, i punti base non possono essere più di 2. Essi saranno 0, 1 o 2 a seconda che le generatrici \( \Gamma_1 \) e \( \Gamma_2 \) siano disgiunte, tangenti o secanti.

Osservazione 6: Dall’equazione del fascio (\(\ref{eq2}\)) possiamo ricavare le coordinate del centro di una generica circonferenza appartenente al fascio. Esse saranno, come sappiamo,

\[ C\Big(-\frac{\alpha}{2},-\frac{\beta}{2} \Big) \Rightarrow C\Big( -\Big(\frac{\alpha_1+k\alpha_2}{2k+2}\Big), -\Big( \frac{\beta_1+k\beta_2}{2k+2} \Big) \Big) \]

ovvero \( x = -\Big( \frac{\alpha_1+k\alpha_2}{2k+2} \Big), y = – \Big( \frac{\beta_1+k\beta_2}{2k+2} \Big) \). Se risolviamo la prima delle due equazioni per ? e sostituiamo il valore ottenuto nella seconda avremo, dopo qualche calcolo,

\[ \begin{equation} k=-\frac{2x+\alpha_1}{2x+\alpha_2} \Rightarrow (\beta_1-\beta_2)x-(\alpha_1-\alpha_2)y+\frac{\beta_1\alpha_2-\beta_2\alpha_1}{2} = 0 \label{eq5} \end{equation} \]

Cosicché, indipendentemente da quale sia il valore di ?, le coordinate del centro della circonferenza del fascio ad esso relativa soddisfano l’equazione ottenuta alla fine del conto precedente, che è quella di una retta. Ciò prova che i centri di tutte le circonferenze del fascio appartengono a una stessa retta.

Definizione 4: Definizione di retta dei centri

Si chiama retta dei centri di un fascio \( \Phi \) la retta cui appartengono i centri di tutte le circonferenze del fascio.

Osservazione 7: La retta dei centri di un fascio di circonferenze è sempre perpendicolare al suo asse radicale. Se infatti calcoliamo i coefficienti angolari delle rette le cui equazioni sono (\(\ref{eq3}\)) e (\(\ref{eq5}\)), abbiamo

\[ m_1 = -\Big( \frac{\alpha_1-\alpha_2}{\beta_1-\beta_2} \Big)\,\,\,,\,\,\, m_2 = \frac{\beta_1-\beta_2}{\alpha_1-\alpha_2} \Rightarrow m_1m_2 = -1 \]

che è giustappunto la condizione di ortogonalità tra due rette. Inoltre, già sappiamo dalla geometria elementare che se due circonferenze i cui centri giacciono su una stessa retta si intersecano in due punti, questi sono simmetrici rispetto alla retta dei centri. Questo fatto, unitamente alla relazione di perpendicolarità appena dimostrata e alle osservazioni precedenti, prova che la retta dei centri è l’asse del segmento i cui estremi sono i punti base. Nella condizione limite in cui il punto base è uno solo, questo sarà naturalmente il punto d’intersezione tra la retta dei centri e l’asse radicale.

Osservazione 8: Tutte le osservazioni 1 – 7 e le definizioni 1 – 4 sono rappresentate nelle due seguenti immagini; la prima di esse mostra la situazione con due punti base ? e ?,

 

Fascio di circonferenze con due punti base

 

 

 

 

 

 

 

la seconda invece quella con un solo punto base ?.

 

Fascio di circonferenze con un solo punto base

 

 

 

 

 

 

L’asse radicale è sempre rappresentato in rosso, mentre la retta dei centri appare in blu. Le due circonferenze generatrici del fascio sono tracciate in nero, e la terza rappresentata in grigio tratteggiato è una circonferenza qualsiasi appartenente al fascio. Si noti in particolare come, nel secondo caso, l’asse radicale sia tangente a tutte le circonferenze del fascio nel punto base ?.

