Va bene gugo, contento tu siamo contenti anche noi
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gugo82 ha scritto:Ad ogni buon conto, questo approccio presuppone che la produzione sia una quantità continua, il che a rigore non è mai vero in nessun processo di interesse economico: infatti, in che tipo di situazione può essere prodotta
Si usano in queste cose variabili continue fin dall'800 (e anche prima, diciamo da sempre, se serve), e di quello che tu dici, che non è mai vero che le variabili sono continue in un processo economico, non gliene importa niente a nessuno e non è di nessuna rilevanza in economia.
L'economia non si occupa dei conti dell'impresa o della produzione di un numero discreto di caciotte, ma è fatta di modelli cioè 'astrazioni', che cercano di spiegare il funzionamento del sistema economico (le 'leggi', avrebbero detto in altri tempi.)
E come ben sai, la mappa non è il territorio, ai modelli non si chiede 'il realismo'.
Le tue sono osservazioni interessanti per un matematico, ma non per lo studio dell'economia, in particolare nel contesto della domanda dell'OP.
E non troverebbero mai posto e sarebbero solo dispersive e confusive in un esercizio di primo anno come questo.
Poi è anche interessante parlarne, ma appunto, è una cosa a parte, una interessante curiosità intellettuale
a latere.
Certo che l'esercizio è semplice, è un esercizio iniziale di primo anno sulle definizioni, probabilmente nemmeno di una facoltà di economia, non si vince il premio Nobel se lo si risolve.
Ma è quello l'esercizio nel testo dell'OP, e va correttamente impostato se chi ha posto la domanda deve occuparsi di economia.
Sarà banale, ma non si può risolvere se non si sa cos'è il costo variabile, che parte dall'origine e simili 'sciocchezzuole'.
E a quello ho risposto, caso mai anche riguardasse un ragazzo che deve fare un esame e aspira a non essere bocciato, che stravaganza.
E lì è scontato che si parla di variabili continue, con buona pace delle scatole di lampadine.
Sappi che su queste cose, che a te sembrano sciocchezze (e lo sono qui in questo esercizio), in particolare sull'idea di 'qualcosa marginale', è stata costruita tutta la teoria della microeconomia (nell'800 dalla cosiddetta
scuola marginalista + Walras + Pareto) e dell'
equilibrio economico generale, che è una delle costruzioni scientifiche e intellettuali più importanti del secolo passato.
Quindi risparmiati il termine 'fesserie' quando parli di queste cose.
Se vuoi avere un'idea di cos'è davvero la microeconomia, vatti ad aprire qualche testo, e forse capiresti un minimo cos'è la teoria economica, che forse tu scambi per i conti della serva.
C'è una bibliografia sterminata, ma riferimenti standard e storici sono:
Per la Microecomia come manuale Mas Colell,
Microecomic Theory.
Per l'equilibrio economico generale contemporaneo (parte della microeconomia) i riferimenti storici principali sono:
Debreu,
Theory of value (1959)
Arrow-Hahn,
General Competitive Analysis (1971)
Debreu e Arrow sono entrambi premi Nobel, qualcosa ci capiranno, (Debreu frequentava Bourbaki e a loro si è ispirato) e non mi risulta si siano mai posti il problema discreto-continuo nelle variabili economiche.
(Ha una rilevanza in macroeconomia, ma è tutt'altro discorso che non c'entra niente con il nostro).
"Ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne comprenda la tua filosofia, o il tuo problema delle variabili discrete", direbbe il sommo.
Easy reading is damned hard writing. (Nathaniel Hawthorne, The Scarlet Letter)