@ utente medio metto qui sotto in spoiler il tuo messggio a cui rispondo, se no occupiamo sei metri quadrati di pagine.
Testo nascosto, fai click qui per vederlo
utente__medio ha scritto:gabriella127 ha scritto:Questo per spezzare una lancia a favore della 'scientificità' dell'economia
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A tal proposito:
ilsole24ore ha scritto:«
Se mi chiede se la regola adottata oggi in Europa e in altre nazioni del mondo, tra cui Israele, Malesia e Cina, secondo cui il deficit di un Paese non debba superare il 3% del Pil abbia basi scientifiche le rispondo subito di no. Perché sono stato io a idearla, nella notte del 9 giugno 1981, su richiesta esplicita del presidente François Mitterrand che aveva fretta di trovare una soluzione semplice che mettesse rapidamente un freno alla spesa del governo di sinistra che nel frattempo stava esplodendo. Così in meno di un’ora, senza l’assistenza di una teoria economica, è nata l’idea del 3%».
Non ha peli sulla lingua Guy Abeille, che a quei tempi era un funzionario del ministero del Bilancio della Francia e oggi ha 68 anni ed è felicemente in pensione.
[...]
"Così, quella notte del 1981 il numero due alla direzione del Bilancio, Pierre Bilger [...] chiese a me e al mio collega [...] con urgenza di stabilire una regola semplice e utilitaristica. Avevo 30 anni e la cosa era anche divertente. Purtroppo nessuna teoria economica supportava il lavoro. Ma dato che l’ordine arrivava dall’alto non potevamo fare altrimenti che metterci all’opera. Esaminammo le voci di bilancio, spese, entrate, debito. E a quel punto arrivò un’intuizione: in macroeconomia tutto comincia e finisce con il Pil. Ecco quindi l’idea di rapportare il deficit al Pil.
Ma perché 3% e non 2% o 4%?
Quell’anno il Pil era di 3.300 miliardi e la spesa si avvicinava a 100. Il rapporto non era quindi lontano dal 3%. Ecco il perché della formula. Poi tra l’altro cadeva casualmente sul “numero 3” che è noto al pubblico per vari motivi ed ha un’accezione positiva, si pensi alle Tre Grazie, ai tre giorni della resurrezione, le tre età di Auguste Comte, i tre colori primari, la lista è infinita. Un numero, magico, quasi sciamanico, facilmente spendibile anche nel marketing politico come Fabius, e lo stesso Mitterand l’anno dopo, fecero. Sin da allora ero però consapevole che legare il deficit al Pil era un po’ come dividere i cavoli con le carote. Il deficit/Pil è un rapporto che può al massimo servire da indicatore, ma in nessun caso può essere una bussola perché non misura nulla, non è un vero criterio. Ciò che conta è ottenere un valore che calcoli la solvibilità di un Paese, la capacità di rimborso del debito da un’analisi ragionata. Ma avevamo fretta. E quindi dalla nostra cassetta degli attrezzi non è venuto fuori di meglio".
Anche la soglia del 60% del rapporto debito/pil è un valore arbitrario, infatti nasce semplicemente dalla media dei valori di tale rapporto, relativo ai paesi che firmarono il trattato di Maastricht, al momento della stipulazione.
Detto ciò, non voglio sminuire la scienza economica, ma va detto che essa si basa su modelli (anche molto diversi l'uno dall'altro), che a loro volta si basano su postulati, la cui aderenza alla realtà fattuale è quantomeno opinabile.
Per come la vedo io, da profano, gli unici vincoli reali sono le risorse del pianeta e il loro tasso di rigenerazione, la popolazione umana, il suo tasso di crescita e il suo standard di vita (che possibilmente dovrebbe essere simile ad ogni latitudine), e i compromessi ambientali ritenuti accettabili;
tutto il resto sono solo scelte politiche camuffate da verità scientifiche.
Rimetto anche il link del video messo da te a cui mi riferisco, se no chi legge non capisce più niente.
https://www.facebook.com/watch/?v=791453774694035Le cose che dice Riccardo Realfonso, l'economista del video, sono sacrosante, ed è vero che si parla pochissimo di queste cose. Realfonso è un economista keynesiano, che ha una visione critica nei confronti di quella detta 'mainstream', e come lui altri.
Io sono sostanzialmente d'accordo con quello che dice, dico sostanzialmente perché si tratta di un tema enorme.
Sono temi che sono al centro del dibattito economico da decenni, e non vi sono ragioni o evidenze conclusive in merito. Si può vedere in tema la letteraura sulla 'Curva di Phillips' che ha diviso gli economisti tra keynesiani e monetaristi, o dopo tra keynesiani e nuova scuola classica.
Voglio solo fare una osservazione, che la dizione 'teoria mainstrem' è qualcosa di giornalistico, non si usa e non l'ho mai sentita tra gli economisti, mai all'università. E non mi è mai piaciuta molto, anche se capisco che la si usi per comodità e per sintesi.
Si è sempre parlato di contrapposizione tra scuole di pensiero, ma non è che c'è un 'mainstream' supergasato e dominante' e una economia 'eterodossa' che si riunisce negli scantinati tipo carboneria. Trovo che quella terminologia non dia giustizia al dibattito, e perfino metta in una luce minoritaria, quasi di serie B, come se fossero frange di pericolosi bolscevichi un po' sballati, economisti come Riccardo Realfonso, che sono di primo livello come tanti altri. Economisti 'normali' nell'accademia e come tali considerati.
E' vero che una certa visione è diventata prevalente nelle istituzioni, e sono d'accordo che si deve cambiare.
Ma come una dottrina o un'altra è stata prevalente in alcuni periodi e altre in altri. Fino agli anni '70 le politiche economiche erano improntate al keynesianesimo, poi, come spesso avviene, c'è stato un switch, a causa anche dell'inflazione, verso politiche più 'monetariste', di cui la Tatcher fu capofila.
Così come la dottrina dell'austerità si è in parte ammosciata, e lo stesso FMI ha ammesso che era stato un errore una dottrina dll'austerità così rigida.
Così come trovo molto interessanti la citazione che hai fatto dal Sole240re sui vincoli dell'Europa al deficit, debito/ PIL, etc. Non ho dubbi che sia così, visto che oltretutto lo dicono i protagonisti.
Insomma, io sono pro Europa, in primis per motivi politici, l'Europa è stata squassata da guerre nella storia, ora preferisco vedere Francia e Germania a braccetto, con tutti i loro limiti, che vedere che si scannnano.
Questo non vuol dire che qualsiasi cosa faccia l'Europa va bene, e penso che l'Europa con i suoi meccanismi, le sue istituzioni e i suoi obiettivi, vada profondamente rivista.
Ne' c'entra niente con il sovranismo, basta pensare che le più feroci critiche all'Europa e all'euro sono venute da sinistra, penso al premio Nobel Stiglitz.
Finisco con una piccola citazione da Wikipedia:
[Riccardo Realfonso] Dopo il dottorato sotto la supervisione di Augusto Graziani e gli studi in Inghilterra (Cambridge) ha intrapreso la carriera accademica insegnando a Napoli, a Campobasso e quindi a Benevento. È professore ordinario di Fondamenti di Economia Politica ed Economia del lavoro presso l'Università degli Studi del Sannio, dove attualmente è preside di Economia aziendale.
Be', il professore 'eterodosso' di cui dicevo, con cui mi sono laureata, è proprio Augusto Graziani, allora molto noto.
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