 

Posizioni reciproche di due circonferenze

Definizioni

Definizione 1: Definizione di circonferenze esterne

Due circonferenze si dicono esterne se la somma dei loro raggi è strettamente minore della distanza tra i loro centri. In formule, \( OA + O’A’ \lt OO’ \). Due circonferenze in tale posizione non hanno punti in comune.

 

Circonferenze esterne

 

 

 

 

 

 

Definizione 2: Definizione di circonferenze tangenti esternamente

Due circonferenze si dicono tangenti esternamente se la somma dei loro raggi è uguale alla distanza tra i loro centri. In formule, \( OT + O’T = OO’ \). Due circonferenze in tale posizione hanno un solo punto in comune, detto di tangenza.

 

Circonferenze tangenti esternamente

 

 

 

 

 

 

Definizione 3: Definizione di circonferenze secanti

Due circonferenze si dicono secanti se la distanza dei loro centri è, al contempo, minore della somma e maggiore della differenza in valore assoluto dei loro raggi. In formule

\[ |OA – O’A’| \lt OO’ \lt OA + O’A’ \]

Due circonferenze in tale posizione hanno due punti in comune, detti d’intersezione.

 

Circonferenze secanti

 

 

 

 

 

 

 

Definizione 4: Definizione di circonferenze tangenti internamente

Due circonferenze si dicono tangenti internamente se la differenza in valore assoluto dei loro raggi è uguale alla distanza tra i loro centri. In formule, \( | OT – O’T| = OO’ \). Due circonferenze in tale posizione hanno un solo punto in comune, detto di tangenza.

 

Circonferenze tangenti internamente

 

 

 

 

 

 

 

Definizione 5: Definizione di circonferenze interne

Due circonferenze si dicono interne se la differenza in valore assoluto dei loro raggi è maggiore della distanza tra i loro centri. In formule, \( |OT -O’T| \lt OO’ \). Due circonferenze in tale posizione non hanno punti in comune.

 

Circonferenze interne

 

 

 

 

 

 

 

Definizione 6: Definizione di circonferenze concentriche e coincidenti

Due circonferenze si dicono concentriche se la distanza tra i loro centri è pari a 0. Se inoltre i due raggi hanno uguale misura, le circonferenze si dicono coincidenti. Due circonferenze concentriche non coincidenti non hanno punti in comune, al contrario due circonferenze coincidenti ne hanno infiniti.

 

Circonferenze concentriche

 

 

 

 

 

 

 

Osservazione 1: Risulta chiaro tanto dalle definizioni quanto dalle immagini che le varie posizioni reciproche di due circonferenze sono, fissati i raggi, funzione solo della distanza tra i centri. Dal momento che tutte le possibili distanze vengono coperte dalle 6 definizioni date, non è possibile disegnare due circonferenze in alcun altra posizione distinta da quelle studiate.

Osservazione 2: In virtù delle definizioni 1 – 6 e dell’osservazione 1, per capire in quale posizione si trovino due circonferenze di cui è nota l’equazione, in forma canonica o meno, è sufficiente trovarne i raggi, i centri, la distanza tra questi ultimi e confrontare i risultati ottenuti con le disequazioni che definiscono le posizioni reciproche. In particolare, non è necessario trovare i punti d’intersezione.

 

Determinazione dei punti d’intersezione di due circonferenze

Metodo risolutivo: Come sempre si fa in geometria analitica, per trovare le intersezioni di due curve di cui siano note le equazioni non bisogna fare altro che mettere queste ultime a sistema. Nel caso di due circonferenze, occorrerà prima portare le equazioni in forma canonica, in quanto questa operazione facilita la successiva risoluzione del sistema.

Se per esempio dovessimo trovare le intersezioni delle circonferenze \( x^2+y^2+\alpha_1 x+\beta_1 y+\gamma_1 = 0 \) e \( x^2+y^2+\alpha_2 x +\beta_2 y + \gamma_2 = 0 \), che già sono evidentemente in forma canonica, dovremmo risolvere

\[ \begin{cases} x^2+y^2+\alpha_1 x+\beta_1 y+\gamma_1 = 0 \\ x^2+y^2+\alpha_2 x +\beta_2 y + \gamma_2 = 0 \end{cases} \]

Si potrebbe pensare che un metodo buono per risolvere questo sistema sia trovare la ? o la ? dalla prima equazione e sostituirla nella seconda, così da ottenere un’equazione nell’altra incognita; questo metodo però fallisce per vari motivi. In primo luogo, sia che scegliamo di risolverla per ? che per ?, la prima equazione (così come d’altra parte la seconda) è di secondo grado, e non ammette perciò in generale una sola soluzione. Al sostituire poi ciascuna di queste ultime nell’equazione rimanente, otterremmo delle equazioni difficili da risolvere perché di grado maggiore di 2.

Per questo motivo si applica invece sempre la strategia seguente: prima di tutto, con il metodo di sottrazione, si sostituisce una delle due equazioni, diciamo la seconda, con la differenza della prima e della seconda equazione. In questo modo otteniamo

\[ \begin{cases} x^2+y^2+\alpha_1 x+\beta_1 y+\gamma_1 = 0 \\ (x^2+y^2+\alpha_1 x+\beta_1 y+\gamma_1 = 0 ) – (x^2+y^2+\alpha_2 x +\beta_2 y + \gamma_2) = 0 \end{cases} \]

\[ \begin{cases} x^2+y^2+\alpha_1 x+\beta_1 y+\gamma_1 = 0 \\ (\alpha_1-\alpha_2)x+(\beta_1-\beta_2)y+(\gamma_1-\gamma_2) = 0 \end{cases} \]

Il problema adesso si è notevolmente semplificato, perché la seconda equazione è di primo grado. Potremo quindi risolverla agevolmente in una delle due incognite, diciamo ?, e sostituire il valore ottenuto, che è funzione di ?, nella prima equazione. Ciò ci restituirà un’equazione solo nella ? al più di secondo grado, che sappiamo risolvere; sostituendo i valori così ottenuti per la ? nella seconda equazione potremo ottenere anche quelli per la ?: essi costituiscono naturalmente ascisse e ordinate dei vari punti d’intersezione.

Osservazione 3: Il metodo risolutivo dimostra, tra l’altro, che due circonferenze non coincidenti hanno al più due punti d’intersezione. Infatti poiché l’equazione risolutiva nella ? è, come detto, al più di secondo grado, non potremo trovare mai più di due ascisse diverse. Si noti altresì che questo risultato non si poteva in generale ottenere seguendo il primo, erroneo, metodo risolutivo analizzato.

 

Esempi

Esempio 1: Si dimostri che le circonferenze \( \Gamma: x^2+y^2-\frac{15}{4}y-1 = 0 \) e \( x^2+y^2+\frac{23}{11}x-\frac{47}{11}y+\frac{12}{11}=0 \) sono secanti e se ne trovino i punti d’intersezione.

Prima di tutto determiniamo i centri e i raggi delle due circonferenze, usando le formule

\( C\Big(-\frac{\alpha}{2},-\frac{\beta}{2} \Big)\,\,\,\, r = \sqrt{\frac{\alpha^2+\beta^2}{4}-\gamma} \)

\( O\Big(0, \frac{15}{8} \Big)\,\,\,\, r_\Gamma = \sqrt{\frac{225}{64}+1} = \frac{17}{8} \approx 2.125 \)

\( O’\Big( -\frac{23}{22},\frac{47}{22} \Big) \,\,\,\, r_{\Gamma’} = \sqrt{\frac{529}{484}+\frac{2209}{484}-\frac{12}{11}} = \frac{\sqrt{1105}}{11\sqrt{2}} \approx 2.137 \)

Troviamo adesso la distanza tra i centri:

\( OO’ = \sqrt{\Big(\frac{23}{22} \Big)^2+\Big( \frac{15}{8}-\frac{47}{22}\Big)^2} = \frac{22\sqrt{17}}{88} \approx 1.077 \)

Se le circonferenze fossero secanti, in virtù della definizione 3 dovrebbe essere vero che \( |r_{\Gamma} – r_{\Gamma’}| \lt OO’ \lt r_{\Gamma}+r_{\Gamma’} \). Nel nostro caso le disequazioni scritte diventano

\( 0.012 = |2.125-2.137| \lt 1.077 \lt 2.125 + 2.137 = 4.262 \)

che sono verificate: dunque le circonferenze sono effettivamente secanti.

Per trovarne i punti d’intersezione applichiamo il metodo risolutivo. Risolviamo il sistema

\( \begin{cases} x^2+y^2-\frac{15}{4}y-1 = 0 \\ x^2+y^2+\frac{23}{11}x-\frac{47}{11}y+\frac{12}{11} = 0 \end{cases} \Rightarrow \begin{cases} x^2+y^2-\frac{15}{4} -1 = 0 \\ \frac{23}{44}y – \frac{23}{11}x -\frac{23}{11} \end{cases} \)

\( \begin{cases} x^2+y^2-\frac{15}{4}y-1=0 \\ y-4x-4=0 \end{cases} \Rightarrow \begin{cases}  y = 4x – 4 \\ x^2+(4x+4)^2-\frac{15}{4}(4x+4)-1=0 \end{cases} \)

\( \begin{cases} y=4x-4 \\ x^2+x = 0\end{cases} \Rightarrow \begin{cases} y=4 & , & y = 0 \\ x=0 & , & x = -1 \end{cases} \)

Col che i punti d’intersezione sono ?(0,4) e ?(−1,0).

Osservazione 4: Poiché il problema proposto nell’esempio 1 ci chiedeva anche di trovare i punti d’intersezione, non sarebbe stato realmente necessario dimostrare prima che \( \Gamma \) e \( \Gamma’ \) erano secanti. Infatti, esistendo due punti d’intersezione differenti, in base alle definizioni date le circonferenze potevano essere solo secanti. Ciò non sarebbe stato vero se per esempio avessimo trovato un solo punto d’intersezione: in questo caso non avremmo saputo distinguere tra i casi di circonferenze tangenti internamente ed esternamente.

 

Posizioni reciproche di una retta e una circonferenza

Definizioni

Definizione 1: Definizione di retta esterna a una circonferenza

Una retta si dice esterna a una circonferenza data se esse non hanno punti in comune.

Definizione 2: Definizione di retta tangente a una circonferenza

Una retta si dice tangente a una circonferenza data se esse hanno uno e un solo punto in comune. Tale punto è detto di tangenza.

Definizione 3: Definizione di retta secante a una circonferenza

Una retta si dice secante a una circonferenza data se esse hanno esattamente due punti in comune. Tali punti sono generalmente detti d’intersezione.

 

Retta secante a una circonferenza

 

 

 

 

 

 

 

Osservazione 1: L’immagine superiore mostra tre rette nelle tre diverse posizioni che esse possono assumere rispetto alla circonferenza fissata: per la precisione, la retta ? è secante, la ? è tangente e la ? è esterna. Sono pure evidenziati i punti ?, ? d’intersezione con la retta secante e il punto ? di tangenza.

Osservazione 2: Le definizioni 1, 2 e 3 descrivono tutte le differenti posizioni nelle quali possono trovarsi una retta e una circonferenza; infatti, non è possibile che esse abbiano tre o più punti d’intersezione. Date una retta e una circonferenza generiche

\[ x^2 + y^2 + \alpha x + \beta y + \gamma = 0 \,\,\, , \,\,\, y = mx + q \]

per trovare i punti d’intersezione occorre metterle a sistema, e calcolare

\[ \begin{cases} x^2+y^2+\alpha x+\beta y+\gamma = 0 \\ y=mx+q \end{cases} \Rightarrow \]

\[ \Rightarrow (mx+q)^2 + x^2 + \alpha x + \beta(mx + q) + \gamma = 0\]

\[ (1+m^2)x^2 + (\alpha+m\beta+2mq)x+(\gamma+\beta q+q^2) = 0 \]

L’equazione in $ x $ da risolvere è di secondo grado, dunque ha al più due soluzioni, le quali corrispondono alle ascisse dei punti d’intersezione: essi possono essere perciò solo in numero di due, uno o zero. Queste tre eventualità corrispondono ordinatamente alle tre situazioni di retta secante, tangente e esterna.

Osservazione 3: Come evidenziato nel grafico, le distanze dal centro della circonferenza di una retta ad essa secante, tangente ed esterna sono rispettivamente minore, uguale e maggiore del raggio della circonferenza stessa.

 

Esempi di determinazione della retta tangente

Esempio 1: Si trovino le equazioni delle rette tangenti alla circonferenza \( \Gamma \) di equazione \( x^2 + y^2 + 4x – 5y + 9 \) passanti per il punto \( A\Big( -\frac{3}{4}, \frac{5}{2} \Big) \).

La situazione presentata in questo esempio è la stessa che figura nell’immagine seguente:

 

Rette passanti per un punto e tangenti a una circonferenza

 

 

 

 

 

 

 

 

Troviamo in primo luogo la posizione del punto ? rispetto alla circonferenza; per fare ciò prima di tutto troveremo il centro O e il raggio ?, quindi valuteremo la lunghezza di ?? e la confronteremo con il valore di ?.

\( O\Big(-\frac{\alpha}{2},-\frac{\beta}{2} \Big) \Rightarrow O\Big( -2, \frac{5}{2} \Big) \,\,\,\,\,\ r = \sqrt{\frac{\alpha^2}{4}+\frac{\beta^2}{4}-\gamma} = \sqrt{4+\frac{25}{4}-9} = \sqrt{\frac{5}{4}} = \frac{\sqrt{5}}{2} \)

\( OA = \sqrt{\Big(-2+\frac{3}{4} \Big)^2+\Big( \frac{5}{2}-\frac{5}{2} \Big)^2} = \sqrt{\Big(-\frac{5}{4}\Big)^2} = \frac{5}{4} \)

\( \frac{5}{4} \gt 1 \rightarrow \frac{\sqrt{5}}{2} \gt 1 \rightarrow \frac{5}{2} \gt \sqrt{5} \rightarrow \frac{5}{4} \gt \frac{\sqrt{5}}{2} \Rightarrow OA \gt r \)

Poiché ?? è più lungo del raggio della circonferenza, ? giace al di fuori di essa e quindi esisteranno due diverse rette tangenti a \( \Gamma \) passanti per ?. Per trovarle, consideriamo il fascio proprio di rette centrato in ?, e intersechiamolo con \( \Gamma \):

\( \begin{cases} x^2+y^2+4x-5y+9 = 0 \\ y-\frac{5}{2} = m \Big(x + \frac{3}{4} \Big) \end{cases} \Rightarrow \)

\( \Rightarrow (m^2+1)x^2 + \Big(\frac{3m^2}{2}+4 \Big)x + \Big( \frac{9m^2}{16}+\frac{11}{4}\Big) = 0 \)

L’equazione a sinistra, ottenuta per semplice sostituzione di ?, dà le ascisse dei punti di intersezione di ogni singola retta tangente con \( \Gamma \). Poiché per la definizione 2 tale punto d’intersezione deve essere uno solo, l’equazione deve avere una sola soluzione; dunque il suo \( \Delta \) deve essere pari a 0.

\( 0 = \Delta = b^2-4ac = \Big( \frac{3m^2}{2} + 4 \Big)^2 – 4(m^2+1)\Big(\frac{9m^2}{16}+\frac{11}{4} \Big) = 5 – \frac{5m^2}{4} \)

Da cui \( m = \pm 2 \). Le rette tangenti si ottengono allora sostituendo nell’equazione del fascio i valori di ? trovati, avendo così $ y = 1 + 2x $ e $ y = 2x + 4 $.

 

Esempio 2: Si trovino le equazioni delle rette tangenti alla circonferenza \( \Gamma \) di equazione \( x^2+y^2-4x-2\sqrt{2}y+2 \) passanti per il punto \( T(2+\sqrt{2}, 2\sqrt{2}) \).

L’esempio in esame presenta la stessa situazione illustrata dall’immagine seguente:

Retta tangente in un punto della circonferenza

 

 

 

 

 

 

 

Infatti, è facile verificare che il punto ? appartiene alla circonferenza \( \Gamma \), semplicemente sostituendone le coordinate alle incognite ? e ?:

\( (2+\sqrt{2})^2 + (2\sqrt{2})^2 – 4(2+\sqrt{2})-2\sqrt{2}(2\sqrt{2}) + 2 = 0 \)

\( 4 + 4\sqrt{2}+2 – 8 – 4 \sqrt{2} + 2 = 0 \Rightarrow 0 = 0 \)

Per sincerarcene avremmo anche potuto, come nell’esempio 1, trovare il centro e il raggio di \( \Gamma \), quindi valutare la distanza ??: in questo caso ci saremmo accorti che ??=?. Poiché in questo caso sappiamo che \( T \in \Gamma \), invece che risolvere il problema in maniera algebrica con il fascio di rette come si fa di solito, potremo adoperare una soluzione più geometrica. La retta tangente a \( \Gamma \) in ?, che da qui in avanti nomineremo ?, ha la proprietà di essere ortogonale alla retta passante per ? e ?; dunque per trovare ? calcoleremo in primo luogo la retta per ? e ?, quindi determineremo l’unica retta perpendicolare a questa passante per ?. Per far ciò ci occorre prima trovare ?, quindi

\( O\Big( -\frac{\alpha}{2}, -\frac{\beta}{2}\Big) \Rightarrow O(2, \sqrt{2}) \)

\( r_{OT}: \frac{x-2}{2+\sqrt{2}-2} = \frac{y-\sqrt{2}}{2\sqrt{2}-\sqrt{2}} \Rightarrow \frac{x-2}{\sqrt{2}} = \frac{y-\sqrt{2}}{\sqrt{2}} \Rightarrow y=x+\sqrt{2} – 2 \)

Infine calcoliamo ?:

\( t: (y-2\sqrt{2}) = -\frac{1}{m_{OT}}(x-2-\sqrt{2}) \Rightarrow y=2\sqrt{2}-x+2+\sqrt{2} \)

\( y = -x + 2 + 3 \sqrt{2} \)

 

Esempio 3: Si trovino le equazioni delle rette tangenti alla circonferenza \( \Gamma \) di equazione \( 2x^2-3x+2y^2 = 0 \) passanti per il punto ?(?,?).

Notiamo prima di tutto che l’equazione della circonferenza non è in forma canonica; dividendo entrambi i membri per 2, avremo però

\( x^2 + y^2 -\frac{3}{2}x-\frac{3}{2}y = 0 \)

che invece è in forma canonica. Adoperiamo l’equazione ottenuta per trovare il centro e il raggio della circonferenza come facciamo sempre:

\( O\Big(-\frac{\alpha}{2},-\frac{\beta}{2}\Big) \Rightarrow O\Big(\frac{3}{4},\frac{3}{4}\Big) \,\,\,\,\,\, r=\sqrt{\frac{\alpha^2}{4}+\frac{\beta^2}{4}-\gamma} = \sqrt{\frac{9}{16}+\frac{9}{16}-0} = \sqrt{\frac{9}{8}} = \frac{3}{2\sqrt{2}} = \frac{3\sqrt{2}}{4} \)

In questo caso, capiamo subito che l’esercizio è impossibile perché \( OA \lt r \).

\( OA = \sqrt{\Big(1-\frac{3}{4}\Big)^2+\Big( 1 – \frac{3}{4}\Big)^2} = \sqrt{2\Big(\frac{1}{4}\Big)^2} = \sqrt{\frac{1}{8}} = \frac{1}{2\sqrt{2}} = \frac{\sqrt{2}}{4} \lt \frac{3\sqrt{2}}{4} = r \)

Questo significa che il punto ? è interno alla circonferenza, e per questo motivo non può esistere alcuna retta tangente a Γ passante per ?.